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25

Boccalone

“É una cosa stupida, Jake” la risposta di Jessie arrivò brusca, quasi fosse stata una spada ben lanciata che gli aveva trafitto il petto con un colpo solo e sicuro. Non si sarebbe mai aspettato una simile soffiata riguardo al suo pensiero su Idaho e Charlotte, la sorella aveva letteralmente sminuito i suoi dubbi.

“Perché lo pensi?”

“Perché è vero. Come puoi pensare che sia solo una fase? Lo hai sempre saputo che sarebbe successo. Idaho lo ha sempre detto”.

Questo Jake lo sapeva benissimo, proprio per quel motivo aveva azzardato quell'ipotesi. Si odiava da solo per avere certe speranze che gli frullavano in testa, ma non poteva certo negare di essere attratto da Charlotte, e che il fatto di averla ora così lontana seppur vicina gli stava mangiando lo stomaco.

“Il fatto che fosse un dato di fatto, non implica che sarà eterno”.

“Ma ti ascolti?! Sei così freddo da non volergli nemmeno far godere il momento?!” la domanda arrivò con la stessa intensità del primo intervento. Jake se ne vergognò: primo perché effettivamente sembrava voler intendere quello, secondo perché, in fondo, era un suo effettivo intento. Non era contento della cosa, né del fatto che avessero voluto dirlo in modo tanto prematuro quanto improvvisato, come fosse stato un gioco. Gli era sembrata una leggerezza e si era sentito preso in giro.

Ma non le avrebbe mai dato ragione.

“Ho diritto ad esprimere la mia delusione, considerando che Charlotte mi interessa per davvero?”

“Sei incredibile Jake. Ti importa solo di quello che pensi. Potresti invece mettere da parte il tuo ego e pensare, almeno una volta, che finalmente Charlotte abbia una vita che si possa definire tale. Ma no: o tu o nessuno”.

Jessie non era mai stata il tipo di gemella che lasciava correre i pensieri e che ragionava con la consapevolezza che tanto sarebbe passato qualsiasi momento. Jake però dal canto suo non era mai stato il gemello che pensava anche al resto del mondo oltre che ai suoi desideri. Quello era il suo limite. Quando si esibiva per raccogliere i soldi che puntualmente finivano in beneficenza era un altro ragazzo, pronto a dare il meglio di sé per acclamare gli altri. Ma fuori dal tendone diventava il tipico ragazzino in preda ad una crisi di protagonismo. Non era mai riuscito a mettersi da parte, voleva primeggiare indipendentemente dal fatto che potessero esserci persone più sfortunate. Nel suo piccolo era convinto di essere nel punto più basso dei privilegi.

“Se tu avessi una cotta per Logan, o per Idaho, avresti i miei stessi pensieri”.

“Ma così non è. Quindi evitati un paragone che non ha fondamenta”.

Jake sbuffò frustrato, non avrebbe dovuto parlarne con la sorella e si sarebbe risparmiato quella ramanzina. Distolse lo sguardo voltandosi dall'altro lato del letto, borbottando qualcosa di volgare. Avrebbe dovuto parlarne con Logan piuttosto, ma sarebbe andata diversamente? Forse no, avrebbe corso il rischio di avere un discorso anche più severo. Il fatto era che nessuno sembrava voler capire la sua posizione.

“Jake, se sei solo triste per la cosa sul momento, se é solo una fase, va bene. Ma non fare del male a Charlotte e ad Idaho. Per favore”.

Il ragazzino non disse niente, ma non aveva bisogno di rispondere: non ci avrebbe mai provato. Non aveva intenzione di ferire Idaho o Charlotte, non dopo tutto quello che avevano fatto per lui. Se avesse agito alle loro spalle, sarebbe risultato vigliacco e scorretto e i ragazzi non meritavano un trattamento simile. Erano la sua famiglia e non avrebbe mai permesso che potessero subire una delusione da parte sua. Ma era anche vero che in ogni caso quello deluso in quel momento era lui, e nessuno se ne era fatto un problema. Jessie poi rincarava la dose, sostenendo che fosse solo un egoista e una persona a cui importava solo di sé stesso, e in parte era vero, ma non del tutto. In fondo aveva recuperato io miele per Lisette quando si era sentita male, e questo era un atto di altruismo non indifferente.

E a proposito di Lisette… Jake si ricordò in quel momento del periodo che la donna stava passando: il ritorno improvviso del suo primo compagno non doveva di certo aver preso un posto nella lista delle belle sorprese, non dopo quello che aveva fatto.

“Pensi che Lisette supererà la presenza di Cole?”

“Più che altro, penso che se dovesse prendersi troppe libertà, Logan potrebbe commettere una pazzia”.

“Ma dai. Non è scemo, sa fin dove può arrivare”.

“Sì, ma ha anche una pessima gestione della rabbia”.

Non aveva torto: Logan era pessimo quando si mettevano alla prova i suoi nervi, il più delle volte si era quasi guadagnato un fermo in questura per aver aggredito dei passanti, seppur fossero stati loro dalla parte del torto.

Cole negli anni non si era guadagnato un buon soprannome. La sua brutta abitudine con le donne, come avevano presto costatato molti cittadini e molte persone di altri paesi durante i suoi viaggi, gli avevano affibbiato un soprannome poco simpatico: il Boccalone.

“Perché un soprannome del genere?” chiese Charlotte strizzando una gonna sul catino d'acqua insaponata, e riponendolo con cura sul filo per farla asciugare.

Belle ridacchiò: “Fa sempre quest'espressione quando passa una donna” imitò lo sguardo perso come un pesce lesso, guardando fisso e allargando più che poteva la bocca. Charlotte si mise a ridere nel vedere quella posa tanto ridicola, non riuscendo a restare seria nemmeno per pronunciare un commento. Se quello era un motivo valido per paragonarlo d un pesce, non si opponeva certo all'idea. Anche Lisette rise leggermente, appendendo i pantaloni bucati dei ragazzi per vedere meglio dove fossero necessarie le toppe e dove fosse solo utile un semplice ricamo. Doveva riconoscere che i gemelli non erano in grado i tenere buono un indumento, nonostante l'età, a differenza di suo figlio che bene o male consumava le scarpe e il giacchetto.

Le due ragazze finirono i loro cesti, e prima che Charlotte potesse chiedere alla donna se avesse bisogno del loro aiuto, Belle le prese un braccio e la trascinò lungo il prato. Era una bella giornata e non aveva intenzione di passarla a stendere i panni per tutto il tempo. Inoltre voleva confidarsi con la ragazza, che era l'unica con cui sentiva di avere un legame in comune su certi argomenti.

“Belle, dove stiamo andando?”

“J'ai besoin de te parler de quelque chose... de délicat” mormorò la francesina abbassando leggermente lo sguardo. E Charlotte ormai, che aveva iniziato a capire qualcosa della sua lingua madre, intuì che la cosa di cui voleva parlarle riguardasse solo loro due ragazze. Belle non era mai stata una persona che avesse bisogno di confidenze private, di norma optava sempre per sbandierare ai quattro venti tutto quello che le passava per la testa.

“E cosa vorresti dirmi, che non può sentire Lisette?”

“Be'… com'è baciare un ragazzo?”

Charlotte fece una smorfia confusa, quindi la compagna continuò più incerta: “Io non l'ho mai provato. Ma dopo lo spettacolo dell'altra sera è… successa una cosa”.

Charlotte allargò gli occhi senza aspettare che la compagna parlasse, non era necessaria nessuna spiegazione. Belle aveva trovato un pretendente? Un candidato per approcciarsi ad una relazione? Ma era solo uno o di più? Voleva sapere tutto, ogni dettaglio, ma pensò che se avesse forzato la mano, non avrebbe ricevuto nessuna risposta esaustiva. Quelle erano cose che andavano vissute pian piano, loro poi avevano lo svantaggio di muoversi in continuazione e trovare un ragazzo che fosse in grado di reggere una relazione a distanza, conoscendo l'itinerario del circo, era molto difficile se non quasi impossibile. A lei era andata bene, chiaro, il suo ragazzo era il conduttore del circo stesso, ma per gli altri?

“Non voglio farmi illusioni, Charlotte. Ho paura che possa in qualche modo deludermi. Però…” non sapeva nemmeno Belle come definire quel momento, un desiderio che sentiva sempre di voler realizzare il prima possibile ma che gli spettacoli le avevano messo davanti, chiaro e tondo, che non faceva per lei quel capitolo di vita. Aveva sempre guardato con passività quelle coppie di innamorati solo per non doversi ricordare quanto fosse lontano quel passo, ma non avrebbe mai pensato nulla di negativo su Charlotte e Idaho, loro se lo meritavano, lei se lo meritava. E Charlotte aveva capito anche senza dover sentire la frase per intero, sapendo bene le sensazioni che la francesina stava sentendo dentro di sé. In cuor suo voleva davvero renderla felice, sperava ci fosse un capitolo positivo anche per Belle, ma dall'altro lato sapeva che quel passo non sarebbe certo stato facile.

“Non sono illusioni, Belle. Hai diritto ad avere desideri, hai diritto a sperare in una svolta diversa”.

“Ma tu credi che vorrà accettare il fatto che mi sposto sempre? Magari potrebbe venire anche lui…” Belle non era sicura di quello che aveva appena pronunciato, forse effettivamente Idaho non avrebbe accettato uno sconosciuto qualunque e forse, ancora peggio, il suddetto pretendente non avrebbe accettato di buttare via la sua vita per seguire la via del circo. Non ne aveva parlato, non aveva avuto la forza di buttarsi in un argomento tanto delicato. Si erano appena conosciuti, e quest portava a una certa diffidenza nei loro reciproci interessi: Per la verità, a Belle preoccupava anche qualcos'altro: quel giovane aveva sfoggiato la stessa faccia da Boccalone di cui parlava Lisette riferendosi a Cole. Non voleva credere che potesse avere o rappresentare le stesse caratteristiche minacciose, ma quando un elemento è fin troppo simile...

“C'è una cosa che vorrei capire” la domanda di Charlotte la riporto con i piedi per terra, “Cosa è davvero successo tra Lisette e Cole?”

“A questo ma posso rispondere io, Charlotte... dovresti chiederlo direttamente a lei. Ti darà volentieri una spiegazione”.

Charlotte aveva sempre avuto una sorta di imbarazzo nel chiedere qualcosa che fosse troppo privato verso tutti. Non aveva nemmeno mai mostrato interesse verso i genitori di Idaho e la sua lontananza, pensava fossero cose che, semmai avesse dovuto conoscere, lo avrebbero introdotto i diretti interessati. Ma arrivata a quel momento, diversi mesi dopo che l'avevano strappata da quel circo che le ricordava sempre di più una prigione, per una volta decise di venir meno a quel limite di privatezza che le aveva sempre impedito di avere un minimo di dialogo con i suoi compagni di spettacolo. Era consapevole del fatto che fossero argomenti pesanti, ma era giunto il momento di instaurare anche un certo livello di confidenza. Non si aspettava certo che le raccontassero vita, morte e miracoli di ogni loro giorno, ma quantomeno le cose essenziali per farsi conoscere un po' di più.

In effetti non sapeva molto di tutti gli altri: sì e no aveva appreso quelle poche cose su Belle e i gemelli che le bastassero per sapere da dove venissero e cosa facessero prima di unirsi al Circo delle Speranze. Non erano eventi eclatanti: Belle era una cameriera per conto dello zio e Jake e Jessie erano degli orfani di madre, che non erano contenti della matrigna. Ma quel poco che aveva compreso bastava per sapere che tipo di persone fossero.

Si era concessa un intero pomeriggio per pensarci, per capire se ne fosse valsa a mano la pena, se le sue domande avessero o meno rappresentato una sorta di minaccia. Lisette non aveva mai rappresentato quella persona che si chiudeva a riccio davanti alle domande scomode, ma questo non significava certo che prendesse alla leggera tutto. Aveva deciso di avere un colloquio privato con la donna la sera stessa, mentre Colin avrebbe passato due ore buone a giocare con i ragazzi, subito dopo aver sparecchiato la tavola e lavato i pavimenti. Il resto della compagnia, nonostante il freddo, si era preso la libertà di vedere le bancarelle alla sera, dato che di norma le ore notturne regalavano più emozioni. Idaho le aveva chiesto se volesse unirsi, volendo di sicuro prendersi un momento privato con lei, anche se le faccende domestiche no nei sarebbero fatte da sole. Charlotte in un primo momento aveva avuto la tentazione di rifiutare, solo per dare una mano alla donna, ma quando Logan aveva posto la stessa richiesta a Lisette, la ragazza non poté rifiutarsi.

“Hai notato che Logan cerca di coinvolgere Lisette in ogni possibile evento?”

“Lo fa da un bel po' di tempo. Lui te lo negherà ma… credo proprio che tra loro ci sia del tenero. Ed io ne sono felicissimo”.

Charlotte rise dolcemente, alla fine tra loro due e gli altri correva lo stesso identico sentimento. Decise di farsi aiutare dal giovane per il suo intento: “Ho bisogno del tuo aiuto con Lisette. Mi daresti una mano?”

“Di cosa hai bisogno? Sono a tua completa disposizione”.

“Vorrei parlare con lei di cose un po' private. Io non so nulla di nessuno di voi, ma Ada un po' vorrei cominciare a conoscere ciò che vi ha reso quello che siete. So che è una cosa un po' forzata, ma…”

Idaho non le diede nemmeno il tempo di finire la frase: sfoggiò un sorriso complice e chiamò Logan con una scusa, per poi strizzare l'occhio alla giovane. Le avrebbe dato una mano anche se si fosse trattata di una rapina.

Charlotte approfittò del momento di libertà per avvicinarsi alla donna, invitarla a sedersi su una panchina per non sembrare sotto un interrogatorio: “Lisette… volevo chiederti una cosa. Però non sei obbligata a rispondere se non vuoi”.

Lisette le regalò un sorriso dolce e comprensivo: “Non ci crederai ma è da un paio di settimane che aspetto questo momento da parte tua. So cosa vuoi chiedermi”.

Quel momento per la giovane fu una sorta di sorpresa, anche se scoperta in modo molto pacato: Lisette era in grado di capire se qualcuno avesse bisogno di confidarsi e ose stesse pensando a qualcosa di particolare. Lo capiva dallo sguardo principalmente, e questa sua abilità l'aveva imparata in passato anche se in un modo non molto vantabile.

“La mia famiglia non è mai stata ricca, eravamo tutte femmine. Mio padre e mia madre non hanno avuto eredi maschi, così per poterci permettere di vivere abbiamo lavorato molto presto”.

Il racconto fu una specie di ondata, un mare invisibile che invase le orecchie di Charlotte e il suo animo, sentendo di momento in momento frasi sempre più dure e sempre più crudeli. E lei che credeva di aver subito il destino peggiore…

“Mio padre aveva insistito nonostante sapesse cosa si facesse in quel locale. Io ero la donna più ambita. Non ne andavo fiera ma dovevo, ero costretta. Cole quel giorno si era presentato come una boccata d'aria, ero fuggita di nascosto per non dover subire lo stesso trattamento. In un bordello… le donne non sono mai viste come un dipendente di cui valga la pena preoccuparsi”.

“Perché lasciavano che lo facessi?”

“Perché eravamo tutti consapevoli che nessuno avrebbe voluto mano d'opera femminile. I posti erano già troppo limitati. Quando ho conosciuto Cole, per una volta nella mia vita sentivo che quello che facevo valeva il risultato. Sgattaiolavo fuori una volta a settimana, parlavo con lui, ci scambiamo carezze e abbracci. E durato per molto tempo, qualche mese, e avevo sentito il sentimento dell'amore sbocciare dentro di me”.

Cole non aveva mai dato l'idea di essere un approfittatore. Lisette le disse che per un certo periodo lui aveva iniziato a frequentare il bordello con la scusa di vederla, e le volte in cui la sceglieva, non faceva nulla di diverso dai momenti in cui si vedevano di nascosto. Aveva dato l'impressione in tutto e per tutto di tenerci, rendendo il suo lavoro meno pesante, più appagante. Ma poi, un giorno che non sarebbe mai dovuto arrivare, Cole si era rivelato per quello che era.

“Era stata una stupida distrazione, non era la prima che ci avviciniamo così tanto. Un rapporto per me ormai non era nuovo, ma lui era molto impacciato all'inizio. Un giorno scoprii di avere un problema che mi avrebbe costato il posto”.

“Colin…”

“Sì. Noi ragazze non dobbiamo in nessun caso portare i risultati, anche accidentali, di un rapporto. Ma io non ci avevo pensato, e nemmeno lui. La proprietaria del locale lo scoprì e provvedete seduta stante a farmi sparire dal suo giro, lasciandomi in mezzo ad una strada. Io provai a chiedere aiuto a Cole, speravo potesse darmi conforto. Ma così non fu, anzi: lui si rivelò peggio. Quando gli dissi che ero rimasta incinta, mi rise in faccia, per lui era uno scherzo, pensava mi stessi inventando tutto solo per stare accanto a lui, un uomo che aveva solo visto una donna con cui divertirsi”.

Charlotte sentì un moto di nausea raggiungere la bocca dello stomaco. Uno squallido elemento aveva osato giocare con i sentimenti e con la dignità di una ragazza che in lui aveva visto una luce in fondo al tunnel.

“Quello che ti ha fatto è orribile. Non avrebbe dovuto”.

“Vero. Ma alcuni sono così: pensano di poter fare quello che vogliono con te, e credo per te sia uno scenario conosciuto… e altri sanno invece come renderti la vita un posto migliore”.

“Idaho… e Logan”.

Le due donne si sorrisero, ma Charlotte sentì lo stesso una pompa di tristezza dentro. Ebbe l’impulso di abbracciare Lisette, e anche se tutti si sarebbero aspettati il contrario, dai suoi occhi scesero lacrime di rabbia e di ingiustizia, mentre la donna la coccolo come se fosse stata lei a dover consolare una povera ragazza in preda a incomprensioni e difficoltà.

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