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capitolo 39

Punto di vista di Justin:

era come se tutto intorno a me si fosse fermato e tutto quello che riuscivo a vedere era il suo corpo cadere a terra. Erano spariti tutti; tutto il club era vuoto tranne poche persone che erano rimaste sotto shock.

“cristo santo” pulì il sangue dal mio naso, e corsi verso Marcus, caddi sulle ginocchia. Ignorai il sangue intorno a me e gli toccai il viso facendolo rimanere sveglio.

Tolsi la camicia e la posizionai vicino alla ferita, pulì tutto il sangue che mi era possibile pulire prima di premere sulla ferita “chiamate un ambulanza” gridai verso John che stava fissando Marcus in grande shock “ora!”

Marco venne accanto a me, aveva un enorme graffio in fronte, strappò la camicia sostituendola con la mia e cominciò a parlare a Marcus tentando di tenerlo in vita.

“sei qui per leo o vuoi un altro dei tuoi ragazzi in tomba?” la voce risuonò ed era Cam, mi arrabbiai. Mi alzai in piedi e strinsi le mani in un pugno, feci un passo verso di lui ma John mi fermò.

“no” avvertì “abbiamo bisogno di te qui non in ospedale”

“e se gli strappassi il suo maledetto collo? Penso sia meglio, non credi?=” sibilai

“non è il momento di pensare al tuo ego cazzo Justin. Ingoia il tuo orgoglio poerchè sono sicuro che Marcus abbia bisogno di aiuto in questo momento” avvertì. Imprecai sottovoce liberandomi dalla sua stretta.

“uno dei nostri è sytato colpito, vogliamo lasciar correre?”

“siamo pochi rispettpo a cinque uomini armati. Non abbiamo nulla. Mi dici come diavolo dobbiamo farla franca con l’omicidio?” John sputò

“cazzo” chiusi gli occhi, presi un respiro profondo e mi chinai verso marcus per vedere se respirava ancora.

"Dove pensi di andare?"

Si udì un urlo nella prte opposta della stanza. Vidi Cam che aveva avvolto una delle donne che erano state attaccate, il suo corpo era sotto il suo controllo.

"Che cazzo credi di fare?" Ho abbaiato, avanzando in avanti.

“fai un altro passo e gli taglio la gola” prese il coltello, premette il metallo contro la pelle della ragazza.

Lei aprì le labbra e si poteva vedere la paura nei suoi occhi.

Cam chiuse gli occhi “mm un viso cosi bello” mormorò vicino alla sua guancia “è tutto mio” sorriso.

“lascia andare la ragazza, cameron. Lei non ha niente a che fare con questo.” Abbaiò Leo.

“ti do cinque secondi per lasciarla andare..” avvertì. Lei era innocente, non meritava qualcosa di oscuro come questo.

“perché dovrei farlo quando posso portarmela a casa?” le mani di Cam spazzolarono i capelli di lei “come ti chiami tesoro?

"J-Jessie," Lei squittì, cercando duramente di mantenere la calma.

“sai cosa facciamo noi ragazzi alle ragazze belle come te Jessie?” sussurrò all’orecchio “noii le torturiamo”

Un gemito uscì dalle labbra di Jessie e chiuse gli occhi.

Strinsi le mai a pugno e parlai con rabbia “Jessie” parlai forte e chiaro.

Aprì gli occhi e mi guardò.

Cam aggrottò le sopracciglia in confusione. Mandai un messaggio segreto a Jessie guardando il piede di Cameron e poi il braccio intorno al collo e gesticolai verso il vetro. Quando incontrai di nuovo il suo sguardo capì quallo che volevo fare anche se esitava.

“va tutto bene” espressi annuendo leggermente. Guardai verso cam “giudichi male la mia potenza Cameron” sorrise leccandosi le labbra “ho avuto a che fare con fecce come te per tutta la vita e non smettete mai di stupirmi per quanto siete uguali. Prendete il sopravvento su di noi e poi fai qualcosa di prevedibile come prendere una ragazza, che è una cosa stupida” sospirai “perché se tu fossi stato un vero uomo, un vero gangster lasceresti andare la ragazza e combatteresti a viso aperto, solo io e te, ma sai che non posso farlo perché ti staccherei il collo e ti lascerei morto sul pavimento,questo avverrebbe in una trentina di secondi, tu hai preso Jessie, vorresti usarla come esca per uscire dalla porta sul retro e fuggire, ma io e te sappiamo che nessuno di noi lo permetterò cosi ho intenzione di darti il beneficio della scelta. O la lasci andare o ti uccido. Cosa scegli cameron?”

“non farai nulla” Cameron sputò “sono sicuro che non mi seguirete per la porta sul retro e nella mia auto, dove la porterò a fare tutto ciò che è opportuno che lei faccia , ma non farò nulla. Una mossa sbagliata e mi uccideranno proprio davanti ai vostri occhi, giusto?”

Un sorriso malvagio si formò sulla mia faccia e scoppiai a ridere “tu mi sottovaluto Cam” guardai Jessie “ora” in pochi secondi Jessie calpestò col suo tallone il piede di Cameron e gli diede una gomitata nelle costole, il coltello cadde e Jessie scappò da lui e venne da noi.

“voglio che tu mi ascolti e che non ti guardi mai indietro, ok? Fidati, sei al sicuro. Non ti farà del male. Parleremo con lui.” Le diedi un paio di informazioni “vai”

Mormorò un grazie e lasciò il posto.

Afferrai il coltello da terra e lo poggiai vicino l collo di Cameron, gli tagliai la gola e vidi come il suo corpo cadeva a terra. Afferrai il suo braccio destro lo trascinai e lo accoltellai allo stomaco.

Afferrai il braccio dell’altro uomo che mi minacciava con il coltello e lo pugnalai alle gambe prima che mi prendesse a pugni in faccia, presi il suo coltello e mi difendetti da altri due uomini che mi si avvicinarono.

Presi a calci uno di loro e schivai l’altro ragazzo prima di tirargli un pugno ad uno dei due e lo accoltellai e vidi mentre cadeva a terra di fianco agli altri.

Con il mio respiro forte gettai a Leo i coltelli “la prossima volta avvertici, ok? “ parlai con respirp pesante.

Leo si asciugò il sangue sui jeans prima di allontanare i coltelli. 

“il suo respiro è irregolare, dobbiamo portarlo in ospedale velocemente” Marco avvertì nonostante quello che era successo “quando ti hanno detto che sarebbero venuti?”

“faranno il più velocemente possibile” John disse premendo sulla ferita di Marcus che sputò sangue.

“dite a Kadra..” sussurrò Marcus “che starò bene” tossì più forte di prima, la sua testa rotolò all’indietro “e che la amo”

“non dire cosi amico..” Marco scosse la testa “non dire cosi..”

“cosa, che sto per morire?” Marcus con voce stridula “ma io sto per morire”

“non dirlo cazzo” Marco mormorò debolmente tendendo la mano di Marcus “tu non morirai” sottolineò “non è possibile, non lo farai”

“diglielo ok?” Marcus sibilò “per favore”

“lo faremo” dissi sapendo che Marcus aveva bisogno di rassicurazione “lo promettiamo”

Punto di vista di nessuno:

L'ospedale era silenzioso, eravamo tutti seduti intorno alla sala d'attesa, aspettando di conoscere il destino di Marcus. L'ambulanza era arrivata poco dopo la promessa che Justin aveva fatto al gruppo, mettendo Marcus su una barella prima di entrare con lui nell'ambulanza, Marco era stato al suo fianco per tutto il tempo mentre si allontanavano.

Adesso erano passati venti minuti buoni, e nessuno aveva proferito parola, stava calando un silenzio imbarazzante fra di loro.

Le doppie porte che portavano all'interno si spalancarono e tutti alzarono lo sguardo per vedere un'irritata Kadra stare là, con Alec, Stephanie e Carly al suo fianco. “Dov'è lui?” Gridò, agitando le mani rimanendo della sua idea, gli occhi erano rossi per quanto duramente avesse pianto quando Kelsey l'aveva chiamata per farle sapere cosa era successo.

“Kad..” Marco si alzò, facendo un passo attento verso di lei che scuoteva la testa, tenendo le labbra premute insieme in una linea ferma.

“L'avevi promesso” sussurrò, “Mi avevi promesso che non sarebbe successo niente. Avevi detto che voi ragazzi eravate andati a divertirvi. Questo non è divertente.”

“Lo so, mi dispiace, io non..”

Prendendole le mani, Kadra non esitò a tiragli uno schiaffo in faccia con nient'altro che rabbia. “Ti odio!” Urlò, “Ti odio, ti odio, ti odio!” Ripeté sbattendo i pugni sul suo petto mentre scuoteva la testa, “Odio questo, odio quello che fate, odio tutto.”

Marco stava là, incassando ogni colpo che Kadra gli tirava, sapendo che se lo meritava.

“Mi dispiace.”

Stancandosi, Kadra collassò fra le sue braccia, mentre cadeva al suolo, tenendosi a lui mentre gli graffiava il petto nudo “Questo non è giusto, siamo venuti qui per uscire da tutto questo..”

Kelsey stava seduta là con le mani che le coprivano la bocca, soffocando i singhiozzi mentre guardava uno dei suoi migliori amici crollare di fronte a lei, quasi come fece lei quando Bruce era venuto per farle sapere di Justin.

Chiudendo gli occhi, Kadra singhiozzò costringendosi a stare in piedi, Kelsey fece lo stesso mentre si correvano incontro, stringendosi all'altra.

“Mi dispiace Kadra,” Kelsey pianse sulla sua spalla, “Mi dispiace che questo sia successo, mi dispiace così tanto.” Scosse la testa, sapendo molto bene quello che la ragazza stesse provando, , una comprensione reciproca passò tra le due mentre i ragazzi guardavano avanti con nient'altro che la colpa.

Justin rimase seduto a fissare, il suo cuore batteva violentemente mentre guardava la scena svolgersi, come una storia che si ripete, ma invece, questa volta, non era lui a combattere per la propria vita, nel buio di ciò che accadeva intorno a lui.

Lui era lì a testimoniare tutto ed era come se qualcuno gli avesse dato un pugno nello stomaco.

“E' così che ci si sente” Kadra si spinse via, guardando con simpatia Kelsey, la quale si limitò ad annuire. 

“Ma lui starà bene, è un combattente, e so per certo che ti ama.” Kelsey la tranquillizzò dolcemente.

"Come fai a saperlo?" Tirò su col naso, asciugandosi le mani sulle guance bagnate, il viso macchiato.

"Perché ci ha detto di dirtelo," Pulendosi con le mani le lacrime rimaste sul viso, Kelsey abbracciò Kadra ancora una volta, "Sopravviverà questo."

"Marcus Sorella?" Il medico che gli era stato assegnato era uscito in sala d'attesa, guardando dai suoi appunti, tutti noi.

"Sì?" Bruce si alzò, asciugandosi le mani sudate sui jeans deglutendo, mentre si avvicinava al medico con tutti gli altri dietro di lui.

"C'è voluto del tempo perché aveva perso molto sangue, ma fortunatamente siamo stati in grado di trovare una corrispondenza nelle circostanze e portare la sua frequenza cardiaca di nuovo normale, tuttavia, è molto debole e ha bisogno di molto riposo." Parlò severamente, cercando di far capire il punto. "E' stato benedetto da un angelo, perché chiunque altro non sarebbe stato in grado di sopravvivere a questo."

"Quando possiamo vederlo?" Kadra esordì mentre si dondolava sui tacchi delle sue scarpe, mordendosi nervosamente il labbro.

"Siete liberi di vederlo ora, ma vi avverto che è ancora molto debole e deve riposare più che può." Cliccando chiuse la penna, e la infilò nella tasca della giacca. "Pertanto, è consentita solo una persona nella stanza." E con questo, si allontanò, con Leo al suo fianco mentre discutevano di un paio di cose.

"Puoi andare," Justin tranquillamente incoraggiò Kadra mentre si infilò le mani nelle tasche dei jeans. "So che vorrà vedere te per prima appena si sveglia."

Sorridendo dolcemente, Kadra annuì prima di allontanarsi e sparire dietro la porta che sapeva fosse quella di Marcus.

Chiudendo piano la porta, Kadra fece un respiro profondo e quasi svenne lì, mentre sbatté le palpebre per vedere Marcus che giaceva nel letto dell'ospedale più pallido del solito, la sua naturale pelle abbronzatura ora era di una tonalità più chiara.

Prendendo posto al suo fianco, Kadra non esitò prima di prendere la sua mano inerte tra le sue, il retro dei suoi occhi bruciava mentre lottava per non versare più lacrime. Sapeva che doveva essere forte per lui, era più forte di questo e negli ultimi tempi, aveva mostrato le sue debolezze, ma ora non più.

Era stanca dell'agonia che questo stile di vita portò su di lei. Ci sono ragioni in cui non le importava cosa lui avesse fatto o quello faceva perché sapeva che, in fondo, aveva le sue ragioni e lei lo aveva accettato molto tempo fa.

Ma questo fu ciò che fece traboccare l'ultima goccia del vaso (sarebbe in realtà 'dove lei ha segnato una linea', ma in italiano non significa niente detto così, il senso è questo. Erano cose come queste che le fecero capire che loro non erano invincibili e che c'è sempre una possibilità di trovare la morte dietro l'angolo.

Chiudendo gli occhi, Kadra fece un respiro profondo, tirando le labbra in bocca prima di guardare giù verso di lui, le sue dita spazzolarono indietro i suoi capelli mentre gli accarezzava la guancia, volendo vedere disperatamente di nuovo i suoi occhi marroni. "Sei così stupido," sospirò, scuotendo la testa. "Ti ho detto di stare attento e sai cosa mi hai detto?" Fece una pausa, come se lui avrebbe risposto: "Tu mi ha detto che lo avresti fatto. Hai detto che non avevo nulla di cui preoccuparmi ... " Sospirando, deglutì a fatica. "Perché devi fare l'eroe? Perché devi sempre essere il bravo ragazzo, rischiando sempre la tua vita per gli altri? Eh? Perché?"

Con entrambe le sue mani cullò la sua, appoggiandoci la fronte. "Non hai più solo loro," Kadra sussurrò "Hai anche me e un'altra cosa che deve arrivare, se pensi che ti lasci buttare via la tua vita solo perchè pensi che sia la cosa giusta da fare."

"Ti amo..." Kadra si girò e notò le ferite sul suo volto che gli erano state fatte durante le lotte in cui fu coinvolto, ricordandole che questa era una battaglia quotidiana con cui aveva a che fare. "Sarai la mia morte," mormorò, il suo corpo si stava paralizzando da capo a piedi, come se si rifiutasse di sentire più dolore.

"Per favore, apri solo gli occhi e fammi sapere che stai bene, perchè se non lo sento da te, non ci credo. Nemmeno per un secondo. I dottori mentono tutto il tempo e sai che io odio gli ospedali e i dottori e le mura bianche, ma sono qui con te perchè ho bisogno di te. Hai capito? Ho bisogno che tu ti svegli e che mi dica che sono testarda e che non ho niente di cui preoccuparmi. Ho bisogno che tu mi abbracci, mi baci la fronte e che guardi le repliche di "Friends" (serie americana) con me finchè non mi addormento. Ho bisogno che tu mi dica che tutto va bene, e che non ho niente di cui preoccuparmi. Ho bisogno che tu mi dica che hai sbagliato e che non rischierai la tua vita come hai fatto oggi. E' solo che.." Crollando, Kadra fece cadere una lacrima sulla sua guancia "Ho bisogno di te."

Justin guardò la ragazza tra le sue braccia, sentendo le corde del cuore tirare per la vulnerabilità. Si era addormentata, rannicchiata tra le sue braccia come un bambino. Dopo varie ore che erano lì, cadde in un sonno profondo, gli eventi di quella notte ebbero un brutto effetto su di lei (in teoria sarebbe 'le fecero pagare il pedaggio', ma è un'idioma che significa tipo che ne pagò le conseguenze, in ogni caso il significato è quello).

Togliendole i capelli dal viso, Justin sospirò, appoggiando la testa contro il muro. Canticchiando silenziosamente tra sé e sé, Justin cercò di non pensare a quello che era successo, la sua mente era già un fascio di corde e preoccupazioni.

Questi ragazzi erano arrivati intenzionati a lottare, ma quello che Justin non riusciva a capire era il perchè. Perché sono venuti a portare guai? Se erano i soldi ciò che volevano, Justin sapeva che avrebbero trovato un altro modo per cercare di ottenerli da Leo.

Iniziare una rissa in mezzo a un club, era il tipo di cose che sapeva venivano fatte quando si è giovani, quando tutti erano ancora solo degli adolescenti. Cam era un uomo adulto ormai, di gran lunga più grande di Justin e tuttavia era venuto là con il fare di un adolescente.

Non aveva alcun senso per lui. Niente di tutto ciò lo aveva.

"Ragazzi voi probabilmente dovreste tornare a casa," disse Leo, annuendo verso i ragazzi insieme alle loro ragazze mentre era seduto su una sedia di fronte a loro. «È tardi e sono sicuro che Kadra non lascerà presto la stanza."

"Io non vado da nessuna parte," Marco scosse la testa, Alec strinse la mano contro la sua mentre lo guardava con nient'altro che compassione nei suoi occhi. "Non mi importa quanto tardi sia o se rimane fino al mattino, io non me ne vado."

"Marco forse è meglio che dormi un po', torneremo dopo-"

"No." Marco interruppe Alec, la sua voce era come il ghiaccio. "Io non vado da nessuna parte. Se vuoi andare, vai."

Trattenendo il respiro, Alec intrecciò le loro dita insieme, posando la testa sulla sua spalla, mentre furtivamente gli lasciò un veloce bacio sulla mascella, sapendo che non avrebbe osato lasciare il suo fianco. Non quando aveva bisogno più bisogno di lei.

Guardandola, Marco sentì il suo cuore spezzarsi un po', ma non disse una parola mentre guardò Leo, nei suoi occhi non c'era nient'altro che determinazione. "Puoi andare," lo forzò "Sono sicuro che hai un posto migliore dove andare."

Leo chinò il capo, lasciando le cose come erano, mentre si alzò e uscì dalla stanza, gli altri lo guardavano mentre scompariva dietro le doppie porte

"Quale diavolo è il suo problema?" John borbottò scuotendo la testa, "E' tutto il fottuto giorno che si comporta così." 

"Non lo so," Marco attaccò, arricciando le labbra in un ringhio, "Ma farebbe meglio a guardare se stesso prima di pigiare tutti i fottuti cazzo di bottoni."

"Va bene," Bruce mise le mani avanti, "Basta! Siamo tutti irritati a causa di quello che è successo a Marcus. Non c'è bisogno di rivoltarci anche l'uno con l'altro."

"Lo stai seriamente difendendo?" Marco sputò con gli occhi socchiusi. "E' sua la dannata colpa se Marcus si trova qui in primo luogo."

"Non ti azzardare a dare la colpa a mio zio Marco!" Bruce sibilò a denti stretti "Solo... solo calmati cazzo!"

"Come cazzo posso calmarmi quando il mio migliore amico è quasi morto questa notte?" Marco si era alzato ora, con la faccia che bolliva per la furia.

"Ma non lo è!" Bruce ribatté ora in piedi, alla sua altezza, mentre entrambe sia Alec che Stephanie facevano il loro meglio per farli calmare. 

"Ma avrebbe potuto!" Marco gridò più forte che mai, tutti nella stanza facevano silenzio. "Avrebbe potuto morire..." Scosse la testa: "Cosa avresti fatto dopo?" Sussurrò, "Hm? Saresti lì seduto a difendere l'uomo che ci ha portato in tutto questo in primo luogo?"

"Nessuno ti ha detto di combattere." Bruce ribatté.

"Di cosa diavolo stai parlando?" Un cipiglio si formò in mezzo alle sopracciglia di Marco in segno di confusione.

Socchiudendo le labbra, Bruce deglutì, "Niente," sospirò, massaggiandosi la nuca con forza, "Dimentica quello che ho detto."

"No." Marco scosse la testa, "Cosa intendevi con questo?"

"Non lo so," Bruce sussurrò, con gli occhi addolorati e prima che qualcuno avesse la possibilità di dire altro, uscì dalla stanza, ripercorrendo i passi di Leo.

Marco fece un passo avanti ma si ricredette mentre lasciò andare via Bruce, senza nemmeno preoccuparsi di seguirlo mentre si accasciò sulla sedia.

Passandosi le mani tra i capelli, mentre fece un respiro stanco, Marco guardò il pavimento sentendo la sua gola bruciare e la sua visione sfocare.

"E' un casinista," John mormorò a Marco, posando una mano sulla sua spalla destra, mentre gli dava una leggera stretta. "E' solo sconvolto per il fatto che questa è la seconda volta che uno di noi viene ferito."

Marco si strinse nelle spalle, il suo corpo si intorpidì. Tutto ciò che poteva fare era stare seduto lì come uno zombie, la sua mente vuota e la lingua secca. Non aveva parole per quello che era successo. Se ne erano andati via per lasciare i drammi a casa, ma sembra come se non importasse dove vanno, che una parte di essi sarà sempre lì, in agguato nel buio, pronti a colpire.

Sapeva anche che una parte di lui si ruppe dentro e che non si sarebbe mai riparata nonostante quello che i medici avevano detto di Marcus perché nel profondo sapeva, che non lo era. Niente di tutto questo andava bene e niente di tutto questo potrà mai andare bene.

"Le ragazze probabilmente dovrebbero andare," John parlò, questa volta rivolgendosi a tutti.

"John-" Carly iniziò ma lui scosse la testa, guardandola solennemente, non dandole tempo per discutere mentre lei capì cosa intendeva.

"È tardi e loro sono stanche. Kelsey si è già addormentata e sono sicuro che non sarà del tutto entusiasta quando si sveglierà. "

Justin sforzò un po' un sorriso prima di accigliarsi ancora una volta. Annuendo, sapeva che John aveva ragione, ma sapeva anche che Kelsey non vorrebbe essere a casa da sola senza di lui.

"La terrò d'occhio io," Carly sussurrò, sapendo a cosa lui stesse pensando, mentre gli lanciò uno sguardo d'intesa. "La controllo io."

"Grazie," mormorò Justin prima di illuminarsi toccando il volto di Kelsey, "Piccola, svegliati."

Kelsey mormorò qualcosa, spostandosi leggermente mentre si aggrappava a Justin, scavando con la testa nella nuca.

"Kelsey..." Justin lentamente la tirò su facendola sedere mentre la teneva in braccio appoggiata sulle sue spalle, premendo un leggero bacio sulla guancia, "Le ragazze vanno a casa."

Strusciandosi gli occhi assonnati, Kelsey sbadigliò leggermente, "E tu?" Mormorò assonnata, le sue dita sfiorarono la sua guancia ferita.

"Starò bene," mormorò, "Sarò a casa appena posso, ok? Vai e basta con le ragazze ."

Kelsey sembrava che stesse per protestare contro quello che aveva detto, ma lo conosceva bene e accettò con riluttanza, alzandosi mentre Carly le prese la mano per confortarla. "Ti amo." Sussurrò, "E dite a Marcus che amo anche lui."

“Ti amiamo anche noi,” Justin sorrise lievemente, “Io sicuramente più di lui.”

Ridacchiando leggermente nonostante la sensazione di vuoto nel petto, Kelsey lanciò un ultimo sguardo a Justin prima di seguire le ragazze fuori dall'ospedale.

Cingendosi in avanti in modo che i gomiti pendessero dalle sue ginocchia, Justin chinò il capo angosciato volendo che quest'incubo fosse già finito.

"Cosa sta trattenendo Bruce così a lungo?" John mormorò, girando il collo mentre si strofinava i muscoli per la tensione. "E' andato via da un po'."

"Vuoi andare a controllarlo?" Justin guardò John, alla disperata ricerca di un qualche tipo di distrazione. Odiava gli ospedali quasi quanto Kadra. Lo faceva sentire a disagio sapendo che era 'la casa' dei salvati e dei morti e solo poche ore fa, Marcus era bloccato nel mezzo e nessuno di loro sapeva quale fosse il suo destino.

"Sì andiamo." Stiracchiò il corpo, John guardò Marco, "Vieni con noi?"

"No, penso che mi siederò qui e aspetterò." Marco intrecciò le dita mentre guardava verso di loro, con gli occhi sfumati mentre sbatté le palpebre più volte cercando la forza di non crollare sotto la pressione che sentiva.

Nonostante quello che aveva detto a Leo, sapeva che parte di tutto questo era anche colpa sua. Aveva promesso di vegliare su Marcus e anche se aveva fatto del suo meglio, sapeva che avrebbe potuto provarci più duramente.

"Andiamo, amico," Justin tranquillamente toccò il suo piede con il suo, "Ti aiuterà liberare la mente per un po'. Sedendoti qui, picchiandoti mentalmente non aiuterà la situazione. Fidati di me, io lo so."

Guardando verso Justin, Marco sospirò quando vide la serenità dietro gli occhi del suo amico. Sapeva che aveva ragione e sapeva anche che solo un paio di mesi fa, era nella stessa situazione in attesa di vedere se era lui quello vivo o no.

Asciugandosi il viso con le mani, Marco si alzò in piedi, sentendo il suo corpo teso per la sensazione. Non si era alzato dal suo posto da quando erano arrivati e il suo corpo gli faceva male per la mancanza di movimento.

"Andiamo," Justin annuì verso le porte verso le quali di stavano dirigendo, spingendole si aprirono mentre una brezza leggera passò sul loro viso, l'afa della stanza li aveva fatti quasi surriscaldare. 

Kadra era stata con Marcus per le ultime due ore e lui non si era mosso o aveva detto una parola, preoccupandola un po' mentre si sedette con le mani nelle sue.

"Questa è la volta in cui sei stato più tranquillo," ridacchiò leggermente, cercando di alleggerire l'atmosfera. "E per quanto lo amo, ho bisogno che tu ti svegli per me ... ho bisogno che tu dica qualcosa."

«Sei testarda," Una voce gracchiò e Kadra sentì il cuore saltare un battito.

"Marcus?" Un enorme sorriso speranzoso si attorcigliò sulle sue labbra mentre guardava quegli occhi marroni che fu abituata a guardare per un anno.

"Sei sveglio," Lei espirò, subito gettandosi su di lui mentre gli diede un abbracciò.

Saltò indietreggiò nel momento in cui lo sentì gemere e sussultare per il dolore, Kadra imprecò sottovoce, "Cazzo, mi dispiace tanto!"

"Va tutto bene," Gemette, le sue dita premettero delicatamente sul fianco dove era stato accoltellato, i suoi occhi si strinsero. "Sto bene," Riuscì a parlare, leccandosi le labbra screpolate mentre tossiva. "L'acqua.." disse.

Versandogli una tazza, lo aiutò a bere prima di porgerlo accanto a loro. "Dimenticavo," mormorò in imbarazzo, "Avrei dovuto essere più attento."

Afferrandole la mano, Marcus passò il pollice sopra di essa. "Non ti preoccupare", sussurrò con voce roca, tirandola dolcemente verso di lui.

Appoggiata al lato del letto, Kadra appoggiò la testa leggermente verso il basso, le labbra sfiorarono il calore della sua pelle. "Ero così spaventata," sussurrò. "Quando Kelsey mi ha chiamata... era come se tutto intorno a me si fosse fermato."

"Mi dispiace."

"Le scuse non serviranno per l'attacco di cuore che mi è quasi venuto e per averti quasi ucciso» sbottò lei in un modo a cui lui era abituato. Non era dispettoso o odioso, ma, al contrario, mostrava il suo affetto, quanto le importasse e ciò provocò dolore in Marcus, sapere che fosse colui che causava l'irrigidimento del suo petto.

"Lo sai che non farei mai qualcosa se non sentissi che è la cosa giusta." Marcus si sforzò mentre si leccava le labbra, guardandola negli occhi, "Leo aveva bisogno di aiuto, ed era un gran casino. Non sapevamo che stavano arrivando ... " Facendo una pausa, Marcus tossì leggermente, " Ci hanno teso un'imboscata al centro del club e prima che io lo capissi, tutti stavano lottando e sapevo che dovevo fare del mio meglio per proteggere i ragazzi."

"Dove erano quando sei stato pugnalato?" Kadra sibilò attraverso le labbra intorpidite.

"Justin in realtà mi ha aiutato e così anche Marco. Hanno fatto del loro meglio per attirare fuori i ragazzi dopo che erano venuti da me. La colpa non è di nessuno." La rassicurò dolcemente, baciandole la parte superiore della mano. "Ti prometto che non succederà più."

"Non puoi promettere una cosa del genere," Kadra scosse la testa, "Sai che potrebbe accadere di nuovo in qualsiasi momento e non c'è niente che nessuno possa fare per fermarlo quando accadrà."

Senza dire una parola, Marcus le afferrò la mano, tirandola giù di nuovo, facendo attenzione a non colpire il suo fianco mentre la baciò sulle labbra, un ronzio di apprezzamento provenne da entrambe le estremità del loro abbraccio. "Hai detto che volevi guardare le repliche?"

Combattendo il sorriso che minacciava di mostrare, Kadra nascose i capelli dietro l'orecchio. "Cosa?"

Precipitandosi sul letto, Marcus accarezzò lo spazio accanto a lui prima di afferrare il telecomando e girare la piccola televisione che era nella sua stanza. "Non so se hanno il canale di 'Friends', di solito sì, ma credo che possiamo riuscire a trovare qualcosa."

Mordendosi le labbra, scivolò accanto a lui, facendo attenzione a non fargli male. "Dovremmo probabilmente dire alle infermiere ti sei svegliato."

Marcus si strinse nelle spalle, "Verranno a quando lo riterranno opportuno." Riuscendo finalmente a trovare il canale, Kadra non poteva più sopportare il bruciore che il suo collo aveva inflitto alle sue guance. 

Abbassandosi, Marcus premette le labbra sulla sua fronte, "Tutto sta andando tutto bene." Mormorò prima di lasciarsi sprofondare nel cuscino, la testa era sulla sua spalla mentre i due riposavano in una posizione comoda, condividendo parole non dette. L'aria tra loro si era calmata in pochi secondi e la spumeggiante tempesta nello stomaco di Kadra passò mentre il sole splendeva attraverso le finestre.

"Cosa stai cercando di fare con i miei ragazzi?" Bruce abbaiò bruscamente mentre si trovava di fronte a Leo: "Mi avevi detto che nessuno si sarebbe fatto male. Avevi promesso che non sarebbe successo nulla e guarda che cazzo hai fatto!"

"Ti ho mostrato quello che stavo cercando di rivelarti fin dall'inizio! Il ragazzo non può averli entrambi, nessuno di loro può!" Leo gridò, senza cercare di nascondere il fatto che fosse al di fuori di un ospedale e urlando così forte anche la città vicina poteva sentirli.

"Chi sei tu per decidere cosa possono o non possono avere?" Bruce sputò, perdendo la pazienza. "Loro continuano a stare insieme rimanendo concentrati, lo so perchè Stephanie lo fa per me!"

"Credi davvero di poter proteggere sia lei che i tuoi affari allo stesso tempo?" Leo schernì, roteando gli occhi. "Non essere ingenuo cazzo, Bruce! Non ti ho consegnato il mio pezzo di terra a Stratford per vederti strisciare in terra!"

"Ho fatto dannatamente un buon lavoro mantenendo alto il nome della nostra famiglia dove è stato per anni!" Le vene del collo di Bruce ora pulsavano, mostrando quanto si stesse arrabbiando.

"Questo era prima che qualcuno di voi ragazzi fosse coinvolto in qualcosa che non si dovrebbe avere!" Leo gettò le braccia in aria. "Quello che ho detto questa mattina vale ancora e vale per tutti voi! Loro vi uccideranno tutti!"

"Per quanto mi riguarda, l'unico che ci ha quasi fatto ammazzare sei stato tu!" Bruce urlò. "Hai messo in scena questa cosa per che cosa?" Bruce gesticolò girandogli intorno, "Per farci finire qui?"

"Non era mia intenzione!" Leo ringhiò, “Volevo vedere cosa avrebbe fatto." Si strinse nelle spalle, "Volevo vedere se avrebbe lasciato la sua ragazza per aiutarci e lo ha fatto."

"Quel ragazzo ha passato più di qualsiasi altra cosa mai vista in questi anni!" Bruce gridò, "Anni! Ha perso tutto e per che cosa? "Lui sbuffò, "Potere? Soldi? Niente di tutto questo vale la pena se questo significa perdere tutto! Gli hanno portato via tutto, Leo. Non ho intenzione di stare qui e lasciare che tu gli tolga l'unica cosa che lo rende felice, cazzo!"

"Sembri più simile al suo cazzo di padre che a un leader!" Leo urlò, "Sii più forte! Come diavolo ti ho cresciuto?"

"LUI NON HA UN PADRE!" Bruce urlò, "QUINDI SI', MI PREOCCUPO PER LUI COME SE LO FOSSI, E' LA COSA PIU' SIMILE CHE HO A UN FRATELLO!" Stringendo e distendendo i pugni, Bruce colpì la porta, subito imprecando a bassa voce mentre il dolore si diffondeva su per il braccio, ma non gli importava più di tanto. Non gli importava di nulla. "Mi hai cresciuto insegnandomi a rispettare e onorare, ma in questo momento, quello che stai facendo non è nessuno dei due. Siamo venuti qui per allontanarci dalle stronzate di Stratford e ora siamo bloccati qui con un mucchio di stronzate! Non possiamo mai vincere, non importa dove andiamo, i nostri stili di vita vengono a rovinare tutto! Ma questa volta, non è a causa della nostra fortuna, ma a causa tua!" Scuotendo la testa, Bruce guardò lo zio con nient'altro che diffidenza nei suoi occhi. "Sapevi che Cam stava per arrivare..."

"Certo che lo sapevo. Avevo preparato tutto." Leo scrollò le spalle, non un briciolo di rimorso nei suoi occhi e Bruce sapeva, che non c'era modo di comunicare con lui. Era testardo e nella sua testa, quello che aveva fatto era giusto.

"Sai... per uno che sa cosa vuol dire perdere qualcuno, è sicuro come l'inferno che non ci sono limiti quando si tratta della tua reputazione." Justin uscì all'aria fredda, con Marco e John alle spalle.

Avevano sentito quasi tutto da dietro la porta e ogni parola che proveniva dalle labbra di Leo fece ribollire il sangue di Justin.

"Questa non riguarda la mia dannata reputazione," Leo parlò rigidamente con un tono più alto.

"Allora cosa riguarda?" Justin piegò la testa di lato, volendo sentirlo uscire direttamente dalla sua bocca e in faccia.

"TU!" Leo ruggì spazientito, "Da quando quella ragazza è entrata nella tua vita, sei stato accecato da quello che eri stato portato a fare qui."

"Tu non conosci Kelsey, Leo. Per l'amor del cielo l'hai incontrata solo due giorni fa!"

"Ma io so la metà dei casini che sono successi in questi anni, perché la tua testa era presa dal suo culo e in quello in cui si imbatteva e era tuo compito che lei stesse bene." Leo disprezzò, "Il tuo compito è quello di uccidere . Tutto questo è una questione di potere e questo è quello che ho capito che sapevi fare. Conoscevi il gioco e sapevi come giocartelo bene e diavolo, probabilmente eri il migliore in questo e avevi solo sedici anni, e ora?" Leo schernì, "Hai perso tutto."

"Sai almeno cosa cazzo hai fatto?" Marco ringhiò da dietro.

"Se vuoi puoi non giustificare quello che ho fatto con tutti i mezzi, ma io so che quello che ho fatto era giusto. Dovevo vedere dove la vostra lealtà mentiva. Lo potevo vedere nei tuoi occhi, eri arrabbiato. Arrabbiato con lui per il fatto che aveva quasi ucciso Marcus. "

"Hai veramente fatto una cazzata, sai cosa?" Justin parlò, ma era così stranamente calmo che fece venire i brividi a tutti i presenti nella stanza incluso Leo. "Marcus sarebbe potuto morire stanotte e tutto quello che ti interessava era la mia lealtà? Se avessi voluto buttarti merda addosso, lo avrei fatto tanto tempo fa. Kelsey non ha nulla a che fare con le mie decisioni, ma, ovviamente, sei troppo preso da quello che è successo con Luanne cinque anni fa per vedere che cazzo stai facendo."

"Lei ti ucciderà."

"Se morirò, sarà per colpa mia. Non sua. Lei mi ha dato qualcosa per cui vivere Leo. Fidati di me, se non fosse stato per quella ragazza, non sarei nemmeno qui in piedi a parlare con te in questo momento e qui tutti sanno che è la verità. Questo vale anche per le ragazze di tutti, non solo la mia."

"Potrai pensare che sto perdendo, ma Leo, la verità è che tu non sai un cazzo. Tu non sai niente di me o quello che ho passato, non conosci Kelsey e certamente non sai cosa diavolo ha fatto. La mia ragazza può essere parte del motivo per cui ho iniziato a calmare un po' la mia rabbia come penso, ma non ha cambiato quello che sono dentro. Sono ancora quel ragazzo spietato, a sangue freddo che hai conosciuto tanti anni fa, quando mi hai introdotto in questo mondo."

"Ma tu?" Justin rotolò le labbra in bocca prima di lasciarle andare, scuotendo la testa. "Sarai sempre un fottuto miserabile bastardo. Ho chiuso." Justin si rivolse a Marco: "Dì a Marcus che mi dispiace e che lo vedrò domani."

Annuendo, Marco guardò Justin mentre spinse Leo per passare e lasciare l'ospedale, decidendo che era meglio non rimanere più a lungo.

Kelsey stava seduta sul letto con nient'altro che una canottiera e un paio di pantaloncini di flanella. Era preoccupata per Justin per il fatto che fosse da solo. Sapeva che probabilmente stava esagerando, ma dopo quello che era successo questa sera, non poteva correre rischi.

Guardando la porta una volta, sentì la manopola girare e spingere la porta per aprirla, Kelsey trattenne il respiro prima di rilasciarlo una volta che vide che Justin era tornato.

Fu tolto un peso dalle sue spalle mentre stava in piedi, camminando verso di lui e aiutandolo a togliersi la giacca. Non disse una parola, mentre lui fece una smorfia un po' per i molteplici tagli, lividi e ferite che coprivano ogni centimetro della sua pelle.

Kelsey si sforzò di mantenere la calma mentre lo portò in bagno e lo fece sedere sulla toilette (wc) chiusa, chiedendogli gentilmente di appoggiarsi un po' indietro mentre si voltò e afferrò il kit di pronto soccorso dall'armadietto.

L'aveva ripreso (il kit) una volta tornati dalla casa di primavera, sapendo che lui avrebbe avuto bisogno di qualcuno che gli pulisse le ferite.

Prendendo un batuffolo di cotone e versandoci sopra un po' d'acqua ossigenata, Kelsey iniziò con la pulizia dei piccoli tagli prima di passare a quelli più grandi. Si morse il labbro appena lo sentì sibilare in un forte respiro mentre si asciugava il sangue che gli usciva in più dal naso, Kelsey sospirò per la milionesima volta quella notte.

"Mi dispiace," sussurrò, "Sto cercando di non toccarlo troppo, ma hai un sacco di sangue secco."

Justin in risposta le strinse la vita, la sua testa rotolò contro la parete piastrellata mentre Kelsey finì. Si stropicciò un occhio aperto per vederla in piedi mentre gettava i fazzolettini usati, batuffoli di cotone e asciugamani, Justin si sentì colpire da un'improvvisa ondata di déjà vu mentre pensava alla prima volta, quattro anni fa, quando lei gli aveva pulito le ferite la prima volta.

Costringendolo a stare in piedi, non lo fece finché non si sentì obbligato, Justin si sentiva completamente esaurito ed esausto. Prendendo un respiro profondo, Justin si avvicinò alla vasca da bagno, aprendo l'acqua mentre lasciava che si riempisse fino al bordo.

Chiudendo gli armadietti, Kelsey lasciò un asciugamano pulito per Justin prima di voltarsi per andarsene quando si sentì afferrare il polso, impedendole di farlo.

Mentre si muoveva dietro di lei, Kelsey sentì la presenza di Justin incombere, il suo respiro affannato sul suo collo mentre la stringeva a sé, "Ti va di venire con me?" Mormorò sottovoce.

Girando la testa di una frazione per vederlo, Kelsey notò la disperazione nei suoi occhi, il desiderio e il bisogno, sapendo di essere in una situazione di vulnerabilità. "Va bene." Sussurrò.

Entrambi si erano spogliati ed entrarono nella vasca tranquillamente mentre Justin si immerse all'interno gradualmente calmando Kelsey, la sua schiena era giù contro il suo petto mentre l'acqua copriva i loro corpi.

Appoggiando la testa indietro contro di lui, Kelsey lasciò che il calore alleviasse i suoi muscoli mentre chiuse gli occhi, ascoltando il suo respiro leggero e il battito del suo cuore.

"Mi hai salvato." Justin sussurrò, con la voce che uscì fuori molto più spezzata di quanto Kelsey avesse mai sentito. "Ero solo un avanzo, merce danneggiata... ma mi hai rimesso di nuovo insieme. Ero perso fino a quando mi hai trovato." Stringendo le sue braccia intorno alla vita, Justin premette un bacio sulla sua spalla. "Sono venuto da te in pezzi e mi hai rimesso interamente a nuovo."

Girandosi in modo che i loro petti fossero uno contro l'altro, Kelsey si mise a cavalcioni sulle sue ginocchia, mettendo il suo viso nelle mani messe a coppa. (scusate non sapevo come spiegarlo). "Tutti noi abbiamo i nostri demoni, io ho il mio e tu hai i tuoi, ma va bene così perché hai superato il peggio tempo fa ... tu sei tutto quello che una ragazza potrebbe chiedere, rotto o non, perso o trovato, sei il ragazzo di cui mi sono innamorata e qualunque cosa accada, io sarò sempre qui. Ti ho promesso che non vado da nessuna parte e sto mantenendo la promessa." Premendo le labbra alle sue, Kelsey gli avvolse le braccia intorno al collo, tutto l'amore che sentiva glielo trasferì in un abbraccio.

Lei aveva bisogno che lui sapesse che erano una storia non scritta di cui non era stato ancora scritto il finale. Il loro amore non era finito e questo momento fu come se li avesse uniti ancora più di prima.

Kelsey poteva dire che era successo qualcosa per far sentire a Justin il bisogno di confessare qualcosa che lei già sapeva da molto tempo. Era sempre stato il suo modo di rassicurare non solo lui, ma anche lei del fatto che stessero bene.

Dopo che finirono, Justin svuotò la vasca prima di asciugarsi vicino a Kelsey che non aveva detto più nulla.

Avvolgendo fiaccamente un asciugamano attorno al suo corpo, Kelsey afferrò la mano di Justin mentre lo condusse fuori dal bagno e verso il letto dove lei lo fece sedere.

"Non sei danneggiato," Kelsey sussurrò, "Sei lontano dall'esserlo." Lei gli accarezzò il viso, "Sei confuso su come ti senti adesso... e ... e penso che ti preoccupi troppo di ciò che poteva capitare che ti sembra di perdere il contatto con la realtà. "

"Ti fa paura ..." Continuò, "Poteva succedere di nuovo a te questa sera, al posto di Marcus e il pensiero di perdere tutto-"

"No," Justin gracchiò, "Non tutto," Scosse la testa. "L'unica cosa che ho paura di perdere sei tu ..." Si portò in avanti, Justin premette il lato della testa sul suo petto mentre le avvolse le braccia intorno, tirandola verso di lui.

Passandogli le dita tra i capelli, Kelsey guardò l'uomo che aveva imparato ad amare, che era stato ferito in più di un'occasione, l'uomo che amava in tutto e per tutto, ma che perse più di quanto si possa contare su una mano. Era stato dato al mondo solo per perdere tutto un po' alla volta.

"Justin ..." Kelsey sussurrò, sentendo il suo cuore spezzarsi.

"Hm?" Non alzò la testa, ma invece sospirò, amando la serenità del suo corpo contro il suo.

"Ti amo."

"Ti amo anche io." Baciandole la clavicola, Justin intrecciò le loro dita insieme, notando come esse combaciassero perfettamente. "Ha detto che saresti stata la causa della mia morte," mormorò, "Ma la verità è, che mi fai sentire vivo. Mi fai a respirare."

"Chi?" Kelsey domandò, sentendo il suo petto stringersi per le nuove informazioni. "Chi l'ha detto?"

"Nessuno di importante," Justin dichiarò, "Nessuno affatto."

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