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Chapter 3.




Chapter Three. 





La luce raggiunse le mie palpebre chiuse e lentamente aprii gli occhi, sollecitata dai forti raggi del sole mattutino. La maggior parte delle persone odiava essere svegliata in quella maniera mentre per me era probabilmente il modo migliore per cominciare la giornata.

L'orologio segnava quasi mezzogiorno e fui grata a me stessa per aver finito i miei compiti la sera prima. Decisi di alzarmi per fare una doccia prima del pranzo. L'acqua rilassò il mio corpo e la radio cominciò a passare alcune canzoni di nuovi artisti pop che mi fecero compagnia, mentre canticchiavo sommessamente le poche parole che conoscevo.
Asciugai i capelli che caddero ondulati sulle mie spalle ed indossai un jeans ed una felpa nera, per essere più comoda nella mia giornata di pausa dalle mille lezioni, i compiti e la frenesia della settimana.

Arrivata alla mensa mi diressi verso lo stesso tavolo che avevamo occupato a cena e, per niente sorpresa, scoprii che c'erano già tutti. Sembrava proprio che non potessi essere puntuale, neanche una volta. Erano tutto così abituati ai miei ritardi che avevano anche smesso di fare battute al riguardo.
Lasciai la giacca e feci la fila per il pasto che sembrava tutt'altro che invitante. Tornata al posto, affondai la forchetta negli spaghetti e rimpiansi il piatto di pasta che mangiai una volta quando visitai l'Italia per una delle tante gare alle quali avevo partecipato. Scrollai le spalle e scacciai il pensiero, rivolgendo la mia attenzione al resto dei miei amici che parlavano ancora del film della sera precedente.

"Le parole horror e Ronnie non dovrebbero mai capitare nella stessa frase." Rise Calvin strizzandomi l'occhio quando una risata scappò dalle mie labbra, ripensando alla faccia stravolta che aveva la mia amica alla fine del film che Isaac e Cece avevano scelto.

"Siete ingiusti, sapete che odio il sangue, i coltelli o qualsiasi altra cosa implichi una ferita!" Si giustificò piagnucolando mentre noi altri ridevamo animatamente continuando a prenderla in giro. La sera precedente scegliemmo uno degli ultimi film dell'orrore usciti sul mercato ed il ricordo delle urla di terrore della ragazza mora mi divertiva talmente tanto che tra una risata e l'altra rischiai di strozzarmi con l'acqua.

"Questo è Karma, cara la mia amica!" Mi puntò contro il dito Ronnie con fare accusatorio ed io sollevai entrambe le mani in segno di resa, mantenendo però sul volto un sorriso palesemente divertito.

Ripreso un discorso con Calvin a proposito della letteratura inglese dell'ottocento, non avevo più prestato attenzione agli altri ragazzi seduti al tavolo. Solo quando udii la voce della mia amica venni strappata dall'oblio della mia mente, come se quello che stava per dire fosse così importante da non poter lasciarmelo sfuggire.
Tesi le orecchie per concentrarmi sulle sue parole.

"Sapevate che qui c'è anche una palestra? Ed un circuito per ciclisti? Ed anche una sala danza."
Quasi mi strozzai con l'acqua che avevo appena bevuto. La mia attenzione corse a Brook che parlava con scioltezza al resto del gruppo. Immediatamente pensai che quella sembrasse decisamente una piccola città in miniatura, non di certo una semplice università. Quando lo sguardo della mia migliore amica rintracciò il mio, compresi le sue parole non erano casuali. Provai a ribattere, ma le parole si congelarono prima di poter essere dette. Finii in silenzio il mio pasto e accatastai il vassoio al resto degli altri prima di stiracchiarmi sulla sedia di plastica. Il sonno mi era senza dubbio servito per accumulare le forze che avevo perso in quei giorni e fui grata alla mia amica per non avermi svegliato quando lei era uscita, probabilmente per la colazione, o per incontrare Isaac. Qualsiasi fosse la ragione, ero stata felice di aver potuto dormire qualche ora in più.

"Cosa faremo questa sera?" Domandai distrattamente, avvolgendo i miei capelli in una coda disordinata.

"C'è una festa nella mia confraternita. Penso che sarà una di quelle serate che implica la presenza di cose per le quali i ragazzi vanno pazzi. Insomma, alcool, musica forte e cose così. Dovreste venire, sarà uno spasso!" Osservai Calvin cercando di ricordare in quale degli immensi alloggi abitasse lui, fin quando non lo identificai a qualche centinaio di metri dalla nostra confraternita. Valutai l'idea e decisi che una festa era quello che mi serviva per riprendere energie. Quando fummo tutti sazi decidemmo che era ora di andare e salutai gli altri che si stavano sparpagliando in diverse direzioni, poi mi diressi verso il mio tranquillo ed isolato posto preferito. Quando arrivai, l'albero di pesco era libero come sempre e sorrisi quando notai che lentamente, le foglie stavano ingiallendo e già qualcuna si era abbattuta contro il prato verde. Poi mi ricordai l'appunto mentale che feci il giorno prima. Volevo visitare il grande campo da football, così feci una veloce retromarcia, prendendo il vialetto che credevo mi avrebbe portato alla mia meta. Qualche metro dopo, intravidi una recisione verde e poi un immenso campo dove diversi ragazzi si stavano allenando.

Mi avvicinai e raggiunsi un posto perfetto. Non troppo vicino, così da poter passare inosservata ma non eccessivamente lontano da dovermi sforzare per seguire le azioni che i giocatori compivano.

Portai le ginocchia contro il petto e strinsi le braccia attorno ad esse, mettendomi più comoda. Era decisamente come me lo ero immaginato e si meritava ogni buona parola che avevo sentito da parte dei ragazzi, eccitati al pensiero del campionato che sarebbe cominciato a breve.

Dal campo provenivano grida, risate e sollecitazioni a giocare meglio i palloni lanciati ed io mi concentrai sulle divise blu e bianche che attirarono la mia attenzione. Frugai nello zaino alla ricerca del mio lettore musicale ma ricordai di averlo lasciato sul comodino della camera e mi maledissi mentalmente per non avere musica da ascoltare. Dovevo smetterla di addormentarmi con le cuffie nelle orecchie. Avevo letto da qualche parte che faceva male assorbire troppe onde sonore ed io ne assorbivo decisamente troppe, con tutte le canzoni che ascoltavo ripetutamente durante tutto il giorno. Feci spallucce, come a voler giustificare la mia sbadataggine. Scostai una ciocca di capelli dal viso e sospirai, mentre l'aria fresca del pomeriggio rinfrescava i miei polmoni. Tenni gli occhi socchiusi per un paio di secondi, sentendo lo stress defluire da ogni fibra dei mio corpo.

"Non ti hanno insegnato a leggere i cartelli?" Una voce proveniente dalle mie spalle mi fece sussultare e lo zaino che tenevo tra le gambe cadde disastrosamente a terra, permettendo ai libri di spargersi ai piedi del ragazzo che sostava davanti a me. Alzai infastidita lo sguardo, per imbattermi negli stessi occhi che sorpresi a guardarmi la sera prima a mensa. Ancora lui?  Stava mettendo a dura prova il mio autocontrollo e sarebbe stato un disastro se fossi arrivata al limite. Ero decisamente troppo suscettibile, anche se stavo provando a mantenere una facciata apparentemente tranquilla.
Un vulcano avrebbe sicuramente causato meno danni, paragonato al mio lato nevrotico.

"E a te non hanno insegnato ad essere meno spaventoso quando hai intenzione di cominciare una conversazione con qualcuno che non si è accorto della tua presenza?" Ribattei io, imitando il suo tono ed accorgendomi di quanto la mia frase sembrasse senza senso.
Che diavolo, se c'era una cosa in cui ero imbattibile, era elaborare frasi taglienti ad effetto.
In presenza di quel ragazzo, tuttavia, le mie capacità si riducevano ad essere mediocri e questa cosa mi mandava letteralmente in bestia.

"No, aspetta. Io intendevo..." Il mio tentativo di aggiustare la frase sembrò peggiorare le cose perché quel ragazzo rise nuovamente e la cosa servì solo a farmi innervosire di più, nonostante mi accorsi che una lieve risata stava per sfuggire anche dalle mie labbra.
Era odioso. Ancor di più lo era la sua risata. Una risata sgradevolmente contagiosa.

Mi chinai a raccogliere il casino che si era creato e quando si abbassò per aiutarmi lo scansai con calcolata freddezza, riordinando gli appunti nei rispettivi quaderni.
Per tutta risposta, lui ignorò la mia scortesia ed a sua volta cominciò a recuperare libri e post-it, porgendomeli una volta in piedi.

"Non dovevi aiutarmi, hai già fatto troppo." Lo guardai in cagnesco mentre mi sorrideva divertito. Ma cosa aveva da sorridere tutto il tempo? Avevo scritto qualcosa di stupido sulla fronte e non me ne ero accorta?

"Vuoi smetterla di sorridere in quel modo?" Sbottai, vaneggiando ogni tentativo di trattenermi e sembrare quanto più possibile una ragazza pacifica.
"Mi dispiace, è più forte di me. Sei buffa, non posso farci nulla." Ridacchiò, facendo spallucce ed inclinando leggermente il capo.
"Sei sempre così fastidioso o alcune volte ti concedi una pausa?" Assottigliai lo sguardo, reprimendo il bisogno di prenderlo a schiaffi. Ma chi credeva di essere?
"E tu sei sempre così fottutamente stronza?" Le orecchie mi pizzicarono ed il rossore si espanse sulle mie gote, mentre la mia espressione assumeva un'aria tutt'altro che amichevole.
"Stai seriamente pensando di uccidermi, non è vero? Si, è proprio così." Mi puntò l'indice contro, anticipando qualsiasi mio tentativo di riscatto. "Te lo leggo negli occhi."

"Senti, devo andare!" Repressi un gemito di frustrazione mettendo in spalla la cinghia dello zaino. Diedi le spalle al ragazzo, accorgendomi solo allora della presenza di un cartello che diceva che non erano ammessi visitatori prima delle cinque del pomeriggio. Che regola insensata, pensai.

Quando credevo di essere abbastanza lontana da poter evitare di continuare a portare avanti quel discorso illogico, sentii nuovamente la sua voce.

"Dai, aspetta. Non volevo spaventarti!" Mi richiamò il ragazzo, facendo in modo che mi voltassi. "O comportarmi da idiota." Aggiunse, puntando i suoi occhi nei miei, strizzandoli leggermente e inclinando ancora una volta la testa verso sinistra, studiandomi o studiando quello che stava per dirmi. Aveva un'espressione mista a divertimento e curiosità e per un secondo mi sorpresi ad essere curiosa anche io nell'ascoltare ciò che stava formulando ora nella sua testa.

"Perché scappi ogni volta che cerco di parlarti?" Le sue parole mi presero alla sprovvista e mi trovai impreparata ad elaborare una risposta.

"Non sarai una di quelle ragazze tutte prese a sembrare delle reginette di ghiaccio, vero?"
La domanda mi sembrò prima offensiva, ed ero già sul punto di dire qualcosa di tagliente ma nel momento in cui schiusi le labbra mi venne da chiedermi se sul serio potevo dare quell'orribile impressione solo perché alcune volte me ne stavo sulle mie. Non ero assolutamente una di quelle ragazze e neanche avrei voluto mai esserlo e sentirmelo dire da quel ragazzo, che neanche conoscevo, mi lasciò dell'amaro in bocca.
Decisamente non ero quel tipo di ragazza, ripetei tra me e me.

"No, no. Certo che no." Mi affrettai a dire scuotendo la testa, sperando che il rossore scomparisse dalle mie guance. Poi esitai continuando a guardarlo, mentre il ricordo della mia prima impressione su di lui tornò a galla.

"E tu non sarai uno di quei ragazzi idioti e meschini che hanno un'agendina dove annotano il numero delle ragazze a cui hanno spezzato il cuore, vero?" Chiesi retorica, dando voce ai miei pensieri e quindi al motivo per il quale l'avevo evitato sin dal primo momento. Era un contrattacco e sperai che lo infastidisse, ma inizialmente non sembrò così. Rise, ma poi la sua espressione mutò velocemente come se la mia domanda gli avesse causato lo stesso effetto che la sua aveva scaturito in me. Bingo!

"No, non sono quel genere di ragazzo. Credi che lo sia? E' questa l'impressione che do?"

"Beh, chiedere una sigaretta a qualcuno per attaccare bottone non mi sembra il miglior modo per affermare il contrario." Feci spallucce, come per affermare l'ovvio. Per tutta risposta sembrò pensarci su per qualche secondo.

"E va bene, forse un po' lo sono, ma sono un bravo ragazzo... tutto sommato. E se tu volessi essere più gentile con me sono sicura che te ne accorgeresti. Non mordo, te lo assicuro."
Aspettò probabilmente che io dicessi qualcosa, poi continuò. "Ora che abbiamo chiarito questo, per favore, potremmo ricominciare?" Chiese sorridendomi e porgendomi la sua mano. Osservai prima lui, poi le sue lunghe dita affusolate e qualche secondo dopo mi decisi a stringerle, portando la mia mano nella sua, che sembrava due volte più grande della mia.

"Posso sapere qual è il tuo nome?" Chiese poi, senza smettere di sorridere divertito, incitandomi con un lieve movimento del capo.

"Brianna. Mi chiamo Brianna Storm." Risposi distogliendo lo sguardo, fin quando non parlò ancora.

"Io sono Tyler. Tyler Jones." Si presentò anche lui.
"Brianna Storm..." Disse il mio nome a voce bassa, come a voler provare il suono che aveva sulle sue labbra. Suonò più armonioso, pronunciato da lui.

"Che strano nome." Rise poi, ed io inarcai un sopracciglio.

"Non hai mai sentito qualche ragazza chiamarsi Brianna?" Chiesi infastidendomi nuovamente.

"Si, certo." Rise. "Mi stavo riferendo a Storm. Non lo avevo ancora mai sentito, ma è carino. Ha un non so che di misterioso, sai." Disse ancora. Quando stavo per replicare una voce lo chiamò indietro e solo allora notai la divisa che indossava. Era un giocatore anche lui.

"Beh Brianna, devo proprio andare. E' stato un piacere conoscerti." Mi strizzò l'occhio, sorridendomi un'ultima volta prima di girarsi e correre giù per i gradini, senza darmi la possibilità di rispondere. Mi fermai a guardarlo muoversi abilmente sul campo per un paio di minuti e non potei far a meno di notare che era davvero, davvero molto veloce. Sbuffai.
Non era solo pieno di se e fastidiosamente snervante, era anche bravissimo nel fare il suo gioco.

Posizionai meglio lo zaino in spalla e mi voltai, uscendo dal grande campo. Respirai a pieni polmoni un paio di volte quell'aria fresca di ottobre e tornai sulla strada della confraternita.

Tornando in camera, ripensai improvvisamente all'incontro con quello strano ragazzo.
Quel ragazzo con il suo modo di fare misterioso e  sconcertante.

Aveva ragione. Storm, che strano nome. Non potevo biasimarlo, lo era davvero.

Brianna Storm. Ripetevo tra me e me sorridendo al tono che aveva usato nello scandirlo.
E già questo nome insolito, sembrava aver influenzato il corso della mia vita che appariva  perfettamente normale ed ordinaria. Come qualsiasi altra ragazze che frequentasse l'università. Che era arrivata fin li, solamente per cominciare una nuova scuola.

Brianna Storm. Ripetei ancora una volta studiandolo con maggior attenzione. Era un nome strano, dovevo ammetterlo. Ma lui era stato troppo diretto e mi aveva indispettito.
Però accidenti, accidenti se aveva ragione.

Storm, recitava il mio cognome.

Tempesta.

Ed è risaputo, tutto ciò che è travolto da una tempesta, viene Danneggiato.


































I'm back, again!

Eccomi ancora, terzo capitolo, un nuovo scontro!
Qui si scopre finalmente il nome della protagonista... O forse no?  

Grazie tante tante per le visualizzazioni che comincio a ricevere, sono solo all'inizio ed ogni vostra visita è un piccolo traguardo, per non parlare delle stelline, che mi rendono tanto contenta!

Spero di continuare a crescere e che voi vogliate continuare a seguirmi.

Vi mando un bacio!

A presto!

Seguitemi su Instagram se volete. Mi chiamo "noemi_antenucci".

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