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Three.

Mi strascicai fuori casa, vestita come una pazza: i capelli castani raccolti in due trecce, viso pallido e struccato, pantaloni della tuta e giubbotto. Sembravo una via di mezzo tra Mercoledì Addams e una Desperate Housewife.
Sinceramente, vestirmi bene di sabato mattina solo per andare a prendere la mia migliore amica alla stazione non rientrava nei miei piani.

Mi piantai al binario, appoggiata al muro, sonnecchiando nella mia sciarpa, quando un uragano mi colpì in pieno.

"Jess è quii!" mi gridò nell'orecchio, abbracciandomi e rendendomi sorda.

"Sì, me ne sono accorta!" le risposi, canzonandola e ricambiando l'abbraccio.

Poi le feci cenno di andare verso l'imbocco per la metro.

"Allora, progetti per stasera? Conquista di Buckingham Palace? Colpo di stato a Downing Street?" squittì la mia amica, trascinando il trolley enorme.

Doveva stare tre giorni, e si era portata cinque armadi con sé.

Sbadigliai "Pensavo più a sushi più pub, in realtà... - la guardai con la coda dell'occhio per vedere la sua reazione, notando che storse il naso - ma ovviamente sei tu la festeggiata, quindi a te l'ultima parola" conclusi sospirando.

Sì, certe volte ero davvero una buona amica.

Si illuminò in volto "Bene, perché io pensavo a qualcosa di più... emozionante! Tipo una discoteca? Una festa? Possibile che tu non abbia amici decenti che sappiano divertirsi?"

Sbuffai. In generale, la mia idea di divertimento non coincideva con discoteche e feste. Certo, ogni tanto ci stava una bella sbronza sulla pista da ballo ma non quel sabato, ero stanca morta perché la notte prima mi ero dovuta addormentare "cullata" dai remix di Louis. Ne avevo abbastanza di musica tunz tunz per quella settimana.

Rientrammo in casa, e scoprii mio malgrado che il mio nuovo, amatissimo, coinquilino era ancora là.
Che poi un coinquilino non era, non pagava l'affitto e gli avevo detto chiaro e tondo che doveva levare le tende entro sabato.

"Louis Tomlinson - esordii, massaggiandomi le tempie con gli occhi chiusi - spiegami per quale motivo sei ancora qua. Sul mio divano. Con il tuo cazzo di MacBook. A rompere le palle con questa musica".

"Heey, coinquilinaaa! - no, basta, non c'è verso, doveva drogarsi, non è possibile essere così su di giri ventiquattro ore su ventiquattro - scusa, ma pensavo di dover sloggiare entro stasera!" esclamò, alzandosi in piedi.

"Io sono Louis, se non si fosse capito. Tu devi essere Jess, giusto?" disse, allungando la mano verso la mia amica.

La quale era totalmente imbambolata.
Oh-no. Conoscevo quello sguardo, non prometteva niente di buono.

"S-sì, esatto. Piacere." balbettò lei, stringendo la mano a quell'ameba di ragazzo.

Stretta di mano che durò fin troppo. Ci mancavano solo i violini e i petali di rosa e sembrava una scena da film romantico di serie Z.

"Bene, noi andiamo di là. Quand'è che te ne vai, ripetimelo?" cercai di rompere quell'idillio di sguardi.

Non mi piaceva la cosa.

"Stasera, vado alla festa di Liam, te l'ho detto milioni di volte. Per questo pensavo di poter passare il pomeriggio qua a finire la playlist! Ma, se vi disturbo - rivolse il suo sguardo nuovamente alla mia amica - me ne vado. Non voglio assolutamente esservi di impiccio!" alzò le mani, in segno di scuse.

E certo, ora era l'essere più gentile e caro sulla faccia dell'Universo. Che voltagabbana incredibile. Sapeva come giocare le sue carte, per infilarsi nelle mutande delle ragazze, non c'è che dire.

"Lascia perdere, basta che tu non tenga il volume troppo alto e possiamo vivere in pace e armonia" lo liquidai, spingendo Jess verso camera mia.

"APRIIIIL"
"No. Jess. NO."
"Tipregotipregotipregotiprego!"
"Non se ne parla neanche. Tu non hai la benché minima idea della gente che bazzica in quei luoghi oscuri, poi per favore diamo un taglio a questa pseudo cotta per Tomlinson. Devo ricordarti che ha passato gli ultimi due giorni a testare anatomicamente ogni angolo della casa assieme a faccia di chiulo?"

"Lo so, ma è così carino! Sembra un gattino. Un gattino sexy. E comunque devo ricordarti di chi è il compleanno, oggi?" mi rispose lei, imitando il mio tono.

"Dio, che immagine disgustosa, Louis gattino sexy - arricciai il naso, sbuffando - sì ma adesso mi stai chiedendo davvero troppo!"

"Troppo!? Ti sto solo chiedendo di andare ad una festa! Non a Mordor!"

"Non è 'una festa'. E' una festa degli amici di Louis. Sarà piena di galline da brodo e polli da allevamento!" mi lamentai, cercando di far cambiare idea alla mia amica.

Tutto avrei potuto immaginare, tranne che una cotta di Jess per Tommo. Avrei preferito passare il sabato sera assieme ad Alex e il suo planetario 3D, piuttosto che sorbirmi una festa di decerebrati con Jess a gattamortare con Louis.
Però, ormai si è capito, sono una buona amica. Un'ottima amica. Un premio Nobel dell'amicizia.

"E' solo una sera, April. E se davvero non potrai sopportare nessuno, sono sicura che potrai tranquillamente ripiegare su fiumi di alcool."

Ecco, in effetti aveva ragione. La fissai, con uno sguardo rassegnato.

"E va bene- no, non saltarmi addosso!"
"Grazie, grazie, grazie, grazieee! Per il tuo compleanno giuro che andiamo al paese dei balocchi di Hogwarts o quello che è, e poi ti compro tutti i fumetti che vuoi!" gridò, cingendomi le braccia al collo saltellando.

Roteai gli occhi, scocciata "Lascia perdere, non lo faccio per farmi ripagare, dai. Magari mi divertirò anche io. Però lo vai a chiedere tu, a quel demente di là, se possiamo andare".

Non feci in tempo a finire la frase che Jess era già uscita di camera.

Ero già pronta, con il mio bel mortifero vestito nero a maniche lunghe, che reputavo adatto ad ogni occasione, dai battesimi ai funerali, ma no era "troppo deprimente". Quindi Jess mi affibbiò una sua minigonna nera a vita alta (troppo attillata per i miei gusti, come cazzo faceva a muoversi in quel pezzo di stoffa lo sapeva solo lei) abbinata a delle calze blu elettrico e mi concesse di indossare la mia maglia grigia corta di Star Wars "Sei nerd-chic al punto giusto!" esclamò, battendo le mani.

"Sia chiaro che i tacchi non li metto. E nemmeno le ballerine perché ho freddo." sbuffai spazientita, ravviandomi i capelli dietro le orecchie.

Neanche quelli aveva risparmiato: volevo sistemarli in una crocchia e via, invece no, dovevo tenerli sciolti. Che-fatica.
Sentimmo bussare alla porta.

"Siete presentabili? Bisognerebbe muoverci, lo so che i vip arrivano sempre in ritardo, ma adesso stiamo esagerando!" scherzò Louis dall'altro lato della porta.

"Sì siamo pronte! Il tempo di metterci le scarpe e arriviamo!" urlò come uno scoiattolo in calore Jess.

Che-fatica, lo ribadisco.

Trovammo Tommo che ci aspettava davanti alla porta dell'ingresso, e non mancai di notare il suo sguardo intontito alla vista di Jess. Dopotutto la mia migliore amica era piuttosto carina: non era troppo alta ma molto, molto minuta, aveva un impeccabile caschetto castano scuro che le incorniciava il viso, dominato dai suoi bellissimi occhi a mandorla, ereditati dalla madre giapponese. Se anche avesse indossato un sacchetto dell'immondizia, sarebbe sembrata la persona più elegante del globo. Ogni tanto era alquanto frustrante essere amica sua.

"Terra chiama Tommo. Terra chiama Tommo. Non avere tu visto mai essere di sesso femminile?" dissi sarcasticamente al cicciobello imbambolato.

"Sei stupenda, Jess" disse lui, fregandosene completamente della sottoscritta. Ma vabbè.

"E sei riuscita a far indossare una minigonna alla Vogel! Direi che dobbiamo andare a festeggiare questo miracolo!" esclamò aprendo la porta, dandoci la precedenza per uscire, mentre lo fulminavo con lo sguardo, cercando invano di abbassare i lembi di quella gonna troppo corta.

Liam Payne, il tizio che dava la festa, doveva essere piuttosto ricco: abitava in un grattacielo nella City, non male. Seguimmo Louis che procedeva con passo deciso e sicuro nella hall del palazzo, salutando con un cenno del capo ed un sorriso il portiere.

"Ne deduco che ti conosce bene. Quante volte hai dormito qua, per l'esattezza?"

"Mmmh, vediamo. Circa tutto lo scorso Maggio e un po' ad inizio Settembre - ridacchiò, entrando in ascensore, e pigiando il tasto trentadue (troppo in alto per i miei gusti, aiuto) - che ci posso fare se ho amici che mi vogliono bene?" concluse, stringendosi nelle spalle.

Un ragazzo con i capelli rasati a zero e già piuttosto brillo ci aprì la porta.

"TOMMO! Ce l'hai fatta, finalmente! Ti avevamo dato per disperso! Oltretutto c'è DJ M che si è impossessato della console, devi intervenire il più presto possibile!" urlò, ridendo sopra la musica assordante, dando forti pacche sulla spalla di Louis.

"Colpa delle mie graziosissime accompagnatrici...- rispose marpione, indicandoci - Liam, ti presento April, la babysitter di mio fratello che mi sta ospitando, e Jess, la sua incantevole migliore amica".

Ugh. Ne avevo abbastanza di quel flirt sfacciato davanti ai miei occhi. Liam mi indicò una stanza dove posare il giubbotto, dopodiché mi sarei precipitata in cucina o ovunque ci fosse stata una goccia di alcool. Unico rimedio a quella già insostenibile serata.
Mentre lasciavo il giubbotto, cercando di recuperare il telefono disperso in una qualche tasca della borsa, entrarono in camera un alto ragazzo con una massa informe di capelli ricci castani, seguito da una barcollante biondina avvinghiata al suo collo . Entrambi visibilmente ubriachi.

"Oops, la camera non è vuota..." constatò lui, scoppiando a ridere.

"Beh, grande spirito di osservazione" gli risposi, guardandolo scocciata, continuando a cercare il mio telefono disperso.

"Dai Hazza, andiamo..." si lagnò la biondina, mentre il ragazzo continuava a sbellicarsi dalle risate.

Lo sapevo, ero finita in un centro di igiene mentale, altro che festa.
La ragazza sbuffò, alzando gli occhi al cielo, e abbandonò quella scimmietta con una crisi isterica sul ciglio della porta. Ritrovai finalmente il telefono, e feci per allontanarmi da quel tizio il più in fretta possibile, ma mi bloccò l'uscita con un braccio, cercando di riprendersi dalla incredibile risata. Lo fissai con aria interrogativa.

"Allora? Mi fai passare? O ti faccio troppo ridere?"

"Ma tu chi sei?" mi alitò in viso. Aveva decisamente bevuto vodka alla pesca.

Sospirai "Sono un'amica di Louis che nemmeno voleva venire a questa festa quindi, se mi permetti, vorrei andare ad affogare i miei dispiaceri nell'alcool così da evitare di ricordarmi dove sono" risposi, passando velocemente sotto il suo braccio.

"Aspetta! - lo sentii seguirmi, infatti me lo ritrovai a fianco in un batter d'occhio - un'amica di Louis? Com'è che non ti conosco?" oh, no, ragazzo mio, tu non vuoi provarci con la sottoscritta.

"E' una lunga storia. Ora, per favore, mi indichi la via più veloce verso l'ubriacatura? Mi pare di intuire che sei un esperto" accennai al suo alito pestilenziale.

Quella casa era enorme.
Annuii "Seguimi, seguimi".
Mi portò in cucina dove l'isolotto centrale era totalmente ricoperto da bottiglie di alcolici. Per fortuna, non ancora finiti. Decisi di iniziare andandoci piano, e mi stappai una bottiglia di birra, facendo sbattere il bordo del tappo contro il tavolo.

"Sei una vera dura, allora..." disse il riccio, che nel frattempo si era seduto sul bancone della cucina.

Aveva due begli occhi verdi, adesso visibilmente appannati dall'ubriacatura, e un sorriso carino. Sembrava un bambino, a vederlo da vicino. Bevvi un lungo sorso di birra, per rinfrescarmi la gola.

"Comunque, io sono Harry" continuò, allungandomi la mano.

Ma non mi dire! Ero innanzi a sua maestà, il famoso Harry! Harry Styles! La seconda casa di Tommo in svariate occasioni!

"Ah, e così tu sei Harry... buono a sapersi" risposi lapidaria, ignorando la sua mano tesa. Mi guardò confuso.

"Mi... voglio dire... ci... conosciamo?" evidentemente temeva di avermi già incontrata ed essersi bellamente dimenticato.

Ero quasi tentata di farglielo credere, per divertirmi un po', ma lasciai perdere. Scossi la testa "No, non ti preoccupare. Ho solo sentito spesso parlare di te da Louis. Io sono April, la babysitter di suo fratello" replicai, bevendo l'ultimo sorso di quella bottiglia. Sì, meglio aprirne un'altra.

Mentre Harry continuava il suo monologo ("ma com'è che allora non ci siamo mai visti - sai dovresti venire a queste feste più spesso - un giorno potresti venire a trovarmi assieme a Lou") un biondino entrò in cucina. Il trombatore, ecco, mancava solo lui all'appello.
Salutai Niall alzando la bottiglia.

"Ehy, April, non sapevo che saresti venuta anche tu!" esordì, fiondandosi su una bottiglia da un litro di birra. Si notava che era irlandese, eh. Harry spostò ripetutamente lo sguardo da me a Niall.

"Ma come, anche tu la conosci? Ero rimasto l'unico?" sbuffò accigliato, assomigliando sempre più ad un coetaneo di Alex piuttosto che ad un ventenne.

Quindi, scese dal banco della cucina, bevve uno shottino dal contenuto misterioso, lasciato là da qualcuno (poteva essere acqua come acido) e iniziò a scompigliarsi i capelli. Non stava bene quel ragazzo, uno psichiatra ogni tanto non farebbe male.

"Allora, balliamo?" mi propose, con naturalezza.

Strabuzzai gli occhi, ingurgitando un altro sorso di birra.

"Ah no, non credo proprio. Non ballo fin quando la percentuale di alcol nel mio sangue non raggiunge il 98%" scossi la testa.

Harry emise un lamento non bene identificato, seguito da un "daaai, allora sbrigati a bere".
Questo poveretto non aveva minimamente capito che non c'era verso che io quella sera avrei 1) ballato 2) ballato con lui.
Nel frattempo, Niall rideva come un demente. Doveva essere una cosa contagiosa, era meglio tenersi alla larga.

Erano passate già quasi due ore dall'inizio della festa e sì, ero finalmente ubriaca. Dopo il primo round di birre, ero passata al vino rosso, quindi a qualche shottino di vodka. Una sbronza cotta a puntino.
Nel mentre avevo conosciuto altri fighetti amici di Louis dai nomi non meglio identificati, avevo cercato senza successo Jess per quella casa labirintica, mi ero persa, Niall mi aveva ritrovata e riportata in cucina, dove avevo bevuto un altro shottino con lui, per poi decidere che era giunto il momento di ballare.
Seguii la musica che proveniva dal piano inferiore, dove praticamente c'era una sala grande quanto tutto il mio appartamento, adibita a discoteca. I divani erano stati messi ai lati della stanza, ed infondo c'era una console da dj dove mi sembrò di intravedere Louis, abbracciato a Jess.
Barcollai per le scale, cercando di raggiungerli, evitando di cascare e pestare piedi alla gente che ballava.

"April!" la voce squillante di Jess mi fece capire che ero salva, ero giunta alla meta.

Trovai la mia amica, e la abbracciai come se non la vedessi da una vita.

"Jeess, ti voglio benee, buon compleannooo!"

"Quanto sei ubriaca da uno a dieci? Diciamo centouno?" rispose lei, parlandomi nell'orecchio, per farsi sentire sulla musica.

Mi fece mettere a sedere su una poltrona vicino alla console.

"Uffa, ma io voglio ballare con te, come facciamo sempre!" mi impuntai, mettendo il broncio come una bambina. Lei scoppiò a ridere, seguita da Louis, che si era momentaneamente allontanato dal mixer.

Jess mi porse una mano aggiungendo "Va bene, solo perché sono buona stasera" e io balzai in piedi contenta.

"No, dai Jess, resta qua! - si lamentò Tommo, cingendole la vita col braccio - lei può ballare con chi vuole, è pieno di gente. Le farà bene!" Jess lo guardò titubante, per poi spostare lo sguardo su di me.

"No dai, Louis, non posso lasciar..." - "Ehy Malik!" la interruppe Louis, rivolgendosi al ragazzo seduto dietro di lui alla console "Perché non mi lasci un po' armeggiare e porti questa dolce donzella a ballare?" concluse indicandomi.

Il tizio alzò lo sguardo, sfilandosi le grandi cuffie da dj.
Mi squadrò dalla testa ai piedi (sì, sono umana, ora puoi smettere di analizzarmi, grazie) e alzò le spalle "Se ti va, andiamo".

Era più alto di me di circa dieci centimetri, ma i suoi capelli scuri sembravano alzarlo visto che erano studiatamente pettinati in un ciuffo esagerato, e per di più biondo. Gli occhi scuri e caldi mi fissavano aspettando una risposta, così come la bocca, increspata in una smorfia impaziente.
Mi sembrò di averlo già visto, ma diedi la colpa ai fumi dell'alcol. Probabilmente non avrei riconosciuto mia madre, in quelle condizioni.
Scrollai le spalle pure io, in segno di assenso, aggiungendo uno strascicato e sussurrato "tanto non mi ricorderò nulla di tutto questo tra qualche ora", mentre lui mi prese per mano, portandomi sulla pista.

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