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Capitolo 26

Diana's pov

Quella notte che passai insieme a Cole fu semplicemente magica, speciale, indimenticabile. Io e lui. Solo noi, insieme.

Mi svegliai che era l'alba e guardai il posto vuoto del letto accanto a me, lui non c'era. Era quasi sicuramente andato a caccia come suo solito.

Sospirai pesantemente e mi alzai stiracchiandomi per poi rivestirmi con calma ed abbandonare quella stanza che era stata testimone del nostro amore, o meglio, del mio amore per lui dato che non credo lui lo ricambiasse.

Camminai lungo il corridoio diretta verso la mia stanza, nonostante mi fossi svegliata avevo ancora sonno e perciò una volta arrivata avevo tutta l'intenzione di stendermi sul letto e riprendere a dormire.

Non avevo né la voglia né la capacità mentale di parlare con qualcuno.

La mia mente continuava a pensare alla luce soffusa dei camini e agli attimi passati con lui, intensi ma sempre troppo pochi.

Quei pochi istanti in cui riuscivo a stargli accanto, capirlo, finivano sempre troppo presto.

Avrei voluto che momenti così belli e al tempo stesso rari durassero per sempre, mi si scaldava il cuore quando riuscivo a farlo abbandonare completamente a me, a quei momenti di pace e sentimento, ed ogni volta ne volevo ancora, sempre di più. Non mi bastava.

Giunsi di fronte alla porta della mia stanza e, con la mente ancora invasa da quei pensieri, aprii la porta ed entrai nella stanza per poi richiuderla alle mie spalle. Camminai fino al letto e mi ci sdraia sopra a peso morto chiudendo gli occhi, solo in un secondo momento mi accorsi che accanto a me c'era qualcun'altro.

Leila...

Mi guardava con i suoi occhi scuri pieni di sfumature rossastre, non aveva dormito bene e lo si poteva notare dalle occhiaie profonde e quasi violacee.

Il suo sguardo era serio ma aveva un mezzo sorriso sulle labbra, un po' come se non riuscisse ad essere davvero arrabbiata con me.

«Hey...» sussurrai.

«Dove cazzo eri oggi?» disse dando sfogo alle sue preoccupazioni «Anzi non oggi, magari anche tutti i giorni che manchi... Dove diavolo eri? Perchè non eri con me? Perché non ti prendi la briga nemmeno di avvertire Diana!»

Mi morsi il labbro e tirai un leggero sospiro «Perdonami ma... dovevo scoprire delle cose che ancora non mi sono molto chiare.» mormorai ripensando a Cole, alla stanza verde, alle parole di Refedy.

Era tutto un casino nella mia testa.

«Ah si? Nel letto o tra le gambe del padrone?» chiese chiara e concisa, gelosa, andando dritta al punto.

«Cosa?!» sbottai innervosendomi, forse perché era la verità in un certo senso, non lo sapevo.

«La domanda mi sembra già abbastanza chiara, hai bisogno che la ripeta?»

«Perché pensi questo di me?» le chiesi arrabbiata e un po' ferita.

«Perché non ci sei mai?» sbottò innervosita «Ed è l'unico posto plausibile dove potresti essere!»

«Te l'ho detto perché non ci sono stata! Ma se mi consideri una puttana bene, andrò a farla davvero!» sbottai anche io per poi alzarmi dal letto ed uscire nuovamente dalla stanza sbattendomi la porta alle spalle.

«DIANA!» urlò Leila ma ormai ero già troppo distante da lei, sia con la mente che col cuore...

Camminai velocemente fino a giungere in giardino e lì mi sedetti sul marmo della grande fontana, ero arrabbiata, piena di rimorsi e paure.

Dopo qualche secondo notai un cagnolino, sembrava piccolo ma abbastanza determinato. Man mano che si avvicinava potei constatarne la stazza, aveva le zampe piene di fango. Era davvero un bell'animale.

Mi presi la testa tra le mani ed incominciai a massaggiarmi le tempie, tutta quella situazione stava decisamente iniziando a sfuggirmi di mano; non sapevo cosa fare, ero combattuta, il mio cuore diviso a metà.

Il cagnolino continuava ad avvicinarsi a me ma io oramai sentivo solamente il martellante pulsare della mia testa, era snervante.

Iniziò ad abbaiare a gran voce per attirare la mia attenzione e, guardandolo meglio, capii che era una cagnolina che aveva il muso un po' sporco di sangue.

In lei riconobbi la famosa cagnolina da caccia di Cole e in quel momento mi balenò in testa l'idea che se lei era lì lui sarebbe potuto arrivare da un momento all'altro.

Sospirai frustrata, in quel momento non avevo voglia di vedere qualcuno che avrebbe potuto solamente accentuare il mio mal di testa perciò mi alzai pronta ad andarmene ma la sua voce mi risuonò chiara e risoluta alle orecchie.

«Alya, vieni qui!»

Mi pietrificai sul posto, tesa, le tempie che pulsavano veloci. Volevo andarmene ma al tempo stesso restare.

Appena mi notò anche il suo sguardo sulla cagnetta si addolcí appena e la guardò esterrefatto «E brava Alya...»

Io alzai un sopracciglio sentendo quella frase e, lentamente, mi voltai verso di lui, quasi con timore.

Era così bello nella sua tenuta da caccia...

No! Diana, no! Smettila accidenti a te!

La tenuta da caccia lo fasciava alla perfezione, mettendo in risalto le gambe perfette e possenti, scolpite.

Il viso dai tratti duri incorniciato dai capelli scuri e ricci, lo sguardo penetrante, l'iride dello stesso colore del sangue sul muso del suo segugio e il sorriso sghembo.

Il cane sentendo la sua voce sembrò quasi fare una capriola per voltarsi e correre da lui, iniziando poi a fargli le feste. Era strano come qualsiasi essere gli si avvicinasse inesorabilmente ne restava inebriato, una tortura, uno stupefacente amore perfetto che in cuor mio sapevo non potesse durare a lungo.

Ed io restai lì, a guardarlo mentre sorrideva e si abbassava a coccolare la cagnolina con premura. Mi si scaldò il cuore nel vedere il suo sorriso, la scena in generale, ed istintivamente sorrisi anch'io.

Mi avvicinai a loro, desiderando che Cole riservasse a me le attenzioni che riservava a quel cane. Li osservai in silenzio, senza osare interrompere il momento ma poi fu lui a farlo, alzò lo sguardo dalla sua fedele amica ed iniziò ad osservarmi intensamente come se mi desiderasse... come se mi volesse sua, sempre, ed io come una scema mi riempii di brividi.

«Ciao...» mormorai.

«Hey... ti va di farmi compagnia mentre porto Alya nel suo box?»

«Oh, ehm... va bene.» risposi sorpresa da quella proposta.

Era strano per me che me lo stesse proponendo e non ordinando, anche se non ne non conoscevo bene il motivo.

«Forza, andiamo allora!» mi esortò a camminare con i suoi soliti modi eleganti e forse un po' altezzosi ma ai miei occhi perfetti... come lui...

Annuii e, subito, mi apprestai a seguirlo non appena cominciò a camminare seguito dalla sua fedele cagnolina.

Ero sempre più piacevolmente sorpresa.

Lo vidi rallentare sempre di più per cercare un contatto con me, per provare ad avvicinarmi, ed io non sapevo cosa fare. Mi sentivo fortemente in imbarazzo e la cosa vista da un certo punto di vista  sarebbe potuta apparire pure divertente.

Lo guardai appena mentre continuavamo a camminare in silenzio, lo adoravo il silenzio ma quello stava diventando un po' pesante. Almeno per me.

Cole mi osservava di sottecchi e ogni tanto sorrideva mentre Alya continuava a scodinzolare davanti a noi, fiera, ma in un'istante le cose mutarono, il suo braccio finì per circondarmi la vita e mi tirò verso di sé stringendomi in un moto di possessività che non saprei interpretare.

In meno di due secondi le sue labbra furono premute sulle mie in un bacio passionale ed intenso, uno di quelli che solo lui sà dare.

Inaspettato, sfuggente, emozionante...

In poche parole, fu spettacolare.

Mugolai piano contro le sue labbra e gli strinsi le braccia con le mani mentre un sorriso mi curvava le labbra e mi lasciavo andare a quel bacio, ricambiandolo con altrettanta passione e sentimento, sciogliendomi tra le sue braccia come neve al sole.

Cole mi portò in una specie di grande stalla ma più bassa e piú luminosa con varie porte e nomi sopra, il box di Alya era infondo, nell'ultima porta a sinistra, ed era molto più grande di quello degli altri cani.

Appena fummo entrati un silenzio quasi tombale invase l'ambiente, i cani al suo passaggio distoglievano lo sguardo, anch'essi messi in soggezione dalla sua forza e dalla sua aura che emanava potere, finché non notavano me e mi mostravano i loro enormi denti in modo inquietante.

Istintivamente rabbrividii e mi feci piccola piccola tra le braccia di Cole mentre lui mi guidava, sperai che mi stringesse più forte a lui ma al tempo stesso che non si accorgesse del mio gesto.

Mi strinse più forte per poi guardarmi appena «Apri il cancello per Alya.»

«Va bene.» risposi leggermente rassicurata dalla sua stretta per poi allontanarmi da lui ed andare ad aprire il cancelletto del box.

La cagnolina mi guardò stranita per poi lanciare uno sguardo d'intesa a Cole che, con un mezzo cenno della testa, le ordinò di entrare nel box.

Alya passò fiera al mio fianco con la coda dritta e le orecchie abbassate, solo in quel momento notai che nella cuccia della cagnolina c'era una delle magliette di Cole su cui lei, quasi ossessivamente, si sdraiava per poi iniziare a mordicchiarla.

Mi morsi il labbro e poi richiusi il cancelletto, lo sguardo fisso su Alya e una sensazione di freddo perenne sulla pelle.

Cole mi cinse il polso con la sua mano calda dalla ferrea presa e poi mi tirò appena per farmi capire che voleva andare, gli sguardi di quei cani mi mettevano ansia perciò non ci pensai su due volte a seguirlo, lasciandomi portare dovunque volesse.

Il mal di testa ancora mi torturava ma non dissi nulla, cercando di non fargli notare che ogni minimo rumore mi dava fastidio; lui, fortunatamente, fu estremamente silenzioso in tutto ciò che fece.

Mi prese con delicatezza da dietro per poi iniziare a baciarmi il collo ed accarezzarmi i fianchi dalle forme morbide.

«He-ey...» mugolai mordendomi il labbro. «Cosa fai?» sorrisi leggermente per poi girare il viso verso di lui.

«Ho notato quanto fossi tesa e di solito le mie attenzioni ti rilassano ,o forse erro?»

Arrossii leggermente sulle guance «C...cosa te lo fa pensare?»

«Il tuo rossore, il tuo balbettio, il tuo essere bellissima...» disse con voce sensuale al mio orecchio mentre continuava a baciarmi il collo.

«Mmh...» mugolai e gli strinsi le braccia «Non sono rossa!» farfugliai.

«Sei rossissima infatti...» disse con voce leggera e pacata «Ti chiedo una sola cosa...»

«Cosa?»

«Non mentirmi, mai.»

«Non l'ho mai fatto...» mormorai guardandolo.

«Davvero?»

«Si.» dissi sicura.

«Ne sono contento.» sorrise ma non era un sorriso di quelli veri, era spento, quasi sconsolato.

«Cosa succede?» chiesi allarmandomi subito e gli accarezzai il viso. Anche io, come lui, ero molto attenta ai dettagli.

«Quindi non mentivi nemmeno mentre mi davi del mostro...»

Dunque quello era ciò a cui stava pensando...

«Pensavo lo fossi, non lo nego...» mormorai.

«E lo pensi anche ora?»

«No...»

«Certo...» borbottò piano iniziando ad allontanarsi senza guardarsi indietro, quasi come se non credesse alle mie parole.

«Cole dannazione, adesso è tutto diverso okay?!» sbottai.

«Cosa è diverso?»

A quella domanda mi bloccai. Già, cosa era diverso? Forse il fatto che lo vedevo diversamente, forse il fatto che... mi ero innamorata di lui...

Lo guardai in quegli occhi rossi come un mare di sangue e si, ne trovai la conferma «Ti vedo diversamente...» mormorai non avendo il coraggio di confessarglielo. Non avrebbe mai ricambiato, ne ero quasi del tutto certa.

«E cosa vedi ora?»

«Vedo che... quando vuoi sai essere...una brava persona.» gli accarezzai una guancia con i polpastrelli delle dita, quasi con il timore che a lui potesse dare fastidio. «Vedo che... non sei un mostro.» conclusi mordendomi il labbro.

«Mmh, okay...» alzò leggermente gli occhi.

Mi morsi il labbro, leggermente confusa «Non mi credi?»

«Ti credo, ma mi aspettavo tutt'altra risposta.»

«Cioè?» chiesi inarcando un sopracciglio.

«Forse una più sdolcinata o magari una più dura... mai mi sarei aspettato una risposta così neutra.»

«Io non sono sdolcinata» ribattei «E non volevo darti una risposta dura o neutrale, ti ho detto semplicemente come la penso.»

Lui mi prese e mi baciò di scatto, ciò che successe dopo furono solo immagini rapide in frenetica successione: mi portò verso la sua stanza senza mai staccare le sue calde, succulente e bellissime labbra dalle mie per poi finire sotto le coperte insieme. Uniti, in un mondo in cui esistevamo solo noi.

Solo Diana e Cole, non più  una schiava e il suo padrone.

Cole's pov

Guardai il suo profilo mentre i miei occhi diventavano azzurri e lei dormiva, è strano e quasi inconcepibile come un demone del mio rango possa avere gli occhi azzurri o di qualsiasi altro stupido colore.

Ogni istante che mi sento attratto o comunque mi sento vicino ad una persona io cambio.

O almeno i miei occhi lo fanno.

Con Dalila i miei occhi erano verdi quanto i suoi.

Con Diana azzurri come il cielo.

Ma cosa vuol dire accidenti? Perché in ogni cosa sono uguali e mi sento così confuso?

Lei se ne stava sdraiata sul letto accanto a me, bellissima, il capo poggiato sul mio petto mentre riposava tranquillamente. Il suo respiro leggero come il vento.

Il corpo nudo e pallido, mentre sbattevo appena gli occhi vedevo comparire piccole efelidi che le ricoprivano la pelle.

Si muove leggermente mentre dorme e la vedo così piccola, fragile, avevo l'impulso di stringerla a me ancora di più e proteggerla da qualsiasi cosa.

Cosa diavolo ti prende Cole?

Tu non pensi mai cose del genere...

Mi ritrovo ad abbracciarla e baciarle ogni centimetro di pelle, a contare ogni minima lentiggine...

Dalila... quanto mi manchi!

Diana si sveglia a quelle mie attenzioni e ridacchia arrossendo leggermente mentre mi guarda «Mi fai il solletico!» dice con voce assonnata.

Perché mi sembra di essere con lei?

Ancora mezza addormentata la vedo nascondere il viso contro il mio petto e chiudere nuovamente gli occhi.

Forse è meglio che dorma anche io...

La stringo di più a me e le accarezzo i capelli, chiudo gli occhi e provo a dormire ma non ci riesco; i pensieri si rincorrono veloci come il vento, confusi ed aggrovigliati tra loro.

Come il suo ricordo...

«Dalila vieni con me!»

«Dove?» mi chiede lei, curiosa.

«Oggi devo addestrare Alya.» ho comprato una nuova cagnolina, ha un ottima genealogia anche se è femmina e io non amo le cagnoline.

«Oh, va bene!» mi sorride e si alza dal letto.

La vedo ondeggiare davanti a me per poi mettersi davanti allo specchio ed iniziare a farsi la treccia.

È così bella...

Non appena finisce torna da me e mi sorride «Okay, andiamo?»

«Sì, certo, andiamo...»

Usciamo dalla mia stanza e la porto fino a dove sono i box dei cani tenendola per mano come se fosse una bambina, la mia bambina.

Lei si stringe al mio braccio innamorata cotta di me, è bello sapere che almeno lei ha un bisogno costante di me e che qualsiasi cosa accada avremo l'amore ad unirci.

«Sai che sei proprio una bella bimbetta?»

Dalila ride e scuote la testa bruna, i ricci ribelli che non è riuscita a contenere nella treccia svolazzano al movimento «Cole, non sono una bambina!» mi riprende divertita.

«Invece si che lo sei, guarda quanto sei piccola!» dico prima di metterle una mano sulla testa e farle notare che mi arriva appena alla linea dei pettorali.

Lei mi guarda male e poi sbuffa, lamentandosi «Ma non è giusto, non mi puoi paragonare a te che sei un gigante!»

«Cosa ti da fastidio nel fatto che io ti chiami bambina?» chiedo alzando un sopracciglio, un po' innervosito.

«Cole... io stavo scherzando...» mi dice preoccupandosi subito di avermi irritato.

«Tranquilla, fa nulla...» dico io leggermente offeso per poi lasciarla al centro del corridoio e iniziare ad avvicinarmi ad un box piccolo infondo, dove dovrebbero esserci 3 cuccioli.

Sento i suoi passi veloci raggiungermi e lei afferrarmi per un braccio «Dico sul serio Cole, non intendevo offenderti in qualche modo volevo solo scherzare.» tenta di nuovo allarmata.

«Come vuoi...va bene, insomma.» picchietto le dita sulle sbarre e guardo la cucciola uscire con coda dritta e sguardo fiero, il muso completamente sporco di sangue. Sporgendomi un po' di più noto anche che è tutto pieno di sangue... «Ma che cazzo è successo?»

Dalila mi guarda risentita ma sentendo le mie parole si avvicina ulteriormente e rimane impietrita alla vista di tutto quel sangue.

La cagnolina si siede e ci guarda scodinzolando «Li ha uccisi...»

«Ma... perché...?»

«Era la più piccola, non la facevano mangiare molto e diciamo che davo più attenzioni ai due maschi che a lei, forse era gelosa.»

«Oh...» mormora.

«Ti va di prenderla?»

«Si.» dice accennando un sorriso ed avvicinandosi di più.

Io indietreggio dopo averle aperto la cancellata e le sorrido «Alya, vai da Dalila!»

Lei ricambia subito il mio sorriso e poi rivolge la sua attenzione alla cagnolina, accovacciandosi per poterla accarezzare quando quella si avvicina.

«Dalila... stai con Alya e non fate danni io vado a prendere da mangiare okay?»

«Non faccio mai danni.» ribatte lei.

«Certo, certo...» dico prima di allontanarmi verso la parte anteriore della casupola adibita a box.

Mi avvicino ai vari sacchi e oggetti scegliendo e riempiendo le ciotole con il cibo mentre Dalila continua a giocare con Alya e a lanciarmi ogni tanto occhiate fugaci, come se avesse avuto timore che io fossi ancora irritato nei suoi confronti.

Non prestando più a loro la mia completa attenzione sento abbaiare forte e un urlo riempie la stanza, un urlo straziante.

Mi precipito subito fuori finché non noto Beja, una cagna anziana e madre dei gemellini che Alya ha ucciso, assalire Dalila cercando di morderla mentre ha la cagnolina in braccio.

Subito scatto verso di loro e con uno strattone, forse un po' troppo brusco, attiro Dalila contro il mio petto mentre tengo lo sguardo fisso su Beja.

La cagna adulta ha l'orgoglio ferito, non le interessa più niente né di me né di nient'altro, lei ormai è persa senza i suoi cuccioli. E' strano come i cani possano assomigliarci così tanto.

Ringhia e abbaia contro di me e Dalila mentre ha lo sguardo fisso sulla cucciola.

«Dalila, vai via dalla porta dietro di noi.
»

«O-okay!» dice lei agitata e mi guarda preoccupata mentre indietreggia lentamente fino ad uscire dalla casupola.

Il cane mi salta addosso rabbioso e furibondo ma nulla che io non possa controllare.

In poco tempo la atterro per poi iniettarle del sedativo con una siringa, in modo che abbia  inizio il suo lungo calvario verso la morte.

Una morte dolce, di quelle che avvengono nel sonno, al contrario di quella che hanno avuto i suoi cuccioli.

La sento abbaiare per un'ultima volta e poi noto le unghie della sua zampa destra intrise di sangue.

Io quel sangue lo conosco bene... DALILA!

In un attimo sono già a correre per i corridoi cercandola disperatamente, seguendo la scia dell'odore del suo sangue.

La ritrovo seduta sul mio letto che si guarda allo specchio mentre la cagnolina gli lecca i graffi meno profondi sulle braccia.

Sentendomi entrare volta il viso nella mia direzione e mi sorride «Cole! Stai bene?» aggiunge poi preoccupandosi.

Ha un graffio profondo sulla guancia, sotto l'occhio, ed io impallidisco «Dali...»

Lei corruga la fronte, non capendo il motivo della mia espressione «Si...?»

«Oh...» dico avvicinandomi per poi toglierle la cagnolina dalle mani e appoggiarla sul letto e sorriderle triste «Mi dispiace...»

«Per cosa?»

«Guardati allo specchio.»

Lei lo fa e fissa quel graffio per qualche istante per poi riportare lo sguardo nel mio «E' solo un graffio, non è colpa tua sta tranquillo.»

«Bè, ti ho lasciata sola nel box quindi si lo è.»

«Cole...» si alza e si viene a stringere al mio petto «E' tutto okay, sono una demone e guarisco in fretta.»

«Non se la ferita è provocata da un cane infernale con le unghie intrise di polvere angelica.»

«O-oh...»

«Ma resti bellissima, tu sei sempre bellissima.»

A quel punto la vedo arrossire e mi viene spontanea una piccola risata «Non ridere!» mi rimprovera lei con un piccolo broncio sulle labbra.

«Vieni qui... voglio aiutarti. »

«Come?» mi guarda e punta i suoi occhioni verdi nei miei.

«Avvicinati!»

«Okay.» si morde il labbro e si avvicina a me lentamente, lo sguardo ancora fisso nel mio.

«Chiudi gli occhi per me? E non sbirciare!»

Aggrotta la fronte ma poi sospira e fa come le ho detto, nascondendo dietro le palpebre quelle due gemme smeraldine.

Le sorrido per poi stringerla a me e con l'indice, mentre sento gli occhi bruciare e prendere sfumature verdacee, le accarezzo la cicatrice.

Dalila fa subito una smorfia quando la tocco ma poi si rilassa e si abbandona a me, ed io adoro quando lo fa. Adoro essere io a doverla  proteggere e custodire gelosamente.

Adoro il modo in cui lei si abbandona a me incondizionatamente.

Ritraggo la mano dalla sua pelle e la cicatrice è ridotta ad una striscia sbiadita sulla sua pelle che guarirà in qualche ora se si nutrirà col dovuto quantitativo di sangue.

«Apri gli occhi.» le dico pianissimo mentre con la mano mi copro gli occhi verdi e rossi.

Lei lo fa e, guardandosi allo specchio, rimane stupita «Ma come è possibile?»

«E' possibile, sappi solo questo.» dico indietreggiando verso la poltrona, dove mi siedo tenendo il viso basso e gli occhi chiusi, ogni loro cambiamento di colore mi causa dolore, un atroce dolore.

Lei sembra comprenderlo ed infatti la sento avvicinarsi elegantemente come sempre e sedersi piano sulle mie gambe, quasi avesse paura di farmi male «Non dovevi...» mormora guardandomi.

«Dovevo invece, mi piace renderti felice.»

«Ma a me non piace vederti star male per me.» ribatte per poi accarezzarmi una guancia e baciarmi delicatamente.

«Per te starei sempre male...»

E da lì tutto si offusca, inghiottito da un vortice nero, nero come è il mio animo. Vuoto come il mio cuore.

Sono di nuovo solo.

Lei non è più seduta sulle mie ginocchia e sento l'aria mancarmi, soffoco a causa di quel ricordo così dannatamente vivido e per il fatto che ormai la sua sola presenza era aria per i miei polmoni asmatici... invece, qui al mio fianco, Diana è come un bellissimo fiore, un bellissimo fiore a cui sono maledettamente allergico ed allo stesso tempo così dipendente da far male, non posso stare senza.

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