Capitolo 15
Diana's pov
Umiliarmi sino a quel punto...
Stavo davvero toccando il fondo, non avrei avuto più una dignità e non volevo che ciò accadesse.
Capivo che mi odiava ma... per tutti gli Inferi non ero un fottuto cane!
L'odiavo, l'odiavo come non ho mai odiato nessuno in vita mia, a parte mio padre forse.
Mentre mi costringeva a camminare per la sua stanza tenendomi al guinzaglio come un animale da compagnia erano quelli i miei pensieri, quelli e molti altri insulti poco carini che non sto qua ad elencarvi.
Quel verme doveva solo ringraziare che era più forte di me, se avessi avuto la forza di ribellarmi anche fisicamente a lui...
Ghignai in modo sadico e poco rassicurante, anche se ero sicura che lui non potesse vedere il mio volto a causa della posizione in cui mi trovavo.
Mi trascinò fino a portarmi davanti ad una stanza in fondo al corridoio, sentii il calore passare attraverso la porta e giungere inarrestabile fino al mio volto. Non mi diede fastidio, mi piaceva il caldo anche se, strano a dirsi, amavo più il freddo rispetto ad esso.
Lui spalancò la porta, non aveva proferito più parola da quando avevamo lasciato la sua stanza, ed in quel momento si abbassò alla mia altezza slacciando la cintura.
Avevo paura, lo ammetto, avevo paura che quella cintura potesse finire sul mio corpo ma lui la piegò tranquillamente guardandomi con calma «Entra pure.» mi disse, sembrava ancora una volta tutt'altra persona rispetto a quella che era fino a dieci minuti prima.
Già sapevo che non mi sarei abituata mai a questi suoi sbalzi d'umore, mi avrebbe fatta impazzire!
Sospirai leggermente, emettendo un suono leggero con la bocca, e mi alzai dal pavimento finalmente. Mi facevano male le ginocchia ma non dissi nulla, non volevo dargliela vinta ulteriormente.
Lo guardai come si guarda solamente qualcosa che ti disgusta, che disprezzi dal profondo dell'anima, ed entrai nella stanza guardandomi attorno.
Davanti a me c'era solo un'enorme letto, i tappeti, che da quello che avevo potuto vedere erano ovunque, i camini e poco più in là, sulla parete in fondo, due porte.
Avevo ancora i capelli sciolti, presa dalla rabbia non avevo pensato minimamente di legarmeli anche solamente in una coda morbida.
Lui si avvicinò a me spingendomi leggermente, non con forza come aveva fatto fino a poco fa, verso l'interno per poi chiudere la porta «Perché non leghi i capelli?»
Lo guardai, ero ancora arrabbiata nera e quindi gli risposi in modo acido «Perché non mi va?» lo dissi ironicamente e bè, non era proprio la verità perché a me fino a qualche anno fa piaceva legare i capelli e acconciarli nelle maniere più strane.
Lo sentii accarezzarmi i capelli e districarli con le dita.
Il suo tocco era dolce e quasi familiare, come se fossi abituata da sempre alle sue mani che mi accarezzavano, come se ora quelle mani fossero capaci di strapparmi di dosso tutto il dolore e le cose brutte che avevo provato.
Fu strano, non capivo come potesse farmi provare quelle sensazioni.
Lo sentii armeggiare con i miei capelli, intrecciarli in silenzio senza mai sfiorarmi più del dovuto, come se mi rispettasse oppure... avesse paura di me, di toccarmi.
Perché, perché così all'improvviso mi sembrava così... non lo sapevo nemmeno io in verità!
Mi irrigidii, non capivo, ero così confusa... ma forse era perché... forse mi piaceva il modo in cui mi intrecciava i capelli, mi ricordava lei...
No, non dovevo pensare a lei ora!
Mi costrinsi a tornare alla realtà e lo guardai mostrandomi impassibile.
«Sei molto bella anche con una treccia.» disse guardandomi.
Io feci una smorfia e distolsi lo sguardo, non volevo dargliela vinta, non mi intrecciavo più i capelli da quando Dalila era scomparsa e non volevo che lui capisse qualcosa dal mio sguardo che, probabilmente, mi avrebbe tradito come al solito.
Cole's pov
La guardo per poi notare il viso basso, vuole nascondersi da me.
Glielo alzo e la guardo ancora fissando i suoi tratti somatici, la forma del suo viso e i suoi occhi.
Quegl'occhi maledetti.
É bella.
É bastarda.
É donna.
«Ti rimangi ciò che hai detto prima?»
«No...» mi guarda e cerca di non cadere, lo sento qualcosa ha indebolito la forza del suo sguardo, non lancia più saette come poco fa.
«Bene.» dico tranquillo per poi armeggiare con la cintura dei miei pantaloni «Spogliati.»
Lei schiude le labbra sorpresa ed indietreggia di scatto.
La raggiungo a mia volta con uno scatto e le accarezzo il mento «Spogliati, non ti farò del male, e non farmi perdere di nuovo la pazienza.»
Mi guarda e si morde il labbro, non si fida, ha paura. Sento i suoi pensieri contrastanti e non so come comportarmi o forse si.
«Spogliati e prova a fidarti di me.» le accarezzo i capelli «Non ti farò del male.»
Diana mi guarda, il suo sguardo trema, vacilla. «Come posso fidarmi di te..?» per la prima volta anche la sua voce trema.
Le metto le mani sulle spalline della veste e le do un bacio sul naso, poi uno sulla guancia mentre abbasso le spalline con dolcezza e sciolgo i lacci sulla schiena fino a farle cadere la veste e vederla tremare.
Trema e mentre mi guarda arrossisce.
E' nuda davanti a me.
Mi allontano leggermente mentre sussurro «Wow...»
A quel punto lei si copre il seno con le braccia avvampando e abbassa lo sguardo, non smette un attimo di tremare come una foglia.
Sorrido per poi prenderle una mano e baciarla «Non ti faccio nulla, calmati.» le sussurro «Ti scoccia seguirmi fino al letto?» il mio tono di voce è pacato.
Ho capito come farla cedere, lei non è come tutte le altre, lei non la pieghi con le minacce ma solo e soltanto con la dolcezza; a chi è abituato a ricevere schiaffi le carezze spaventano.
Vedo che prova a farlo, a calmarsi, ma non ci riesce. Mi viene da pensare... cosa le hanno fatto passare in quella torre?
Non accenna a parlare né a muoversi così la prendo tra le braccia, mettendo un braccio sotto le sue ginocchia e l'altro sulla schiena per sostenerla, e la porto con me sul letto.
La sento irrigidirsi e la vedo avvampare in volto.
Non voglio portarmela a letto anzi, voglio solo farla cedere.
La tiro a me guardandola per poi accarezzare con un dito il suo profilo in silenzio chiudendo gli occhi.
La sento tremare ancora e cerca di staccarsi da me «Mettimi giù...» sussurra.
Mi allontano da lei e la guardo notando la sua incertezza e anche una bruttissima cicatrice e la domanda mi sorge spontanea «Che hai fatto?»
Lei all'istante si copre di nuovo e mi dà le spalle facendosi piccola piccola. Non mi risponde ma la vedo tremare ancora di più.
Mi tolgo la maglia per poi fare come si fa con i bambini: gliela metto con estrema dolcezza. La maglia le arriva fino al sedere, è stato abbastanza complicato ma ora la vedo leggermente più calma.
Le accarezzo la cicatrice da sopra la maglia e la guardo «Parla, su.»
Lei si morde il labbro e abbassa il viso, se ne vergogna e quindi non parla.
Le accarezzo le spalle e la guardo «Hai sonno?»
Lei si irrigidisce appena sotto al mio tocco ma poi pian piano si rilassa. «Mmh... no»
«Ti faccio così schifo?»
«Mi fa schifo quello che fai...»
«E cosa faccio sentiamo?»
«Quello che hai fatto a Sharon...» sussurra stringendosi le braccia attorno al corpo.
«Credi davvero che io l'abbia costretta a fare quelle cose?»
«Non saresti il primo ad aver fatto una cosa del genere.» la sua voce quasi non la sentivo per quanto aveva parlato piano.
«Bè, sappi che ciò che le ho fatto è ciò che lei mi ha chiesto, non sono uno che prende e obbliga.» dico sospirando «Solo quando mi incazzo puoi avere paura di me.»
Lei, finalmente, si gira a guardarmi. Con la mia maglia addosso è... bè, è qualcosa di spettacolare... «Dammi un solo motivo per il quale dovrei crederti.» mi dice guardandomi negli occhi.
«Perché sono bello» dico sorridendo «O magari perché é la terza volta che ti prometto una punizione e poi non ti tocco nemmeno con un dito.»
La vedo trattenersi dallo scoppiare a ridere mentre parlo ma poi si ricompone tornando seria e si schiarisce la gola. «Mmh...»
«Perché non ti obbligo a nulla.»
Si mordicchia il labbro guardandomi con quei suoi occhioni azzurri e poi sospira «E va bene...»
«Ti obbligo solo a rispettarmi.»
«Io ti rispetto se tu fai lo stesso con me e poi... bè, sappi che non ti chiamerò mai "padrone".» dice mimando le virgolette con le dita sull'ultima parola per poi incrociare le braccia al petto.
«Io ti rispetto ma tu rispetta questa regola, è una semplice parola e pretendo che tu la pronunci.»
«Posso anche rispettarti senza pronunciarla, non mi piace sentirmi inferiore...» si siede sul letto tenendo ancora le braccia incrociate al petto ed io non mi trattengo dal guardare tutte le sue belle forme.
«Non ti chiamerò mai schiava quindi non sarai mai inferiore.»
«Si invece perché io però dovrò chiamarti padrone, è la stessa cosa fondamentalmente.»
«Puoi almeno farlo davanti alle altre?»
Lei sembra sorpresa «Davvero me lo stai chiedendo e non ordinando?» mormora.
«Ripeto, io non costringo.»
Si morde il labbro e non dice nulla, nemmeno un cenno, ha lo sguardo puntato a terra.
«Almeno davanti alle altre chiamami padrone.»
«Ci proverò...»
Sorrido, non vuole proprio darmela vinta.
Rido e poi cerco di prenderla in contropiede sporgendomi verso di lei e baciandola per poi girarmi dandole le spalle lasciando che il sonno mi investa.
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