Capitolo 5
MICHELE
Non c'è verso che impari questa maledetta coreografia.
Mi guardo allo specchio e vedo in me una sagoma in movimento, non più un ballerino, solo una dannatissima sagoma.
Mi butto a terra sconfitto. La maestra mi guarda severa ma poi si addolcisce e si inginocchia vicino a me.
«Michele, che succede?»
La maestra Romeo è stata una grande stella della danza , il suo collo lungo, il suo sguardo severo mi hanno da sempre trasmesso paura. Ma non posso essere spaventato, non posso permettermelo, non posso permetterlo.
Conosco Anna da tanto e so che è una brava insegnante, severa sì, ma anche umana.
Non voglio guardarla negli occhi.
Lei mi posa una mano su una spalla e mi sorride.
«Su, Michele!» Afferma facendo segno di alzarmi.
Mi alzo a fatica. Bevo un sorso d'acqua e cerco di concentrarmi. La danza è la mia vita , è tutto ciò che mi rimane. Mi ha salvato in passato quando temevo di scomparire , di naufragare in questo altrove.
Ma poi qualcosa è cambiata, l'insicurezza mi ha totalmente investito, ho persino temuto che avessi preso la strada sbagliata.
Con difficoltà sono entrato nella scuola de La Scala, sono sempre stato fuori di casa fin da bambino.
Il ballo è ciò che ho sempre desiderato, eppure adesso sento che qualcosa in me non va. Sento la debolezza farsi strada nella mia mente e distruggere il mio corpo.
Quando sono entrato nella scuola mi ero promesso di dedicare anima e corpo nello studio, ma poi ho incontrato i suoi occhi, gli occhi di una ragazza qualunque, una ballerina come tante. La prima volta che l'ho vista me ne sono subito innamorato.
Lei è bella con i suoi capelli biondi, il suo naso alla francese.
Ma lei ha qualcosa che io non ho, lei si sente speciale.
La mia timidezza mi ha ucciso, la mia riservatezza. Ho allontanato tutti.
Guardo ancora una volta il mio riflesso allo specchio, nulla che Annabelle possa amare.
La maestra dice che il mio fisico è perfetto, statuario, mi ha sempre difeso, ha sempre difeso le mie doti, ma cosa può saperne lei del mio dolore?
Nessuno lo sa , nessuno è a conoscenza del mio troppo sentire.
Cosi mi avvicino allo specchio e lo sfioro con un dito.
Scuoto la testa, non sono nulla.
Dio mio che male che fa. Distolgo lo sguardo dalla vetrata.
Scruto gli occhi della maestra su di me .
«Scusi, maestra....»
Mi volto verso di lei.
«Possiamo continuare.»
Chiudo gli occhi e cerco di concentrarmi sulla musica, sui passi e sulla passione che all'improvviso mi pervade.
Ballo con tutta la potenza che ho in corpo, danzo trattenendo il fiato e intanto penso alla bellissima canzone di Diodato "Fino a farci scomparire".
Sono molto legato a questo brano, mi fa tremare il cuore.
Quando concluso la coreografia mi butto a terra esausto.
Fino a farmi scomparire.
Anna Romeo si avvicina a me applaude.
«Sei stato bravissimo, Michele.» Poi si siede accanto a me.
«....Sai come fare vibrare l'anima, non mollare mai.»
Io sorrido, ma dentro di me qualcosa non va. Che ne sa la gente del dolore che lacera , del tempo che corrode.
Sono stanco delle mie fragilità.
Stanco della mia non appartenenza al mondo.
Poi qualcuno bussa alla porta.
Io mi alzo di scatto.
Lentamente la porta si apre e tutto si blocca, si blocca la mia mente, si ferma il mio cuore.
Annabelle, bella come il sole, entra in sala.
Comincio a sudare freddo.
Ho paura.
Paura di lei.
Paura di me.
H ai capelli raccolti in uno chignon. Posa lo sguardo su di me e mi sorride.
Mi faccio pena per quello che provo, per essere caduto nella trappola dell'amore.
«Annabelle, eccoti!» La maestra non sembra sorpresa di vederla.
«Scusi il ritardo, maestra!»
«Avevo desiderio di parlarvi.» La maestra si rivolge a noi come se ci conoscessimo da una vita.
«Annabelle, ti ho convocata perché in te ho notato delle lievi lacune.»
La ragazza è imbarazzata e io mi domando quale sia il mio ruolo in tutto questo.
«Mi scusi, maestra, io....»
«Pena meno alla bella vita e concentrati di più sulla danza.» Dice fermamente Anna Romeo. Poi guarda me e io mi immobilizzo.
«...Michele darai una mano a Annabelle.»
Deglutisco.
La mente si svuota.
«Io...» Riesco a balbettare solo questo, ancora abbagliato dalla bellezza di Annabelle.
Annabelle incrocia le braccia al petto.
«Su, Michele non fare il timido, le darai una mano per migliorare.»
«Io.... Va bene...»
«Grazie, Michele.» La ragazza mi guarda con occhi spenti.
Dovrò darle ripetizioni, dovrò starle accanto e io non credo di farcela.
Ho paura di questo amore senza senso.
Ho paura dei suoi occhi.
Così torno a guardare il parquet, sento gli occhi bruciare e mi rendo conto di stare per piangere, ma non posso essere un rammollito, non posso lasciare che le mie debolezze mi sbranino.
Ma non sono forte e non sopporto più questa situazione.
Così mi dirigo verso il mio borsone ci infilo gli indumenti a casaccio, indosso le scarpe e assalito dall'ansia me ne vado.
«Che gli succede?» Sento Annabelle domandare alla maestra.
Lascio spazio alle lacrime.
Piango per Annabelle che è così bella.
Piango per me, per le mie assurde debolezze.
Io che mi sono privato di tutto, dell'amore e del tempo per respirare.
Sto scomparendo.
E così corro, esco dalla scuola senza mai fermarmi, dirigendomi alla metropolitana.
Non voglio nemmeno tornare a casa.
Ho perso me stesso.
E poi penso alla canzone di Diodato, la sento nelle orecchie e diventa per me un inno nuovo.
Le note finali mi strappano l'anima.
Socchiudo gli occhi e mi lascio trasportare.
Tutto ha un inizio.
Tutto ha una fine.
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