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Ritrovo di una famiglia
Quando Charlotte aprì gli occhi, per un secondo temette che tutto quello che aveva visto e passato fosse stato solo un sogno. Invece scoprire di essere ancora nella sua stanza, con le lenzuola candide e pulite, con la grande finestra che le mostrava un paesaggio appena svegliato, le fece tirare un sospiro di sollievo.
Doveva ancora abituarsi, faticava ad accettare che la sua vita avesse preso finalmente la piega giusta, quella che si meritava da tanto e che qualcuno molto anni prima aveva provato a portarle via. Ora vedere tutta quella vita fantasticata attraverso un libro trasformata in realtà le faceva uno strano effetto, positivo ma pur sempre strano.
Si accarezzò le braccia, percorrendo con le dita la stoffa delicata e candida della camicia da notte, e portò indietro la testa lasciando che i suoi capelli corvini ondeggiassero sul cuscino morbido e profumato. No: non era un sogno, quella era la sua casa, la sua famiglia, la sua vita.
Quando si era presentata ai suoi genitori, avevano pronunciato il nome Evelyn. Doveva essere quello che voleva darle sua madre, la sua vera identità, e onestamente le piaceva molto di più. Non le veniva ancora automatico rispondere a quel nome, doveva ancora collegare il suono alla sua persona, ma c'è l'avrebbe fatta.
Saltò giù dal letto, non era sicura che i suoi amici circensi fossero già svegli, anche se portando lo sguardo verso la finestra ebbe il desiderio di vederli fuori mentre giocavano e si godevano la mattinata. Era abituata a vederli allenarsi, o a prendersi cura l'uno dell'altro, e faticava credere che quella realtà presto sarebbe finita. Per fortuna suo padre Aaron aveva dato il consenso ad ospitarli per un po', una breve e meritata vacanza per quei poveri artisti che avevano salvato la vita alla sua amata figlia perduta; Idaho all'inizio non voleva accettare, forse per non arrecare disturbo, ma lei aveva insistito. E poi alla villa color panna c'erano così tante stanze da poterli ospitare tutti, anche di più.
Spalancò la porta, percorse quello sfarzoso corridoio che ospitava quadri e dipinti pregiati, scese le scale accarezzando il corrimano di legno curato fino a raggiungere la sala da pranzo dove i suoi genitori erano già intenti a fare colazione. In un primo momento ebbe l'impulso di saltargli al collo e di abbracciarli con tutta la forza che aveva, non le sembrava educato.
“Buongiorno tesoro” la salutò Delia rivolgendole un sorriso affettuoso, “Hai dormito bene nel tuo letto?”
“Come non ho mai potuto, madre” le venne spontaneo pronunciare quell'appellativo, come se lo avesse sempre detto, sempre avuto nella mente anche se fino a pochi giorni prima non era nemmeno a conoscenza di averla, una vera famiglia.
“Non sappiamo ancora bene i tuoi gusti, ma credo che qui in tavola ci siano abbastanza pietanze da avere una vasta scelta” si intromise dolcemente suo padre, accarezzandole la schiena e invitandola a sedersi.
A Charlotte però premeva una cosa in particolare. Voleva essere sicura che avrebbe salutato i suoi amici, che non se ne fossero andati senza dirle niente per non farla soffrire, anche se così facendo avrebbero ottenuto l'effetto contrario. Voleva almeno essere certa che nessuno l'avrebbe odiata per aver deciso di rimanere con i suoi, che era comunque un desiderio più che legittimo considerando quanto aveva sognato e aspettato quel momento.
“Dove sono gli altri?” chiese nella speranza di avere una risposta positiva, magari un stanno ancora dormendo, per godersi quel breve momento di pausa, ma sapeva che non sarebbe mai stato così: il Circo delle Speranze non era fatto per riposare, e gli unici momenti di fermo erano le trasferte, la ricerca di un alloggio e la sistemazione iniziale. Poi si ripartiva subito con gli allenamenti o le faccende domestiche volte a dare un minimo di comfort a tutti gli artisti. Ma le vacanze no, quelle non erano contemplate.
“Sono nel giardino davanti. Volevano vedere la fontana in funzione” disse Delia, indicando la porta principale con il cucchiaino.
Charlotte non lo diede a vedere, ma dentro si sentì più leggera nel sapere che i suoi amici, la sua famiglia improvvisata, non erano andati via senza salutarla. Forse aveva ancora abbastanza tempo da passare con loro prima che decidessero che era arrivato il momento di spostarsi, di ritornare in pista. Decise di raggiungerli per dare loro il buongiorno, uscì aprendo piano la porta e vedendo lo stesso scenario che vedeva sempre, solo che quella volta le parve un sogno: i gemelli e i due bambini erano incantati davanti alla fontana, Lisette puliva delle scarpe con un fazzoletto aiutata da una delle domestiche, Logan sbatteva dei vestiti con le mani togliendo terra e polvere. Idaho era in disparte, lo sguardo perso nel vuoto, le braccia incrociate al petto. Forse stava pensando ai prossimi giorni senza di lei, senza la sua Wendy, e quella visione le diede una leggera morsa al cuore.
“Ed io che pensavo di essermi alzata prima di voi. Non vi smentite mai” si annunciò uscendo del tutto, ottenendo come saluto degli sguardi sorridenti nella sua direzione.
Colin indicò le statue della fontana: “Hai visto com'è bella, Charlotte?” saltellò con l'intento di issarsi sul muretto, ma vedendo lo sguardo della madre, decise di rinunciare.
“Com'è svegliarsi nel proprio letto, mio Usignolo?” Idaho allungò un braccio per invitarla ad avvicinarsi.
“Diciamo che come casa propria non esiste nessun posto. Ma devo ancora abituarmi a questa realtà. La sento distante”.
“È normale” mormorò il grande uomo muscoloso, “Dopo diciannove anni lontana, nessuno si abitua al primo giorno”
“Però hai tutto il tempo per prenderci confidenza, con i tuoi genitori e la tua vita” il ragazzo dai ricci dorati le accarezzò il naso con la punta del dito, ma lei sentì di doverlo stringere forte a sé, consapevole che nel momento in cui si fossero separati, avrebbe pianto tutte le lacrime che possedeva.
“Non dovresti essere triste. Come fai in un posto del genere?” Jake lo disse più per sdrammatizzare che per altro, poteva percepire la celata tristezza della giovane aleggiare sulle loro teste. La verità era che nessuno era contento di doversi separare da Charlotte, lo accettavano solo perché era la cosa migliore e giusta da fare: lasciarla libera di vivere con le persone che l'avevano creata e che l'avevano aspettata per tanto tempo.
“Non è questo, ragazzi. Lo sapete: io sono al settimo cielo per aver ritrovato i miei genitori, per aver scoperto che la mia esistenza non è persa nel vuoto. Ma…”
“Non sarà più la stessa cosa, senza di te” confessò Idaho, premendo la sua fronte contro quella della ragazza, “Ci mancherai, è inevitabile”.
“Prometto che verrò a vedervi. Chiederò di portarmi ad ogni vostro spettacolo. Non posso dimenticare quello che avete fatto per me”.
Se pensava ai primissimi giorni che aveva passato insieme a loro, le parevano essere appena passati, eppure erano stati ormai una vita fa. Non avrebbe mai dimenticato il momento esatto in cui il suo sguardo spaventato aveva incrociato gli occhioni curiosi di Colin, che aveva poi condotto lo squadrone davanti alla sua gabbia e che Idaho, con il suo cilindro in testa, le aveva dato il benvenuto in quella famiglia che le avrebbe insegnato la vera vita; non avrebbe mai dimenticato i suoi progressi nello stare in piedi e a camminare poi, nel danzare, nel cantare, nel prendersi cura di sé stessa e degli altri, nell'essere una persona fatta e finita. Idaho Parsefall e il suo Circo delle Speranze le avevano dato la voglia di vivere, la voglia di sognare, le avevano restituito quella gioia e quell'allegria che un tempo un uomo freddo le aveva negato.
“Non Ve ne andrete subito, vero? Non sono pronta a lasciarvi andare”.
“Resteremo ancora per un po', per quanto vorrai. Ma non voglio approfittarmi della gentilezza dei signori Nolan”.
“Ma sì, Idaho! Per una volta che abbiamo alloggi comodi, non perdiamo quest'occasione!” Logan fece ridere tutti, dando un'ultima manata alla sua giacca per togliere i residui di sporco che si erano infilati nel tessuto. Charlotte scosse la testa ma senza vergogna, non avrebbe mai rinunciato al talento naturale dei circensi di fare ridere le persone tristi, di ridare quel frammento di allegria che altri avrebbero perso per sempre.
Ovunque sarebbero andati, per lei sarebbero rimasti la sua prima famiglia improvvisata.
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