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Un atto di riconoscenza

Idaho sentì la porta aprirsi e Charlotte fece capolino nel salotto con il pacchetto di erbe curative stretto in mano. Un bagliore allegro gli accese gli occhi nel vedere la silhouette della giovane riempire lo spazio diventato improvvisamente vuoto. Logan e Jessie alla fine erano andati nel cortiletto sul retro a intrattenete Colin, e con Belle ne avrebbero approfittato per affinare alcuni numero. La francesina non era un apice col trapezio, ma per un allenamento base le sue capacità andavano benissimo.

Non poté trattenere un sorriso sincero e compiaciuto nel seguire i movimenti di Charlotte che passeggiava dal salotto alla cucina, una leggiadria che doveva esserle stata improntata sin dalla nascita. Chiunque fossero stati i suoi genitori, dovevano essere stati signori per bene. La vide poggiare sul tavolo della cucina il pacchetto, in modo che potessero preparare gli infusi e i vapori per Lisette, spostando lentamente quelle braccia candide. Solo a guardarla nella sua mente aveva iniziato a farsi strada il pensiero di gestire il numero a loro completa fantasia, solo guardandosi negli occhi e lasciando che i loro corpi si muovessero liberi e disinvolti, e solo con la musica ad avvolgerli nella più romantica atmosfera.

D'istinto si alzò per raggiungerla, in effetti quella mattina non l'aveva ancora vista e non aveva compreso come avere fatto a non sentirsi vuoto, doveva essere stato merito di Colin e del suo intrattenimento che lo aveva distratto.

"Dove vai così di fretta mia cara?" le chiese prendendola per mano e facendola voltare verso di lui, perché potesse finalmente perdersi nel cielo dei suoi luminosi occhi limpidi e nel suo sorriso meraviglioso, che lo avvolse come una calda coperta in una giornata così fredda a dispetto della stagione in cui erano entrati.

"Ho ancora un aiuto urgente da soddisfare, l'ho promesso" rispose Charlotte lasciando che una mano del ragazzo le percorresse il viso delicatamente. Il suo contatto sempre più intenso, gradualmente, la faceva sentire così sicura e rilassata da non poterne fare a meno, come se fosse stata una medicina da somministrare giornalmente. Per lei vedere il volto sicuro e spensierato come quello di Idaho era diventato un supporto per aumentare la propria sicurezza.

"Mmh, la tua generosità è così grande da riempire tutto questo strambo appartamento..."

"Sì, Jake mi ha chiesto di aiutarlo a comprare un vasetto di miele dal signore della fattoria".

"... ma è meglio non avvalersi di così tanta generosità tutta in un colpo, giusto?" mormorò il ragazzo dai ricci dorati cambiando radicalmente espressione. Charlotte a quel punto rimase un po' sorpresa e perplessa dalla reazione del giovane, sapendo che lui stesso era proprio il primo a dichiarare prontezza e generosità al prossimo. Ed ora se ne usciva con un passo indietro di quel rango?

"Ma... che vorresti dire?"

"Voglio dire" Idaho le circondò le spalle facendola sedere con lui sul divanetto, prendendole le mani perché lo guardasse negli occhi, "Che quel signore, è l'ultima persona con cui si può ragionare. L'ultima nell'ultimo universo possibile. Nonna un bel carattere, non ha propensione a voler ascoltare dei ragazzi, non da niente a nessuno. Ci abbiamo provato un paio di volte. Ti avviso che non è una buona compagnia, te lo assicuro".

"Ma Idaho, in ogni caso abbiamo bisogno del suo aiuto. Non credi che, se avessimo un approccio tranquillo, potrebbe insultare più collaborativo?"

"Il livido ancora divisibile sul mio piede non è molto d'accordo..." gli dispiaceva parlare in quel modo di una persona, anche più anziana di lui, davanti alla ragazza, ma purtroppo aveva constatato a sue spese che la gente non sempre era propensa a collaborare civilmente. Lo faceva per lei, per entrambi. Se Jake fosse andato lì, con tutta probabilità ne sarebbe uscito provato e non solo per il proprietario.

"Vai di sotto e di' a Jake di tornare qui. Troveremo un altro modo per ottenere il miele, anche pagare una somma alta all'emporio, ma dal vecchio no".

Charlotte annuì lentamente, abbassando lo sguardo. Jake avrebbe avuto una brutta notizia certamente, ma a sentire Idaho forse era meglio così: poteva capire il suo bisogno di sentirei utile, quella soddisfazione nel poter rimediare ad un fatto di cui si sentiva responsabile - per quanto un vasetto di miele non fosse una grande tragedia.

No, venne in mente alla ragazza, evidentemente c'era dell'altro. Jake non era più un bambino, o almeno non era più così piccolo da comportarsi come un testardo e fisso nel proprio intento. Tra l'altro tutti loro, Colin compreso, non erano proprio nelle condizioni di non capire certe priorità o dall'adottare atteggiamenti superficiali. Quindi qualcosa sotto c'era, e si vedeva chiaro come il sole.

"Cosa vorrebbe dire che il miele in offerta è quello della settimana scorsa?! Quello ormai sarà così vecchio che nemmeno i topi vorranno rubarlo!"

L'emporio si presentò come sempre: disordinato e pieno zeppo di quell'odore pungente di solventi di dubbia provenienza. Dove li trovassero, la proprietaria e il marito, lo sapevano solo loro. In alcuni scaffali non era ben chiaro se dovesse esserci esposta della pasta o della confettura; la frutta era mischiata alle verdura, alla frutta secca, ai legumi e i cestini erano in tre o quattro posti differenti. I saponi? Se tutto andava bene, con un po' di fortuna, li trovavi accanto alla cassa, in una piccola colonna con tre scaffali; la maggior parte delle volte invece, non era molto chiaro se fossero nell'ala est, accanto ai tessuti, oppure subito a sinistra dopo l'entrata. Per i prodotti della casa era meglio non entrare, quanto a libri e dolcetti... un angolino era tutto lo spazio che avevano rimediato.

"Vuol dire, caro il mio zingaro, che tutto quello che avrai sarà il vasetto della scorsa settimana e ti dovrai accontentare. Qui non ho tempo per voi giostrai".

La proprietaria, una donna robusta e piuttosto austera, lo stava fissando con una certa aria di sufficienza. Anche oggi si era presentata con la capigliatura riccia e bionda scompigliata, tenuto a fatica da una da una fascia per capelli rozza e consumata; il grembiule ancora presentava le stesse macchie della settimana scorsa, come di quelle prima, segno che non lo aveva ancora lavato - e come? L'acqua corrente nel palazzo sopra all'emporio ancora mancava. Il suo labbro sporgente, violaceo e gonfio come sempre, pareva quasi voler nascondere un serpente a sonagli.

"Per favore..." riprovò il ragazzino cercando di assumere un tono più civile possibile, "Ho davvero bisogno di miele fresco, per un'amica. Ha un brutto mal di gola, e peggiora se non la si cura. Le vie aeree per lei sono un problema".

"Mi spiace bello, ma questa non è una farmacia ed io non faccio elemosina agli Zingarelli che implorano la merce migliore a poco prezzo!"

La situazione era davvero imbarazzante, oltre che irritante. La signora era completamente fissa sulle sue idee, irremovibile su tutti i fronti. Jake provò ancora un paio di volte, ma a un certo punto dovette cedere contro ogni sua volontà. La proprietaria dell'emporio gli diede quindi due scelte: comprare il miele vecchio oppure sparire dal negozio. Jake optò per la seconda, era troppo orgoglioso per accettare elemosina, come aveva detto lei. Uscì quindi sbattendo la porta, la campanellina venne scossa violentemente emettendo un lungo e rumoroso tintinnio. Quindi si sedette sconfitto sul marciapiede. Non era giusto: non poteva trattarlo così solo perché secondo la sua mente bacata i giostrai e i circensi non erano degni di avere la sua preziosa merce, che poi su quali basi potesse definirla tale non lo aveva mai capito nessuno; Jake non era uno zingaro e non accettava il fatto di essere visto così dagli altri, per fortuna quella vecchia grassona era l'unica a dire certe cose.

E così si ritornava all'idea di partenza: il vecchio della fattoria. Al pensiero un brivido percorse la schiena del ragazzino. Le fattorie erano proprio l'ultimo posto dove avrebbe voluto trovarsi, anche da morto. Non voleva vedere quello steccato, quei campi, quel fienile, nemmeno dipinti ma ormai era l'unica via d'uscita. Si passò nervosamente una mano tra i capelli.

Charlotte lo trovò pochi minuti dopo, con la testa bassa per la delusione, immaginò che avesse voluto tentare all'emporio e a giudicare dallo stato in cui versava, era davvero andata male. Si sedette accanto a lui delicatamente, aspettando qualche secondo perché lui potesse accorgersi della sua presenza in modo non brusco.

"Non abbatterti, vedrai che troveremo un altro modo. Domani la bancarella sarà aperta, possiamo provare domani dai".

"Volevo solo poter aiutare Lisette in fretta. Odio vederla in questo stato".

"Lo so caro. Ma ci hai provato, è questo quello che conta".

Ma a Jake questo non bastava affatto: non sopportava l'idea di non aver concluso nulla con tutto quello che aceva pensato per Lisette. Charlotte parve capire il suo stato d'animo anche se non ne comprendeva fino in fondo il significato: "Perché fai tutto questo? È solo un mal di gola".

"Lei... potrebbe peggiorare. È molto sensibile".

Lei lo guardò come per fargli capire che non avrebbe bevuto la bugia, anche se non lo era del tutto. Jake dovette ammettere che quella ragazza era molto più intuitiva di quello che si sarebbe aspettato: "Ok... il fatto è che Lisette si è sempre comportata come una madre nei nostri confronti, miei e di Jessie. Vedi... la mamma è morta tre anni fa, e la donna che papà ha sposato dopo non ci è mai piaciuta, e la cosa era reciproca. Vivevamo in una fattoria, nostro padre aveva un piccolo emporio di frutta e verdura. Ma la crisi lo ha reso un dipendente da alcol e poi la mamma di è ammalata" Jake parlava con voce monocorde, senza intonazioni diverse perché potesse raccontare tutto prima di essere eventualmente interrotto. La madre dei gemelli faceva un sacco di lavori per stare dietro alla casa e alla famiglia, quando l'orto-frutta del padre aveva iniziato a perdere clienti. Avega contratto una brutta malattia che l'aveva costretta a letto, e i due ragazzini per aiutare avevano iniziato ad esibirsi in strada con delle acrobazie - lavorando prevalentemente tra animali e il fienile erano soliti muoversi per le travi, evitando di pestare il legame. Purtroppo la madre morì pochi mesi dopo e l'uomo si trovò presto una nuova compagna.

"Di cosa è morta vostra madre? Se hai voglia di parlarne" chiese Charlotte, cercando di essere più delicata possibile.

"Tisi, purtroppo dalle nostre parti era piuttosto frequente. E forte".

La ragazza annuì, finalmente conscia della situazione di Jake. Non lo faceva solo per uno stupido barattolo di miele, lo faceva perché Lisette si era fatta in quattro per due ragazzi che non avevano più una figura materna, diventando lei stessa tale figura. Evidentemente quando Idaho e gli altri li avevano reclutati, Lisette doveva averli presi sotto la sua ala.

"È un bellissimo atto di riconoscenza Jake, davvero bellissimo. E sono sicura che apprezzerà anche se non sei riuscito a trovare il miele per lei".

"Sì ma io... non voglio tornare a mani vuote".

"Ascolta, Idaho mi ha detto di non andare dal vecchio. Non rischiare per niente, torniamo a casa e domani o dopodomani avrai il tuo miele. Ma adesso non ha senso muoversi tanto. Dai Jake".

Idaho doveva aver sentito il suo scopo, Charlotte evidentemente aveva cantato per sbaglio. Quell'uomo, il ragazzo dai ricci dorati non poteva vederlo, e non aveva affatto torto: l'ultima volta gli aveva lanciato una grossa pietra, che era finita sul piede; in realtà la pietra era indirizzata a Colin... Logan per poco non tirava su un polverone, era stato meglio filarsela.

I due tornarono di sopra in tempo per il pranzo, nel pomeriggio Charlotte e Idaho avrebbero dovuto affinare gli ultimi allenamenti prima dello spettacolo - era arrivato il momento di provare in coppia. Lisette era finalmente uscita dalla sua stanza, ma faceva fstica a parlare e Colin non aveva più smesso di ronzare intorno alla sua mamma. Jake nonostante tutto non aveva molto appetito: un po' perché Jessie non era altrettanto brava a cucinare e un po' perché, nonostante tutto, non riusciva a togliersi dalla testa il suo intento di aiutare la donna.

Idaho immaginava cosa stesse passando per la testa al ragazzino, glielo si leggeva in faccia, ma sperava con tutto sé stesso che non facesse una pazzia. Era fuori nel cortiletto con Charlotte, avevano allestito una piccola pedana dove stare in equilibrio - un'idea di Belle per rendere il numero più originale - e i due ragazzi dovevano salirci sopra per danzare. Per Idaho non era certo un problema, tanto era abituato a mantenere un certo equilibrio sul cavallo, ma per Charlotte fu effettivamente di un certo livello di difficoltà. Il giovane riccio più di una volta accorse perché lei una capitolasse pesantemente per terra, ma fu abbastanza fermo e autorevole da non ascoltare i suoi capricci iniziali.

Eppure non poteva essere tanto difficile: solo un piede alla volta e senza guardare in basso per non farsi vincere dalle vertigini. Peccato che la ragazza non avesse mai avuto modo di poter camminare su un'asse e una fune. Il fatto che non ne fosse in grado era molto comprensibile. Allora Idaho optò di far cominciare il numero con la ragazza seduta, come se fosse in attesa a perse nei propri pensieri - in fondo la stessa Wendy non si era aspettata l'apparizione del ragazzo volante. Un lenzuolo nero fungeva da ombra, ma avevano deciso di modificare un po' la storia.

"Non le darei peso più di tanto, in fondo quello da guardare è altro".

"Vero, ma non cambiamo troppo la trama. Alla fine la favola la conoscono in molti e questo dovrebbe servire per raccontarla a chi non può leggerla".

"Sì, hai ragione... voglio dare però maggiore importanza ad una parte ben precisa" Idaho scese dall'asse con un balzo, prese i fogli dove avevano scritto le battute e le parti cantate e tornò accanto alla ragazza. Anche Charlotte scese e osservò il paragrafo che il ragazzo stava indicando, circondandolo con le dita. Idaho voleva evidenziare con particolare interesse una scena: in alcune versioni della favola infatti era presente una danza nella notte e in mezzo alle foto dei due ragazzi. Il giovane sostenne che lì Wendy, dopo aver passato uno splendido momento intimo, si rendeva conto di dimenticarsi dei suoi genitori, sentendo di nuovo il desiderio di voler tornare a casa. Qui però avrebbe giostrato la scena in maniera differente: avvero che attraverso il passo di danza e la giusta canzone, la ragazzina riuscisse a far capire a Peter Pan l'importanza di una figura adulta e la consapevolezza che non tutti gli adulti sono malvagi. Era un approccio diverso ma sicuramente efficace.

"E come mai così tanta premura per una scena del genere, Idaho Parsefall?" commentò la ragazza con un sorriso divertito.

Idaho rispose con una risata e una frase così dell'ultimo secondo, sostenendo che lì stava tutto il succo della storia e della morale. Non avrebbe mai ammesso - almeno ma ancora - di poterne approfittare per perdersi negli occhi luminosi della bella Charlotte, quel segreto sarebbe sfumato come ogni spettacolo al tramontare del sole. Non era ancora riuscito a dirle quanto fosse importante per lui, ma proprio per questo voleva approfittare del loro numero condiviso, per poter passare più tempo insieme e poter godere di quella vicinanza dove tutti erano obbligati a stare distanti.

"Ne sai una più del diavolo, sei incredibile" rise Charlotte, forse percependo un secondo fine nell'idea del giovane ma prendendo comunque per buona la spiegazione, in essenza di prove. Fecero altri due o tre tentativi; sistemarono alcune parti del numero e valutazione inizio e fine. La ragazza ascoltò e seguì ammirata il modo con cui Idaho scelse i tempi migliori tra un momento e l'altro, senza lasciare nulla al caso, progettando minuziosamente le frasi e gli stacchi perché fossero perfettamente incastrati. Provano altre volte, tanto che non si accorsero dall'ora che aveva avvolto la giornata. Se ne resero conto sentendo i loro stomaci brontolare.

Ma a poche ore del mattino, la ragazza senti qualcuno scuoterla e chiamarla sottovoce.

"Charlotte, Charlotte!" una voce a lei familiare la risvegliò dai suoi ragni, facendole aprire gli occhi con una nota di smarrimento. Non sapeva che ore fossero, la stanchezza di quel pomeriggio ancora avvolgeva il suo corpo. Non vedeva molta luce fuori, aveva esse ancora l'alba.

"Charlotte, dai svegliati!"

"Ma chi..." la ragazza si girò con fare svogliato, "Jake? Che cosa fai alzato a quest'ora?"

"Dobbiamo andare adesso finché sono ancora tutti addormentati" sussurrò il ragazzino tirandola per la manica della camicia da notte. Dove volesse andare con così tanta fretta, la ragazza faticò a capirlo.

"Voglio andare dal vecchio per prendere il miele".

"Oh cielo... Jake ma tra poco aprirà la bancarella e..."

"No invece" replicò il trapezista. La bancarelle quel giorno ma avrebbe aperto, si erano dimenticati che era il terzo giovedì del mese ed era sempre stata la data fissa del rifornimento. Quindi fino a domani non avrebbero avuto miele. Questa proprio non ci voleva, adesso la soluzione del vecchio era inevitabile dato che all'emporio non avrebbero dato nulla per nulla.

" Ma... Idaho ha detto..."

"Non mi interessa cosa dice Idaho, non ho intenzione di tirarmi indietro adesso".

Charlotte a quel punto una parte fare a meno di prepararsi e seguirlo. Il ragazzo dei ricci dorati si sarebbe di sicuro arrabbiato ma dissuadere il ragazzino ora sarebbe stato impossibile. Era incredibile però la determinazione di quel giovane nel voler a tutti i costi aiutare dopo un errore banale che avrebbero commesso tutti, un atto di riconoscenza nei confronti di chi si era preso cura di lui senza chiedere nulla in cambio. Forse in un'altra vita Lisette sarebbe stata la madre di tutti loro - eccetto Logan e Idaho che erano fin troppo grandi.

La fattoria fortunatamente si rivelò più vicina di quello che si sarebbero aspettati: un vialetto ciottolato fu tutta la distanza che percorsero dall'entrata del paesino fino allo steccato dove era già ben visibile il fienile rosso e i campi curati, Charlotte dovette ammettere che per essere un anziano burbero, teneva molto bene lo spazio personale. Appena varcarono il cancello aperto però, a Jake venne un brivido lungo la schiena e le gambe si fecero molli. Odiava con tutto sé stesso quell'ambiente da quando la matrigna lo aveva reso suo, costringendoli a lavorare sotto le peggiori condizioni. La pioggia lo aveva stroncato più di una volta e il fango nei pantaloni non lo aveva più dimenticato. E quanti eritemi si erano presi... ma quello non era il momento di scappare via a gambe levate, adesso aveva un obiettivo e lo avrebbe portato a termine.

Si avvicinarono piano alla porta della casa, una vecchia baracca dove l'unica cosa curata era palesemente la porta; le finestre cadevano a pezzi e l'intonaco esterno presentava crepe e buchi come se qualcuno si fosse allenato a sparare ma senza colpire una volta il bersaglio. Il segnavento era piegato e cigolava rumorosamente, quanto alle tende che si intravedevano... pareva che un cane ci avesse fatto festa con tre gatti.

"Siamo ancora in tempo per andarcene Jake, andiamo..." provò ancora Charlotte, mettendogli una mano sulla spalla, ma il ragazzino non ascoltò e prese un sasso, lanciandolo contro la porta. Ma davvero? Pensò la ragazza sconcertata, E tutta l'educazione andavano cantando dov'era finita?

La porta si aprì bruscamente e un signore sull'ottantina fissò i giovani con uno sguardo per niente amichevole o disponibile. Quegli occhi ridotti a due fessure parvero perforare i loro corpi da parte a parte come un proiettile fin troppo preciso; la bocca serrata era quasi invisibile e la barba bianca e corte che decorava il vento gli dava un'aria solo più trasandata.

"Che diamine volete!?" ruggì senza nemmeno provare a rendere il tono più amichevole, "Sparite dalla mia proprietà!"

"Signore, ci dispiace disturbarla ma..." provò a pigolare Charlotte, cercando di mostrarsi più cordiale possibile, a dispetto dell'atteggiamento con cui si era presentato il loro interlocutore. Il vecchio però la blocco impedendole di finire la frase e intimando loro di andarsene subito, ricorrendo anche a qualche blanda minaccia.

"No, non andremo da nessuna noi!" sbatto Jake gonfiando i polmoni, "Ci serve del miele, e lei è l'unica persona che ne ha al momento!"

Il vecchio lo fissò con uno sguardo indecifrabile, tra il divertito e il crudele; due mocciosi che volevano il suo prezioso miele... dovevano essere proprio disperati per essere arrivati fino a lì.

"Come no... sparite prima che rinunci alle maniere gentili, non ho tempo per dei ragazzini di strada come voi!"

"Non vado fino a che non mi darai il miele!"

"Jake ti prego..."

Quindi era così? Chissà con quale faccia tosta aveva pensato di presentarsi quel ragazzino rumoroso, venire a dare ordini in una proprietà altrui e pretendere anche di essere accontentato. A gente del genere avrebbe tanto voluto dare una consona lezione, fargli capire chi comandava e insegnare il rispetto. Tuttavia dovette ammette, il vecchio signore, che quel tappo aveva fegato, nonostante sapesse come reagiva a certi schiamazzi.

"Così tu vorresti il mio prezioso miele eh? Hai idea di quanto io ci metta ogni volta a prepararlo? Credi di potertelo meritare così come se niente fosse?"

Jake lo osservò fiero e deciso: "No, certo che no. Vuole dei soldi? Gli do tutto quello che ho. Devo lavorare per lei? Farò ogni cosa che mi darà da svolgere. Ma ho bisogno di quel miele".

Il vecchio guardò Jake, poi Charlotte, poi di nuovo il ragazzino. Sembrava davvero convinto della sua missione: "Di tutto hai detto eh?" rifletté per un istante, in modo da trovare un compito che potesse farli desistere dal desiderio, "Be'... ci sarebbe l'argano del mio fienile incrostato. Quegli stupidi piccioni non fanno altro che defecarci sopra come se stessero facendo festa in un bagno pubblico. Inoltre il fieno alle mucche non si dà da solo. Vuoi il mio miele? Guadagnatelo!" era sicuro che in questo modo quel ragazzino non si sarebbe mai piegato ad eseguire un compito tanto schifoso.

Invece Jake girò i tacchi e si diresse verso la grossa costruzione rossa senza proferire parola e senza batter ciglio. Aveva detto che si sarebbe guadagnato il miele con ogni morso, e quello non era altro che la conforma. Charlotte lo seguì con uno sguardo preoccupato e volenterosa di correre in suo soccorre qualora ce ne fosse stato bisogno. Il fienile si ergeva vecchio e fiero in mezzo al grande lotto, con le sue porte contornate di bianco e povere di mani di vernice da almeno tre anni, a essere generosi. L'organo si trovava attaccato sopra la finestra in alto, quella dove di solito si conservavano balle di paglia e mangimi di tutti i generi. Dall'interno si sentirono dei versi, evidentemente il vecchio usare la struttura anche come stalla. Infatti guardando di fianco, vi era un portico che fungeva da rimessa.

"Jake davvero, non serve..." ma lui ormai era dentro, come se le parole della ragazza fossero state aria. Si concentrò prima sui compiti facili: diede da mangiare alle mucche selezionando con cura il tipo giusto di mangime - il fieno che usava quel burbero non andava bene in quanto troppo duro e poco trattato; approfitto per pulire il pavimento, cambiare l'acqua e mente la più anziana, che era chiaramente sofferente. E meno male che i suoi prodotti erano preziosi, pensò appena la mucca muggì dal sollievo, con il male con cui le tiene, poco ci mancava che non dovesse pagare un veterinario per questa poverina. Non si accontentò del compito, così diede uno sguardo al cavallo e alle capre: erano tre e tutte perché, di sicuro il proprietario non aveva più l'età per stare dietro ai completi bisogni, in fondo era da solo e bastava che si procurasse beni di prima necessità.

"Charlotte, vedi quel silos? Se aprì lo sportello puoi dare il pastone ai due maiali laggiù".

"A cosa servono dei maiali in una fattoria? Non danno niente se non carne una volta macellati".

"Il fango dove passeggiano contiene abbastanza additivi per fare della creta, e poi sono un maschio una femmina. Pensò aspetti di vederli procreare per poterne macellare uno per volta".

Che vita triste, i poveri maiali, venne in mente alla ragazza dando il cibo ai porcellini affamati.

Una volta che il fienile fu pulitore i maiali sfamati, il vecchio arrivò con uno sguardo sorpreso, incredulo nel vedere la sua fattoria così pulita e curata dopo diversi anni che non prendeva più in mano una scopa o un rastrello. Quei due ragazzi lo avevano colto alla sprovvista, avevano anche messo da parte uova e latte freschi.

"Ma... che dire..."

"Adesso sgrasso l'argano e il fienile è a posto. Senza offesa signore, ma dovrebbe guardare meglio i suoi animali, o la prossima settimana altro che prodotti preziosi" lo apostrofò Jake, godendo della sua ampia conoscenza di quattordici anni di vita contadina. Fece per entrare cercando la scala del soppalco di sopra, ignorò i richiami del vecchio che, comprendendo quanto fosse determinato quel ragazzino, cercò di farlo desistere da quel compito ingrato. Ci mancava solo che si facesse male. Ma come prima, il trapezista non ascoltò e arrivò in cima, sporgendosi e allungando una mano per afferrare la corda. Charlotte era appena dietro quando vide il ragazzino scivolare e restare appeso alla corda.

Il suo cuore perse due e forse tre battiti. Non vedeva più movimenti e sentì mancarle l'aria subito dopo.

"Oh mio Dio, Jake!" la frase le uscì un secondo dopo, non era sicura nemmeno lei di averla pronunciata una si reso conto forse troppo tardi della posizione in cui si trovava: non si era nemmeno accorta di essersi mossa fino a trovarsi in mezzo ad un'asse sospesa nel vuoto, tenuta solo dal fatto che le due estremità erano attaccate alla parete e al pavimento del soppalco. Le gambe diventarono due blocchi di marmo, i suoi Occhi non smetteranno di guardare verso il basso in una smorfia inorridita, le sue orecchie riuscirono a sentire il vecchio chiedere a Jake se stesse bene.

Ma ora chi pensava a lei? Non aveva idea né di come fosse finita lì né di come uscire da quella situazione.

"Wow! Che equilibrio Charlotte!"

"Davvero? E magari mi dici anche come uscire da qui, vero?!" gridò in preda al panico la ragazza. Jake regolò l'umore e la guidò per poter tornare in una base stabile.

"Ma siete matti?! Potevate farvi male ragazzi!" disse il signore anziano correndo dentro al fienile. Aveva in mano un piccolo Kit di medicazione e il barattolo di miele che aveva promesso.

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