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Capotolo 13

ALEX

Oggi piove a dirotto.
Piove sulla strada trafficata, piove sui vetri delle auto in coda al semaforo.
Piovono sulle anime stanche che, come me, vagano senza sosta.
Mi guardo allo specchio e penso all'imminente appuntamento, con te, "capelli rossi".
Ế imbarazzante, lo sai e credo che lo sia anche per te e questa stancante non – sopportazione delle cose mi irrita al tal punto da lanciare un pugno sullo specchio.
Esco di casa senza ombrello. Ho voglia di inzupparmi, se sentire la pioggia scorrere sulla pelle bagnata.
Fortunatamente abito vicino ai Navigli e ci impiego poco tempo ad arrivare a destinazione: un bar qualunque, il meno "in", il più scalcinato.
Certo che Cass- qualcosa ti fai attendere , passano i minuti, quasi un'ora e di te neanche l'ombra.
Esco dal locale incazzato e furioso.
Sto per andarmene , quando ti scorgo da lontano con i tuoi lunghi capelli rossi fradici, i tuoi soliti abiti neri completamente fradici.
Ti vengo incontro.
«Mi hai fatto aspettare, Cass – qualcosa.»
Urlo mentre mi avvicino a te. Tu mi osservi con il tuo solito disprezzo e poi distogli lo sguardo da me:
Alzi le spalle e con il tuo solito menefreghismo dici:
«Non mi piace la puntualità.»
«Ma oggi piove.» Ribatto arrabbiato.
«Pioverà ancora per molto tempo.»
«Certo che sei sempre melodrammatico.»
«Allora, Progettiamo il nostro piano contro la Ferrari?
«Non vedo l'ora.» Affermo io svogliato.
Ci sediamo su un muretto dopo aver pesato che non era il caso di rimanere in quello squallido bar.
«Alllora, Cass- qualcosa perché ti chiami Cass- qualcosa?»
IL tuo sguardo mi trafigge . So di aver fatto una domanda stupida. L'ho fatta apposta perché muoio dalla vergogna e dall'imbarazzo.
«Ma che razza di domanda è? E poi la smetti di chiamarmi Cass- qualcosa? Ế Cassiopea stupido!»
Sorrido.  Sorrido davvero dopo tanto tempo e mi rendo conto di quanto ria divertente prenderti in giro, Cass-qualcosa.
«Tocca a te.» Sto ancora sorridendo, non ci posso credere.
«Allora, Alex... Vediamo.... Sei giapponese?»
«Per metà, e allora?»
«Boh è per chiedere.»
Rimaniamo in silenzio per un po', infondo siamo tutti e tue timidi e problematici.
«Non parli più "capelli rossi"?
«Non  so che dire, il nostro piano di fregare la Ferrari è proprio un fiasco.»
«Cazzo, hai ragione. Mi impensierisco un po' perché non mi va di parlare della mia depressione ad uno psichiatra e penso che anche tu non ne abbia voglia.»
Così inizio io, questa volta inizio sul serio. Senza fare sconti, senza paura di domandare.
«Perché ti fai quelle cose?»
«Cosa?» Ti guardo e ti vedo impietrita, cambi volto all'improvviso, abbandoni la tua maschera.
«Dai, su Cassiopea hai capito!»
Ti sfiori le braccia e sento che stai contando i tagli, uno ad uno.
Leggo nella tua mente come nessuno ha mai  fatto.
«Non sono cazzi tuoi, Yoshida.»
All'improvviso il tuo volto si oscura e capisco che ti ho persa.

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