Capitolo 20
Diana's pov
Restai nascosta lì, dietro la colonna, per un tempo che mi parve infinito. Non avevo il coraggio di andare lì da lui e provare a consolarlo, anche se volevo.
L'ultima volta non era finita affatto bene...
Aveva lo sguardo così vuoto e perso, lontano anni luce, ancorato in un passato bello ma poi divenuto doloroso.
Di chi era quella stanza?
Quando lo vedevo così non riuscivo a capacitarmene, sembrava un altro Cole; l'espressione sempre corrucciata sul suo volto lasciava spazio ad una di puro affetto che poi mutava repentinamente in rabbia ceca e rimorso, che immaginavo lo stessero logorando dall'interno pezzo dopo pezzo.
Presi il coraggio a due mani e mi staccai dalla colonna avvicinandomi a lui cautamente, sentivo i miei passi echeggiare per il corridoio perciò, quando misi piede sul lungo tappeto verde che si trovava sul pavimento, per una volta ringraziai mentalmente Cole e la sua fissa per i tappeti.
Mentre camminavo verso il suo corpo accartocciato su sé stesso ne fui sempre più sicura ,era quello che volevo fare, desideravo aiutarlo.
Non riuscii mai a raggiungere Cole però perché all'improvviso due mani mi afferrarono per la vita tirandomi indietro, poi sentii su di un polso una presa ferrea ma al tempo stesso delicata, familiare come gli occhi da gatta di lei; erano scuri ma scintillavano alla luce del fuoco come ambra, miele sciolto nel mio cuore.
Mi feci trascinare via da lei abbandonando l'idea di aiutare quel demone egoista e pieno di sé, per una volta ero stata presa dalla voglia di concedergli del tempo... ma chi me lo faceva fare?
Non mi era stato concesso di avvicinarmi per provare a fare qualcosa e probabilmente era meglio così, dovevo smettere di cacciarmi nei guai e lui stavo cominciando a temere che sarebbe diventato il mio guaio più grosso.
Stava diventando un problema, il più bello ma allo stesso tempo il più doloroso di sempre.
Il fuoco mortale che mi avrebbe bruciata viva.
Leila mi condusse nella sua stanza e mi fece entrare richiudendo poi la porta dietro di noi, mi guardò e nei suoi occhi lessi tanta preoccupazione. «Non devi andare lì Diana, quando si tratta di quella zona sa diventare molto violento!» mi disse.
Io non seppi cosa dire, come avrei potuto dirle che in poco tempo si era preso quella parte di me che era appartenuta a lei sino a poco prima?
Che mi perseguitava sia il giorno che la notte nei sogni?
Come potevo dirle che si, mi piaceva, ma Cole... bè... lui era di più...
L'avrei uccisa e sapevo che se avessi addolcito la pillola avrebbe potuto fraintendere, non me lo sarei mai perdonato questo.
Tutto nella testa e nel cuore mi parlava di lui e ora le attenzioni che Leila mi riservava mi sembravano del tutto superflue ed inutili, non vedevo più nessuna scintilla o forse la vedevo ma era più attraente quella pericolosa che c'era negli occhi di Cole.
Lei sorrise tesa, aveva paura lo sentivo, aveva percepito che qualcosa era cambiato e aveva paura di perdermi...?
Non riuscivo a concepire che qualcuno avesse paura di perdermi, non ero mai stata nulla di che rispetto alle altre demoni.
«Lo so Leila è che... non lo so... quel posto mi attrae!»le rifilai come scusa, anche se in realtà non era totalmente una menzogna.
Quei corridoi verdi mi attraevano, quella porta verde mi attraeva come un magnete.
Era come se avessi avuto il presentimento che una volta entrataci avrei potuto scoprire qualcosa, un segreto oscuro e losco, inconfessabile, un qualcosa che mi avrebbe aiutata a capire un po' di più Cole ed anche la motivazione per la quale stava così male.
Qualcosa che mi avrebbe potuto dare l'esclusiva su quella parte di lui che celava allo sguardo altrui.
Sentii le mani di Leila accarezzarmi i capelli e poi il viso, era delicata come se stesse toccando qualcosa di estremamente raro e fragile.
Bè, di certo fragile lo ero...
Alzai il volto verso il suo, incatenando i miei occhi azzurri con i suoi, così belli e particolari, e subito capii che per quanto l'idea di Cole mi allettasse non potevo lasciarla sola.
Lei mi voleva e mi faceva stare bene mentre Cole invece mi faceva male ma io ero diventata masochista probabilmente perché quel dolore che mi procurava lo desideravo tutto. Mi faceva sentire viva come mai nient'altro riusciva a fare.
«Devi stare attenta, Di... Non voglio che ti capiti qualcosa di brutto...»
Le sorrisi dolcemente e le baciai il naso «Sta tranquilla LeiLei, cercherò di fare la brava da oggi.» le dissi con un sorriso divertito sulle labbra per poi sporgermi e baciare le sue con delicatezza.
Mi era mancata tanto diamine!
«Va bene. E' da un po' che non stai con me...» sussurrò malinconicamente.
«Ora non vado da nessuna parte!» replicai io accarezzandole i capelli «Sono tutta tua!»
«Tutta, tutta mia... » disse lei iniziando a riempirmi di baci.
Mi era mancato il suo affetto, mi era mancata semplicemente lei.
Mi fece sdraiare per poi stringermi a sé, un contatto nuovo ma al tempo stesso che sapeva di casa, qualcosa di unico.
Sorrisi ai suoi baci per poi baciarla a mia volta, a lungo, molto a lungo «Si, tutta tua.» confermai guardandola con occhi pieni di affetto.
Ero felice, lei era lì, io ero lì, e il cuore faceva meno male.
Cole's pov
Dove sei...? Dove sei...?
Mi manchi...
La mia donna mi manca, i miei occhi che fissano il vuoto esprimono tutta la mia malinconia.
Mi mancano le sue efelidi, il suo spirito e i suoi baci.
Dio, i suoi baci!
Avevano un effetto rigenerante su di me: dopo una giornata particolarmente intensa un suo bacio era tutto di cui avevo bisogno per ritrovare energia. Mi diffondeva nel corpo mille scariche elettriche, mi fotteva mente e cuore.
Poi tutto è finito.
Lei se ne è andata, una misera lettera con su scritte due righe nella sua calligrafia svolazzante e non l'ho mai più rivista.
Mi diceva che non voleva mai più vedermi e che ero un porco e un bastardo.
E ora cosa mi resta? Nulla!
La sua stanza verde come i suoi occhi, il suo corridoio arredato da lei e pieno di tappeti per quando la facevo gattonare per il palazzo e non volevo prendesse freddo.
Sento un dolore fisso nel petto mentre la penso e allora mi ritrovo ad odiarla, odio lei perché se ne è andata e me stesso perché ho ceduto e l'ho fatta entrare nel mio cuore.
Neanche una lacrima riga le mie guance, niente porta con sé tutto ciò che mi tormenta e nulla mi rasserena.
Odio come mi ha fatto diventare, così debole, così stupido a causa sua. Odio avvertire quel vuoto pesante che mi ha lasciato nel petto o meglio nel cuore, ma davvero ho ancora un cuore?
I suoi fianchi oscillano verso di me, sensuali e generosi, i capelli scuri che le ricadono sul viso.
Ecco un'altra donna che mi suscita odio, rabbia.
Si abbassa alla mia altezza e poi pianta i suoi occhioni scuri nei miei.
«State bene padrone?» sussurra.
«Ti importa?» dico con tono aspro, secco. Ciò che è successo stasera mi ha fatto aprire gli occhi su quanto possa essere finta anche lei.
Mi fa incazzare come si muove e il fatto che tutti la guardino perché è la mia schiava.
Odio come tutti la osservano.
Odio anche il modo in cui lei schiude le labbra.
La voglia di farle rimangiare le parole che ha pronunciato è davvero tanta...
«Certo che mi importa!» la sua voce si abbassa fino a diventare poco più che un sussurro «Vj chiedo scusa ero solo... perdonatemi padrone...» conclude abbassando lo sguardo.
Le afferro i capelli strattonandoli con forza, tanto che sento un mugolio di dolore da parte sua, per poi avvicinare il suo viso al mio; i suoi occhi scuri si velano di lacrime, soffre in silenzio e non osa ribattere, anzi, mi asseconda.
«Non mi basta e lo sai!» ribatto, lo sguardo serio ed impassibile fisso sul suo volto, per poi mollare di colpo la presa sui suoi capelli «Ti farò pentire della tua impertinenza!»
La vedo abbassare il volto e tremare, i suoi occhi vuoti pronti a straripare come un grande fiume in piena, con irruenza.
Con foga mi si scaglia addosso per poi stringersi a me impaurita «Io... mi dispiace... Non volevo padrone...» dice singhiozzando nell'incavo del mio collo, tremando sempre di più come scossa da mille brividi.
Ma stavolta non mi interessa delle suppliche né delle lacrime.
Stavolta non mi interessa di nulla.
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