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Capitolo 10

Diana's pov

Uscii in fretta dalla stanza, chiudendomi la porta alle spalle, e corsi per i corridoi il più velocemente​ possibile, come se avessi avuto paura che lui mi avesse seguita.

Mi fermai solamente quando arrivai di fronte alla porta della stanza in cui mi aveva portato qualche ora prima Major, facendo lunghi respiri per riprendere fiato.

Quel bastardo era riuscito con una sola fottuta carezza a mandare a puttane il mio orgoglio!

Guardando quel grande letto avevo avuto paura che tutto quello che avevo subito avesse potuto ripetersi di nuovo e non ce l'avevo fatta, ero crollata.

Ero crollata di fronte a lui che, ovviamente non aveva perso l'occasione per toccarmi... quel bastardo!

Ringhiai di rabbia e sentii di nuovo le lacrime affacciarsi ai miei occhi.

Ma chi volevo prendere in giro...

Era stato fottutamente gentile ed era stato quello a farmi crollare.

Sospirai profondamente e ricacciai indietro le lacrime, ricomponendomi, per poi aprire la porta della stanza e varcarne la soglia.

Non appena fui entrata vidi le altre ragazze intente a svolgere svariate attività: Refedy stava dipingendo su di una grande tela bianca la figura di Sharon, che le faceva da modella, e poi c'era Leila che intonava una melodia dolce e soave con un flauto traverso, lo suonava meravigliosamente.

Sorrisi istintivamente guardandola e mi avvicinai a lei, sedendomi su di un morbido e grande cuscino di velluto nero.

Leila ricambiò timidamente il mio sorriso mentre anche Refedy si voltava, sembrò come infastidita dalla mia presenza, per non parlare poi di Sharon che mi guardava male da quando ero entrata.

Sharon era così bella, sensuale, aveva delle belle forme piene nei punti giusti e le labbra gonfie e rosse come una ciliegia; mentre si mordeva il labbro nella sala in cui ci teneva stipate lo strozzino avevo notato il mio nuovo "padrone", di cui tra l'altro non sapevo ancora il nome, eccitarsi come se quella ragazza lo intrigasse, effettivamente non aveva torto... insomma, Sharon era disgustosamente perfetta!

Quanto trovavo riluttante anche solo l'idea di doverlo chiamare padrone, sapevo già che non ci sarei mai riuscita.

«Gli Inferi chiamano Diana...» disse Leila guardandomi mentre le guance le si arrossavano e il flauto stretto tra le mani iniziava a scivolarle; era agitata ma perché? Insomma ero solo io, semplicemente io. Nessuno di speciale...

Mi riscossi e le risposi «Mi sei mancata!» mi alzai e mi gettai tra le sue braccia di slancio, facendole quasi perdere l'equilibrio.

Lei mi prese e mi strinse forte a sé per poi iniziare a riempirmi di baci, baci dolci che mi calmarono del tutto «Mi sei mancata tanto Di...»

Le sorrisi con affetto e affondai il viso nell'incavo del suo collo, inspirando il suo odore di vaniglia che tanto mi era mancato. «Credevo che non ti avrei più rivista...» mormorai piano.

«Il padrone è stato buono con me e ha voluto accontentarmi, mi mancavi tanto...» sussurrò al mio orecchio per poi camminare verso il letto e poggiarmici sopra «Vuoi andare nelle vasche? Almeno ci rilassiamo un po'.»

Dire che rimasi sorpresa, è un eufemismo...

Lui mi aveva comprata solo perché Leila era triste...?

Faticavo a crederci ma a quanto pare era così...

«Va bene.» accennai un sorriso guardandola ed iniziai a sciogliermi i capelli intrecciati.

Lei mi prese per mano, la sua stretta era così calda e familiare.

Mi trascinò con delicatezza fino ad una grande porta nera, che si trovava dietro la tenda di raso nero, come quasi tutte quelle di quel posto.

Appena varcata la soglia della porta ci si presentò davanti una stanza con molteplici specchi e due armadi incassati nel muro, c'erano varie cassapanche, sulle quali era inciso a fuoco il nome delle ragazze.

Le guardai tutte, soffermandomi poi sull'ultima senza nome accarezzandone la superficie di legno scuro e levigato. Leila si avvicinò alla sua «Quella è la tua ma il padrone la deve ancora far incidere, se la apri troverai gioielli e vesti da indossare.»

Era davvero strano come Leila sapesse sempre cosa dire e cosa fare...

Si avvicinò a me e mi abbracciò da dietro «Aprila, su!»

Avvertendo la sua stretta attorno al mio corpo non riuscii ad evitare di arrossire, non seppi il perché di preciso ma ero imbarazzata.

Mi chinai leggermente ed aprii la cassapanca: al suo interno vi trovai numerosi bracciali, di cui qualcuno a spirale da mettere alla parte superiore del braccio, collane, anelli, orecchini, fermagli per i capelli di ogni genere realizzati con pietre e metalli preziosi.

La mia attenzione poi, fu catturata dalle numerose vesti di seta rossa e raso nero, azzurro, verde, tutte ricamate in oro ed argento.

Rimasi stupita, molto stupita, dal fatto che avesse messo a mia disposizione delle cose del genere.

Sembrava quasi che non fossimo solo schiave e che addirittura fossimo pure importanti per quel bastardo!

Leila mi prese per mano e mi portò davanti ad un'altra porta a doppio battente nera decorata con intagli argentei.

Varcata la soglia della porta, una stanza maestosa si presentò ai miei occhi; l'ossidiana ricopriva il pavimento mentre le pareti erano piene di mosaici che raffiguravano scene di vita quotidiana, il soffitto invece presentava piccole finestre in vetro che filtravano la luce esterna facendole assumere un colore rossastro ed intorno a quelle finestre erano incastonati mille rubini e diamanti scintillanti.

Spostai lo sguardo sull'acqua della vasca e notai che la nera ossidiana ricopriva anche la superficie di questa, dove erano incastonate altre pietre preziose.

Un mobiletto in fondo all'angolo della stanza nascondeva mille capsule colorate.

Rivolsi uno sguardo interrogativo a Leila «Cosa sono?»

«Coloranti per l'acqua.» sorrise lei guardandomi per poi indicarmi un altro armadietto «Lì invece ci sono gli accappatoi, ogni ragazza ha il suo.» la vidi avvicinarsi per poi tornare con in mano due accappatoi; uno era giallo con dei bellissimi topazi e ambre incastonate, aveva una "L" in filo nero ricamata sulla tasca, mentre l'altro era azzurro chiarissimo decorato con degli zaffiri e oro nero, una "D" in filo argentato era ricamata sulla tasca.

Quell'uomo aveva pensato a tutto e sembrava anche che stesse facendo di tutto per trattarci bene.

Quale sottospecie di persona depravata ti compra al mercato come un animale e poi ti tratta come una regina?

Non che mi dispiacesse, non fraintendetemi, ma ero confusa, terribilmente confusa.

Non sapevo cosa pensare di quell'uomo...

Sapevo solo che avrei voluto trovare il modo di scappare da lì insieme a Leila ma per il momento stavamo bene, all'incirca, e ciò mi faceva sentire leggermente più tranquilla.

Presi dalle mani di Leila il mio accappatoio, potendone così constatare la sorprendente morbidezza «Grazie...» mormorai per poi posarlo a bordo vasca ed iniziare a sciogliermi la bella veste rosso opaco.

L'acqua bollente fumava​ mentre io e Leila eravamo immerse nella vasca; ci guardammo, mille domande mi frullavano in testa, come un turbine vorticante.

Accarezzai distrattamente i capelli di Leila, assorta «Hey... posso farti qualche domanda?» chiesi timidamente, distraendomi leggermente subito dopo notando i suoi seni grandi e il corpo favoloso.

Mi sorpresi di me stessa quando mi ritrovai a mugolare, come se mi stesse piacendo ciò che stavo vedendo, e un velo di imbarazzo scese a ricoprirmi.

«Ma certo tesoro, dimmi pure.» mi rispose lei con un sorriso, distraendomi dai miei ragionamenti contorti.

Mi morsi appena il labbro inferiore, gesto che attirò il suo sguardo facendomi arrossire, e mi schiarii la voce. «Ehm... ecco... che tipo è quel tizio? E a proposito... come si chiama già che ci siamo?» le chiesi.

«Bè, il padrone è uno apposto finché segui le sue regole, odia che non gli si porti rispetto ed è lunatico, a volte è così dolce... Il suo nome è...» disse avvicinandosi di più a me e sussurrando, come se fosse un segreto «Cole Stolen... ma non lo chiamare mai così o potrebbe incazzarsi parecchio.» sospirò e si allontanò appena.

«Capisco...» sussurrai pensierosa.

Bè, che era lunatico lo avevo capito anche da sola ma la sua parte dolce mi aveva piacevolmente stupita perché credevo mi odiasse in qualche modo.

«Comunque credo che non riuscirò mai a chiamarlo "padrone".» le rivelai mimando le virgolette con le dita alla parola padrone. «E farò come mi chiede, anche se dipende da cosa mi chiede.»

«Non è uno che forza o comunque ti costringe a fare qualcosa che non vuoi, però chiamalo padrone e con il dovuto rispetto perché lui te ne porterà sempre ma è facilmente irritabile...»

Riflettei per qualche secondo sulle sue parole. Mi avrebbe portato sempre rispetto... sul serio?

Mi sembrava impossibile, quasi uno scherzo, ma mi convinsi a dargli una possibilità perché bè... dopotutto qualche minuto fa avrebbe potuto costringermi a farlo con lui e invece mi aveva lasciata andare.

Gli ero grata di questo, anche se non lo avrei mai ammesso; ero troppo orgogliosa...

Sospirai ed annuii «Ci proverò ma non prometto nulla. Se dovesse arrabbiarsi bè, ho subito di peggio.» dissi con un alzata di spalle, fingendo che non mi importasse di ciò che mi avevano fatto.

Volevo farle vedere che stavo bene anche se in realtà così non era.

«Lui non punisce fisicamente, o meglio, si a volte ma maggiormente lui tende a piegarti, ti fa sentire inutile. Fidati Diana, è orribile. Lui è come la luna...» sospirò «...ha un lato luminoso e un lato oscuro...»

Cole's pov

Sento bussare alla porta, appoggio il libro che stavo leggendo sul comodino mentre mi alzo e dico «Avanti!» non credo di aver chiamato qualcuno nelle mie stanze.

La porta si spalanca e vedo spuntare la figura di Sharon, con le sue belle forme, che mi guarda con occhi sognanti «Buonasera, padrone!»

«Entra pure,, come mai sei qui Sharon?» guardo il suo viso delicato e le labbra rossastre piene ed invitanti: è come se volesse sedurmi anche se non ne ha bisogno perché lei mi eccita anche solo con uno sguardo.

Sharon si avvicina a me, allungando quasi timidamente una mano ed accarezzandomi il petto con fare lascivo, gli occhi ridotti a due braci colme di desiderio, ed allora capisco che mi vuole.

Le stringo il polso irritato allontanando la mano mentre vedo una scintilla di gelosia zampillare nei suoi occhi «Odio che mi si tocchi, come ti permetti?» chiedo stizzito ma anche divertito dal suo modo di fare da prima donna.

Lei abbassa leggermente il capo «Chiedo scusa, padrone.» dice ma so che non è per niente dispiaciuta di avermi toccato.

La guardo «Che ti prende Sharon? Di solito non disobbedisci mai ai miei ordini.» dico severo avvicinandomi alla poltrona per poi sedermi e guardarla, so che sotto la veste è nuda e la mia erezione rivela quanto apprezzi ciò.

«Non lo so nemmeno io padrone, so solo... che vi voglio!» esclama trepidante per poi mordersi il labbro notando in quale situazione mi ritrovo.

«Mi vuoi? E perché mi vuoi?» Dico sussurrando mentre mi torna in mente Diana e la sua pelle perlacea e poi lei, gli occhi verdi e le mille lentiggini.

Tutto passa in secondo piano, anche la figura nuda di Sharon che ora gattona verso di me e struscia le labbra sulla mia coscia; tutto ciò che prima mi eccitava ora non c'è più.

Lei notando che sono assente con la mente si arrabbia «Padrone va tutto bene?» poi il suo volto si deforma in una smorfia di rabbia e disgusto «E' colpa di quella vero? Vi ha fatto arrabbiare?» mi chiede irritata.

«No Sharon, non mi ha fatto arrabbiare, e poi quella ha un nome ed è una tua compagna.»

Sharon si alza. «Non la sopporto! Con quell'aria da finta tonta che si ritrova...» ringhia e posso percepire nel tono della sua voce tutto il disprezzo che prova nei confronti di quella ragazza solo che, sinceramente, non ne capisco il motivo.

«Smettila di fare la bambina, avrà appena 18 anni come puoi sentirti minacciata da lei?» dico alzandomi e guardandola mentre, impotente, abbassa la testa e si schiaccia contro la parete.

Lo faccio apposta a insinuare ciò, voglio vedere fino a dove riesce a spingersi.

«Non sono una bambina, padrone...» mormora, adesso ha gli occhi tristi come se fosse stata attraversata improvvisamente da un brutto ricordo.

«Che ti prende scusa?»

Scuote la testa e accenna un sorriso «Nulla, mi scuso per avervi disturbato e bè... se me lo concedete toglierei il disturbo...»

«No!» dico scattando verso di lei e tirandola su per poi metterla sulla poltrona e abbassarmi alla sua altezza «Non ti scuso e ora parli!»

Mi guarda sorpresa e poi si morde il labbro carnoso. «Non è nulla, solo un brutto ricordo di quando mi hanno portata via padrone» mormora.

«Perché non me lo racconti?»

«Lo strozzino mi ha scopato a sangue mentre continuava a ripetermi che ero solo una puttana e che ero una povera bambina illusa con la testa piena di cazzate! Avevo 10 anni!» ringhia e gli occhi le si velano di lacrime che però non lascia uscire, come a non volersi sentire di nuovo debole come allora. «10 anni...» sussurra.

E' sconvolta e come tutte ha un passato difficile, le accarezzo i capelli «E ora? Hai paura di me?»

Mi guarda. «No...» si passa una mano sul volto. «Non mi fate paura padrone, odio me stessa per essere stata così debole!» dice con un tono di voce duro.

«Debole tu?» Rido per poi accarezzarle il naso come se fosse un gatto e baciarla pienamente «Tu non sei debole, sei devota...» le bacio il collo «Bellissima...» dico scendendo fino al seno «Sensuale...» sussurro al suo orecchio «...ma non debole.»

Lei si morde il labbro e finalmente mi sorride «Posso baciarvi?» me lo chiede, temendo possa darmi fastidio.

«Si.»

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