Chapter 1.
(Piccolo preambolo; Volevo dire che si, mi rendo conto che i primi capitoli della storia potranno sembrare molto simili a moltissimi altri racconti, ma, come ho già detto, si tratta dei primi capitoli, in quanto fungono da intera introduzione a tutta la trama. Vi assicuro che ci sarà molto di più di quel che possiate immaginare! Vi mando un bacio! Buona lettura!)
Chapter One.
Mi avevano detto che l'università sarebbe stata dura, che avrei dovuto ripensarci.
Avevano avuto la premura di farmi notare che non avrei avuto più tempo per me stessa, che sarei stata sommersa fino al collo da libri, saggi, esami e tesi.
Ho sempre dovuto fare i conti con dei genitori protettivi ed una schiera di amici e familiari che non ci pensavano neanche a lasciarmi andare via. Le soluzioni erano varie e a sentirli parlare, secondo le loro ragioni, erano anche vergognosamente valide. Avrei potuto lavorare come barista o iscrivermi ad alcuni corsi veloci per diventare insegnante per le scuole materne ed ancora, l'opzione che più mi faceva ridere, avrei potuto scegliere un'università di scarso valore lì, dove sarei sempre potuta essere controllata da loro, senza correre pericoli di alcun genere. Le volte in cui mi avevano quasi implorata di restare nella cittadina che mi aveva vista crescere erano ormai impossibili da contare e riuscivo ancora a stupirmi se qualcuno continuava ad insistere per arrivare a convincermi. Tutti erano diventati fastidiosamente apprensivi dopo aver avuto la notizia, eppure non avevo voluto dare in alcun modo ascolto a nessuno di loro.
Il mio unico desiderio era andare via e finalmente ci ero riuscita.
A due sole settimane dall'inizio della mia nuova vita, casa sembrava così lontana. Non venivo più svegliata dalla voce calorosa ed amorevole di mia madre e la camera non era avvolta dal dolce profumo di pancakes e frittelle ogni mattina, i suoni familiari che riempivano i corridoi erano stati sostituiti dal semplice, fastidioso, stridulo rumore della sveglia e dalle lamentele della mia compagna di camera. Nonostante fosse da poco cominciata questa nuova vita, ero già caduta nella monotona routine da matricola universitaria.
Il letto era irresistibilmente invitante ma non potevo permettermi di saltare già una lezione di letteratura. Non che importasse, a dire il vero. Tutto ciò di cui avevamo parlato in classe fino a quel momento, era stato il programma che avremo seguito durante il primo periodo dei corsi.
Dopo diversi minuti a valutare tutte le possibili opzioni, -tra le quali vi era quella di darmi per malata e non abbandonare il materasso per tutta la giornata- presi coraggio e scostai le coperte, rabbrividendo all'istante. Rimpiangevo già il calore delle lenzuola mentre i piedi toccavano il pavimento in parquet.
Afferrai l'accappatoio, la biancheria intima e il mio shampoo e mi avviai verso il bagno. Sapevo che ci sarebbe stata la possibilità di non averne uno proprio, implicando così il dover utilizzare i bagni condivisi della confraternita ed avevo pregato fino all'ultimo per un bagno proprio nella nostra camera e per una volta, la fortuna mi aveva ripagata. Era un abitacolo piuttosto spazioso, dotato di una doccia ampia che rispondeva perfettamente alle mie aspettative.
Avevamo fatto domanda per una delle confraternite più prestigiose dell'intero campus e destino voleva che ci prendessero entrambe.
Lasciai che la stanza si riempisse di vapore e che l'ambiente si scaldasse prima di scivolare sotto il getto caldo, che rilassò all'istante i miei muscoli tesi dal freddo.
Dopo un periodo indefinito di tempo, nel quale non feci altro che canticchiare vecchie canzoni, mi decisi a sciacquare la schiuma via dai capelli per poi chiudere la manopola dell'acqua calda.
Mi strinsi nell'accappatoio di pezza, trovando il coraggio di indossare gli indumenti intimi. Asciugai in poco tempo i capelli che caddero ondulati sulle mie spalle. Ciocche color caramello si alternavano a riflessi dorati e sorrisi al ricordo di mia nonna che pazientemente li raccoglieva in uno chignon ordinato quando ero troppo piccola per saperlo fare da sola.
Aprii la porta nell'esatto momento in cui la mia coinquilina stava per bussare con forza sul legno, bloccando il pugno chiuso a pochi centimetri dal mio viso. Sussultai prima di rilasciare il respiro ed abbandonarmi ad un'espressione divertita.
"Credevo dormissi ancora, non avrei voluto svegliarti." Dissi sorridendole mentre lei ruotava gli occhi verso l'alto, nel suo pigiama blu, con il viso contratto adornato dai suoi capelli neri completamente scompigliati. La mascella squadrata faceva risaltare le sue labbra carnose e gli occhi grandi da cerbiatto. Nonostante fosse in preda ad una crisi isterica e fosse sveglia da pochi minuti, era incredibilmente bella.
Si chiuse in bagno senza replicare e una risata mi sfuggì dalle labbra nel tentativo di tornare seria. Sapevo che il suono di quella sveglia la rendeva irritabile e questo mi divertiva maledettamente tanto.
Udii nuovamente il suono dell'acqua che si scontrava con le mattonelle e mi avvicinai all'armadio, tirando giù dalle stampelle un jeans chiaro, una canottiera bianca ed un lungo cardigan grigio. Diedi un'occhiata alla porta ancora chiusa e poi all'orologio, sussultando. Mi fiondai in corridoio e poi giù per le scale. Le classi non erano lontane dalla nostra confraternita e in poco tempo raggiunsi l'ingresso. Camminavo a passo svelto, cercando di schivare gli studenti che avanzavano nella direzione opposta alla mia. Arrivai alla mia meta e sospirai sollevata quando trovai la classe del signor McGuire ancora aperta. Ringraziai mentalmente per aver occupato il bagno per prima quella mattina e raggiunsi un posto in penultima fila, abbandonandomi sulla sedia.
La lezione iniziò poco dopo e presi a mordicchiare una matita, sperando che le due ore trascorressero velocemente.
Non avrei potuto ascoltare un altra sola parola sul programma che avremo affrontato e fui grata quando il professore ci congedò. Raccolsi i miei libri ed i miei appunti, che ancora una volta si rivelarono inutili. Cercai con lo sguardo una chioma mora che trovai appoggiata allo stipite della porta, con un'espressione imbronciata sul volto. Le sorrisi, sperando che non restasse arrabbiata con me per molto tempo. Sapevo bene che odiava saltare le lezioni.
"Mi dispiace tanto, Brook." Strizzai gli occhi, aspettando una sua predica.
"Non sarei arrivata tardi, se tu mi avessi svegliata. Sei una pessima amica." Mi riprese con un tono basso, ma la conoscevo abbastanza da sapere che stava cercando di non sorridere a sua volta. "Se non altro, era una stupida lezione di letteratura." Aggiunse tirandomi per un braccio verso la lezione successiva. Roteai gli occhi, a quella sua affermazione. Non le era mai piaciuta la letteratura e ricordavo perfettamente tutte le volte in cui le avevo spiegato, sin da quando eravamo bambine, che la letteratura non è una perdita di tempo, bensì un'arte. D'altro canto, io non avevo mai sopportato la semiotica che lei sembrava amare più di ogni altra materia.
Il mio stomaco brontolò e mi rimproverai mentalmente per non essermi fermata al bar della scuola per comprare almeno una brioche al cioccolato.
Arrivate nell'aula per la lezione successiva, occupammo due posti abbastanza distanti dalla cattedra ma vicini quanto bastava da imparare qualcosa. La semiotica, a me, non era mai piaciuta e certamente non mi aspettavo di cominciare a capirla all'università. Purtroppo, quel corso era obbligatorio e avrei scommesso che la maggior parte dei ragazzi presenti in quel posto, si trovava lì per obbligo e non per scelta. Cercai di concentrarmi nelle due ore successive ma ovviamente il mio sforzo si rivelò inutile e per il resto del tempo fissai un punto indefinito sul muro, cercando di ricordarmi come mai mi fossi trovata invischiata in una situazione che prevedeva che numeri e lettere coesistessero sulla stessa lavagna.
Il professore ci lasciò liberi di andare, quando il tempo terminò e l'intera classe si riversò velocemente nel corridoio. Probabilmente non ero stata l'unica ad aver avuto almeno un paio di pensieri suicidi.
"Cos'hai ora?" Chiesi a Brook che era impegnata a sfogliare alcuni appunti in una lingua straniera che immaginai fossero di tedesco.
"Mh, tedesco. Non ho idea del perché io abbia scelto questo corso, fa schifo." Piagnucolò confermando il mio pensiero e non potei trattenere una risata.
"Per avere diciotto anni, sei decisamente molto matura!" La presi in giro prima di salutarla e dirigermi verso il giardino adiacente all'immensa struttura. Avevo il resto della mattinata libera e, sapendo che i corsi non sarebbero ricominciati prima del pomeriggio, decisi di leggere tranquillamente almeno per un po'. Trovai un posto all'ombra di un albero di pesco e decisi che sarebbe stato il mio rifugio tranquillo in mezzo a tutto il caos che caratterizzava il resto della grande distesa verde. La struttura era grande e dispersiva e la consapevolezza che addirittura migliaia di ragazzi popolavano la scuola, il vasto campus, i dormitori adiacenti e le diverse confraternite, mi donava un senso di soddisfazione e tranquillità. Era un tumulto di voci, ma il mio nuovo posto preferito era leggermente isolato dal resto, fatta eccezione per un muretto in pietra dove un gruppo di ragazzi stava parlando e ridendo, con aria spensierata. Li osservai per qualche secondo nella loro vitalità e sorrisi, sentendo crescere in me una sensazione di serenità e pace. Mi sentii nel posto giusto e mi ringraziai per non essermi lasciata abbattere dai commenti negativi che prima della partenza mi avevano sommersa.
Tirai fuori dallo zaino begie il libro dalla copertina ormai rovinata. Lessi diverse pagine prima di udire il suono attutito di passi volti nella mia direzione e la luce che colpiva i fragili fogli, venne oscurata da una figura alta e snella. Alzai lo sguardo, strizzando un occhio per avere una vista più nitida a causa della luce del sole brillante del mattino e scoprii che l'ombra apparteneva ad un ragazzo che ora mi stava rivolgendo un sorriso appena accennato, mentre teneva entrambe le mani nelle tasche della sua giacca di jeans. I capelli spettinati ed un lieve accenno di barba gli donavano il classico aspetto di bello e dannato ed i suoi occhi, di un verde brillante, gli illuminavano il viso. Quando notò di aver attirato finalmente la mia attenzione, le sue labbra si aprirono in un sorriso furbo, un angolo della bocca piegato verso l'alto ed uno sguardo furbo negli occhi.
"Scusa, hai una sigaretta?"
"Non fumo." Dissi con superficialità osservando il ragazzo che era in piedi di fronte a me, mentre tirava fuori da una delle tasche un pacchetto di sigarette ancora intero. Lo avvicinò alle labbra e con queste ne sfilò una e la accese ispirando, senza mai distogliere il suo sguardo da me.
Ero abbastanza testarda ed orgogliosa da non cedere a quel contatto visivo. Le sue iridi emanavano strane scariche elettriche ed il formicolio che sentii corrermi lungo la schiena mi irritò irrimediabilmente.
"Già, a dire il vero non importa. In effetti avevo solo bisogno di un pretesto per venire a parlarti."
"Con me questi giochi non funzionano."
"Allora perché stai sorridendo?"
Una risata lasciò la sua bocca, seguito da uno sbuffo di fumo grigio. Feci scomparire all'istante il piccolo sorriso che mi aveva increspato le labbra per qualche secondo. Quel ragazzo non mi era simpatico. Non sapevo chi fosse, ne cosa volesse da me, ma sicuramente non avrei perso tempo a cercare di scoprirlo. Mi alzai in fretta e cacciai nello zaino il libro che tenevo tra le mani.
"Devo andare." Dissi senza troppe spiegazioni o giri di parole. Il ragazzo rimase fermo nel posto esatto in cui era stato sin dall'inizio della conversazione, senza aggiungere altro e mi sentii sollevata quando non mi seguì. Entrai nella grande hall, dirigendomi verso la mensa. Raggiunsi l'entrata e non potei fare a meno di pensare ancora una volta che fosse davvero grande, rispettando esattamente l'alto livello che caratterizzava tutta la struttura del campus. Era occupata da tavoli di diverse dimensioni e mi allungai, alzandomi quanto più possibile sulle punte, cercando Brook con lo sguardo e quando la intercettai, mi incamminai verso di lei ed il gruppo di ragazzi che sedevano in un tavolo rettangolare. La sedia al suo fianco era libera e lasciai cadere lo zaino sul pavimento mentre mi sedevo, permettendo ad uno sbuffo scocciato di abbandonare le mie labbra. Mi sentivo esausta ed infastidita, senza sapere quale fosse stato il motivo del mio repentino cambio d'umore.
"Ma dove eri finita? Va tutto bene?" Mi chiese sorridendo, notando la tipica espressione che assumevo quando qualcosa mi aveva irritata. Di certo non ero il tipo di ragazza che è immune agli sbalzi d'umore... anzi, dire che ero lunatica di certo sarebbe stato un eufemismo.
Bevvi un sorso di aranciata, brontolando.
"Si, tutto bene. Ho solo incontrato uno strano ragazzo in giardino."
I'm back again!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Un bacio enorme,
alla prossima!
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