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Quasi arrestato
Un paio di giorni dopo, dove l'atmosfera al circo ormai slittava tra l'allegro e il teso, come quando si tocca un filo perfettamente dritto e si prova a farlo suonare per sentire le diverse note di intensità, la mattina nell'appartamento della grande città per la compagnia circense fu scossa da una visita inaspettata.
Due agenti della polizia si fecero trovare davanti alla porta, con le divise tirate e lustrate e uno sguardo accusatorio. Charlotte non sapeva come comportarsi, voleva chiedere loro il motivo della visita ma le parole le morivano in gola e in bocca, ogni volta che i poliziotti venivano sulla soglia di casa non era un buon segno.
“Idaho! Credo che tu dovresti venire” disse voltando lievemente la testa verso il corridoio.
Quando Idaho sentì la parola polizia, sbiancò all'istante. E se fossero venuti per lui? Se i Nolan avessero intuito che qualcosa nella sua visita fosse sospetta e lo avessero seguito? Non era pronto ad affrontare un interrogatorio.
“Come… possiamo aiutarvi?”
“Signor… Parsefall, giusto?” chiese uno dei poliziotti, leggendo un foglietto con una calligrafia familiare agli occhi dei ragazzi. “Dobbiamo informarla che abbiamo il suo collega, Logan Rhodes, in questura per una…aggressione” scandì quell'ultima parola, quasi per imprimerla nella mente del giovane in modo insistente.
Che Logan fosse incline alla violenza fisica, non era mai stato un segreto. Idaho lo aveva conosciuto proprio per colpa di un episodio di rissa. Gli aveva detto di essere ormai fuori da quelle inerzie da tempo, il circo lo aveva condotto in una strada molto più pulita e sicura; qualcosa doveva averlo scosso e riportato in quel brutto giro.
Il fatto era che Logan non aveva preso per niente bene la soluzione di Idaho nel tacere la verità su Charlotte, lo aveva visto come un atto vigliacco e volto solo a nascondere la testa dentro la sabbia; lui aveva conosciuto un ragazzo diverso, del tutto ostile a questi metodi poco ortodossi inerenti al bene altrui. Però aveva ottenuto uno spunto durante i suoi pensieri notturni: a differenza di Idaho, Logan non sarebbe rimasto a guardare davanti ad una persona in sofferenza. Era uscito molto presto per cercare Cole, aveva notato quanto ronzasse ancora intorno a Lisette nonostante gli fosse stato intimato di allontanarsi e di non importunarla. Ma si sa: quando un uomo non intende mollare l'osso che gli è stato già portato via una volta, tende ad essere duro di comprendonio.
“Dove si trova adesso Logan?” chiese Idaho, sentendo dentro un moto di rabbia invaderlo. Non era possibile che si fosse davvero lasciato andare ai suoi vecchi istinti animaleschi per uno stupido che non sapeva stare al suo posto, non era possibile che fosse stato tanto bravo a parlare e alla fine avesse reagito peggio. Era un uomo adulto, per la miseria! Sapeva benissimo che certe azioni portavano a delle conseguenze!
Il poliziotto che era rimasto in silenzio, dallo sguardo un po' meno intimidatorio, si fece avanti: “Per il momento è sotto custodia in commissariato. Ancora non abbiamo deciso di trattenerlo in prigione o meno. Non ha opposto resistenza ha giocato a suo favore questa cosa”.
“Mi faccia venire lì. Se lo prendo…”
“Se lo prendi, non gli fai proprio niente” intervenne Lisette, che aveva sentito tutto nonostante sembrasse essere assente. Scrutò Idaho con uno sguardo che non aveva bisogno di parole per comunicare i suoi pensieri, entrambi sapevano dove avrebbe portato quel colloquio silenzioso e sapevano anche che non era il caso di litigare in pubblico. Lasciarono solo che i poliziotti li portassero in questura a trovare il loro collega per chiedere spiegazioni.
Il commissariato era un luogo che in Charlotte mise terrore, ansia e molto disorientamento. Pareti grigie, per nulla allegre e una serie di sedie e scrivanie dall'aspetto fin troppo ordinato. Intravide anche delle celle in fondo a un corridoio non molto illuminato, ed ebbe l'impulso di stringere la mano al giovane dai ricci dorati, che accolse quella richiesta di sostegno senza pensarci due volte. Ebbero come saluto una serie di sguardi disinteressati e stanchi, qualcuno doveva aver fatto il turno di notte e non lo aveva ancora finito. Alcuni sfoggiavano una faccia soddisfatta, pronti a tornare a casa e sdraiarsi nei propri letti; altri sbuffavano per l'inizio di un noioso turno davanti a scartoffie e giornali da verificare; altri ancora stavano allacciando le proprie divise per le pattuglie.
Charlotte non avrebbe mai creduto potessero esistere posti colmi di noia e tristezza come quello, non avrebbe mai immaginato potessero esistere lavori difficili e facili allo stesso tempo: tutti quegli enti seduti alla scrivania si sarebbero ritrovati presto con il sedere quadrato.
“Dove si trova Logan?” chiese timidamente ad Idaho, avvicinandosi di più per paura di perdersi nonostante fosse già molto vicina al gruppo.
Il ragazzo si guardò intorno velocemente, osservando al tempo stesso con attenzione tutti gli angoli e le zone dove erano presenti posti a sedere e panchine consumate. Vide il suo compare nascosto in un angolino, che dava più l'idea di trovarsi dentro una cella piuttosto che in una sala interrogatori, e mosse dei passi veloci verso di lui per poter essere il primo a prendere la parola.
“Fammi capire” disse appoggiandosi allo stipite della porta, senza nemmeno salutare, “Tu dici tanto di me e poi risolvi le cose in questo modo?”
“Buongiorno anche a te, Idaho…”
“Buongiorno? È tutto ciò che sai dire?” il ragazzo dai ricci dorati era incredulo: Logan non aveva nemmeno alzato lo sguardo, fissava una piastrella più scura rispetto a tutte le altre dal colore marmoreo del pavimento. Lo stesso insulso metodo per non affrontare le conseguenze delle proprie azioni, e aveva anche avuto il coraggio di giudicarlo.
“Ti rendi conto che rischi la condanna? Finirai in prigione! Hai aggredito fisicamente una persona, per la miseria!”
“E credi che lo abbia fatto solo per divertirmi? Io, a differenza di qualcuno, ci tengo al bene di Lisette” alzò lo sguardo nel momento esatto in cui la parola qualcuno arrivò alle sue labbra, scandendo quasi ogni sillaba per ricordare al conduttore circense quanto, rispetto a lui, Logan avesse deciso di affrontare il problema piuttosto che accantonarlo con lo scopo egoistico di dormire sonni tranquilli. Era una sfida nei suoi confronti, una gara a chi era il migliore, peccato solo che nelle condizioni in cui si trovava il grande uomo muscoloso, non poteva definirsi più saggio.
“Io a differenza di qualcuno altro, non vado in giro a pestare gente per sfogarmi. Mi avevi detto di essere fuori da quel giro”.
“E lo sono, se vuoi accertartene!” Logan si alzò minaccioso, ma Idaho non arretrò di un millimetro. Non aveva paura di lui, sapeva che nonostante tutto non fosse tanto selvaggio da buttarsi sopra al primo che incontrava. Per questo era ancora più arrabbiato: perché Logan era un uomo che sapeva controllarsi benissimo, in ogni situazione che gli si fosse parata davanti; ma con Cole non si era trattenuto, aveva ceduto alla rabbia e alla forza fisica intimorendolo con le botte, aveva deciso di rendersi l'opposto di quello che era e Idaho non poteva passarci sopra.
“Io non intendo pagarti la cauzione” disse con un tono di voce senza alti né bassi, una corda perfettamente tesa che indicava un solo e unico tono di voce.
“Stai scherzando, spero”.
“Certo che no. Non intendo perdonarti un gesto del genere. Non dovevi farlo e lo sai benissimo a cosa potevi andare in contro. A questo”.
Logan gli riservò un'occhiata incredula, delusa e quasi sorpresa che quello fosse davvero il suo compare, il suo braccio destro, il ragazzo che lo aveva inserito nel suo circo. Lo stava abbandonando, in balia dei poliziotti, di un giudice che non sarebbe mai stato clemente con un acrobata di strada e in balia di una cella e fredda che lo avrebbe prosciugato.
“Idaho, non puoi davvero farmi questo…”
“Posso eccome. I patti non erano questi” non lo avrebbe fatto a cuore leggero, in un altro momento lo avrebbe difeso a spada tratta e senza pensarci due volte, ma non quando si trattava di doverlo punire per un gesto che avrebbe potuto risparmiarsi, non aveva altra scelta. Logan aveva sbagliato, pensando anche di ritenersi migliore del ragazzo dai ricci dorati, e tutto perché non era d'accordo sul suo modo di affrontare una situazione che faticava a digerire.
Idaho gli diede le spalle, si voltò ignorando il suo richiamo e raggiunse tutti gli altri, intenti a parlare con il commissario per sapere cosa avesse fatto il loro collega e come provi rimedio. Lisette era l'unica in silenzio, preoccupata e curiosa di capire che cosa avesse spinto Logan ad aggredire in quel modo il suo ex compagno. Cole poteva averlo provocato, in fondo il grande uomo muscoloso non aveva mai nascosto la sua intolleranza nei confronti di quel tale, ma arrivare addirittura alle mani le sembrava un limite troppo meschino.
“Lasciate perdere” la richiesta di Idaho parve più un ordine irrevocabile, “Che si faccia un paio di notti al fresco. Magari si schiarisce le idee”.
“Come?” Lisette lo guardò incredula, “Non vorrai lasciarlo qui, da solo!”
“Esattamente, Lisette. Così capisce che non sono cose tollerate nel mio circo”.
Charlotte spalancò gli occhi nel sentire il ragazzo rivolgersi con un tono e delle parole del genere nei confronti dei suoi stessi compagni di avventura. Doveva essere impazzito, o forse era solo la rabbia e la delusione che non lo facevano ragionare. Lo poteva capire, poteva immaginare che sapere tutto questo non aiutava ad essere lucidi e calmi, ma costringerlo a restare in cella per qualche giorno era una punizione troppo grande, e lo sapeva anche Idaho. Non era sicura di voler scoprire il motivo di tanta rabbia, di una decisione del genere che non avrebbe approvato mai nessuno, ma lui sembrava irremovibile, del tutto sordo davanti alle suppliche degli altri membri del circo.
“Perché ti comporti così con lui?” chiese offesa Jessie, sentendo la preoccupazione e la delusione di Lisette salire.
“Perché se lo merita, non devo nemmeno dirvelo. Lo sa benissimo che questi atteggiamenti non li voglio né vedere né sapere”.
“Idaho ti prego, non puoi lasciarlo lì” Charlotte lo prese da parte, mostrandogli uno sguardo che aveva tutto tranne che emozioni positive, “Ti supplico non lo abbandonare in questo posto. Io sono sicura che ci sia una spiegazione logica”.
“Una spiegazione c'è. Ma è deplorevole. Lui è molto più intelligente di così e lo sa; non gliela perdonerò così facilmente”.
“Va bene e ti capisco, ma lascialo tornare con noi. Aiutiamolo o Lisette non dormirà la notte”.
Se solo Charlotte avesse capito tutto il contesto, il quadro che aveva spinto il ragazzo ad essere tanto freddo, probabilmente avrebbe voluto lui in cella al posto del grande uomo muscoloso. Se avesse saputo quello che si celava dietro una loro apparente discussione per aver tirato quattro pugni ad un uomo già noto come per nulla gentile, forse avrebbe voluto che li arrestassero tutti e due senza ritegno. Idaho aveva il terrore che Logan potesse spifferare qualcosa a Charlotte, se avesse voluto che la verità saltasse fuori, lo avrebbe fatto personalmente. Ma il suo compare aveva deciso di rendersi più immaturo e sprovveduto e il ragazzo intendeva rimetterli la testa a posto in questo modo.
“Mi dispiace Charlotte. Ma è adulto e sa che esistono delle conseguenze”.
“Ma io sono certa che le abbia già capite. Lo hanno detto anche loro, si è scusato, si è costituito, ha collaborato… ha già pagato quello che doveva pagare. Ti prego fallo uscire da lì, una volta fuori potrai restare arrabbiato con lui quanto vorrai”.
Se solo Idaho non fosse stato innamorato perso di Charlotte, molto probabilmente gli avrebbe risposto male, e tanto anche. Ma come poteva dire di no ad un viso così dolce come il suo? Voleva fare quello forte, quello che nessuno osava sfidare, ma con lei non poté nulla comunque. E non servì a nulla porre resistenza alle sue suppliche, in pochi minuti Charlotte fu in grado di vincere la battaglia e di poter liberare Logan dalla custodia della polizia.
“Sappi comunque che non lo lasceranno andare via così, con una pacca sulla spalla” la informò prima di avvicinarsi al commissario, “Vorranno un processo”.
“Logan ammetterà le sue colpe, ma potremmo anche aiutare Lisette con Cole, non credi? Per favore…”
Idaho roteò gli occhi, sospirò rassegnato: “E va bene… ma smettila di guardarmi con quegli occhi o mi metterò a piangere”.
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