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Tra petali e pioggia

Non era certo il giorno ideale per esibirsi. Il cielo minacciava piaggia e Jared era inquieto da tutto il giorno. Qualcuno in zona aveva dichiarato che il tempo sarebbe stato brutto per una settimana, ma questo non avrebbe impedito al Circo delle Speranze di mandare avanti lo spettacolo.

"Sei sicuro che ne valga la pena Idaho?" Logan si avvicinò pulendo la sua casacca circense, "Non siano obbligati ad esibirci quel giorno. Possiamo aspettare che il tempo migliori".

"Le promesse si mantengono, mio caro braccio destro" mormorò il girone dei ricci dorati, "E poi lei è pronta, dobbiamo introdurla nel nostro spettacolo. Glielo dobbiamo, dopo tutto questo tempo". Dopo diversi giorni di allenamento, Charlotte aveva preso molta dimestichezza con i passi di danza, l'equilibrio e le sue nuove movenze in generale; finalmente libera dai tutori e da ogni limitazione, aveva pian piano acquistato forza e sicurezza. Ma si era mai esibita, anzi i soli spettatori fino a quel momento erano stati i loro compagni, ma avviano comunque provveduto ad abituare la ragazza ad avere gli occhi puntati addosso.

Le due settimane precedenti erano state molto ricche su quell'aspetto, Charlotte e Idaho si erano sempre alzati di buona lena, molto presto, per poter provare il più possibile. L'inizio si era sempre rivelato problematico: salire sull'asse per restare in equilibrio era ancora un ostacolo che richiedeva diversi sforzi per poter essere superato. Jared in quei periodi non aveva affatto aiutato: si era avvicinato tanto da farla cadere spingendola col muso per ricevere coccole.

"Per l'amor di Dio! Tutto a posto Charlotte?"

"Io sì, ma Jared ha tanta voglia di essere guardato in questo momento!" la frase era uscita mischiata ad una risata, la giovane stava cercando di spostare il grosso muso dell'animale dal suo volto, e il cavallo per gioco aveva preso a mordicchiarle i capelli corvini; "Jared basta! Ti voglio bene anche io, ma adesso ho altro da fare" disse accarezzando la fronte lunga della creatura. Il cavallo tuttavia non ascoltò la richiesta sbuffando energicamente. "Credo voglia fare due passi..." constatò quindi la giovane tirandosi a sedere.

Non aveva torto: in effetti a quelle ore del mattino Jared era abituato ad uscire, il suo padrone del mattino in fondo era lì e niente poteva impedirgli di perdersi in una sana corsa.

"Sai, credo..." mormorò Idaho grattandosi il mento e fissando perplesso l'animale, come se gli stesse trasmettendo dei pensieri segreti, "Che potremmo finire l'allenamento in un posto più... magico".

"E dove vorresti andare?" lo sguardo incuriosito di Charlotte accese un sorriso complice nel volto del giovane biondo, che allungò la mano per fare alzare la sua compagna di numero. Non voleva dirglielo adesso, voleva che fosse una sorpresa, un luogo che solo loro due avrebbero potuto condividere e conoscere. Jared parve comprendere che avevano intenzione di spostarsi e iniziò a trotterellare per tutto il perimetro del quadrato verde in attesa di essere sellato a dovere. Nel giro di pochi minuti erano già fuori dal cancello, con la curiosità che ormai aveva invaso la mente della ragazza e aveva cominciato a immaginarsi l'aspetto di questo fantomatico luogo. Che aspetto avrebbe avuto? Sarebbe stato fresco o caldo? Erano presenti degli alberi e dei fiori che dava o colore? C'era dell'acqua? Charlotte in effetti non aveva mai imparato a nuotare. Ma più chiedeva e più Idaho sembrava cucirsi la bocca, sostenendo che l'attesa avrebbe ripagato tutte le sue domande.

"Sei veramente bizzarro Idaho. Ma in senso buono" mormorò Charlotte appoggiando la testa sulla schiena del ragazzo mentre il loro destriero percorreva il sentiero sterrato con un'andatura rilassante e sicura.

"Come aggettivo non mi dispiace, detto da te..." anche una parola che in condizioni normali possedeva un significato negativo, simile ad un insulto, nella sua bocca avrebbe avuto un suono dolce come la marmellata. Idaho era del tutto sicuro che il boschetto dove voleva portare la ragazza le sarebbe piaciuto: se mossi da una leggera brezza, gli alberi di ciliegio che crescevano nei dintorni provocavano una lieve e meravigliosa tempesta di petali, come tanti coriandoli che venivano lanciati da bambini in festa. Alla luce del sole poi, dove i raggi conferivano maggior colore ai petali rosa, l'ambiente pareva acquistare maggior bellezza come se fosse stato una grotta di minerali brillanti a cielo aperto; quando lo aveva scoperto la prima volta, aveva subito pensato che potesse essere un luogo adatto ad una principessa, e la sua mente da perenne sognatore lo aveva spesso portato a fantasticare su una possibile gita con la sua principessa Charlotte. Che cosa ci aveva visto in quella ragazza, qualcuno di sicuro se l'era chiesto; una risposta adeguata non era certo di conoscerla nemmeno lui, ma c'era stato qualcosa che lo aveva attirato verso di lei come una calamita: nei suoi occhi in particolare aveva visto come una richiesta d'aiuto, un silenzioso grido e una voglia immensa di fuggire da quella che non voleva accettare essere la sua condizione di vita.

Ecco, forse era stata proprio quella visione animalesca a smuoverlo e a farlo insistere per poterla portare con loro: uno stato tanto grave non lo aveva mai visto e a fatica, in realtà, si era trattenuto dal prendere David Grave a pugni, pur di togliergli quello sguardo crudele del volto. Ma le persone a volte, lo aveva visto e provato sulla sua pelle, sono in grado di agire a danno altrui e ritenerlo giusto nonostante tutto.

Il loro piccolo spettacolo quindi altro non era che un modo per godere della sua presenza personalmente, senza lo scomodo intervento degli altri.

E sentirla con la testa sulla sua schiena aveva messo a dura prova la sua calma.

"Eccoci arrivati!" dichiarò cercando di mantenere un tono tranquillo, per non far trasparire l'eccitazione che lo stava invadendo da dentro. Charlotte alzò lo sguardo, e rimase a bocca aperta quando i suoi occhi scorsero quella foresta di ciliegi, con i fiori colorati di rosa delicato che gli conferivano un aspetto quasi fiabesco. Nemmeno si accorse della mano del ragazzo allungata verso di lei per aiutarla a scendere, tanta era la meraviglia che stava provando.

"Ma dove..."

"Io lo definirei il nostro posto felice. Non lo conosce nessun altro oltre te e me. Vorrei fosse... il nostro rifugio privato".

"E tu hai visto questo posto... pensando solo a me?" era forse surreale, incredibile, fuori dal suo campo mentale. Idaho lo aveva definito il loro rifugio, marcando sulla parola di possessione come per escludere pubblicamente qualsiasi altra presenza che fosse diversa che quella di Charlotte. La invitò a raggiungerlo in uno spiazzo dove gli alberi non erano cresciuti, creando una piccola piazzola circolare dove l'erba era accesa e rigogliose. L'unica pecca era un lungo ramo caduto, forse per colpa di una tempesta, una in quel momento non rovinava affatto l'atmosfera: era una perfetta alternativa per il loro allenamento, soprattutto il pezzo forte.

"Immagino tu volessi un ambiente più consono per il nostro numero..."

"In fondo stiamo riproducendo una fiaba che ha fatto sognare molte persone... quale atmosfera migliore?"

Idaho ricordava quel pomeriggio come il primo di una lunga serie di sessioni l'allenamento in cui la loro uniche figure sembravano essersi fuse in qualcosa di unico nel suo genere. La leggiadria di Charlotte si mischiava con il vento leggero e i petali delicati che le danzavano intorno. Le loro mani si sfiorarono e si strinsero in modo protettivo, aiutando i propri corpi a mantenere l'equilibrio. Ma erano solo loro due, solo le loro sagome, le loro presenze, e nessun altro.

Dopo quelle sessioni, aveva anche deciso di introdurre i petali in quella parte di numero, avrebbe reso la visione più magica.

Quando Logan aveva sentito quella novità, lo aveva guardato con uno sguardo perplesso: "Non ti sembra un po'... esagerato?"

"Non credo, in fondo è un numero che deve dare sogni e fantasie a chi non sa nemmeno cosa siano"

Logan era sempre stato perfettamente consapevole della testardaggine del suo compagno d'avventura: quando Idaho si vettura in testa una cosa, soprattutto se riguardare i numeri e le esibizioni, non c'era verso di fargli cambiare idea. E il numero con Charlotte soprattutto non faceva eccezione.

Un rumore di passi incerti attirò la loro attenzione distogliendola della finestra. Idaho allargò un sorriso allegro: "Ti senti pronta stella nascente?"

"Non so se sia il tempo più adatto..." Charlotte scorse incerta il paesaggio ingrigito, in dubbio se dare retta al grande scozzese oppure al suo principe dorato.

"Non pioverà, tranquilla" sostenne il ragazzo mostrandosi sicuro, "Fa sempre così: tanti nuvoloni ma poi si rischiara".

"Ehi, ci manca solo che si prende un malanno. Lo sai che il nostro tendone ha il soffitto aperto, serve per la luce".

Idaho riservò a Logan un'occhiata per farlo tacere, odiava quando gli rovinava la festa, nonostante lo facesse per il suo bene. Erano però arrivati così lontano e non si sarebbe tirato indietro adesso.

"Gli altri sono pronti? Dobbiamo arrivare con un certo anticipo per poterci preparare".

Charlotte annuì, il resto del gruppo aveva già finito di caricare nelle macchine e nel camioncino tutto il necessario; mancavano solo loro tre, Jared era già dentro il trasporto intento a sgranocchiare il fieno che Jake gli aveva lanciato per tenerlo tranquillo. Scesero velocemente le scale, stando come sempre attenti agli scalini più rovinati - per fortuna con quello spettacolo avrebbero concluso il loro soggiorno in quel piccolo paese, la pensione che avevano affittato iniziava a emanare un cattivo odore.

Il tempo di mettere in modo tutto e furono partiti, il paesaggio cambiò velocemente nel giro di pochi metri, e Charlotte pensò di riuscire a intravedere il boschetto di ciliegi che aveva avuto come palcoscenico per tanti giorni. Idaho le aveva raccontato che in realtà i ciliegi non potevano crescere in quella zona, almeno non naturalmente; ma una volta aveva incontrato un umile viticoltore che gli aveva spiegato tutto il processo: aveva portato delle piccole piantine da un viaggio e da allora si era messo di buona lena per creare quel piccolo angolo di paradiso. Lo aveva fatto per poter regalare alle coppiette innamorate un posto felice dove poter condividere le più belle ore della loro vita, come era successo a lui in quel famoso viaggio.

Per questo Charlotte ne era rimasta lusingata, davanti a tutti quei gesti che ormai erano diventati tanto chiari ma che lei faticava a definirsi la destinataria; cosaci aveva trovato in lei quello spirito libero dal cilindro magico... avventuroso come l'aquila di cui portava la piuma, eppure aveva avuto così tanta bontà davanti ad una bruttezza come la sua. Idaho forse aveva visto in lei qualcosa che tutti gli altri avevano sempre ignorato, e lei un giorno gli avrebbe ripagato tutti gli sforzi, ma non sapeva se in questo momento ci sarebbe riuscita. Sentiva che era presto, o tardi... sentiva una serie di cose quando lui era accanto a sé, da quando l'aveva portata via da quel posto infernale; sperò, mentre la loro macchina piano piano perdeva velocità, che in quel numero sarebbe riuscita a fare trasparire almeno parte di quello che lui le provocava.

Alcuni addetti avevano già confinato la zona per poter montare il tendone, Jake e Jessie avevano portato il rotolo bianco e rosso con tanto di picchetti, e Logan aveva aiutato due degli addetti a montare l'albero maestro. Quel giorno poté aiutare anche Charlotte, adesso che il suo corpo era diventato più forte, non aveva più bisogno di una seconda mano per tirare le corde.

"Quando Colin avrà finito il suo piccolo intervallo, toccherà a noi. Come ti senti?"

"Emozionata, un po' impaurita forse. Pensi che... andrò bene?" Charlotte in quel momento faticava a contenere e dominare le proprie emozioni, la gioia si mischiava alla paura creando sfumature che nemmeno si era sognata di sfiorare tempo addietro. Finalmente avrebbe fatto parte di un circo, ma non come fenomeno da baraccone: era un'acrobata a tutti gli effetti adesso, era un'artista, la protagonista di un'esibizione; e Idaho sarebbe stato il suo cavaliere per quel giorno e, sperava, per quelli che sarebbero venuti.

"Il primo passo è sempre il più difficile" il ragazzo dai ricci dorati le girò intorno muovendo un dito in aria come per guidare un'orchestra, "Superato il primo momento di tensione, il resto è tutta in discesa. Come si suol dire: fatto una volta, si fa sempre".

"La fai così facile tu... per te ormai non è più un ostacolo, sei abituato. Io invece... l'unico tipo di spettacolo che avevo erano insulti e risate crudeli".

"Esatto!" Idaho si fermò davanti a lei girandosi con occhi allargati, "Avevi! Ora è tutto diverso, non succederà più una cosa del genere, è parte del passato".

Il suo entusiasmo indubbiamente era contagioso, ma lei aveva comunque una parte di sé impaurita, non ancora abbastanza elastica per assorbire e realizzare la situazione. Ma era felice di sapere Idaho accanto a sé che cercava di tranquillizzarla, almeno non avrebbe smaltito la tensione da sola. Poi Belle si palesò dal sipario che separava le quinte dallo spiazzo dello spettacolo chiamando il loro capo perché presentasse, come sempre; Jared era già pronto e tutto quello che stava aspettando era il cavaliere che salisse su di lui.

"Ora respira e rilassati. Non sei sola qui. Belle pensa a tenerle compagnia finché non ti chiamo".

"Oui Idaho! E tu chéri, tranquilla e vedrai che andrai alla grande".

Charlotte le sorrise, la sua presenza e le sue parole contribuivano a rilassarla un po'. Ascoltò le parole di benvenuto di Idaho, insieme alla sua piccola performance con il cavallo, da quella posizione era ancora più emozionante, il ragazzo aveva anche deciso di cambiare la modalità di esibizione. Anche l'ordine dei numero era cambiato: normalmente era Belle la prima, invece questa volta la prima a esibirsi fu Lisette. Charlotte osservò la sua danza con i nastri colorati, aveva due maniche che ricordavano le ali di una farfalla, muovendosi in punta di piedi come se stesse percorrendo il filo di una ragnatela. Colin si unì alla danza della madre, saltando e passando attraverso i cerchi dei nastri con le sue capriole.

Idaho poi tornò in mezzo a ringraziare e acclamare i due acrobati, e mentre Logan si stava preparando, il ragazzo regalò un piccolo numero con Jared che fece restare tutti a bocca aperta: Idaho eseguì alcuni saltelli sul bordo dello spiazzo tondo mentre Jared aumentava la velocità, per poi finire in mezzo e salire con un balzo potente sulla groppa del cavallo che si impennò in modo teatrale.

"Bellezze, è il turno del macho! Tu tieni pronta Charlotte, dopo di me, Jake e Jessie, è il tuo momento".

"Hai per caso... una frase di incoraggiamento?"

"Una frase...? In effetti non so bene cosa dire in questi casi..."

"Qualsiasi cosa va bene..."

"Mmh" Logan si passò una mano sulla barba scarlatta, per poi sorriderle: "Posso solo dirti che vedendo le prove, non hai nulla di cui preoccuparti".

Belle mise un braccio intorno alle spalle intorno all'amica mentre il grande uomo scozzese entrò in scena con gesti plateali. Era ufficialmente la prima volta che Charlotte vedeva all'opera il grande e forte uomo, almeno così da vicino. Era incredibile quanto peso potesse sostenere sulle sue braccia, così spesse e possenti da sollevare un palazzo molto probabilmente. E con quel sorriso... sembrava che per lui fosse un gioco facile facile. E tutti quei volti affascinati lo osservavano come se per loro tanto sforzo fosse impossibile, e probabilmente era proprio così. Logan addirittura, abbassandosi, invitò un piccolo bambino con la giacca piena di toppe, che poco prima era entrato in ritardo nel tendone ottenendo uno spintone da alcuni coetanei più ricchi, impedendogli di sedersi.

Il piccolo si era avvicinato con passo incerto, osservando il grande animale che camminava in cerchio con sopra il cavaliere dalla giacca scarlatta e il cilindro in testa che gli sorrideva. Il grande uomo dai capelli rossi lo aveva sollevato con una mano sola invogliando il pubblico ad applaudirgli per il coraggio, subito dopo gli aveva anche donato il suo gilè appena sistemato. Il bambino aveva in volto uno sguardo tanto ammirato che fece fatica a trattenere le lacrime, per la prima volta considerando come un essere umano e non come uno straccione.

"Tra poco è il turno di una nuova stella del nostro gruppo circense! Signori e signore, forse l'avete intravista diverse volte, durante i nostri precedenti spettacoli, ma non sapete tutto di lei. Ha un passato come quello di tanto spettatori qui, ma una volontà che supera anche le stelle dell'universo!" le parole di introduzione di Idaho riaccesero un'enorme tensione e ansia dentro lo stomaco della ragazza, che iniziò a sentire le gambe reggerla a fatica e le braccia tremare come foglie.

Era una paura positiva, non si sentiva in pericolo, ma si sentiva inferiore alle aspettative e il pensiero di rovinare tutto l'aveva attanagliata per tutta l'attesa precedente. Sarebbe stata in grado di soddisfare i clienti? Avrebbe superato le aspettative che tanto la stavano bloccando?

Colin nel mentre rientrò in scena come breve intervallo, così da poter sottrarre Idaho dal presentare il prossimo numero per prepararsi: "Pronta nuova stella dello spettacolo? Ti stanno aspettando con una certa impazienza".

"E se... se non fossi all'altezza? Se finissi per deludere tutti?"

"Ehi, ehi! Non dirlo nemmeno per scherzo! Sei perfetta sotto ogni passo, ogni momento e ogni parte dello spettacolo. Dalle prove a qui, io l'ho visto! Non hai motivo di preoccuparti".

Charlotte fece un lungo sospiro, a questo punto tutti erano convinti che sarebbe andato tutto bene, che lei avrebbe fatto faville, che era portata. Eppure quelle belle previsioni non facevano altro che montare in lei un senso di paura ancora maggiore.

Sentì Colin iniziare a raccontare la favola così come la conoscevano tutti: Tutti i bambini prima o poi crescono, ma tutti tranne uno... quello era il momento, approfittando del fatto che avevano momentaneamente coperto il punto aperto del soffitto per ridurre la luce naturale, per prepararsi nella posizione giusta. In una palazzina di Londra, vivono i signori Darling, marito e moglie rispettati che hanno tre figli: due maschi Michael, John e la figlia maggiore Wendy. Il foro del soffitto venne scoperto, e tutti videro Wendy - ovvero Charlotte - seduta davanti a quello che simulava il davanzale di una finestra.

Wendy, nonostante fosse la figlia più grande, aveva una passione: raccontava storie di tutti generi ai suoi fratellini prima di dormire, creava e inventava giochi che li tenevano occupati per tutto io giorno e rendeva casa Darling allegra e colorata. Vi era solo un problema: Wendy ormai stava crescendo, e questo voleva dire che tutte quelle belle storie presto sarebbero diventate solo ricordi o inutili giochi infantili. Lei però non voleva: Wendy voleva restare bambina e divertirsi come aveva sempre fatto.

Una sera, mentre tutti e tre i fratelli erano addormentati, dentro la camera entrò qualcuno, un ragazzino. Ma non un ragazzino qualunque: si chiamava Peter Pan, e ogni sera si nascondeva vicino alla finestra per ascoltare le storie della bella e dolce Wendy. In quel momento, tramite un gioco di luci e veli, gli spettatori intravidero l'ombra di Peter Pan - Idaho.

A questo punto Charlotte iniziò a cantare: chiuse gli occhi, per non sentire la tensione, e scandì le parole una per una. Aveva deciso di mettere un suo tocco personale all'insaputa di tutti: il testo della canzone lo aveva modificato a suo piacimento. In quelle parole aveva deciso di lasciar trasparire pian piano tutto io riconoscimento che aveva per il ragazzo accanto a lei, avrebbe voluto che attraverso quella canzone si sentissero le sue emozioni, i suoi pensieri, quei pensieri che le avevano permesso di arrivare fino a lì. Idaho lo sentì, lo sentì chiaramente e il suo sguardo parlò da solo.

Una notte Peter Pan tornò in cerca della sua ombra, che il cane tata gli aveva strappato via. Fece un gran trambusto, tanto da svegliare la giovane Wendy che si offrì di ricucirgliela ai piedi per non perderla. Peter per ringraziarla, le disse che doveva venire con lui all'Isola Che Non C'è. Lì avrebbe potuto vivere tutte le avventure che tanto aveva raccontato, così da non doversi più preoccupare di crescere.

Improvvisamente, una goccia d'acqua, fredda e timida, colpì la punta del naso della ragazza che istintivamente alzò lo sguardo ricevendone altre in fronte. Il cielo era diventato tutto nero, lo poté scorgere dall'apertura del soffitto.

"Meno male faceva tante storie e poi si rischiarava" mormorò ridendo, sottovoce, ad Idaho che abbassò lo sguardo per soffocare una risata imbarazzata.

"Errore mio... ogni tanto capita" rispose guardandola con i suoi pozzi profondi quali erano gli occhi, "Se vuoi... capiranno" propose poi sentendo la pioggia aumentare.

Charlotte guardò il cielo, e poi il suo partner scuotendo la testa: "All'Isola Che Non C'è non puoi sapere che tempo fa, giusto?"

Una modifica del tutto inaspettata, ma nonostante questo non rovinò l'atmosfera né la performance. Anzi: i petali di fiore si mischiarono all'acqua rendendo la visione più fiabesca e quasi contribuì a trasmettere un alto livello di romanticismo. Idaho notò che con la pioggia, i celesti occhi di Charlotte brillavano di luce propria, diventando ancora più irresistibili. Gli venne spontaneo regalarle una carezza sul volto, poi un'altra, un'altra ancora, in modo sempre più delicato e dolce. Il loro numero aveva lasciato tutti senza parole, senza fiato, qualcuno con le lacrime agli occhi per la bellezza che avevano regalato. Lei si strinse sempre di più ad Idaho come se fosse l'unico appiglio su quell'asse che li stava tenendo abbastanza in alto, come se stessero volando. I fari usati per i giochi con le luci si mischiarono alla pioggia e ai petali, un arcobaleno si creò sfruttando il tutto.

Alla fine dello spettacolo, ci fu un attimo di silenzio, per poi sentire il pubblico esplodere in un fragoroso applauso che rimbombò per tutto lo spazio circostante.

"Lo senti?" chiese Idaho guardandola con un sorriso dolce, "Questo è tutto per te".

"No" obiettò lei, "È nostro, ed è il mio grazie per tutto quello che hai fatto per me, fino ad oggi" concluse stampandogli un bacio sulla guancia, lento e delicato come lei.

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