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IX ~ CLARISSE



Freddo. Tanto freddo.

Ho i capelli appiccicati al viso e sono letteralmente immersa nell'acqua gelata. Un ragazzo dai capelli biondo miele mi prende da sotto le ascelle e mi alza.
Il mio primo istinto è stato di spingerlo lontano da me.

«Non avere paura. Voglio aiutarti.» alza le mani in segno di resa e rimane concentrato sui miei occhi.

«Sei Will?» chiedo guardandomi attorno, ero convinta di aver sentito la voce di Hemmings.

Probabilmente sopporto talmente poco lui e il suo ego che la mia coscienza lo utilizza contro di me. In questo istante non è nemmeno in questa stanza.

«William Stoll.» mi sorride continuando a tenere i palmi aperti. Trovo la situazione leggermente simpatica.

«Ammetto che avrei voluto presentarmi in un altro modo.» mi indica la vasca con un gesto.

Mi stringo nelle braccia mentre attorno a me si forma una pozza d'acqua. Sto per chiedergli chiarimenti ma riesce a precedermi.

«Un attacco di panico, stress... Avevi bisogno di sfogarti. Forse ti sei lasciata trasportare fin troppo ma credo sia una reazione normale- »

«NORMALE UN CAZZO.» la voce di Hemmings ci fa voltare entrambi. Non sono spaventata dal suo tono di voce, al contrario ne sono molto infastidita.

«James calmati» incomincia Will con molta calma, quasi si aspettasse la comparsa di Hemmings da un momento all'altro.

Alle spalle di Hemmings anche Luke sembra dirgli qualcosa di simile, non riesco a cogliere le sue parole.
La mia coscienza è in un turbinio di pensieri.
Non è così insensibile e scemo da pensare che mi sia sentita male di mia spontanea volontà, mi dico.
Quando abbasso le palpebre per poi rialzarle, la faccia di Hemmings è a pochi centimetri d'altezza dal mio. Espira, poco prima di riprendere a gridare, sento sulle mie labbra il gusto di alcol. È ubriaco, forse non tanto, ma abbastanza da farmi conoscere il suo lato più aggressivo. Qualche ciuffo moro gli ricade sugli occhi di un blu immenso. Gli zigomi del suo viso sono scolpiti e qualcuno potrebbe anche pensare che sia carino se non fosse per il suo ego smisurato.

«ORA TU MI DICI COSA DIAVOLO TI HANNO FATTO IN QUEL POSTO» sbraita.

Cosa mi ha appena chiesto?
Alle sue spalle vedo Will avvicinarsi a Clifford. Si scambiano qualche parola mentre Hemmings continua a sparare insulti. Stoll sbuffa e si lascia cadere su una sedia mentre l'altro mi fa segno di non ascoltare il loro amico e mi mostra una bottiglia mezza vuota. Il volto di Hemmings è contratto dalla rabbia, le vene sono gonfie sul suo collo.

«Parla porca puttana!»

«Di sicuro non con questo te.» mi limito a rispondergli, il mio cervello continua ad esaminare i tre individui maschili che ho di fronte.

Sono talmente differenti, proprio come le loro calligrafie, che non mi spiego come possano essere amici. O forse non lo sono veramente e ciascuno di loro è pronto a voltare le spalle all'altro. Deve essere così. L'amicizia è solo un inganno, non esiste realmente. È una trappola che ti consuma.

«Sono sobrio, quindi parla e non farmi incazzare.»

Va bene, sarà anche ubriaco ma ora sta esagerando. Il suo sguardo è duro e le sue parole sembrano dei rimproveri. È stato lui a scegliere di lasciarmi lì. Mi sento arrabbiata, stanca, esausta da tutto.

«Cosa diamine ti trattiene? Parla-»

«Smettila di darmi ordini! Io sono Clarisse, figlia del grande Rethus Petrovich e di mia madre Freya Harselia Petrovich. Sono la figlia prediletta. La Russia mi avrà anche cresciuta e nascosta ma rimango americana nel sangue. Questa è anche la mia terra. Tu non hai alcun diritto su di me.»

Penso al nostro primo incontro, alla nostra prima e civile conversazione, quando mi chiese di fidarmi di lui. Sento un nodo dolente alla gola.

«Mi sono fidata di persone che hanno approfittato della mia inesperienza. Ma sai una cosa Hemmings? Se c'è una cosa che mi hanno insegnato da quando sono nata, è che non sono debole e mai lo sarò. Mi sono stufata di aver paura.»

Ci guardiamo con sfida.

«Morrano i nostri corpi ma non noi.» recito lasciando che un leggero accento russo marchi ciascuna parola.

«Sei stato tu a ricordarmelo. Sei abbastanza sobrio da ricordarlo? Mi hai detto che mi avresti rispettata e protetta-»

«Certo che lo ricordo, ricordo anche di averti appena difesa.» riesce ad interrompermi.

«Non voglio la tua protezione. Voglio... voglio solo qualcuno di cui fidarmi...» suona così stupido detto ad alta voce.

Ora che sono riuscita ad esprimermi senza limiti, senza timori e paure, mi sembra di vedere il suo viso da un'altra luce. I suoi occhi sono di un blu profondo, non più fermi come il ghiaccio più scuro, in questo momento sono animati e assomigliano ad un mare in tempesta.

«Non so nemmeno perché continuo a parlarti se sei ubriaco.»

«Clarisse, per l'amor di Dio, sappi che discutere con te è un metodo più che funzionante per farsi passare una piccola sbornia.»

Si avvicina pericolosamente a me, troppo in fretta. Devo fare un grande sforzo psicologico per rimanere ancorata alla realtà e in questo istante tutto ciò che riesce a ricordarmelo sono i suoi occhi. Quei dannatissimi occhi, gli occhi della prima persona che ha ascoltato i miei pianti, che ha abbracciato il mio corpo senza violarlo.

«Non avvicinarti.»

«Cos'è ora hai paura di me» ride, tentando di nascondere la delusione dietro quelle parole. Si passa una mano tra i capelli scuri.

«Dai James, ora lasciala stare. Si è appena ripresa.» la voce di Clifford è una benedizione.

Hemmings si volta verso di lui e temo stia per avventarsi barbaricamente contro quel ragazzo. La sua schiena non mi permette di vedere cosa sta succedendo. Sembra riescano a parlare nel silenzio.
Passano dei secondi e finalmente Hemmings si sposta, dirigendosi verso la porta. Prima di oltrepassare la soglia si volta verso di me con uno sguardo gelido, non riconoscevo più l'Hemmings premuroso di qualche ora prima in lui.

«Mettiti qualcosa dal mio armadio. Vedi di non prendere decisioni avventate mentre non ci sono Petrovich. O giuro che te ne pentirai.»

«Ti ho detto che devi smetterla di darmi ordini e ora sei passato di nuovo alle minacce. Comunque non puoi guidare in queste condizioni.» lancio uno sguardo severo a Clifford che nel mentre si è messo tra di noi.

«Vado io con lui. Se Luke ti da fastidio, non esitare a picchiarlo.» la voce di Will precede le parole di Hemmings. Fortunatamente.

Appena escono dal bagno, Luke si avvicina con un telo bianco e me lo avvolge attorno le spalle.

«Suppongo che in qualche modo questo sia colpa mia.»

«Fammi un favore.» chiedo, interrompendo qualsiasi cosa voglia dirmi.

Mi guarda aspettando che continui.

«Dimmi dove ci troviamo.» formulo il più tranquillamente possibile.

«Daveswood.»

«Daveswood?»

«Sì, in Texas. James non te ne ha parlato?»

No. Ovviamente, quello stronzo.

«Me lo stai chiedendo sul serio?»

«Smettila di parlare di lui fingendo che sia un mostro. Ti fidi di lui, perché ti comporti così?»

«Mi ha comprato! Che razza di persona si mette a comprare persone?»

«Ti ha tirato fuori da lì.»

«Smettila di difenderlo.»

«Non lo sto difendendo. È il mio migliore amico e tu lo stai descrivendo come una persona che non è.»

«Che non è? Mi ha appena minacciato.»

«Mi stai dicendo che non è stato il primo a difenderti o a farti sorridere? Clarisse, James tende ad agire in maniera aggressiva ma lo sta facendo per proteggerti.»

«Ascoltami bene, Clifford. So perfettamente chi sono e chi sono per i vostri occhi. Hemmings tra qualche giorno smetterà di provare pietà per me e farà di me la bambolina di cui ha bisogno. Non ho intenzione di lasciare che ciò accada.»

«James non ha bisogno di una puttana.»

«E allora di cosa ha bisogno?»

«Di fare l'eroe. È quello che fa sempre e farà per sempre. Ucciderebbe e morirebbe per far ciò che ritiene giusto.» alza la voce e le sue parole sono pronunciate con una severità che non ammette obiezioni.

Rimango in silenzio.
Hemmings non è una persona cattiva, non ho bisogno che Clifford me lo dica. L'ho visto nei suoi occhi e sentito nei suoi tocchi.
Lui sarà la mia rovina ed io la loro. Lo sento e loro non lo sanno, non sanno che è da me che si devono proteggere. Non conoscono la ragione per cui mio padre mi ha tenuto nascosta tutto questo tempo. Nessuno conosce il segreto che si cela nel mio nome.

«Dagli la possibilità di mostrarti chi è.»

«Lui è colui che mi ha comprato e questo gli dà certi diritti su di me. Queste sono le parole che ha usato.»

Sta per ribattere.

«Ho freddo, vado a cambiarmi.»

Lo sorpasso ed esco, prestando attenzione a non far incrociare i nostri sguardi.

«La camera di James è quella di fronte alla tua. La riconoscerai.»



Esco dalla doccia e mi stringo in un asciugamano. Ora fa più freddo perciò uso l'asciugacapelli che trovo in un cassetto del bagno. Lascio che i capelli ricadano lisci sulla mia schiena.
Ritornando in camera mi torna in mente che nel guardaroba non c'è niente di utile perciò seguo le indicazioni di Clifford e mi ritrovo ad abbassare la maniglia di quella che dovrebbe essere la porta della camera del mio padrone.
Una mano calda si appoggia sulla mia spalla, bloccandomi. Mi volto velocemente e sento il battito cardiaco regolarizzarsi appena riconosco Luke.

«Sono io, scusa.» la sua mano mi accarezza il viso. È un gesto dolce, morbido, quando la ritira quasi mi dispiace.

«Non volevo parlarti così ma quando si tratta di James... Vieni qui.»

Mi tira tra le sue braccia e mi stringe. Sento il petto tremarmi leggermente.

«Piangi.»

«Non devo piangere.»

«È quello che pensavo anch'io quando hanno ucciso i miei genitori.»

Forse per il senso di colpa o forse perché in realtà era da tanto tempo che ne avevo bisogno, mi ritrovo a stringere la stoffa della sua maglia tra le mani mentre piango contro il suo torace.

«È stata colpa mia.»

«Perché dici così?»

«Perché è vero. Pensavo fosse mio amico. Voleva mostrarmi il mondo. Mi ha fatto sentire libera.»

«Hey guarda che il mondo posso mostrartelo anch'io.» aggiunge alzando il mio viso verso il suo. Mi sta sorridendo.

«Ti prendo qualcosa di James e poi usciamo. Va bene?» mi asciuga le guance in un modo leggermente impacciato.

«Vi state comportando tutti come lui.» aggiungo soffocando un singhiozzo sul nascere.

«Clarisse, ti giuro sul mio nome e sul mio onore che non ti deluderò. Te lo prometto. Ci sarò per te finché la morte non me lo permetterà più.»

«Perché dovresti?»

«Perché ho visto il tuo riflesso negli occhi di James.»

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