Capitolo 5
Diana's pov
Da quel primo giorno passò una settimana ,fu orribile; se non fosse stato per Leila credo sarei già impazzita dopo due giorni.
La cosa peggiore però doveva ancora accadere...
Un giorno venne un uomo: era bello, giovane, dai magnetici occhi grigio perla e le labbra carnose, il corpo statuario. Non appena mise piede nella stanza in cui tutte eravamo stipate incontrò il mio sguardo, il mio corpo e ne rimase rapito, ossessionato, nonostante fosse pieno di squarci e lividi orribili.
Mi prese con sé e mi portò fuori dalla stanza. Credetti subito che mi volesse fare sua schiava, sarebbe stato meglio in confronto a quello che dovetti subire.
Mi condusse in una delle tante stanze dalla porta nera lucida della torre infernale, situata in un altro corridoio rispetto a quello in cui eravamo prima, e chiuse a chiave la porta dietro di noi.
Mi violentò...
A nulla servirono le mie grida e le mie suppliche; nessuno venne ad aiutarmi e lui non si fermò dal farlo, non si curò delle mie grida strazianti, mi fece sua e mi lasciò lì a piangere immersa nel mio stesso sangue.
Mi sentii sporca, spazzatura, usata come se fossi una puttana.
Rimasi lì a piangere per ore finché lo strozzino aprì la porta e, prendendomi di peso, mi riportò nella stanza con le altre ragazze senza nemmeno controllare se fossi viva o morta.
Una volta che si fu richiuso la porta alle spalle Leila venne subito al mio fianco. Non ci fu bisogno di parole, lei capì subito ciò che era successo e mi strinse a se cercando invano di farmi sentire meglio.
I miei occhi erano vacui, spenti, freddi; da quel giorno non piansi più.
Mi avevano privata di tutto, della mia vita e per concludere anche della mia dignità.
Ribollivo di rabbia e risentimento...
Come mi sfogavo? Facendo perdere clienti allo strozzino: rispondevo male ed ero sfrontata, a volte anche violenta, con chiunque mi mettesse gli occhi addosso o anche solamente mi parlasse.
Nonostante le punizioni che lo strozzino mi infliggeva per questo mio comportamento non avevo nessuna intenzione di smettere di farlo.
Era l'unica cosa che mi faceva sentire forte, viva...
Cole's pov
Dopo quella notte che passai a scoparmi Sharon ce ne furono altre, molte altre.
Era lussuriosa, maliziosa e non falsa.
Non era come le altre, tipo Refedy e chi c'era prima di lei.
Refedy é una schiava a cui piace la pittura, non ama giacere con me e glielo si legge in volto quello che prova, in quell'espressione di mezzo disgusto.
Però per quanto riguarda gli altri suoi compiti é eccellente, é simpatica, molto bella e servizievole.
Mi é rimasta solo lei da quando ho deciso di vendere tutte le altre, troppi ricordi.
Nei loro occhi rivedevo riflessi i suoi.
Nei loro visi ricordavo i giorni passati con lei.
La sua mancanza mi assedia qui nel letto come in tutte le altre stanze di questa casa.
Refedy é arrivata subito dopo, era ancora abbastanza piccola quando arrivò qui.
Aveva circa 17 anni mentre ora ne ha già 20.
Guardo ancora una volta Sharon sorridendole, come al solito é nuda al mio cospetto con le guance leggermente rosse e i capelli lunghi e scuri intrecciati《Ti va di giocare col tuo padrone?》
《Sì, padrone.》
《Facciamo un nuovo gioco allora.》
《Certo, padrone.》
Mi alzo per poi tenderle la mano《Alzati e seguimi.》
Lei si alza rimettendosi quella leggera vestaglia rossa e mi segue a viso chino mugolando appena mentre io le accarezzo il collare di pelle nera.
Non credo se lo sia tolto visto che posso farlo solo io e infatti esso comincia a lasciarle un leggero segno rosso sul collo, come se continuamente compresso.
Guardo il suo profilo al mio fianco e la avvicino a me suscitandole brividi e pelle d'oca.
La accompagno fino alla fine del corridoio dove c'è una porta rossa enorme e finemente intagliata.
Entriamo e al centro di essa vi é un letto, una croce di sant'Andrea e una panca di legno scuro ben levigato, finestre enormi ornate da tendaggi rossi dai quali filtra la luce creando giochi di colore.
Il pavimento é di pura pietra nera e dal soffitto pende un lampadario gotico nero con gocce cristalline.
I tappeti padroneggiano nella stanza, rossi e pregiati.
Ci sono due porticine vicino alla finestra.
Sharon spalanca appena le labbra meravigliata, come se volesse stare li con me.
Le prendo la mano portandola davanti alle due porte《Quale scegli?》
《Direi questa.》dice accarezzando gli intagli argentei di una.
《Aprila.》lei spinge la maniglia e ciò che si vede é un bagno enorme sui toni dell'argento e del grigio fumo.
Il suo sorriso si allarga come quello di una bambina mentre mi guarda《Padrone, ma che c'è nell'altra stanza?》
《Se avessi scelto quella lo sapresti.》
《Non me lo può dire?》
《No.》
《E perché mai padrone?》sussurra affranta dopo che ho spezzato la sua speranza.
《Perché non l'hai scelta, la vita non ti da la possibilità di conoscere prima e poi scegliere e quando lo si fa alla ceca si capiscono i veri gusti di qualcuno.》
Abbassa il viso e annuisce.
Nessuno sceglie mai quella stanza, nessuno è mai abbastanza forte da rischiare.
Gli intagli grigi rassicurano, quelli rossi no.
Spingo con violenza Sharon che sta al gioco guardandomi e ansimando già eccitata.
《Non ci andrò piano.》
《Non voglio che facciate piano padrone.》
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