Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Seventeen.

"Dammi il cappotto, lo metto sul termosifone! Zayn non mi aveva detto che saresti passata!"

Non avevo il coraggio di passare il mio soprabito fradicio a Doniya. Non perché fosse bagnato, ma perché volevo scappare da quella situazione assurda nella quale mi stavo volontariamente ficcando.

"In realtà non l'ho avvertito che sarei venuta, forse è meglio se me ne vado" borbottai, maledicendomi in tutte le lingue del mondo (Klingon compreso).

"Ma figurati! Scommetto che gli farà piacere! Tu non vai stasera alla festa?" replicò lei, togliendomi di mano il cappotto, per posarlo poi sul termosifone e, con un cenno, mi fece capire di seguirla verso il salotto.

Evidentemente Zayn aveva tenuto ben nascosto tutto il dramma delle due settimane prima. Beato lui che riusciva a fingere così bene.

"No vedi..."
"Zayn! - mi interruppe, mentre entravamo nella grande sala dove tutta la famiglia Malik al completo era riunita per festeggiare l'unico figlio maschio - c'è una sorpresa!" squittì Doniya.

Lui era seduto per terra a gambe incrociate, sul grande tappeto persiano che occupava gran parte del salotto, dando le spalle alla porta, e aveva una corona di cartone in testa, con sopra disegnato un gigantesco 21 contornato da stelline - chiara opera di Safaa. La schiena ricurva verso un regalo che stava scartando, i capelli scarmigliati forse un po' più lunghi di quanto ricordassi.

Quando si voltò, dopo aver sentito le parole della sorella, il suo viso, da allegro e giocoso che era, assunse un'espressione che non riuscii a decifrare con chiarezza: in un primo momento sembrava sorpreso, stupito, contento, quasi felice ed un secondo dopo diventò serio e cupo. Come se si fosse all'improvviso ricordato che sì, ero April ma no, non sarei dovuta essere là. Come se si fosse dimenticato per un nanosecondo del fatto che noi non dovessimo più considerarci, del fatto che avevamo entrambi rovinato ogni cosa con la nostra insensata impulsività.

"Allora Zayn, non dici nulla? - lo incitò Doniya, andando verso il tavolo pieno di bottiglie e snacks - April, vuoi qualcosa da bere? Serviti pure!"

Scossi la testa, ringraziando, senza riuscire a staccare gli occhi da quelli del mio amico. Dio, quanto mi erano mancati, con quel loro colore incomprensibile che a volte sembrava verde nocciola, altre sembrava mogano, altre ancora pece.

"Ciao" mormorò dopo qualche secondo Zayn, abbassando lo sguardo sul regalo mezzo scartato che teneva in mano.

Era chiaro che stesse combattendo con se stesso per trovare le parole adatte.
Nel frattempo, tutta la famiglia Malik mi aveva rivolto le sue attenzioni e i suoi saluti, che dovetti ricambiare con cortesia, quando in realtà l'unica cosa che avrei voluto fare era urlare a quel mentecatto stralunato seduto sul tappeto che mi era mancato troppo e non ce la facevo più a stare senza di lui e che quella era una situazione troppo assurda e troppo infantile, e dovevamo trovare una soluzione.

Tutte parole che mi rimbombavano nella testa e che dovevo solo trovare il coraggio di dire ad alta voce.
Mentre Trisha mi faceva le solite domande di circostanza sull'università, Zayn si alzò in piedi, per poi prendermi il polso.

"Mamma, scusa, io ed April dobbiamo parlare" affermò duro, per poi trascinarmi velocemente via da quella stanza, senza nemmeno darmi il tempo di salutare la madre.

Usciti dal salotto, dopo aver chiuso la porta, lasciò il mio braccio e cominciò a salire le scale che portavano al piano superiore, per poi fermarsi in cima alla rampa, così da essere lontano da orecchie indiscrete.

"Cosa vuoi?" sbottò secco, senza lasciar trapelare nessun sentimento né emozione dalla voce.

Ancorai nuovamente i miei occhi ai suoi, sperando di trovarci un segno, una qualsiasi cosa che mi facesse capire che il mio Zayn era ancora lì.

"Buon compleanno - sussurrai, porgendogli la busta della libreria - lo so, forse non sarei dovuta venire ma..."

"Sì, è esatto - mi interruppe lui, senza prendere il regalo, le mani ferme nelle tasche dei jeans - non saresti dovuta venire e non avresti dovuto comprare nulla. Tu non esisti, lo capisci? Non sei più nessuno, d'accordo? Ora, per favore, vattene" concluse, allontanandosi da me.

Il solito macigno che mi si piantava sul cuore ogni mattina, e con il quale ormai avevo imparato a convivere da due settimane, si trasformò in una montagna e sentivo la sua pressione soffocarmi. Il mio cuore perse ogni battito e si incastonò, privo di forze, tra le mie costole.
Ed io ero proprio come il mio cuore, esanime.

Feci appello alle poche forze che mi restavano, al poco autocontrollo che ancora possedevo e lasciai la busta appoggiata al corrimano delle scale, per poi catapultarmi fuori da quella casa, con gli occhi che pizzicavano, preannunciando che da lì a poco si sarebbero riempiti delle solite, odiose lacrime.
Come sempre ero stata una vile codarda, e tutti quei bei discorsi mentali che mi ero promessa di fargli, non appena avrei avuto la possibilità di incontrare nuovamente il suo sguardo, erano svaniti nel nulla. Eclissati, sotto le sue parole sprezzanti e dure.
Ero stata una stupida, una cretina, una demente, un'idiota ad essere andata là. E se adesso mi ritrovavo quasi senza fiato, incapace a respirare per il dolore, beh me lo meritavo.

____________________________________

Nel momento in cui aprii la porta di casa, un'ondata di musica tamarra mi investì in pieno. Chiaro segno che Louis stava provando il suo nuovo stereo, potevo sentirlo cantare a squarciagola da camera sua.
Mollai il capotto ancora bagnato sull'attaccapanni a muro e lanciai una veloce occhiata al mio riflesso nello specchio accanto ad esso: i capelli umidi e piatti si erano appiccicati al viso; la linea di matita nera ed il mascara, che mi ero messa velocemente prima di uscire, avevano contornato i miei occhi, arrossati per il pianto, con un alone scuro. In due parole, mi ero trasformata in Samara di The Ring.

"Pippi? Sei tu?" gridò Tommo, abbassando in contemporanea il volume di quella musica assordante.

Cercai di rispondergli ma tutto quello che uscì dalla mia bocca fu un "sì" bisbigliato, che a stento io stessa sentii.
Ero sfinita, sfibrata, stanca. Ero delusa da me stessa e da Zayn. Ero triste, di una tristezza talmente profonda che mi sembrava inconcepibile poterne uscire: un pozzo nero senza àncora di salvezza.

"Pippi?" domandò nuovamente Louis, affacciandosi sul salotto e trovandomi là, seduta sul divano in uno stato catatonico.

Nemmeno la vista del mio amico con i capelli lisciati in un ciuffo ridicolo che gli ricadeva davanti agli occhi riuscì a strapparmi mezzo sorriso.
Il suo sguardo, da divertito e spensierato, si fece preoccupato. Si avvicinò a me, posandomi una mano sulla gamba.

"April, stai bene? Stai tremando e sei fradicia! Che diavolo hai combinato, ti sei messa a fare la danza della pioggia?"

"La danza della pioggia si fa prima che piova, idiota" biascicai con voce roca.

Louis mi sorrise allontanandosi dal soggiorno, leggermente rassicurato dal mio solito sarcasmo, per tornare dopo mezzo minuto con in mano il mio asciugamano verde. Iniziò quindi a frizionarmi forte la testa, sospirando. Quell'apparentemente insignificante gesto riaccese un flebile calore in me, ed il mio cuore riacquistò un battito: avevo ancora degli amici, avevo ancora un amico che mi voleva bene e me lo stava dimostrando, in quel preciso istante.

"Allora, vuoi dirmi perché sei tornata in versione naufraga del Titanic o non devo fare domande?" disse poi, lasciando ricadere l'asciugamano sulle mie spalle e tornando a sedersi accanto a me, allungando la coperta di lana in modo che coprisse entrambi.
Cercavo di valutare quale fosse la cosa migliore da fare: mentire, così da non far preoccupare lui e soprattutto così da non rischiare che Harry venisse a sapere tutto; oppure dirgli la verità, con il rischio che poi tutto venisse a galla?

E ancora una volta il cuore prevalse sulla ragione.

"Sono stata da Zayn" sussurrai, cercando di raccogliere le poche forze che mi erano rimaste per pronunciare quella frase senza scoppiare per l'ennesima volta in un pianto incontrollato.

Non mi riconoscevo più, da quand'è che ero diventata così lagnosa? Così fragile? Iniziavo a farmi un po' schifo.
Louis mi fissò, intontito. Poi scosse la testa, sbattendo velocemente le palpebre.

"Scusa, ho sentito bene?"

Non volevo ripeterlo, era già tanto se ero riuscita a dire quelle quattro parole una volta sola. Annuii con la testa, mentre sentivo quel costante pizzicore in fondo alla gola che si arrampicava maligno su per l'esofago, per poi infiltrarsi nei miei nervi ed arrivare agli occhi, causando un blackout totale della mia labile forza di volontà, spezzandomi il respiro in un singhiozzo.
Louis, senza dire nulla mi abbracciò. Mi strinse forte, accarezzandomi piano i capelli, lasciando che sfogassi tutto quel flusso di emozioni e dolore. Mi abbandonai nel pianto più incontrollato e straziante, durante il quale liberai la mia testa da tutti i pensieri e da tutte le parole che avrei voluto e avrei dovuto dire a Zayn. Louis mi ascoltò, limitandosi stringermi a sé.
Evitò commenti come "stai tranquilla" oppure "tutto andrà bene" e lo apprezzai molto: aveva capito che non era una situazione in cui c'era da stare tranquilli e probabilmente non sarebbe andato affatto tutto bene. Louis, con il suo silenzio, mi stava rivolgendo pura e semplice sincerità, di cui è capace solo un vero amico.

Dopo un tempo che parve infinito, mi sentii improvvisamente svuotata. Svuotata di ogni lacrima, di ogni sentimento, e di ogni parola.
Tirai per un'ultima volta su con il naso, allontanandomi dalla spalla di Tommo sulla quale avevo riversato tutto il mio dolore.

"Ti ho macchiato tutta la polo" mormorai, tra gli ultimi respiri irregolari del pianto.

"Figurati, ne ho altre cinque uguali. Senti, io stasera resto a casa: ci prendiamo delle pizze e caramelle e ci piantiamo davanti alla tv a guardare le repliche di Jersey Shore."

Scossi la testa con veemenza "No, meglio di no. Se non vai alla festa gli altri sospetteranno qualcosa, e poi Harry dovrebbe arrivare tra poco più di un'ora, quindi non sarò da sola in ogni caso".

"Non credo che la compagnia di Harry sia la cosa più indicata, non trovi? Chiamalo e digli che stas-"

"No, Louis, davvero - lo interruppi - questa storia finisce qua, con queste stupide lacrime che ti hanno sporcato la maglietta. Devo metterci una pietra sopra, sono solo stata una... una debole. Non sarei mai dovuta andare da lui, lo sapevo perfettamente, ma l'ho fatto lo stesso perché non so prendermi la responsabilità delle mie scelte".

"Debole? Ma ti senti quando parli, almeno? Dove starebbe la debolezza nell'andare a trovare Zayn, in questa situazione? Lui non lo ha fatto, lui non ti ha degnata di un sms, di una chiamata, di una mail dopo quello che è successo a Greenock. Ti rendi conto che non avete nemmeno più effettivamente parlato di quello che è successo tra voi? Tu per lo meno hai avuto le palle di andare davanti alla porta di casa sua, o sbaglio?" disse Louis, alzando il tono della voce.

Non avevo mai realizzato che l'ultima volta che avevo rivolto parola a Zayn, prima di quel disastroso pomeriggio, era stato in quell'acqua gelata. Non avevo pensato che, in effetti, noi due non avevamo mai discusso su quanto successo, su quel dannatissimo bacio, e sul perché di quel gesto. Le domande di Louis iniziarono a brulicarmi in testa, rendendomi, se possibile, ancora più confusa e stanca.

"Peccato che lui mi detesti, Louis. Dovevi vedere i suoi occhi e sentire le sue parole, quando mi ha vista. Era come se, non so, un essere disgustoso o la morte in persona fosse andata a bussare alla sua porta. C'era disprezzo nel suo sguardo, capisci? Ed è tutto ciò che conta, purtroppo. Disprezzo, puro e semplice disprezzo. Però, per favore, stasera vai a quella cazzo di festa. Se tu restassi qua capirebbe che abbiamo parlato e a quel punto mi odierebbe senza via di ritorno. Vai, fallo bere, divertiti con lui, dimostragli che, nonostante tutto questo casino assurdo, sei suo amico. Lui ha bisogno di te tanto quanto me, ma almeno io ho Harry", sorrisi debolmente.

Non volevo rubare Louis a Zayn, soprattutto non quel giorno. Zayn si meritava gli amici splendidi che aveva e si meritava di passare il compleanno assieme a tutti loro.
Louis ricambiò il mio sorriso, accarezzandomi nuovamente la testa.

"Lo sai che sei una forza della natura, April Vogel?."

"Lo sai che ti voglio bene, Louis Tomlinson?."

____________________________________

Quando Harry arrivò a casa, ero ancora sotto la doccia. Cercavo di lavare via tutta quella sofferenza che mi aveva travolto nelle ultime ore, cercavo di riappropriarmi delle mie facoltà mentali, boccheggiando sotto il getto di acqua calda. Perché, uscita da quel cubicolo, avrei dovuto indossare il mio miglior sorriso e inscenare la mia miglior bugia di sempre: far credere ad Harry di star bene.
Arrivata a quel punto non sapevo nemmeno più cosa provavo per quel ragazzo.
Da una parte mi dicevo che, se lo avevo scelto a Zayn, un motivo doveva esserci. Magari ero davvero innamorata di lui, ma non me ne rendevo conto, o non volevo ammetterlo perché, in fondo, avevo sempre avuto paura di innamorarmi. Ma dall'altra, pensavo anche che forse mi ero cacciata in quella relazione solo perché non volevo ferirlo più di quanto non avessi già fatto, alla fin fine gli volevo sì bene, ma la cosa si fermava lì.
Entrambe le teorie potevano essere giuste, peccato che non fosse alcun mago indovino che mi indicasse quale delle due era quella vera. Avrei dovuto capirlo da sola e, considerata la mia lucidità, sarebbe stato un viaggio molto, molto lungo prima di arrivare ad una risposta definitiva.

Trovai il riccio disteso sul mio letto, a giocare con il modellino di TARDIS che tenevo sul comodino.

"Buonasera latitante!" esordì, lanciando il giocattolino con noncuranza sul letto. Peccato che quel giocattolino lo avessi pagato trenta sterline.
Gli sorrisi, allungandomi per stampargli un veloce bacio sulle labbra, che lui cercò di approfondire cingendomi i fianchi e trattenendomi a sé. No, non ero dell'umore giusto per effusioni di nessun genere. Mi scostai con forse un po' troppa forza, e lui mi fissò con sguardo interrogativo.

"Tutto bene?"

No, non va tutto bene. Non va tutto bene e gran parte di questo non andar bene è colpa tua.
Parole che ovviamente mi restarono impigliate in testa, per essere sostituite da un "Certo, sono solo stanca".

Secondo Louis ero coraggiosa, e avevo le palle, ma per l'ennesima volta stavo provando a me stessa che invece ero una codarda, in tutto e per tutto.
Non avevo avuto il coraggio di affrontare Zayn quel pomeriggio, non avevo il coraggio di affrontare Harry e soprattutto non avevo il coraggio di affrontare me stessa, di dare una cazzo di risposta a quelle domande. Non avevo il coraggio di trovare una soluzione, mi stavo facendo semplicemente trascinare dagli eventi, come una foglia morta e secca che viene portata via dal flusso convulso del fiume.
Però io, a differenza della foglia, ero viva. E avrei dovuto fare di quella vita qualcosa di unico, non sprecarla piangendomi addosso.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro