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La città sulla collina
“Ehi! Ci siamo, un paese!” gridò Colin sporgendosi dal finestrino, e venendo subito ributtato dentro da Belle.
“Non lo fare mai più! Per l'amor del Cielo…” sospirò la francesina toccandosi il petto con una mano, sentendo i battiti fin troppo accelerati.
Ma il bambino non aveva visto male: dei comignoli sbuffavano colonne di fumo candido e dei tetti spuntavano oltre una piccola collinetta. Era un paese dai colori molto accesi e pareva anche animato. Anche se si trovavano ad una distanza notevole, si poteva già sentire il vociare dei passanti e le urla dei negozianti che chiamavano i clienti con la merce fresca e nuova di zecca.
Poteva essere un buon segno: di solito rumore e movimento voleva anche dire un pubblico ben disposto a curiosare dentro un tendone e lasciarci un sorriso smagliante. Non ne avevano trovati molti negli ultimi tempi, e la grande città non aveva lasciato un sapore dolce in bocca.
“Che facciamo, ci fermiamo qui?” Logan indicò il paesello davanti, mentre si faceva sempre più grande e vicino.
“Credo sia meglio. È tanto che viaggiano ormai”.
“Vi prego, ditemi che avremo una casetta più bella di quella di prima…” sospirò Jessie, supplicando e sporgendosi verso i sedili anteriori per vedere se le sue parole fossero state ascoltate.
“Jessie! Sporgiti un'altra volta e inchiodo! Voli fuori!” era un vizio che non sopportava, già non erano in regola sapendo che ci volevano dei documenti ben precisi e che se avesse infranto anche solo una stupida regola li avrebbero lasciati tutti a piedi, se anche quei ragazzini ci si mettevano a rendere le cose ancora più pericolose, tanto valeva farsi arrestare in gruppo. Il giorno in cui avrebbero avuto loro il volante in mano, avrebbe riso ad ogni effrazione che avrebbero commesso anche per sbaglio.
“Va bene, ma stai calmo!” si punse la ragazzina dando un calcio al sedile.
Il paese si ergeva appena sopra un'altra collina poco distante da quella che avevano appena superato. Era una zona fatta di piccole vette e pianure boschive, con sentieri che si diramavano in ogni direzione per raggiungere tutti i luoghi commerciali più ricchi. La strada principale di quel paese colorato era un viale fatto di mattonelle giallo-ocra ben pulite e incastonate tra loro perché non ne saltasse fuori nemmeno una; le case erano costruite e situate in distanze regolari, a tratti c'erano villette attaccate a gruppi di tre, piccoli borchie o villette singole; la piazza custodiva una grande statua con un uomo che guardava il cielo, dai vestiti interessanti e con una targa sotto, doveva essere una dedica.
Era come una bolla di sapone che inglobava chiunque vi entrasse. In confronto la grande città appena superata sembrava un brutto sbuffo di fumo che impediva la visione a chiunque cercasse di percorrere le sue strade. Questa invece regalava un'aria molto più pulita e leggera, i passanti salutarono con un sorriso curioso le macchine, i bambini urlarono di meraviglia nel vedere Jared, il benvenuto ebbe un impatto molto diverso dagli altri.
“Questa sembra una città fatta di famiglie” mormorò Minù nella macchina con Colin, Belle e Lisette. La donna al volante si guardò intorno velocemente, senza distrarsi dal tragitto per evitare che girandosi avrebbe potuto colpire la macchina di Logan.
“Hai ragione, dovunque mi giro, potrei distinguere almeno un gruppo di quattro parenti”.
“Idaho, ma…” disse il grande uomo muscoloso, notando degli elementi che, in un mese ormai troppo lontano, aveva sentito attraverso dei racconti.
E in effetti non fu nemmeno necessario finire la domanda: il giovane dai ricci dorati osservò il paesaggio con attenzione e riconoscendo ogni singolo sasso. Quella era la sua città natale, il posto dove era nato e cresciuto. Ma come aveva fatto a non accorgersene prima?
“Conosci questo posto, Idaho?” chiese Charlotte mettendogli una mano sulla spalla.
“Non so se dirti purtroppo o per fortuna, ma sì: conosco questo posto”.
“Benvenuti bella città dove il nostro capo è nato e cresciuto gente!”
“Cavolo! Non ci avevi mai detto di essere nato in un posto così bello!” saltò su Jake aprendo di più il finestrino. Il fatto era che Idaho non ne aveva mai parlato perché di bello non ci aveva mai trovato niente. Odiava quel posto con tutto sé stesso per l'infanzia che aveva dovuto passare prima di poter finalmente staccarsi e tirare su un sospiro di sollievo. Non era per nulla un bel posto, e tutti quei colori erano solo una facciata volta a far vedere una specie di felicità che capitava solo in un periodo ristretto di ogni anno. Nel resto dei giorni tornava esattamente monotono come tutti gli altri possibili paesi situati nelle vicinanze.
“Se è la tua città d'origine” rifletté la giovane mora, “Allora sai sicuramente dove possiamo fermarci per sistemare le nostre cose”.
“So che esiste una pensione tenuta bene non molto distante dal centro. Il problema è che, a differenza degli altri alloggi, non ci farà entrare senza soldi”.
“Credo che per una volta, possiamo anche fare un'eccezione alla regola” obiettò Logan mentre cercava di orientarsi. Idaho non era mai stato d'accordo sullo spendere i soldi che guadagnavano negli spettacoli per pagarsi l'affitto delle stanze. I motivi erano anche validi: primo perché l'affitto non era mai uno solo per tutta la durata della permanenza, secondo perché non godevano di un fondo abbastanza ampio per permettersi di affrontare diverse spese. Nei mesi scorsi avevano anche dovuto aumentare il carico di risorse per poter dare da mangiare anche a Charlotte, quindi per una stanza no grazie.
“Se la mettiamo così…” tentò il grande uomo muscoloso, indicando diverse direzioni a vuoto solo per fare scena, “Ci sarebbe una dimora perfettamente gratuita da queste parti”.
“Te lo puoi scordare! Io lì non ci metto assolutamente piede!”
“Di che state parlando?” si intromise Jessie sporgendosi un'altra volta in mezzo ai due sedili anteriori.
“Di nien…”
“Parliamo della casa dei suoi genitori” lo interruppe Logan, beccandosi un pugno sulla spalla che per poco non finì fuori strada. Idaho sbuffò abbandonandosi sul sedile; per quale motivo, quando non voleva che certe faccende private venissero toccate, il suo braccio destro era sempre pronto a trasgredire quell'unica cortesia che chiedeva? Non voleva avvicinarsi a quella casa, non voleva rivedere i volti dei suoi genitori. Era scappato da troppo tempo e non si sentiva di voler affrontare quel conto in sospeso così presto. Ma l'unica soluzione che gli si presentava davanti era proprio sborsare tutti i risparmi che avevano in tasca pur di dormire in un letto che avesse la forma di un letto, sotto un tetto che fosse resistente come un vero tetto, di un tavolo che potesse ospitare pietanze calde e un punto di raccolta comodo per ridere e scherzare. Il destino sembrava essere contro di lui a tutti gli effetti, gli stava piazzando tutte le piste per buttarlo a terra far sì che si arrendesse all'evidenza delle cose, volevo portarlo dove voleva con la facilità più spoglia.
“Ascolta Idaho, le cose sono due. Anzi tre” riprese Logan con una voce più seria, “O andiamo dai tuoi; o andiamo in quella famosa pensione, oppure sotto un ponte al freddo per colpa delle piogge che potrebbero incombere. A te la scelta capo”.
“Va bene, va bene. La pensione di cui ti parlavo è poco più avanti. Dopo questa curva”.
“Grazie. E ci voleva tanto?” imboccarono la curva che aveva indicato il ragazzo dai ricci dorati. Era semi nascosta da un angolo di un piccolo edificio composto per lo più da mattoni in bella vista, grigi o tendenti al marrone sporco, con una vetrina buia che lasciava credere appartenere ad un negozio ormai dismesso. Dopo quella, manovra, si allungava una via circondata e mezza chiusa da mura, forse di altri edifici abbandonati o con aperture in tarda serata. Era un luogo curioso per la facciata che aveva quella città all'apparenza tanto divertente e allegra fortunatamente si ritrovarono nel giro di pochi metri in una zona composta da borghetti, e subito dopo ebbero davanti immensi campi e prati che presentavano gli steli e i boccioli ancora verdi di fiori profumati. Sembrava di vedere un immenso mare tutto verde e luminoso con innumerevoli boe che segnavano le distanze in miglia. I circensi non poterono fare a meno di restare a bocca aperta, fino al loro arrivo alla famosa pensione consigliata da Idaho.
Era una struttura curata e forse nuova, con un'entrata ad arco che nascondeva un cortiletto di ghiaia composta da minuscoli sassolini dello stesso colore della sabbia. Una piccola siepe che circondava il perimetro, comprendendo anche due gradini di terreno che davano più volume alla zona esterna. L'edificio mostrava anche tre porte e una scala che conduceva ai balconi in vista, dove erano situate altre porte con dei numeri attaccati. Accanto agli stipiti c'erano dei bottoni in ottone che potevano fingere da campanelli, sopra di essi una piccolissima statua a forma di testa di cavallo. Una riproduzione più grande era in cima alla porta principale che riportava la scritta ufficio dove sicuramente era presente il proprietario della pensione.
I bambini uscirono dalla macchina e si misero a correre per tutto il cortile, girando intorno alle siepi potate che mostravano dorme ben precise, delle piccole opere d'arte.
“Spero siano clementi con i prezzi” sospirò Belle osservando quella facciata incredibile ordinata, temeva ci potesse essere la possibilità che non li avrebbero accettati. E in effetti quella possibilità non era proprio assurda, in quella pensione sapevano tutti che i proprietari non avevano mai accettato nomadi ambulanti con pochi soldi in tasca, o anche solo con animali o vestiti sporchi. Erano dei maniaci dell'ordine e del buon mantenimento della struttura, esigevano silenzio e decoro anche da chi non lo aveva imparato. Con quegli elementi, furono tutti scettici sul fermarsi, ma Idaho dovette ammettere che quella era la pensione più economica.
“Allora, dato che siamo qui, annunciamoci” propose Lisette indicando con la mano aperta la porta che nascondeva l'ufficio. Si avvicinarono e bussano piano, per non sembrare dei vandali pronti a saccheggiare tutto lo stabile e incutere terrore. Dapprima non ebbero nessuna risposta, nonostante fosse appeso il cartello aperto; neanche la seconda diede dei frutti e decisero di aspettare una manciata di minuti. Quella zona, in tutti i casi, era davvero bella e regalava una visione paradisiaca del paesaggio.
“Siete sicuri ci sia qualcuno?” chiede poi Jake spazientendosi. Lanciò con il piede un sassolino che colpì un caso di terracotta.
“Non abbiamo nessun indizio che ci indichi una possibile assenza. Forse non vuole riceverci”.
“E credi che rinuncerebbero ai soldi? Non avete capito niente”.
Proprio mentre Idaho finiva la frase, la porta si spalancò e un uomo dalla fronte alta e aggrottata li squadrò uno per uno.
“Posso esservi utile?” chiese, ma fu più una domanda retorica che una che cercava davvero una risposta.
“Salve” Logan cercò di mostrarsi il più educato e pacato possibile, “Avremmo bisogno di alloggiare qui per qualche giorno. Ci hanno consigliato questa pensione e ci chiedevamo se aveste posto”.
“Dipende… in quanti siete? E tutti parenti?”
I circensi si guardarono tra loro. No, non erano imparentati, almeno non tutti tra loro.
“Allora fatemi capire: siete artisti ambulanti e cercate un alloggio nella mia pensione… e siete disposti a pagare?”
“Ci ha preso per degli scrocconi?”
“No, certo… ma non ho mai ricevuto clienti particolari come voi. Ho due stanze comunicanti non ancora prenotate. Hanno due stanze ciascuna. Ma hanno anche un certo valore”.
“Penso si possa trattare un prezzo ragionevole” Idaho si fece avanti e mostrò un sacchetto pieno di monete. Quando l'uomo lo inquadrò, allargò gli occhi immaginando la somma che poteva esserci dentro.
“Va bene” disse pesando le monete con le mani, “Credo che questa possa essere una buona trattazione. Sono le camere in alto, nel secondo balcone. Vi porto le chiavi”.
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