Epilogo

Ogni spettacolo che vedevo, sembrava prendere un gradino in più. Il livello si alzava sempre, i numeri si rinnovavano di continuo, gli artisti miglioravano. Ed ero fiera di poter confermare dentro di me di essere stata parte di quel miglioramento per molto tempo, anche se rispetto alla loro unione era stato un brevissimo sospiro di vita.

Non ero più una loro acrobata, solo una spettatrice abituale che prenotava i posti migliori per godersi i suoi amici, ma andava bene così, erano pur sempre la mia famiglia anche se ormai lo era a distanza.

E incrociavo lo sguardo fiero di Idaho, che si inchinava davanti agli applausi, ma solo io sapevo che fosse per me soltanto. Un suo personale saluto, l'ultimo inchino che Peter Pan rivolgeva alla sua Wendy prima di volare all' Isola Che Non C'è. Non si spostavano mai troppo lontano dalla mia città, avevano circumnavigato la zona per diversi mesi, per non perdere i contatti con i miei genitori. E quando si allontanavano di più, mi arrivavano così tante lettere da non riuscire a leggerle tutte in una volta.

Ma ogni volta che i miei occhi ammiravano i gemelli volteggiare, Belle danzare, Logan sollevare Colin e Minù mentre saltellavano come grilli… la mia mente tornava a quei giorni in cui la mia ansia rendeva le gambe di burro prima di cantare per il mio Peter Pan, che mi aveva portato nell'isola migliore del mondo, dove avevo imparato cosa volesse dire essere una bambina, e a comprendere cosa volesse dire essere un'adulta.

Ma prima di ogni cosa: cosa volesse dire essere una persona reale e non una bestia da circo.