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Capitolo 13

Diana's pov

Ero stanca, davvero tanto stanca, così senza che neanche me ne rendessi conto mi addormentai lì, stesa su quel rigoglioso prato verde smeraldo.

Sognai Dalila; eravamo entrambe nella mia camera a casa nostra e lei mi pettinava i lunghi capelli castani leggermente ondulati mentre mi cantava quella sua dolce e stramba canzone, poi mi legava i capelli in una bella treccia mettendoci in mezzo quei fiori bianchi che crescevano nel giardino ed io mi sentivo al settimo cielo.

Desideravo che quei momenti passati così con lei non avessero mai fine, mi sentivo in pace con il mondo e con me stessa.

«Di...» la sentii chiamare il mio nome ma la sua voce rimbombava, come fosse un eco lontano.

Girai il capo per guardarla e lei parlò di nuovo. «Diana!» quella volta però dalla bocca non le uscì la sua voce ma quella di qualcun altro.

Aggrottai la fronte, confusa.«Dali... perché parli con la voce di Leila?» le chiesi ma mentre lo feci vidi pian piano la sua immagine sbiadirsi per poi sgretolarsi come cenere, arsa dal fuoco. «No... Dalila!» mi alzai di scatto con le lacrime agli occhi, non poteva essere vero ,non di nuovo...

Gridai disperata, gridai e...

...e mi svegliai di scatto alzandomi a sedere su una superficie morbida, gli occhi lucidi.

Mi guardai attorno e riconobbi la camera delle ragazze del palazzo, poi il volto preoccupato di Leila e pian piano cercai di riprendermi mentre chiudevo gli occhi e mi massaggiavo le tempie.

Leila mi guardava come se avesse visto un fantasma, avrei potuto scommettere tutto sul fatto che avevo fatto davvero una figura di merda e oltretutto l'avevo anche fatta preoccupare, glielo leggevo in faccia.

La veste rosso opaco le lasciava il corpo semi scoperto, farci indossare biancheria intima non era una cosa normale per quel maiale visto che ci faceva indossare le vesti, esageratamente corte tra l'altro, senza nulla sotto.

Ogni giorno continuava a disgustarmi sempre più, la mia opinione su di lui non era cambiata di una virgola.

«Hey... Diana...»

Alzai il volto, puntando lo sguardo su di lei. «Mmh... hey...» mi sforzai di metter su un finto sorriso nonostante quel sogno, o incubo dipendeva dai punti di vista, continuasse a martellarmi con prepotenza nella testa.

«Come stai...?» sussurrò, aveva un sorriso triste anche lei dipinto sul volto.

«Stanca.» mi avvicinai a lei e la abbracciai. «Tu? Tutto bene?» mormorai.

«No... vorrei le coccole...»

«Oh, piccola LeiLei...» dissi accarezzandole i capelli, le avevo dato quel soprannome da quando eravamo alla torre e piaceva ad entrambe. «Che succede?»

Lei si sdraiò al mio fianco per poi accoccolarsi a me e sorridere «Coccolami...»

Era una delle sue richieste più frequenti anche quando eravamo in quella stanza nella torre; si sdraiava sulle mie gambe e mugolava in cerca di coccole.

Tutte le volte non riuscivo a resisterle, era così tenera e mi riempiva il cuore di amore, e quella volta non fece eccezione.

La strinsi a me ed iniziai a coccolarla; le accarezzai i capelli scuri e morbidi, le guance, la schiena, cercando di farla sentire più tranquilla.

Lei per ricambiare si stringeva a me e mi riempiva di teneri bacini.

I nostri nasi si sfioravano e le labbra erano sempre così tremendamente vicine...

Mi sentivo strana, fottutamente strana.... quasi... felice..?

Potevo ancora sperare di ritrovare un briciolo di felicità? In quel momento non lo sapevo, sapevo solamente che vicino a Leila ritrovavo me stessa anche se di poco.

Leila si sporse appena con il viso verso il mio ed io mi ritrovai ad assecondarla facendo così in modo che le nostre labbra si unissero in un bacio dolce e fugace come il vento, leggero come una piuma.

Era tutto così semplice con lei e, per una volta, volevo che almeno una cosa nella mia vita fosse semplice e godermi le belle sensazioni che mi regalava, lei sarebbe stata il mio posto sicuro, la mia ancora, la mia forza ma anche la mia debolezza.

La guardai negli occhi scuri e mi morsi il labbro per poi sorriderle timidamente.

Sentii la sua mano accarezzarmi la guancia e lei mugolò un "ancora" flebile ma al contempo abbastanza forte da farmelo sentire chiaramente, era come se avesse desiderato quello che stava accadendo da una vita intera.

La voglia di sentirmi importante, speciale per qualcuno, felice, superò tutto il resto persino le paure; stavolta fui io a baciarla e non c'era altro che avrei desiderato fare in quell'istante, solo io e lei rinchiuse in un mondo in cui le cose erano a modo nostro e di cui solo noi due avevamo le chiavi.

Lei mi strinse più forte a sé e mi accarezzò il viso «Sei bellissima.» nei suoi occhi notai una scintilla e istantaneamente un dubbio iniziò a tormentarmi.

Da quanto tempo mi stava aspettando?

Non lo sapevo, come potevo... ma avrei ripagato tutta la sua attesa donandole quanto più amore sarei riuscita a far uscire dal mio cuore striminzito.

Accennai un piccolo sorriso. «Non è vero, tu sei bella...» mormorai perdendomi a guardare nei suoi occhi.

Lei dolcemente e con molta semplicità si appoggiò a me sussurrando «Dormi con me?»

«Va bene...» mormorai sentendomi arrossire, da quanto tempo non arrossivo... ormai era un evento più unico che raro.

Sperai con tutto il cuore che con lei avrei trovato un po' di pace, non chiedevo altro.

Cole's pov

Sono distrutto. Quel ricordo mi ha straziato e portato via il cuore, di nuovo.

Sospiro e accarezzo la morbida coperta verde del suo letto per poi farmi coraggio ed uscire da quella stanza maledetta.

Mi manca, mi manca da morire, e la cosa che mi fa più incazzare è il sapere che a lei invece, dovunque sia, non frega un cazzo di me.

Non le frega e non le è mai fregato un cazzo di me.

E sapete qual è un'altra tra le cose che mi fanno perdere il senno? Lei, quel cazzo di angelo, Diana!

Come cazzo ha potuto anche soltanto pensare di disobbedirmi?

Cammino con passo pesante verso la stanza delle schiave, sento i loro pensieri o almeno li immagino, nessuna di loro mi ha mai visto così.

Entro spalancando la porta e le ragazze si inchinano subito sussurrando un "padrone", ovviamente tutte loro tranne lei che sta lì sul letto ad occhi chiusi tra le braccia di Leila.

Starà dormendo? Non lo so.

Mi fermo al centro della stanza esclamando «Una di voi nelle mie stanze, subito!» la voce dura e rabbiosa.

Io sono duro ed incazzato, ormai quasi costantemente.

Le ragazze mi guardano intimorite ma negli occhi scuri e caldi di Sharon vedo ancora quel solito luccichio che mi aveva attirato quando l'avevo comprata.

Sharon si alza titubando leggermente ed esclama. «Io, padrone... vengo io.»

Mi avvicino a lei e senza grazia le strattono il braccio trascinandola per i corridoi fino ad arrivare nella stanza rossa.

Il suo sguardo è scuro, il cuore pompa e batte forte; ha paura, lo sento.

Mi guarda tremando impercettibilmente e attende i miei ordini, probabilmente avendo capito che non le conviene dire nulla.

Tutte dovrebbero ammirarla ed imitarla, sa stare al suo posto e si dona sempre a me con tutta se stessa.

Le strappo la veste senza la benché minima delicatezza e la ammiro nuda e impaurita, ora ha davvero paura e trema visibilmente.

Si copre il seno con le braccia e mi guarda, ha paura ma il suo desiderio per me è ancora presente nei suoi occhi, lo vedo. «P-padrone...»

Le tappo la bocca con una mano ringhiando «Sta zitta Sharon, non obbiettare o finirà peggio di come deve!» ringhio per poi stringerle una natica dalla consistenza morbida, la sua pelle è calda ed è piacevole, fino a graffiarla e lei annuisce mentre una piccola lacrima le scorre sulla guancia, percepisco il dolore nel suo sguardo.

Abbassa il viso e continua a tremare, forse anche più di prima, ma sta zitta come le ho ordinato.

Dopodiché si appoggia a me arrendevole e mansueta, non osa nemmeno contraddirmi.

Mi piace quando le mie schiave fanno così e quindi di solito va tutto bene ma ora, ora ho bisogno di sfogarmi e lei è a portata di mano quindi non mi faccio scrupoli; lei piange in silenzio e io mi sfogo sul suo corpo con irruenza e violenza, per poi lasciarla lì sfinita, piena di succhiotti, lividi e paura.

Mi siedo su una poltrona dopo averla lasciata al centro della stanza nuda e la ammiro.

Trema ed è scossa da singhiozzi, ha dolori in tutto il corpo ma nonostante questo dopo una ventina di minuti la vedo gattonare; gattona verso di me tremando per poi sdraiarsi ai miei piedi.

Sottomessa e mia.

Adoro questo suo essere così devota ma il vuoto che ho nel cuore resta, sempre; nessuna riesce a colmarlo e so che nessuna potrà riuscirci mai.

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