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Trave in equilibrio

"Sembra un posto perfetto per tirare su il tendone. Lo piazziamo qui, e per una settimana non si muove più".

"Hai guardato bene anche la distanza con gli alberi? Non vorrei che i rami rompessero la stoffa".

Logan fece il giro della piazzetta sterrata un'altra volta. Sì: era abbastanza grande e perfettamente funzionante, e i rami non davano nemmeno troppo fastidio. Era un parco perfetto per degli spettacoli, e poco più avanti, accanto ai giochi costruiti per far divertire i bambini, era presente un recupero di attrezzi per potersi allenare. Belle infatti aveva deciso di provare un nuovo tipo di numero, per cui era necessario un nuovo tipo di allenamento. Voleva provare a integrare più acrobazie alla sua danza aerea, magari progettando un cambio di look per il costume di scena, e affascinare gli spettatori con i suoi vortici a mezz'aria liberandosi dai veli appesi al soffitto. In molti avevano sempre tenuto il fiato sospeso, Belle aveva sempre dato l'idea iniziale di precipitare, per poi atterrare in piedi con leggiadria.

Anche Jake e Jessie avevano avuto delle mezze idee: il trapezio era divertente, ma stava arrivando anche per loro il momento di rinnovare un po' lo spettacolo. La gemella si era messa a pensare a varie alternative, come includere una terza persona - pubblico o non - per finire in bellezza. Jake all'inizio non si era trovato molto d'accordo, con la sua preferenza a non avere esterni ad intralciare, si era detto indisposto a fare rischiare un soggetto più insperato, ma quando Colin aveva dichiarato di voler provare, il gemello si era sciolto un po'. Colin era adatto sotto molti aspetti: era piccolo e leggero, e capace e abituato al tran tran dei numeri. Convincere Lisette era stata un po' un'impresa, ma poco dopo aveva accettato anche lei.

Logan dal canto suo non aveva molte forme diverse per il suo numero: secondo le sue parole, "Tutto quello che devo fare è sollevare cose e persone, non ci sono molte alternative" e lo stesso valeva per la donna del gruppo.

"Jared invece che tipo di numero farà?" chiese Charlotte accarezzando il muso del cavallo, "Eh Jared? Tu non hai pensato ad un nuovo numero?"

"Lo ha pensato eccome! Lui introdurrà il NOSTRO nuovo pezzo" dichiarò Idaho avvicinandosi con un largo sorriso.

"Scommetto che vuoi rifarti a qualche nuova fiaba, Idaho. Cosa hai in mente questa volta?"

Il ragazzo dai ricci dorati fece finta di pensarci, ma in realtà aveva ben chiaro cosa fare. Non era nessuna storiella in particolare, non aveva avuto tempo di ripassare i libri e le vicende dei fratelli Grimm e di tutti gli autori che avevano affascinato e intrattenuto bambini di tutte le età; voleva che fosse qualcosa di coinvolgente ed innovativo, ma soprattutto che mettesse alla prova una condizione particolare di entrambi.

"La danza in equilibrio su una trave la voglio tenere, è perfetta. Però... volevo impostarla in modo differente. Con più... peculiarità".

"Per peculiarità... cosa intendi?" chiese Charlotte immaginando di doversi preoccupare, aveva imparato con i giorni che certe sue trovate non introducevano mai nulla di buono, o almeno semplice. Infatti l'avevano preparata preventivamente alle idee strambe del ragazzo sostenendo che avrebbe dovuto abituarsi in fretta; molte nuove trovate le pensava ancora prima di alzarsi dal letto, probabilmente gli apparivano in sogno, e tutto quello che si poteva fare era adattarsi e mettere su lo spettacolo. Erano capitati certi numeri, ad esempio, di cui nessuno avrebbe potuto immaginarne la fattibilità: prove di fiducia con numeri che combinavano trapezio e veli per la danza aerea, corse e salti su Jared al galoppo - che per poco non avevano lasciato due infortuni - e prove pericolose per tenere il pubblico col fiato sospeso. A nulla erano servite le ammonizioni per paura che qualcuno potesse farsi servamente del male, se non per fargli tirare un po' il freno.

"Intendo che i mostri Peter Pan e Wendy avranno una nuova coreografia" il ragazzo dai ricci dorati le strizzò l'occhio sorridendo malizioso, facendo imporporare il viso e le guance di Charlotte. Aveva già tutto in mente: musica, stacchi e passi di danza, una nuova avventura sull'Isola Che non C'è; doveva solo esporla nei minimi dettagli, ma a quello ci avrebbe pensato con calma.

"Allora preparati, ragazza, che il nostro Idaho Parsefall ha ricevuto un colpo in testa da una cometa!" fece Logan dandole una pacca sulla spalla, strappando un sorriso al resto del gruppo.

Solo Lisette non prese parte ai loro discorsi, restando a distanza a fissare il vuoto. Aveva altro per la testa, la spiacevole sensazione che non sarebbe stata semplice quella permanenza nella grande città. La presenza di Cole l'aveva turbata, e parecchio, e ancora di più sapendo che aveva visto Colin e che doveva averlo riconosciuto subito. Maledetto quel giorno in cui si era fidata più del dovuto, non si sarebbe ritrovata in quelle condizioni, per quanto aver avuto un figlio fosse stata una gioia a dispetto di tutto. Non aveva detto a nessuno delle sue emozioni, non nei minimi dettagli almeno, questa volta doveva a voleva gestirsi da sola la risoluzione dei problemi. Alla fine Idaho, Logan e gli altri non c'entravano niente con il suo passato, e quel soggetto era la sola e unica cosa che le rendeva i ricordi tristi. Voleva comunque preservare la spensieratezza e l'allegria del bambino, inconsapevole di quello che la sua mamma aveva passato.

Jake la raggiunse poco dopo, notando la sua assenza e decretandola come un evento troppo strano sapendo la persona che era Lisette: "Pensi anche tu che quello sia troppo esuberante, vero?" chiese, più per tirarla su di morale che per sapere i suoi reali pensieri.

L'intento tutto sommato ebbe successo, la donna sorrise agganciando la sua attenzione alle parole del ragazzino: "Come se non lo avessi mai visto esuberante, il contrario sarebbe anomalo".

"Sì, forse hai ragione" commentò lui stringendo leggermente gli occhi per mettere a fuoco il gruppo ridente avvolto dal sole del primo inverno, "Ma tu... come stai?"

"La verità... non lo so. Da un lato mi dico che non è un problema, che non devo farmi coinvolgere in questo modo così dirompente. Ma dell'altro... è difficile lasciare che tutto scorra come se niente fosse..."

"È difficile... perché non è una cosa su cui sorvolare, vero?" vide Lisette annuire lentamente, dandogli la conferma di quello a cui stava pensando. Dei membri della compagnia, solo Charlotte e Colin erano estranei al passato della donna, tutti gli altri invece conoscevano molto bene l'elemento che le aveva reso l'esistenza precedente un vero inferno. Oltre alla ragazza del circo di Grave, anche Lisette era stato un punto critico: quando si era unita al Circo delle Speranze, aveva un bambino piccolo a cui badare e un'intera vita che ricostruire da zero, prima di cicatrici interne che forse non si erano mai più rimarginate. Un passo alla volta, e con i progressi di crescita di Colin, Lisette aveva pian piano riacquistato la gioia e la vitalità che l'avevano abbandonata in giovanissima età, ma tutti sapevano che era l'acrobata che soffriva di più. In quei giorni era stata Charlotte a manifestare molto disagio e molta difficoltà ad abituarsi ad una nuova vita, ma da quel lato era solo un vantaggio, perché erano tutte scoperte mai fatte prima e il livello di adattamento era molto più agevolato; la donna invece aveva alle spalle un passato, un inizio per niente felice e facile, uno sviluppo annullato e una nuova vita che la stava seguendo con i carri e le macchine della compagnia. Per questo entrambe erano le sole presenze che avrebbero protetto da tutto e tutti, guai a chi le avrebbe toccate.

"Non si può cancellare quello che è stato, non puoi ignorarne l'esistenza che si è compiuta" mormorò poi la donna, "Però sono adulta, so che le scale non sono sempre in discesa e che, come tante volte, riuscirò a tirarmene fuori".

"Ed ora non sei sola: io e Jessie ti consideriamo come una madre, e Logan... non permetterà a nessun dito di sfiorarti" Jake toccò delicatamente il braccio di Lisette per simulare praticamente la frase pronunciata, regalandole un sorriso più ambio e rilassato. "Raggiungiamo gli altri, prima che pensino sia diventato un prete confessore".

"Non saresti male in effetti, Jake Jordan".

Colin nel frattempo, si era staccato da tutti quanti, approfittando delle loro distrazioni per provare a confrontarsi con altri bambini al parco. In fondo quanto poteva essere difficile? Aveva tante qualità da esporre, non a tutti capitava di essere dentro un circo che divertiva tutti e non tutti erano bravi come lui nelle acrobazie. Avrebbe potuto farsi degli amici senza troppe difficoltà, ma doveva riconoscere che le grandi città non erano paesi piccoli dove tutti alla fine erano allo stesso livello. Doveva scegliere bene le sue conoscenze, ai bambini ricchi non piaceva avere a che fare con quelli di strada come lui.

Rimase un po' in disparte vedendo un gruppetto di piccoli, più o meno della sua età, correre dietro una palla e con due bastoncini a testa in mano. Doveva essere un gioco particolare che conoscevano bene, e la sua curiosità di bambino lo spinse a voler capire meglio di cosa si trattasse. Ma le cose andarono più o meno come si era sempre aspettato, almeno inizialmente: i bambini si fermarono all'istante avvertendo una presenza sconosciuta avvicinarsi, e lo guardarono, anzi FISSARONO in modo diffidente e molto critico. Era tipico della loro età: i bambini erano soggetti pieni di abitudini e certezze, e una qualsiasi novità richiedeva tempo per assimilare e trovare il giusto spazio.

Colin si sentì giudicato subito, era bastata una sola occhiata, in poco tempo si erano anche messi in cerchio scrutandolo di più. Be', lui effettivamente sembrava la copia umanizzata della palla con cui giocavano: la sua salopette piena di quadri, toppe e strisce multicolore lo facevano sembrare un personaggio uscito da un libro illustrato in confronto a loro. Una visione decisamente poco elegante per il pubblico che si stava ritrovando davanti.

Non riuscì nemmeno a dire una parola, quegli occhi lo guardavano male, lo scrutavano scettici e gli scavavano dentro, sembravano dirgli silenziosamente che non faceva parte di quel posto. Allora volle provare un approccio più pratico: individuò la palla e fece per prenderla, in fondo un metodo efficace per integrarsi era proprio quello di prendere l'iniziativa; un grosso errore: uno dei bambini gli si avvicinò con passo pesante e gliela strappò dalle mani, il suo sguardo era cattivo e senza voglia di averlo intorno. Colin però non volle arrendersi al primo no, ci riprovò con un oggetto diverso, ma ottenne lo stesso risultato. E ad ogni tentativo il gruppo si allontanava di più. La situazione parve anche degenerare: ad ogni approccio, un po' prepotente per farsi strada, Colin veniva anche spinto indietro, come modo inconfutabile che non era il benvenuto. Perse anche un bottone.

"Colin! Andiamo, vieni!" Charlotte si staccò di poco dal gruppo circense per aspettare il bantino, ma quando vide li visino triste di Gli, gli si avvicinò allarmata: "Oh, piccolo! Che cosa è successo?"

Il bambino tirò su col naso, senza alzare lo sguardo verso la ragazza: "... quei bambini non vogliono giocare con me..."

La ragazza concesse un solo secondo di osservazione sul grappolo di bambini che avevano ripreso a giocare tranquillamente, non aveva bisogno di studiare la scena per capirne la dinamica. Per lei non era certo uno spettacolo nuovo. Accarezzò la testa del piccolo per confortarlo.

"Charlotte... pensi che io sia strano? È per questo che nessuno vuole stare con me?"

"No" lei si abbassò sulle ginocchia, per guardarlo in faccia restando al suo livello, e prese ad accarezzargli il viso, "Posso dirti con certezza, mio caro Colin, che loro in confronto a te sono piccoli come una noce" fece un cerchio con due dita; "Io vedevo sempre, ogni giorno, bambini del loro stesso ceto sociale e del loro rango, e posso assicurarti che tu hai la vita migliore. Quelle persone hanno solo regole e niente divertimento. Sono tutto un non puoi fare questo, quello non si tocca, quell'altro non va bene... sempre così. Tu hai un grosso vantaggio: ti diverti e sei libero come una farfalla".

"Lo pensi davvero?" finalmente il piccolo alzò lo sguardo, e lei gli sorrise dolce.

"Pochi giorni fa, qualcuno mi ha consigliato di non ascoltare sempre gli altri che ti giudicano, di non perderti solo perché una voce in testa ti ha sempre detto che non vali. Se tu che sai quanto andare avanti" Charlotte lo strinse a sé, lasciando che si rilassasse e si calmasse per bene, non avrebbe accettato tuttavia che qualcuno potesse nuocere alla sua allegria contagiosa, Colin in fondo meritava quanto gli altri - anzi di più - di essere felice.

"Alzala di più. Ancora un po'".

"Sei sicuro, Idaho? Così in alto non avete mai provato".

Idaho osservò l'altezza della trave portandosi una mano sotto al mento. No: dovevano alzarla di più, rendere la cosa più interessante. Voleva giusto qualche metro aggiuntivo, non molto; il suo scopo era quello di lasciare tutti senza parole per la maestosità dei ballerini e del ballo in particolare, ma con una base tanto semplice non avrebbero concluso nulla.

"Vedrai che andrà bene, alzala di più Logan".

"Io credo che tu adesso stia facendo il passo più lungo della gamba..."

"Non ti preoccupare, tu pensa a fare comenti dico io".

"Se ti fai male, non voglio sapere niente. Sappilo".

"Non mi faccio male! Smetti di lamentarti e alza quella dannata trave, grazie".

Logan scosse la testa rassegnato, dopodiché attaccò il lungo pezzo di legno con dei chiodi nell'altezza richiesta dal biondo. Un giorno o l'altro, ne era sicuro, Idaho avrebbe fatto un capitombolo tale da finire in ospedale con un mese di convalescenza, e se il medico fosse stato un soggetto in particolare di sua conoscenza, buona fortuna a tenerlo buono. Ma dirglielo non sarebbe servito a nulla, e tutto quello che il grande uomo poté fare fu ubbidire e finire il lavoretto. Idaho lo osservò di nuovo, allargando un sorriso entusiasta: adesso si che era perfetto, alla giusta distanza dal suolo e abbastanza resistente per tenere due pesi diversi senza procurare danni. Ora tutto quello che doveva fare era aspettare Charlotte e iniziare a tirare su i primi passi, in perfetto tempismo e in perfetta armonia come le ultime volte. Voleva però un'atmosfera diversa: serale, con le stelle che li avrebbero guardati e illuminati dall'alto.

"È alto..." disse la ragazza, avvicinandosi con passo incerto al ragazzo dai ricci dorati.

"Non abbastanza da farci male, tranquilla Stella Nascente. Adesso tutto quello che dobbiamo fare è... iniziare a prendervi confidenza".

"Va bene... ora posso sapere che tipo di numero hai in mente, Idaho Parsefall?"

Idaho le sorrise senza risponderle, preferì perdersi per un attimo nei suoi occhi cristallini dove gli era possibile specchiarsi come nel più calmo dei laghi trasparenti e limpidi. Sarebbe rimasto ore a fissarli, magari anche accarezzarle il viso delicato e bianco, perdendosi nella morbidezza che solo lei era in grado di possedere. Charlotte aveva dichiarato di non essere la compagna ideale per la sua vita, ma lui le avrebbe dimostrato di sbagliarsi, le avrebbe fatto capire che quello altro non era che un ostacolo che le avrebbe permesso di brillare di più.

Poi le si avvicinò di più sollevandola dal terreno, restando qualche secondo in cui poté notare lo sguardo della ragazza mutare in un'espressione perplessa.

"Cosa stai facendo?" chiese Charlotte aggrappandosi al suo collo.

"Sto controllando quanto tempo riesco a tenerti in braccio" rispose lui ridendo.

"Ma... cattivo!" Charlotte gli diede una leggera sberla in faccia, "È da maleducati chiedere ad una donna quanto pesa!"

"Va bene! Chiedo scusa madame! Però devo riconoscere che sei molto leggera".

La giovane gli lanciò una smorfia tra il permaloso e il divertito, per poi posare lo sguardo sulla trave, voleva comunque capire cosa dovessero fare. Idaho finalmente decise di esporre il tutto nei minimi dettagli: il numero sarebbe stato la continuazione del primo spettacolo che avevano mostrato insieme, ma con un po' di romanticismo e di magia in più. Il punto forte in questo coro non sarebbe stata la storia però, ben sì la danza nello specifico: Idaho voleva renderla più coreografica e intrigante, sollevando Charlotte e tenendola in braccio mentre girava su sé stesso cercando di mantenere l'equilibrio sulla trave. Be', quest'ultimo passaggio non era certo semplice, considerando che Idaho non doveva guardare in basso, quindi non avrebbe saputo con certezza dove mettere i piedi.

Charlotte ascolto con interesse e con una nota di preoccupazione. Oltre che quel passaggio, Idaho le aveva sperato anche altri passi complicate; dove l'attenzione avrebbe dovuto essere alle stelle. Sperò che il ragazzo non si facesse prendere troppo dalla felicità e dall'euforia e che capisse quanto meno che il suo intento non era così semplice come lo stava descrivendo.

"Non credi sarebbe meglio metterci... una rete sotto, quindi? Per essere sicuri".

"Non devi vederla in un modo tanto preoccupato. Vedrai che sarà fantastico".

"Certo, Idaho. È una certezza questa, però vorrei solo che tu per un attimo capissi che... non è così tanto semplice".

E Idaho lo capiva benissimo, ma avevano un vantaggio: lo spettacolo sarebbe stato tra una settimana, avevano sette giorni completi per allenarsi e affinare la tecnica. Un passo alla volta, come sempre.

"Lo faremo diventare semplice, allora. Tutto è possibile se ti impegni".


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