danger's back
capitolo 1
"Il gangster locale Justin Bieber esce oggi di prigione dopo aver scontato la sua pena di tre anni. Il ragazzo é stato arrestato dopo essere stato visto-" Spensi la televisione, gettando da un'altra parte il telecomando, prima di sospirare a fondo.
Per tutta la mattina, ogni canale televisivo, ogni stazione radio, ogni rivista o giornale aveva riportato notizie del mio Justin e di come era uscito di prigione.
Nel frattempo, tutto quello a cui riuscivo a pensare era a come avrei potuto reagire quando lo avrei visto per la prima volta dopo tre anni.
Tre anni.
Soltanto le parole: dirle, ascoltarle, leggerle... non sembrava vero. Sembrava tutto così surreale, un incubo terribile e brutto dal quale non mi svegliavo da tanto, troppo tempo.
Avrei dovuto cenare con il mio fidanzato e i miei genitori quella sera, goderci il cibo, ridere alle battute che avremmo detto e divertirci, ma tutto si é trasformato in un'orribile tragedia.
Ma, no, ci voleva anche la notizia che il mio ragazzo -quello che avrei dovuto amare e quello in cui avrei dovuto credere nonostante tutto- era stato arrestato dopo aver ucciso il suo unico vero nemico.
Il mio cellulare tremò nella tasca dei pantaloni, distogliendomi dai miei pensieri. Sentendo una sensazione strana crescermi nello stomaco, lo presi, sullo schermo si illuminavano queste parole: "Un nuovo messaggio: John."
Il respiro mi si fermò in gola quando decisi di sbloccarlo per poter leggere il messaggio.
Da: John
"Sei pronta?"
Mi irrigidii. Il battito del mio cuore accelerò, il mio corpo cominciò a tremare, i palmi delle mani erano sudati. Questa non sono io. Leccandomi le labbra, decisi di tirare fuori il coraggio nonostante il nervosismo e la paura. Scrivendo velocemente, le dita dicevano quello che la mente dettava.
Per: John
"Si, sono pronta."
"Pronta." La mia coscienza mi prendeva in giro, sapendo che invece mi tremavano le gambe dalla paura.
Sospirai profondamente, scuotendo la testa e cercando di rimettere in ordine tutti i pensieri.
Dovrei essere felice, entusiasta, sulle nuvole... allora perché non sentivo nemmeno una di queste cose?
Perché invece, mi sentivo triste, nervosa, spaventata e soprattutto... disorientata?
Il suono del campanello che suonava rimbombò per tutti gli angoli della casa, risuonando nelle mie orecchie, facendomi girare la testa di colpo verso la porta. Dopo il campanello chi stava al di la della porta bussò un paio di volte, e capii... che era arrivato il momento.
Mordendomi l'interno della guancia, mi alzai lentamente, tenendo il mio cellulare stretto in mano mentre camminavo verso la porta. IL MOMENTO IN CUI APRIRAI LA PORTA KELSEY, NON POTRAI PIÙ TORNARE INDIETRO. Respirando a fondo, tolsi la catenella dalla porta prima di aprirla, rivelando John e Carly sul porticato.
Gli occhi di Carly erano pieni di compassione, lei sapeva come mi sentivo dopo tutte le interminabili notti che avevo passato con lei a piangere, ripetendole che mi dispiaceva e che avrei dovuto ascoltarla fin dall'inizio.
Dire che ero ferita era solo un eufemismo. Ero completamente distrutta, più distrutta di quanto un essere umano possa riuscire a sopportare. Ero ferita dalla testa ai piedi, non sapevo come comportarmi o cosa fare fino a quando, piano piano, cominciai a calmarmi.
Avevo fatto davvero bene a riprendere in mano la mia vita e avevo appena ricominciato a vivere fino a quando, non diedero la notizia che Justin, il mio Justin, era uscito dal carcere.
John mi guardava con compassione, sapendo esattamente come mi sentivo.
"Stai bene?" Mi chiese Carly rompendo il silenzio che si era creato, e la vidi strizzare gli occhi, forse pentendosi di avermelo domandato.
John le mise un braccio attorno alla vita, stringendole i fianchi, dicendole mentalmente di stare in silenzio.
Le rivolsi un sorriso debole, cercando di non scoppiare a piangere. "Sto bene, Carls." Chiusi la porta alle mie spalle passando vicino a loro, mentre camminavo verso il vialetto davanti casa mia.
Annuii in segno di saluto verso gli altri ragazzi che erano seduti in macchina, per segno di educazione. Alzando di poco la mano, li salutai, mentre vidi apparire sulle loro facce un debole sorriso. Mi voltai, assicurandomi che Carly e John fossero dietro di me fino a quando non mi ritrovai fianco a fianco con la mia migliore amica.
Aprendo la portiera, lei entrò in macchina per prima, facendomi segno di sedermi accanto a lei. Bruce fece partire la macchina mettendo il piede su uno dei pedali, cercando in qualche modo di venire più vicino a me con l'auto.
Nessuno di loro si azzardò a fare domande, sapevano già la risposta.
Mi girai verso la finestra della mia camera, mentre mi si annebbiava la vista e i ricordi del passato mi tornavano in mente.
***
"Non voglio che ti faccia male."
"Non me ne farò."
"Non dirlo." Scossi la testa. "Non mentirmi."
"Non ti sto-"
"Invece si." Enfatizzai. "Tu non sei invincibile Justin. Forse puoi sfuggire ai poliziotti, ma ci sono un sacco di persone la fuori che vogliono che tu muoia."
***
Chiusi gli occhi, strizzandoli, cercando di non ricordare il dolore che avevo provato.
***
"Kelsey..."
"Ho paura." Sussurrai. "Ho paura ok? Ho paura di ricevere una telefonata da Bruce o John un giorno, e che mi dicano che tu... che tu sei morto."
***
Mi morsi il labbro inferiore, sentendo le emozioni sovrastarmi. Tutto quello che mi aveva detto, tutto quello che mi aveva promesso, forse erano solo bugie.
***
"Cristo santo Kelsey." Mormorò. "Non pensare cose del genere."
"Come posso non farlo?" Dissi guardandolo. "Credo che la tua vita sia soltanto un pochino pericolosa."
"Tu non devi pensare, sai?" Sputò, osservandomi. "Ci sto provando ok? Se potessi gettare via tutte le cose brutte della mia vita, credimi, lo farei, se potessi."
***
Pressai la mia fronte contro il finestrino, cercando di rilassarmi.
***
"Vorrei davvero essere tranquillo e senza problemi e vivere felice con te, ma non posso, non con la vita che vivo io."
***
"Non con la vita che vivo io..." Ripetei le stesse parole che aveva detto lui, ricordandomele. Leccandomi le labbra, sospirai profondamente. Non potei fare a meno di sentire il mio stomaco contorcersi in tutte le direzioni, il mio cuore che accelerava ogni secondo di più.
***
Grugnii mentre aprivo gli occhi, una luce troppo potente mi annebbiava la vista. Il mio corpo era stanco e avevo un mal di testa terribile.
"Kelsey! Oh... mia piccola Kelsey! Sei sveglia!" Aggrottando le sopracciglia al suo tono così urgente, mi girai verso di lei mentre la vedevo correre verso di me, prendere il mio piccolo corpo tra le braccia e stringermi al petto. "Grazie a Dio." Piangeva contro la mia spalla, accarezzandomi i capelli.
La abbracciai, anche se non capivo quello che stava succedendo. "Mamma..." Dissi guardando mio padre e Dennis, mentre ricambiavano con le lacrime agli occhi. "Cosa sta succedendo?" Chiesi mormorando.
Vidi che avevano gli occhi rossi, e le borse sotto ad essi. Sussultando, sciolsi l'abbraccio. Finalmente riuscii a guardarmi intorno, e quasi svenni. Le mura bianche, i macchinari, i fiori, i cardiogrammi... ero all'ospedale. "Mamma, papà... perché sono qui?" Mi leccai le labbra secche, la mia voce era roca a causa della poca idratazione.
"Bevi un po' d'acqua prima tesoro." Prese un bicchiere dal tavolino di fianco al letto dove ero distesa, lo riempì d'acqua e me lo portò alla bocca, tenendomi il mento e muovendo il bicchiere cosicché potessi bere.
Deglutendo il liquido freddo, sospirai prima di tornare alla domanda. "Mamma..."
I suoi occhi mi guardavano tristi e non potei fare a meno di sentire il mio stomaco contorcersi dolorosamente. "Mi dispiace tanto." Sussurrò.
"Per l'amore di Dio Melissa." Disse mio padre, tirandola da una parte e scuotendo la testa verso di lei. "Ne abbiamo già parlato." Disse, mentre potevo leggere nei suoi occhi una specie di rabbia. "E' solo colpa sua se lei ora é in ospedale." La sua voce ferma e arrabbiata, mi provocò brividi lungo la schiena. "E' soltanto colpa sua quindi vedi di smetterla di difendere quel benedettissimo ragazzo, altrimenti io-" Si fermò, la sua mascella era serrata.
"Qualcuno può dirmi quello cosa sta succedendo?" Gridai, non volendo rimanere ancora all'oscuro di tutto.
Mio padre lasciò subito il braccio di mia madre, i suoi occhi subito si addolcirono. "Kelsey..." Cominciò, rimanendo senza parole esattamente come mia madre. Il suo pomo d'Adamo si muoveva lentamente in gola.
"Sto perdendo la pazienza." Dissi, nervosa. "Sono in ospedale e voglio solo sapere perché."
Mia madre guardò varie volte mio padre, come per chiedergli il permesso di parlare, mentre la sua mano era sul suo braccio. "Non ce la faccio." Disse, prima di far uscire mio padre e Dennis dalla stanza e avvicinarsi a me. Prendendo una sedia, la mise vicino al mio letto e si sedette prima di prendermi una mano. " Kelsey..."
"Mamma, dimmelo." Dissi, mentre i nervi cominciavano a prendere la meglio.
Si mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio prima di riportare la sua mano sulla mia, coprendola. "Sei svenuta."
Aggrottai le sopracciglia. "Svenuta?"
Annuì con la testa, la presa sulla mia mano divenne leggermente più forte. "Mi stavi aiutando a preparare la tavola quando ti ho chiesto di andare a spegnere la televisione. Tu sei andata, ma non sei tornata indietro. Stavo cominciando a preoccuparmi, quindi sono venuta a cercarti. Sapevo che qualcosa non andava quindi ti ho chiamata. Tu non rispondevi e quindi io ho cominciato a chiamarti, e tu ad un tratto sei... caduta. Hai sbattuto la testa contro lo spigolo del tavolo molto forte. Hai avuto una commozione cerebrale e hanno dovuto metterti i punti."
"Punti... e una commozione?" Dissi, incredula. "Ma..." Cominciai, cercando di calmarmi. "Perché sono svenuta?" Chiesi, cercando di capire quello che mi stava dicendo.
"Non lo avevo capito tesoro, fino a quando non ho guardato la televisione." Mormorò, con la tristezza negli occhi.
"Cosa hai visto?" Chiesi, cercando disperatamente di avere quel pezzo di puzzle che mancava per poter ricostruire tutto.
Scosse la testa, mordendosi l'interno della guancia, non volendo dirmi altro.
"Mamma." Dissi, nervosa. "Che cosa hai visto alla televisione?" Chiesi, cercando di conoscere disperatamente la risposta.
"Justin." Disse, finalmente. "E' stato arrestato per omicidio."
Ecco che tutto, ora, si collegava.
***
Carly mi prese la mano, stringendola mentre mi invitava a entrare in macchina, cosa che feci.
Uno sguardo triste le attraversò gli occhi, mentre mi accarezzava gli zigomi con i polpastrelli. Ci misi un po' prima di rendermi conto che avevo pianto. Riprendendomi, mi sottrassi al tocco di Carly, asciugandomi da sola le lacrime.
Tutti gli occhi erano su di me ora. Tutti mi guardavano con compassione, e non mi sentivo a mio agio. Mi agitai sul sedile, mentre abbassai lo sguardo guardandomi le mani. Non potevo crollare ora. Dovevo essere forte. Alzando lo sguardo, decisi di affrontare tutto quello che mi sarebbe successo.
Dopo alcuni momenti di silenzio, Bruce decise di mettere in moto la macchina, facendo retromarcia per uscire dal parcheggio. Girando attorno a varie macchine, finalmente spense il motore.
Nessuno si mosse, l'aria attorno a noi era pesante e le uniche cose che si sentivano erano i nostri respiri.
Mordendosi l'interno della guancia, Carly guardò John, i loro occhi si incontrarono e si capirono silenziosamente. Annuendo, John aprì la portiera, uscendo dall'auto.
Anche Carly annuì, indicando la porta aperta. Guardai per alcuni momenti la porta prima di vedere John sovrastarmi. Sussultai, uscendo dalla macchina per mettermi di fronte a lui.
Prendendo la mano di Carly, John si rivolse a me. "Sei sicura che ce la farai?" Mi chiese lentamente, mentre una smorfia gli attraversò il viso.
Sospirai profondamente, annuendo. "Sì, andiamo." Camminando a fianco a loro, raggiunsi Bruce, Marco e Marcus.
Carly mi prese il braccio, tenendomi. "Non devi farlo ora se non te la senti. Posso aspettare a casa con te se vuoi. John ci porterà-"
"No." Scossi la testa, bloccandola. "Ho fatto tutto questo. Voglio venire." Sussurrai. "E comunque, che razza di fidanzata sarei se non venissi?" Il mio cuore perse un battito quando pronunciai quella parola che per tre anni era sparita dal mio vocabolario.
"Va bene." Carly sospirò, lasciandomi andare. Lei si girò di nuovo verso John, continuando la loro animata conversazione. L'argomento ero io, e come avrei reagito quando avessi visto Justin.
Diamine, non so neanche cosa farò. Tutto quello che sapevo era che forse sarei svenuta come quando ho saputo quello che era successo.
Bruce venne verso di noi, rivolgendosi a me. "Aspettatemi, torno subito." Disse, prima di camminare dentro l'edificio.
Mi mossi sui piedi, non essendo capace di sopportare ancora a lungo questa attesa. Il mio stomaco si contorse, come se stesse per cadere. I miei palmi erano sudati come non lo erano mai stati e la mia mente era piena di pensieri.
Carly mise un braccio attorno a me, tirandomi verso di lei. Il suo corpo era contro quello di John, che la teneva stretta. "Siamo tutti qui per te, ok? Non preoccuparti." Disse, rassicurandomi.
Annuii, rivolgendole un sorriso debole.
Prendendo un respiro profondo attraverso il naso, mi sentii come nauseata. Mi veniva da vomitare, a causa di tutte le emozioni che mi stavano attraversando tutte in una volta.
La mia testa si alzò verso Bruce non appena lo vidi venire versi di noi. "Hanno detto che sta per uscire. Andiamo." Disse, facendo segno con la testa per fare in modo che lo seguissimo, tutti eccetto me.
"Kelsey?" Disse Carly, notando che non ero più dietro di loro quando si girò per guardarmi. "Vieni?"
"Sì." Sospirai. "Dammi solo un secondo, per favore."
Annuendo, mi aspettò vicino a John mentre mi passavo le mani tra i capelli, contando fino a dieci mentre cercavo di pensare. Rilassandomi, tolsi le mani dai miei capelli, lasciandoli cadere sulla schiena, mentre camminavo verso Carly.
"Stai bene?"
"Si, sto bene, andiamo." Prendendo il suo braccio, ci avviammo verso i ragazzi, salimmo in macchina e, dopo un po' arrivammo in un parcheggio deserto, dove si vedeva solo una porta scolorita.
Guardandomi intorno, aggrottai le sopracciglia. "Dov'é?"
Bruce si mosse, mettendosi le mani nelle tasche dei pantaloni. "La donna che mi ha risposto prima mi ha detto che dovrebbe uscire da la."
"Forse lui-" Marcus si zittì immediatamente quando la porta davanti a noi si aprì, una figura scura iniziò a camminare verso di noi.
Un sospiro uscì dalle mie labbra, mentre i miei occhi erano spalancati. Una mano tremante mi coprì la bocca mentre vedevo Justin uscire dalla prigione.
Lo vidi alzare lo sguardo... lo stesso sguardo di sempre. I suoi capelli tirati su in una cresta, con le punte leggermente scure. I suoi occhi scuri e la sua mascella serrata. Le sue braccia con i muscoli tesi erano coperte da una maglia slabbrata, i jeans che gli cadevano perfettamente sui fianchi, le supra ai piedi.
Si passò nervosamente le mani tra i capelli prima di mettersi una mano in tasca.
Avanzando lentamente, alzò lo sguardo verso di noi, i suoi occhi spalancati, sorpresi e pieni di lacrime.
I suoi occhi si posarono su Bruce, per poi passare a Marcus, Marco, John, Carly e poi... a me. I suoi occhi erano fissi sui miei, e sentii il mio corpo irrigidirsi, non essendo capace di muovermi.
I suoi occhi si ammorbidirono, e sapevo che probabilmente sarebbe scoppiato a piangere. Non toglieva lo sguardo da me.
"Kelsey..." Disse sussurrando, e fu a quel punto che tutto svanì. La rabbia, il nervosismo, la paura... Tutto scomparve.
Sospirando pesantemente, mi guardai intorno da destra a sinistra prima di riportare il mio sguardo su Justin. Non essendo capace di controllarmi ancora, lasciai che le lacrime cominciassero a cadere dai miei occhi, rigandomi le guance. Cominciando a camminare, non ci volle molto prima di cominciare a camminare a passo svelto, fino a quando, senza accorgermene, mi ritrovai a correre.
Aprendo le sue braccia, lasciai fuoriuscire un singhiozzo prima di abbracciarlo, le mie braccia strette attorno al suo collo, le mie gambe attorno ai suoi fianchi mentre affondavo la testa nell'incavo del suo collo. "Mi sei mancato tanto." Dissi piangendo. Lo stringevo a me come se non volessi mai più lasciarlo andare, come se potesse sparire di nuovo da in momento all'altro.
"Mi sei mancata anche tu, piccola." Le sue parole erano colme di tristezza mentre accarezzava i miei capelli. Le sue braccia attorno a me mi tenevano stretta, mentre con una mano libera mi teneva le cosce affinché non cadessi. "Cazzo piccola, mi sei mancata da morire." Mormorò su di me.
Staccandomi dal suo collo, mi asciugai le lacrime che mi avevano rigato il volto. I suoi meravigliosi occhi marroni, il suo naso, le sue labbra così perfettamente scolpite e a forma di cuore... non riuscii a contenermi ancora. Gli presi il viso tra le mani e poggiai le mie labbra sulle sue.
Preso alla sprovvista dal mio movimento, Justin si riprese subito e cominciò a muovere le labbra in contemporanea alle mie. Mi teneva la testa con una mano, cosicché fossimo ancora più vicini, per assaporare le mie labbra. Mettendomi per terra, le nostre labbra rimasero attaccate mentre le sue mani caddero sui miei fianchi, mantenendomi vicina a lui.
Dopo pochi secondi, Justin si staccò, il suo respiro pesante, i suoi occhi su di me mentre mi tirava via dal viso i capelli che erano caduti mettendoli dietro l'orecchio. Si leccò le labbra. "Sei bellissima." Mormorò, poggiando la sua fronte contro la mia.
Sentii le mie guance accaldarsi, e misi un braccio attorno a lui. Chiudendo gli occhi, mi assaporai il momento, non volendo che l'infinito amore che provavo finisse.
Prendendomi una mano, Justin cominciò ad accarezzarmi la guancia con il pollice. "Ti amo da morire." Disse mormorando prima di baciarmi di nuovo le labbra, la passione attraversò la sua bocca per arrivare alla mia.
Staccandosi, mantenne la mia mano nella sua, accarezzandomi le nocche. "Dio, ti amo." Ripeté chiudendo gli occhi.
Alzandomi sulle punte, lo baciai ancora. "Ti amo anche io." Dissi, ed era vero. Nonostante la terribile sensazione che avevo provato venendo qui, e nonostante tutto, lo avrei sempre amato da morire.
Avvolgendo le sue braccia attorno a me ancora una volta, Justin mi strinse, annusando il mio profumo e mettendo la testa nell'incavo del mio collo, toccando leggermente la pelle. "Mi sei mancata."
Non potei fare a meno di ridacchiare visto che aveva ripetuto la stessa frase due volte. "Lo hai già detto." Dissi mentre le sue dita mi accarezzavano la schiena.
Sussultai sotto il suo tocco. "E' la verità." Mormorò baciandomi le labbra una, due, tre volte prima di ritrarsi. "Per tutto il tempo in cui sono stato dentro a quella cella, l'unica cosa a cui riuscivo a pensare eri tu e a come avrei voluto stringerti tra le mie braccia."
"Justin..." Dissi, addolorata. Scossi la testa, non volevo parlare di questo argomento ora.
Aggrottando le sopracciglia, rimase un po' confuso dalla mia reazione. Giocherellando con le punte dei miei capelli, mi alzò il mento, forzandomi a guardarlo. "Stai bene?"
Annuii, le mie labbra si trasformarono in una linea dura, mentre mi tornavano alla mente tutte le emozioni dolorose che avevo provato. "Sto bene." Sussurrai.
Guardandomi ancora confuso, Justin si leccò le labbra indeciso se continuare la domanda oppure no, ma arrivò alla conclusione che forse era meglio che stesse zitto. Prendendomi per mano, la strinse in modo rassicurante. "Okay, allora andiamo." Intrecciando le nostre dita insieme, ci dirigemmo verso i ragazzi e verso Carly, che ci guardavano commossi.
Bruce fece scorrere i suoi occhi su di me e Justin, mentre un flash gli attraversava gli occhi. "Dio Bieber, sei cresciuto."
"Non posso avere 18 anni per sempre. Ora, posso Bruce?" Disse Justin con una smorfia. Lasciò la mia mano per battere contro quella di Bruce, prima che i due si avvicinassero in un vero abbraccio tra amici. Il mio stomaco si contorse alle ultime parole di Justin.
Mi mossi in modo confuso sui miei piedi mentre mi guardavo le mani, non volendo alzare lo sguardo sapendo che gli occhi blu di Carly mi stavano praticamente bruciando viva. Si stava chiedendo come potevo essere così tranquilla, ma non avrei saputo rispondere, perché non sapevo neanche io quello che mi stava succedendo.
Avevo completamente perso la testa.
"Diamine amico." Alzai la testa per vedere Justin stare davanti a Marcus. "Sei cresciuto più di quanto sia cresciuto io". Toccando i bicipiti di Justin, approvò. "Ti sei dato da fare."
"Devo mantenermi in forma se voglio che la ruota continui a girare. Avete avuto la possibilità di stare senza di me per un po', ma le cose non sono cambiate. Abbiamo ancora delle cose di cui occuparci." Marcus rise a quello che aveva detto Justin, ma sapevo che invece era serio.
Alzando per un momento il braccio, vidi i suoi muscoli tonici tendersi sotto pressione, mentre lui li rilassava e li tendeva di nuovo prendendo il borsone da terra. "Avete lavorato bene senza di me?" Anche se poteva apparire calmo e rilassato nella conversazione, sentivo che era teso.
"Certo." Si intromise Marco, sentendo nell'aria la tensione tra Justin e Marcus. "Non saremo qui davanti a te altrimenti."
Justin annuii, non facendo capire a nessuno quello a cui stava pensando. "E' una bella cosa da sentire." Disse, prima di muovere lo sguardo verso John, e lo vidi alzare lentamente le sopracciglia mentre guardava la mano di John stretta a quella di Carly.
"Come va amico?" Disse John staccandosi per un attimo da Carly per salutare Justin per poi riagganciare la sua mano a quella della mia amica.
Una smorfia si fece spazio sul viso di Justin. "Credo che dovrei essere io a chiedertelo, amico." Disse, ancora incredulo per la sorpresa che aveva appena ricevuto.
Carly pressò le labbra insieme, leggermente nervosa sotto lo sguardo attento di Justin. Le sue unghie dipinte di rosso sparirono nervosamente all'interno della mano di John.
John ridacchiò. "Credo che tu possa indovinare." Disse, le sue guance arrossirono velocemente al commento inaspettato di Justin.
Justin ridacchiò, scuotendo la testa. "Chi avrebbe mai pensato che uno come te..." Si bloccò "Si sarebbe fidanzato."
Carly aprì la bocca per parlare. "Cosa vorrebbe dire?" Disse fredda, mentre i suoi cuochi blu si ghiacciavano.
Justin fece spallucce, mettendosi le mani nelle tasche dei pantaloni. "Esattamente quello che volevo dire."
"Ma che cosa....?" Carly si fermò pressando le labbra insieme, evitando di continuare.
"Buona fortuna." Disse Justin senza calcolare Carly, dando invece una pacca sulla spalla a John.
Carly rimase a bocca aperta a quel commento, ma prima che potesse rispondere, John la tirò vicino a lui.
"Sono contento che non abbia perso il tuo senso dell'umorismo." Disse Bruce contento, il suo petto che tremava a causa della risata.
"Non é morto tutto in me da quando me ne sono andato." Disse Justin velocemente, una smorfia sul suo viso.
Il mio cuore si fermò per alcuni secondi. Che cazzo voleva dire? I suoi commenti idioti mi stavano mandando fuori di testa e mancava davvero poco prima che perdessi il controllo.
Bruce si schiarì la gola, sorpreso dal commento diretto di Justin. Non sapendo esattamente cosa rispondergli, si diresse verso la macchina. "Torniamo a casa. Sono sicuro che ti manca il tuo letto."
Justin soffocò una risata. "Puoi dirlo forte." Disse sospirando leggermente. "Mi si è distrutta la schiena stando ogni notte su quella specie di panca." Fece roteare gli occhi ."Ma non posso dire che sia la cosa che mi é mancata di più..."
Bruce alzò un sopracciglio, volendo che Justin continuasse. "Davvero?"
"Mmm." Disse, prendendomi la mano. "Mi é mancato stare con la mia piccola." Avvicinandomi a lui, mi mise un braccio attorno ai fianchi, mentre io mi appoggiavo al suo petto. Poggiando la sua testa sui miei capelli, mi morsi il labbro, cercando di evitare gli sguardi dei ragazzi su di noi.
Sospirando, forzai un sorriso sulle mie labbra mentre Justin mi stringeva a se, non credendo che fossi davvero lì vicino a lui. Toccando con la punta del mio naso le sue labbra, mi prese la mano allontanandomi. "Forza, sono pronto a tornare a casa."
"Era ora." Disse Bruce facendo roteare i suoi occhi rivolgendo a Justin una smorfia. Si girò sui tacchi e si diresse di nuovo verso la macchina.
Una volta che la raggiungemmo, John aprì la portiera per Carly, la quale entrò subito, seguita da Marcus e Marco. Proprio mentre stavo per entrare, Justin si sedette dove avevo deciso di farlo io, e mi incoraggiò a sedermi sulle sue gambe.
Mi sorrise, accarezzandomi il mento mentre chiudeva la portiera dietro di noi. Lo guardai come se fosse la prima volta che lo vedevo: il suo mento perfetto, la piccola cicatrice sulla guancia, le sue labbra invitanti e rosse... mordendomi il labbro, mi sistemai su di lui, i miei capelli erano come delle tende e ci isolavano dal mondo esterno. Poggiai le mie labbra su quelle di Justin, volendo assaporarmi il momento.
Gemendo silenziosamente nella mia bocca, Justin mi strinse leggermente il sedere, mentre mi spostava la gamba cosicché mi potessi ritrovare a cavalcioni su di lui. Muovendo le sue dita sul tessuto dei miei jeans, mi morse leggermente il labbro inferiore, mandandomi in paradiso.
Sospirando leggermente, aprii gli occhi per un momento, guardandolo.
Il bisogno, la voglia... l'amore... era tutto li. Erano tutti evidenti in quel bacio come sarebbe stato evidente un pezzo d'oro in mezzo al cioccolato.
Lasciai fuoriuscire un sospiro, senza sapere che lo stavo trattenendo, sapendo che questo momento intimo tra di noi stava per finire.
Chiusi gli occhi, cercando disperatamente di reprimere le lacrime che volevano uscire. Perché tutto questo doveva succedere a noi? Aprendo gli occhi, lasciai cadere la mia testa sul suo petto, bramando terribilmente il suo tocco.
Istintivamente, le braccia di Justin mi avvolsero e mi tennero stretta.
Respirando il suo profumo, lasciai che i miei occhi si chiudessero ancora una volta. Cercai di pensare positivo, e di non ricordare tutto quello che mi aveva oppresso negli ultimi tre anni.
Justin mi accarezzava lentamente la schiena, e sotto il suo tocco io mi scioglievo.
"Siamo arrivati." Disse Bruce rompendo il silenzio, facendomi sussultare.
Grugnendo, scesi dalla gambe di Justin prima di uscire dalla sua macchina, la vista della sua casa mi provocò dei brividi.
Mettendomi un braccio attorno la vita, Justin mi fece camminare insieme a lui per i gradini davanti alla casa, fermandosi esattamente davanti alla porta. "Niente sembra essere cambiato." Disse, con uno sguardo divertito sul viso.
Mi morsi l'interno della guancia, rifiutando di dare ascolto alla mia coscienza, che mi diceva di non ascoltare le parole di Justin.
Aprendo la porta, Justin entrò in casa, le sue gambe lo precedettero, fino a quando non si ritrovò nell'ingresso della casa. "Wow." Disse, con gli occhi spalancati.
John gli si mise di fianco. "Ti piace?"
Justin pressò le labbra insieme, mentre la punta della lingua fuoriusciva. Non dava alcun segno di emozione. Girandosi verso di noi, sospirò. "E'- diversa."
"So che non é come te l'aspettavi, ma ho pensato che servisse un cambiamento." Spiegò Marcus, guardando la casa.
"Avete cambiato i divani." La mascella di Justin si serrò inaspettatamente, e girandosi verso di noi non fece trasparire niente, ma potevo capire come si sentiva. "E i tappeti..." Si bloccò. "Wow."
Bruce aveva sostituito i divani color borgogna con dei divani in pelle nera, mentre la moquette era stata sostituita da lucido parquet.
"Si." Dissi, poggiando le mie labbra sulla sua guancia, cercando di tranquillizzarlo, dato che sapevo che effetto avevo su di lui. "Mi piace. Sta bene con la linea della casa."
Justin mi guardò, nei suoi occhi era presente una scia luminosa. "E' stata una tua idea?" Mi chiese mormorando.
Mi morsi il labbro. "Forse." Risposi.
Sospirando, Justin si guardò intorno un'altra volta. "Non é male.." Penso che abbia optato per la risposta più semplice. "É strano perché abbiamo avuto la stessa casa per anni, ma credo che cambiare sia una buona cosa." Mi strinse e non potei fare a meno di sorridere.
Marco tossì, sapendo esattamente perchè Justin aveva detto quello che aveva detto.
Lo guardai e lui rispose al mio sguardo sfiorandomi e accarezzandomi. Risi silenziosamente, sapendo che non poteva essere arrabbiato con me.
"Cosa c'é di divertente?" Mi chiese Justin, dandomi di nuovo attenzione. Alle sue parole, ebbi un sussulto.
"Niente." Dissi girandomi dando le spalle a Marco.
Sospirando, il braccio di Justin continuava ad essere attorno a me. "La mia stanza..."
"E' sempre la stessa." John finì per lui. "Volevamo cambiare anche quella, ma Kelsey ci ha obbligato a non farlo."
Justin mi rivolse uno sguardo di apprezzamento, baciandomi la fronte. "Questa é la mia ragazza." Disse sussurrando in modo che fossi l'unica a sentire.
Non dissi niente, anzi mi irrigidii sapendo che la sua tenerezza sarebbe durata poco.
"Avanti." Disse Bruce interrompendoci e passando di fianco a tutti cosicché fosse davanti. "Sediamoci." Indicò i divani con la testa, e fummo obbligati a seguirlo.
Sedendomi di fianco a John, Justin mi prese e mi fece sedere sulle sue gambe. Baciandomi dietro il collo, mi tenne stretta e vicina a se.
Muovendomi non a mio agio, presi le mani di Justin e le tolsi dal mio corpo. Sapevo che mi stava guardando confuso, ma lo ignorai, scendendo dalle sue gambe e sedendomi sul divano un po' distante da lui.
Continuava a guardarmi confuso, fino a che Bruce non si intromise.
"Hai fame amico? Vuoi qualcosa da mangiare? So che il cibo in prigione é poco più di una merda." Esclamò.
Justin scosse la testa. "Ho perso tutto il mio appetito in quel maledetto posto. Non mi ricordo nemmeno cosa sia il cibo vero."
"Allora provvediamo subito." Bruce si alzò in piedi, sorridendo a Justin. "E' bello riaverti a casa."
Justin sorrise, annuendo con la testa. "E' bello essere tornato."
Battendo le mani, Bruce camminò verso il retro della casa, nel giardino, dove c'era un barbecue, pronto per essere di nuovo usato.
"Kelsey, posso parlarti un secondo?" Carly si alzò dal divano e prima che avessi la possibilità di rispondere, mi prese per mano e mi trascinò verso la cucina. "Che cazzo stai pensando di fare?"
"Cosa stai dicendo?" La guardai confusa, ma capendo la sua domanda.
Lasciò uscire un sospiro esasperato. "Lo sai di cosa sto parlando Kelsey." Non parlammo per un po', si passò le dita tra i capelli. "Justin, Kelsey. Devi finirla di essere così."
"Non sono-"
"Sì, lo sei. Non puoi aspettarti che non si accorga di tutto, il minuto prima lo baci, il minuto dopo sei distante."
"E' stato solo un momento..." Mormorai, guardandomi le dita.
"No, ho visto come ti sei comportata prima..." Scosse la testa. "In macchina."
"Come puoi aspettarti che non sia così?"
"Digli la verità e come ti senti." Enfatizzò, i suoi occhi tristi nei miei. "Io ci sono sempre stata. Ho visto che cosa ti ha fatto e quanto male sei stata quando é stato arrestato. Deve sapere quanto male ti ha fatto stare."
Sospirai, guardando da un'altra parte, sapendo che aveva ragione. Non potevo più continuare a rimandare, anche se avessi voluto. Anche se cercavo in tutti i modi di non far vedere che stavo soffrendo, si capiva. Annuii, mordendomi il labbro. "Okay, scusa."
"Non devi scusarti di niente. So che é difficile... ma é la cosa giusta per te." Mi abbracciò. "La verità rende liberi Kelsey."
Annuii, sciogliendo l'abbraccio e portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Va bene." Sospirai. "Ora o mai più giusto?"
Carly mi strinse la mano, potendo solo immaginare quanto difficile fosse per me. "Sono qui se hai bisogno di me."
"Grazie Carly." Dissi, camminando per tornare di nuovo in salotto, mentre Carly mi seguiva. Bruce era tornato dal giardino sul retro, e ora stava parlando con i ragazzi, il suo braccio attorno a Justin mentre stavano discutendo di non so cosa.
Quando sentirono i nostri passi, smisero di parlare, guardandoci. Bruce mormorò qualcosa nell'orecchio a Justin, mentre lui annuiva.
Sedendomi davanti a loro, respirai a fondo, continuando a mordicchiare il mio labbro inferiore. Carly decise di sedersi vicino a me, posandomi una mano sulla gamba, stringendola per farmi capire che lei era li vicino a me.
La guardai, rivolgendole un debole sorriso, cercando di evitare gli occhi di Justin su di me. Sapevo che si stava chiedendo perchè mi ero seduta lì, invece che sedermi vicino a lui.
"Di cosa stavate parlando?" Chiese Carly ad alta voce, con una smorfia sul viso che rivolse ai ragazzi, le sue labbra in una linea dura, e le sue braccia ora intrecciate davanti al suo petto.
"Affari." Rispose Bruce, guardandola divertito.
"E?" Carly aggrottò le sopracciglia. "Che tipo di affari?"
"Niente che possa avere a che fare con te." Rispose secco Justin, la sua mascella serrata, i suoi occhi irritati.
"Non credo che stessi parlando con te Bieber." Sputò Carly e sapevo che se lo sguardo avesse potuto uccidere, ora sarebbero tutti e due morti.
"Carly..." Dissi cercando di attirare la sua attenzione stingendole una mano, ma decise di ignorarmi.
"Credo che sia la mia casa quella in cui sei dentro, quindi ti conviene chiudere quella cazzo di bocca." Minacciò Justin, mentre uno sguardo nervoso e arrabbiato gli attraversò il viso.
"Altrimenti?" Lo affrontò Carly, decisa a non sottostare alle minacce di Justin.
Justin ridacchiò. "Diaciamo che ho imparato un paio di cose in prigione..." Disse, la sua faccia priva di alcun sentimento. "Cose che sono certo tu non vuoi che io ti mostri, quindi é meglio per te se stai zitta."
Carly rimase in silenzio. Sapevo che le parole di Justin l'avevano spaventata abbastanza da farla rimanere zitta.
"Brava ragazza." Disse ridacchiando, ma nonostante il sorriso che aveva sulle labbra, sapevo che era davvero serio, non stava scherzando.
"Calmati amico." Si intromise John, i suoi occhi viaggiarono da Justin a Carly. "Stava solo scherzando."
Justin si mosse. "A me non sembrava." Si mise seduto comodo sul divano, i suoi occhi intervallavano quelli di Carly e John. "Stavi scherzando?" Si rivolse a Carly mentre si leccava le labbra. Le sue dita sulle sue gambe.
Carly sentì la tensione nell'aria, il suo petto si muoveva velocemente, e aveva il respiro pesante. Distogliendo lo sguardo, abbassò il viso verso le sue dita.
"Rispondimi." Sputò Justin.
Carly alzò di nuovo la testa, i suoi occhi bene aperti. "Cosa?"
"Mi hai sentito." Justin mosse le sue mani verso di lei. "Rispondimi. Annuire non vuol dire niente, voglio sentirti."
"Justin..." Cominciò Bruce, ma fu subito zittito da un gesto fulmineo della mano di Justin.
"No, lasciala parlare. Me ne saró stato fuori dal mondo per un po' di anni, ma non vuol dire che lei può venire qui, mancarmi di rispetto e dire qualsiasi cosa le passi per la mente riguardo ai nostri affari." Justin ringhiò. "Quindi Carly, stavi solo scherzando?"
Carly non disse niente. Rimase in silenzio, i suoi occhi fissi in quelli di Justin, mentre rimaneva senza parole.
"Carly..." Dissi, cercando di tirarla fuori da tutto questo.
Scuotendo la testa, mantenne la sua posizione. "No."
Le sopracciglia di Justin si alzarono. "Come?"
"Mi hai sentito." Si alzò in piedi, convinta di quello che stava facendo. "Ho detto di no."
Justin rise, una risata che mi fece venire i brividi. "Esci."
Le nostre facce erano attonite, un silenzio di tomba cadde tra noi. Carly impallidì, non sapendo come reagire. "Cosa?" Mormorò, facendo un passo indietro.
"Ho detto esci."
"Justin." John si alzò. "Rilassati."
"Puoi andartene con lei allora se ti fai tanti problemi." Justin sputò, arrabbiato. "Non pensare che solo perché ora é la tua ragazza lascerò che le cose passino senza conseguenze."
"Voglio che ti rilassi ok? Nessuno va da nessuna parte. É stato solo un malinteso." Sospirò, passandosi le mani tra i capelli. "Digli che stavi scherzando Carly." John la guardò, i suoi occhi la pregavano di mettere fine a tutto.
Nonostante la rabbia che le ribolliva dentro, Carly gettò la spugna, non volendo continuare la litigata. "Era solo uno scherzo." Mormorò.
"Come, scusa?" Justin portò il palmo della mano verso il suo orecchio. "Non credo di aver sentito."
Carly sospiro scocciata. "Ho detto che stavo scherzando." Si leccò le labbra. "Non volevo mancarti di rispetto." Sussurrò.
"E?" Justin fece una smorfia e capii cosa voleva. Voleva che si scusasse.
Carly si rese conto in fretta di quello che doveva dire. Reprimendo la voglia di tirargli un pugno, sospirò. "Mi dispiace."
"Sei perdonata, ma se ti azzardi ancora a parlarmi così, una scusa non basterà. Ti butterò fuori a calci. Capito?"
Carly annuì, non dicendo una parola, perché se lo avesse fatto stavolta Justin non gliel'avrebbe fatta passare liscia.
John si sedette, sollevato che tutto fosse finito e non potei fare a meno di sentirmi esattamente come lui. Avevo trattenuto il respiro per tutto il tempo.
"Allora." Marco si alzò. "Chi ha fame?"
Tutti lo guardavamo come se avesse avuto cinque teste. Dopo tutto quello che era appena successo, quello a cui lui pensava era il cibo?
Ridacchiai, scuotendo la testa. "Sei davvero strano."
Marco mi guardò. "Devo cercare di togliere l'imbarazzo in qualche modo." Mi fece l'occhiolino. "Allora." Continuò. "Sono l'unico ad essere affamato?"
Bruce scosse la testa, alzandosi. "Non credo. Andiamo." Battendo una mano sulla spalla di Marco, si rivolse a noi. "Andiamo a mangiare."
Justin ci guardò tutti mentre ci alzavamo, i suoi occhi erano fissi su di me. "Andate senza di noi."
"Noi?" Marco lo guardò.
Annuì indicandomi. "Voglio parlare con Kelsey un secondo."
Marco mi guardò prima di annuire a Justin e sparire con tutti gli altri in cucina.
Lo guardai. "Che c'è?"
"Vieni qua." Disse indicando il posto vuoto vicino a lui sul divano.
"No." Sussurrai.
Aggrottò le sopracciglia. "Perché no?"
Mi guardai le mani, non essendo capace di incontrare i suoi occhi. "Perché non voglio."
"Non sembravi avere problemi in macchina." Disse irritato.
"Ero solo presa dal momento..." Mi rifiutai di dargliela vinta. Volevo mantenermi nella mia posizione.
"Ero solo presa dal momento..." Disse imitando la mia voce. "Che cazzo vuol dire?"
"Che non doveva succedere." Risposi. "Ecco cosa vuol dire."
"E perché no?" Sputò irritato.
"Perché non voglio più avere niente a che fare con te." Mormorai e quasi subito nella stanza cadde un silenzio tombale. Alzando la testa, sussultai quando incontrai gli occhi di Justin, vuoti.
"Cosa?" Mormorò Justin in confusione, dopo che nessuno dei due aveva detto qualcosa per alcuni secondi.
"Mi hai sentito." Dissi girandomi i pollici, mentre il mio stomaco stava facendo le capriole.
"No, non credo." Disse incredulo.
Alzai lo sguardo, preparandomi mentalmente a ciò che stava per accadere tra di noi.
"Cosa vuol dire che non vuoi più avere niente a che fare con me?" Mi chiese, nella sua voce sentivo la tristezza.
"Non posso continuare così." Mormorai, evitando i suoi occhi. "Non posso andare avanti come se niente fosse, quando invece tu non ci sei stato per tre anni."
Scosse la testa. "E tutto questo da dove viene?"
"Volevo dirtelo da un po'..." Mormorai lentamente.
"E hai deciso di dirmelo il giorno in cui torno a casa dal carcere?!"
Sussultai.
"Tutto questo non sta succedendo adesso." Disse con lo sguardo fisso sul mio. "Stavamo bene fino a pochi momenti fa. Sei corsa verso di me, mi hai baciato, mi hai detto quanto ti sono mancato."
"Tu mi sei mancato, ma questo non cambia quello che sento per te." Dissi, rifiutandomi di guardarlo dato che mi stavo guardando i piedi, la punta della mia scarpa si muoveva sul pavimento scuro. Una parte di me voleva che si aprisse un buco sotto di me, in modo da poter sparire.
"Quello che provi per me?" Disse incredulo.
"Sì." Chiusi i miei occhi, dicendo a me stessa di continuare. "Molte cose sono cambiate tra di noi Justin."
"Continui a dirlo cazzo ma, non capisco dove vuoi arrivare." Disse impaziente. "Cosa è cambiato?"
"Tutto." Sospirai. "Quando ho scoperto che sei stato arrestato..." Iniziai, ricordandomi le immagini di quella sera.
Justin si leccò le labbra, mentre si sporgeva in avanti poggiando i suoi gomiti sulle sue ginocchia, le sue dita intrecciate nel mezzo. "Kelsey-"
"No." Mormorai. "Lasciami finire." Lo pregai, la mia voce era diminuita di un tono. "Per favore." Dissi avvertendolo.
Pressó le sue labbra insieme, lasciandomi continuare.
"Mi sento un'idiota, mi sento vuota, confusa... Non riesco a capacitarmi che tu abbia fatto una cosa tanto pericolosa..." Strizzando gli occhi, mi fermai ancora, respirando a fondo. "È davvero troppo da mandar giù." Mi misi una ciocca di capelli dietro l'orecchio prima di continuare. "Quella notte sono svenuta dopo quello che avevo sentito."
I suoi occhi spalancati incontrarono i miei mentre la tristezza e il dolore lo sovrastavano, le sue labbra erano ferme in stato di shock, ovviamente non sapeva niente di tutto questo.
"Ho dovuto farmi raccontare tutto da mia madre quando mi sono svegliata in quel posto. Ho scoperto anche di avere sei punti e una commozione cerebrale." Sentivo i suoi occhi bruciare su di me, ma continuai. "E per rendere tutto migliore." Dissi, sentendo il dolore dentro di me. "Bruce mi ha raccontato tutto e il mio peggior incubo é diventato realtà."
***
Qualcuno bussò alla porta, mi girai verso di questa prima di trovare davanti a me gli occhi marroni di Bruce. Il mio stomaco si contorse.
"Hei, posso parlarti per un secondo? É urgente." Disse venendo vicino a me.
Annuii, sedendomi. "Certo, vieni."
Camminando dentro la stanza, si assicurò di aver chiuso per bene la porta. "Stai bene? Ho chiamato tuo fratello e mi ha raccontato tutto."
"Sì." Risposi, la mia voce era roca. Mi sporsi e presi dal comodino vicino al mio letto il bicchiere di plastica. Portandomelo alla bocca, bevvi. "Sto bene."
I suoi occhi erano fissi su di me e mi guardavano con dolore. "So anche che sai di Justin..." Mormorò.
Annuii timidamente. "Ecco perché sono svenuta e mi trovo qui." Posai il bicchiere sul tavolino prima di riportare la mia attenzione su di lui. "Sta bene?"
"Lui é..." Si fermò, cercando di trovare una parola adatta alla situazione. "Irritabile."
"Non riesco a crederci." Mormorai, mentre il mio petto si muoveva più velocemente.
Bruce si guardava le mani, non sapendo come continuare. "Senti, c'é qualcos'altro che devi sapere."
Sussultai, aspettando quello che doveva dirmi e preparando me stessa al peggio. "Cos'altro?"
"Mi dispiace dirtelo." Cominciò. "Ma Justin non si vedrà in giro per un po' di tempo."
"Cosa vuoi dire?"
"Ha davvero un sacco di casini Kelsey." Mormorò, mordendosi il labbro. "Non credo che stavolta sia capace di uscire da tutto questo."
Le lacrime cominciavano ad offuscarmi la vista. "No." Mormorai. "No lui starà bene." Mossi la mia mano in modo confuso. "Lui uscirà da tutto questo. Lui ce la fa sempre."
"C'é l'evidenza contro di lui Kelsey. Loro lo hanno visto mentre lo faceva. Non c'è modo che possa essere liberato. La polizia aspettava questo momento, da anni. Le prove lo incastrano questa volta."
Non riuscivo a fermare le lacrime che mi correvano lungo le guance. "No." Urlai. "No, lui ha detto che doveva venire. Lui mi ha detto che tutto stava andando bene..."
"Mi dispiace."
"No!" Ringhiai. "Justin starà bene. Lui uscirà da tutto questo e sono sicura che tornerà a casa."
"Lui non tornerà a casa Kelsey." Bruce cercò di venire verso di me e confortarmi.
"Invece si!" Gridai. "Lui verrà a farmi visita e verrà a scusarsi per non essere venuto alla cena e cercherà di rimettere tutto a posto." Dissi singhiozzando, dando un colpo con la mano al petto di Bruce.
"Invece no Kelsey." Cercò di farmi ragionare, mentre i miei pugni continuavano a colpirlo, e lui cercava di fermarmi.
"Justin mi ha detto che ce l'avrebbe fatto. Non mi mentirebbe mai Bruce." Scossi la testa, cercando di convincere me stessa che Bruce stava mentendo.
"Ti ha fatto false promesse Kelsey."
"No!" Urlai ancora più forte, muovendo le mie mani in modo confuso cercando di allontanarlo da me.
"Kelsey!" Bruce mi prese il polso, fermandomi da quello che stavo facendo. "Se n'é andato." Sussurrò, e fu quello il momento in cui crollai tra le sue braccia, abbracciandolo forte e piangendo.
***
"Me lo avevi promesso..."
"Speravo." Justin parlò per la prima volta dopo che avevo cominciato io. "Speravo davvero che una cosa del genere non potesse succedere mai, ma Luke ha fatto davvero male a mettersi contro di me."
"Tu pensi sempre con la tua rabbia invece che con la testa. Non hai neanche lontanamente pensato che questo mi avrebbe fatto del male?" Gli stavo davanti guardandolo arrabbiata. "Pensavi davvero che Luke non ti avrebbe mandato ancora fuori di testa? Se non mi sbaglio, Bruce ti ha detto un sacco di volte che non era intelligente progettare qualcosa subito dopo un interrogatorio. Devi aspettare, e questo é quello che avresti dovuto fare ma, ovviamente, hai fatto quello che fai sempre. Non hai ascoltato."
"Come potevo lasciarla passare liscia di nuovo a quel figlio di puttana sapendo-" Prendendo un respiro profondo, Justin scosse leggermente la testa prima di riportare il suo sguardo su di me. "Io- perché sei cambiata così da un momento all'altro?" Chiese sfregandosi la nuca. "Stavamo bene e ora..noi...non so nemmeno più cosa siamo." Sussurrò.
Roteai gli occhi. "Non capisci vero? Non sono più la stessa ragazza che hai lasciato tre anni fa."
"Non ti ho mai lasciato." Ringhiò. "Sono sempre stato lì... nel tuo cuore e tu lo sai."
"Non c'eri fisicamente ed era quello che mi serviva. Avevo bisogno di conforto, avevo bisogno di sentire che tutto stava andando bene." Lo guardai. "E tu non hai saputo farlo."
"Se avessi potuto, lo avrei fatto e sai che é la verità." Rispose lentamente, la tristezza si impossessò dei suoi occhi che mi guardavano dall'altra parte della stanza.
"Non so neanche più qual é la verità quando si tratta di te." Dissi rispondendo.
"Tu sei tutto per me." Mormorò, quasi più a lui che a me dato che lo aveva detto silenziosamente come se fosse un segreto. "Per tutto il tempo che sono stato chiuso in quella gabbia come un animale, tutto quello a cui pensavo eri tu, il tuo tocco, i tuoi baci, i tuoi capelli, i tuoi occhi, solo..." Mi guardò. "Tu."
"Smettila." Scossi la testa. "Niente di quello che fai o dici potrà farmi cambiare idea."
Mi guardava completamente disorientato, non essendo capace di credere alle parole che stavano uscendo dalla mia bocca. "Cosa posso fare per farti cambiare idea?"
"Niente." Mormorai. "Niente perché la mia mente é chiusa." Sussurrai.
"Non posso perderti." Mormorò Justin, le sue spalle crollarono, mentre le sue dita erano tra i suoi capelli. "Non posso perderti cazzo!" Urlò alzandosi velocemente e venendo verso di me, facendo cadere il tavolino che era posto davanti al divano. Lo guardai mentre si muoveva, i suoi occhi tristi e addolorati che guardavano il pavimento mentre mormorava cose senza senso prima di riportare la sua attenzione su di me. "Non puoi lasciarmi." Mormorò, e sapevo che stava davvero male. "Non dopo tutto quello che abbiamo passato insieme..."
Sussultai, sentendo le lacrime puntellarmi gli occhi. Scossi la testa, determinata a non crollare. "Non possiamo più andare avanti così."
"Così come?" Sputò, non capendo cosa stessi dicendo. "Io ti amo, non é abbastanza?"
"Se mi avessi amato davvero non mi avresti mentito!" Ringhiai, mentre la rabbia prendeva la meglio su di me facendomi capire che ne avevo avuto abbastanza. "Mi avevi promesso che ci saresti stato. Mi avevi detto che saresti stato in ritardo, ma che saresti venuto." Il mio mento tremò a causa della terribile voglia di piangere. Non dovevo mollare. Avevo lavorato troppo per rimettermi in sesto e ora non potevo crollare di nuovo.
Justin mi guardava, sapevo che soffriva.
"Non mi hai neanche detto che Luke mi stava osservando..." Mi fermai, strizzando gli occhi. "John ha dovuto dirmi che Luke era lì... nel mio letto." Mi morsi il labbro, non credendo a quello che stavo dicendo e non credendo a quello che John mi aveva confessato. "Lui mi ha toccato e tu mi hai fatto credere che era stato qualcun'altro! Mi hai fatto credere che stavo immaginando tutto, ma in realtà tu sapevi esattamente chi era, e non hai avuto le palle di dirmi che era Luke?!"
"Lo avrei ucciso! Ecco perché non te l'ho detto!" Urlò, tenendosi le punte dei capelli, i suoi occhi scuri erano ancora su di me. "Non volevo preoccuparti. Pensavo che mi sarei preso la rivincita su di lui senza farti preoccupare-"
"Ma poi sei stato arrestato." Puntualizzai, guardando le mie mani e sentendo una cosa calda rigarmi la guancia, e sapevo che avevo fallito. "Dio mio, come hai potuto essere così stupido?"
"Stavo cercando di proteggerti!" Urlò.
"Proteggermi." Dissi con una smorfia. "Proteggermi da che cosa?" Sputai, guardandolo fisso.
"Da Luke." Rispose. "Quando ho saputo che il bastardo ti stava osservando-"
"Aspetta, come?" Dissi guardandolo scioccata.
Justin si irrigidì, maledicendosi mentalmente. "Cazzo." Disse, in maniera frustrata.
"Lui mi stava osservando?"
Justin mi guardò. "Sì." Sospirò passandosi ancora una volta una mano tra i capelli, come se il ricordo fosse limpido nella sua mente. "Mi ha chiamato quella notte e mi ha detto esattamente quello che stavi indossando, ecco perché sono venuto da te, per vedere se stavi bene e mantenerti al sicuro."
"Wow, le cose stanno andando di bene in meglio." Dissi con il respiro corto, mentre la rabbia mi pulsava nelle vene. "Qualcos'altro che mi hai nascosto?"
"No." Disse Justin prima di scuotere la testa, calmandosi. "Mi dispiace." Mormorò. "Se potessi tornare indietro lo farei, ma non posso." Fece un respiro profondo, le mani sui suoi fianchi preparandosi mentalmente a quello che stava per succedere tra noi. "Quando mi hai detto che avevi sentito qualcuno toccarti... ho perso la testa. Tutto quello a cui pensavo era tenerti fuori da tutto questo e uccidere quel figlio di puttana era l'unica cosa che mi avrebbe fatto sentire meglio, finalmente."
Le lacrime mi pungevano gli angoli degli occhi. "La mia famiglia ti stava finalmente accettando... ci stavano accettando, le cose stavano andando nel verso giusto ed era tutto normale..." Lo guardai, la mia vista era annebbiata mentre scossi la testa. "Ma hai rovinato tutto." Sussurrai.
"Possiamo riparare tutto." Disse con la disperazione negli occhi. "So che possiamo. Come abbiamo sempre fatto, con tutto quello che ci é successo. Abbiamo affrontato di peggio-"
"Per favore." Dissi alzando una mano, singhiozzando. "Per favore non dirmi che abbiamo passato di peggio." Lo guardai incredula, e lui sembrava aver perso la testa. "Ne abbiamo passate tante, sì, ma niente... niente comparabile a questo."
"Te lo avevo detto fin dall'inizio." Disse fermandosi, strizzando gli occhi, respirando a fondo prima di riportare il suo sguardo su di me. "Che non sarebbe stato facile. Ti avevo detto che la mia vita non era una passeggiata nel parco, e sai cosa mi hai detto?" Non aspettó che io rispondessi, lo fece lui per me. "Mi hai detto che non te ne saresti andata. Che mi saresti stata a fianco nonostante tutti i miei casini."
"E tu mi hai promesso di non farmi mai del male." Mi asciugai le lacrime, guardandolo con tutto il dolore che provavo. Tutte le emozioni che mi ero tenuta dentro negli ultimi tre anni stavano uscendo. "Mi avevi detto che ci saresti stato... che non ti saresti fatto del male. Te lo ricordi?"
Si irrigidì, sapendo quello che aveva fatto. Aveva fatto l'unica cosa che da lui non avrei mai voluto: rompere il mio cuore in mille e più pezzi. "Kelsey..."
"Mi hai mentito... mi hai fatto credere che le cose stavano andando bene tra di noi! Mi hai dato la speranza che le cose stessero finalmente andando per il verso giusto senza alcun tipo di problema e tutto era una bugia vero?"
"No." Scosse la testa. "Lo pensavo anche io! Ecco perché ho ucciso Luke: lo volevo fuori dai giochi! Avevo bisogno che se ne andasse per non avere niente di cui preoccuparmi." Si passò la mano tra i capelli per la terza volta quella mattina, tirando le punte per la frustrazione. "Non volevo mentire, volevo davvero dirti tutto, ma non potevo sapendo che Luke mi stava aspettando. Non volevo metterti in mezzo!"
"Hai preferito che io lo venissi a sapere dal telegiornale?" Guardandolo con gli occhi spalancati, puntai il piede sul pavimento. "Avrei preferito molto di più sapere cosa stavi facendo di tanto pericoloso... magari pensare alle possibilità di evitare tutto invece che venire a saperlo da qualcun'altro invece che da te!" Urlai isterica. "Sai quanto doloroso é stato realizzare che tu non avresti più fatto parte della mia vita per molto... molto tempo?"
"Non ho mai voluto ferirti." Disse lentamente, mentre i suoi occhi divennero lucidi a causa delle lacrime.
"Non importa Justin perchè nonostante tutto, non posso dimenticare quello che é successo. Quello che é fatto é fatto"
La mano di Justin cadde lungo il suo fianco, la sua spalla tremava, sapeva che non avrebbe vinto questa battaglia con me. "Sei la mia vita." Mormorò, distrutto. "Sei il mio tutto. Senza di te, non sono niente"
"Sono sicura che riuscirai a trovare un'altra." Mormorai.
"Nessuna é come te." Disse guardandomi, mentre la mia mente si offuscava. "Potrei frequentare un milione di ragazze, ma nessuna di loro resisterebbe un giorno nella mia vita. Sei tu quella per me, sei sempre stata tu."
"Non farlo." Mormorai, stringendo le mani in un pugno, cercando di bloccarlo dal convincermi.
"Fare cosa?" Mi chiese a bassa voce.
"Dire cose del genere... Specialmente quando non sai mantenerle." Mi mossi suoi piedi, sotto pressione.
Mi guardò incredulo. "Come puoi dire una cosa del genere dopo tutto questo? Tu sai quanto cazzo significhi per me e quanto ti amo. Non importa quante volte faccio cazzate, perché so che anche tu mi ami."
Lo guardai mentre i suoi occhi erano fissi su di me, le sue mani nelle tasche dei pantaloni, il suo petto che si muoveva su é giù più velocemente del solito.
Mordendomi il labbro, guardai da un'altra parte, non potendo più sopportare tutto questo. Muovendomi sui miei piedi, mi misi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Rimanemmo in piedi in silenzio per un po', nessuno dei due disse niente fino a quando Justin non cominciò a camminare verso di me. Il respiro mi si fermò in gola non appena vidi Justin camminare più velocemente, fino a quando non me lo ritrovai davanti, e il suo respiro caldo era su di me. Mi irrigidii, non essendo capace di muovermi.
Venendo in avanti, Justin mi accarezzò la guancia con la punta delle dita, e il suo respiro accelerò.
"Che- che cosa stai facendo?" Sussurrai chiudendo gli occhi sotto il suo tocco.
Rimase in silenzio. Le sue dita si mossero verso il mio labbro inferiore, accarezzandolo. "Sei così sexy quando sei nervosa." Mormorò, mentre respirava contro di me.
"Justin..." Dissi, rimanendo senza parole.
Guardandomi, mi prese il mento, alzandomi il volto per fare in modo che lo guardassi, mentre l'altra sua mano mi prendeva il fianco, portandomi vicino a lui. Abbassandosi, poggiò lentamente le sue labbra alla base del mio collo, leccando leggermente, fino a quando non mise la sua testa nell'incavo del mio collo. "Io ti amo." Mormorò.
Lasciai uscire un sospiro, non riuscendo a muovermi sotto il suo tocco ipnotizzante.
Muovendo il suo naso sul mio collo fino alla mia spalla, si allontanò, ma non così tanto da allontanarsi dal mio corpo. Mi rimase vicino, le sue labbra solo a pochi centimetri di distanza dalle mie. "Stavolta la farò funzionare." Sussurrò. "Farò di tutto per farti sorridere di nuovo."
La voglia di piangere si faceva sentire, e il mio cuore accelerava sotto le sue parole. "Vorrei crederti..." Cominciai a scuotere la testa, i miei denti morsero il mio labbro inferiore.
"Allora fallo." Mormorò. "Credimi quando ti dico che farò in modo che tu possa amarmi di nuovo."
Lasciai fuoriuscire un sospiro, i miei occhi tristi erano fissi di lui. Non ho mai smesso, avrei voluto dirlo, ma rimasi in silenzio.
"Faró di tutto per provarti quanto mi dispiace. So che non posso rimediare a tutto il tempo che abbiamo perso, ma ti giuro che ti fiderai ancora di me."
Tremai alle sue parole, il mio cuore accelerò mentre mi portava ancora più vicino a lui. "Non mi do per vinto su di noi." Mormorò. "Lotterò con le unghie e con i denti per te. Non ti lascio andare, nonostante tu cerchi di allontanarmi io non ti lascio."
Mi morsi il labbro, non sapendo cosa dire. Dovevo essere arrabbiata con lui, ma una parte di me voleva solo stringerlo. "Me lo prometti?" Chiesi intimidita, sapendo che stavo ricadendo nello stesso buco di sempre.
Poggiando la sua fronte sulla mia, Justin mi guardò, più innamorato che mai. "Con tutto quello che ho in corpo piccola, te lo giuro." Baciandomi il naso, lo fece scontrare con il suo. "Staremo bene piccola..." Disse muovendosi verso le mie labbra. "Te lo giuro."
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