Capitolo 4
LUCA
Ritorno nel mio studio con la sensazione di non avere fatto abbastanza. In verità é da qualche tempo a questa parte che mi sento un medico fallito, non riesco ad aiutare i miei pazienti, forse tutto dipende da quello che sto attraversando.
Penso a Denise, mia moglie e alla mia bambina che non vedo da molto tempo.
Con Denise non va più, non é mai andata.
Ricordo i pianti di lei quando se ne é andata da casa, privandomi dell'amore e del sostegno. Ho sentito arrivare il silenzio. Non provo più niente , non sento più niente.
Sono un pazzo, ho abbandonato tutto.
Non sono nessuno.
Ho paura di dimenticarmi dei lineamenti della mia bambina.
Ho perso tutto.
Mi affaccio alla finestra dello studio. Fuori piove, il ticchettio della pioggia ha un ritmo assillante.
Non ricordo cosa voglia dire essere speciali. Non so poi cosa sia l'amore.
Ha ragione Aurora, anche io vorrei fuggire da questo maledetto posto,
Ho bisogno di aria.
Fino a farmi scomparire.
Osservo i libri sulla scrivania. Che senso ha avere studiato così tanto?
Ho perso la dignità quando mia moglie mi ha lasciato solo.
Vorrei tornare ad innamorarmi , a sentirmi amato. Tutta colpa del nulla che mi circonda.
Intanto la pioggia ha cessato di battere sui vetri.
Fino a farmi scomparire.
Sono rimasto con la miseria. Ho il cuore che trema. L'anima corrosa.
Non posso andare avanti così.
Forse dovrei prendermi una pausa. Ma poi perderei anche il mio lavoro, tutto quello che é rimasto.
Sono un uomo che ha perso l'affetto.
All'improvviso un moto di rabbia mi scuote l'animo, prendo i libri e li lancio contro il muro.
Piango per essermi perso .
Non sono soddisfatto, mi appoggio alla scrivania e decido una corsa e avvero importante .
Non importa quanto ci metterò, devo provarci e Aurora Giusti è il mio obiettivo. Conquisterò la sua fiducia la guarirò. Farò di tutto, sfrutterò ogni mia capacità.
Così, preso dalla determinazione esco dallo studio, percorro il corridoio.
Odio questo posto, l'odore di alcol.
Aurora Giusti non può fare parte di questo altrove.
Raggiungo la sua camera.
Mi blocco.
Penso e ripenso.
Respiro e espiro, ma poi trovo il coraggio e varco la soglia della stanza.
La ragazza é raggomitolata a letto proprio come l'ho lasciata.
Busso per cortesia, ma lei non si volta verso di me .
Senza pensarci due volte entro e mi avvicino a lei, mi siedo su una sedia vicino al tavolo. Osservo le mura asettiche.
«Aurora....» Sussurro lievemente . Ho voglia di parlare con lei ma al contempo temo di disturbarla e di rendermi antipatico.
Lei si alza lentamente, impaurita.
I suoi occhi sono spenti.
Non posso lasciarla.
Aurora si siede di fronte a me e comincia a guardarmi.
«Parlami...» avrei voluto dire ma dalla bocca mi esce sono un «Come ti senti??»
Non sorrido più.
«La flebo ha fatto effetto.»
La sua voce é stanca, provata.
<<Bene.>>
Non riesco a dire altro e mi sembra tutto così banale e privo di senso.
Aurora si porta una mano sul volto e si stropiccia gli occhi azzurri.
«Perché è qui?»
«Devi...»
«Sì del tu... Perché sei qui?»
Come posso spiegarle tutto?
«Volevo accertarmi che stessi bene»
«Bene...»
«Sì, scusa...»
«Sei parecchio insensibile per essere un medico.» Abbozza un sorriso e io mi sento meglio.
La sua frase mi diverte . Non sono permaloso.
«Non sono molto bravo»
«Con le persone?»
«Già.>>
»Che razza di medico sei» Poi posa lo sguardo sulla finestra, sulla pioggia battente.
«Potrai mai perdonarmi?»
»Per la tua insensibilità?»
«Anche... sono stato scortese prima, non oso immaginare quanto sia difficile.»
«Proprio così , non puoi. Tu sei un medico il tuo compito é quello di imbottirmi di medicine.»
Ancora il suo sorriso.
Sorrido anche io alla sua battuta.
E penso a mia moglie, alla mia bambina e poi poso lo sguardo su Aurora .
Fino a farmi scomparire.
Tra di noi ci sono attimi di silenzio.
La ragazza parla poco e io sto zitto imbarazzato e impaurito.
«Ho mangiato se proprio lo vuoi sapere.»
«Sono contento é rassicurante per me.»
«Certo che sei strano.»
«Anche tu.»
Scoppiamo a ridere assieme.
«Non ti capita di sentirti fuori luogo, sbagliato? Inutile?»
Aurora ora fissa il muro consumato.
Mi appoggio allo schienale della sedia.
Sempre, Aurora, sempre.
Ma non dico ciò, mi limito a rispondere:
«Certo, Aurora...»
«E cosa fai quando ti sentì così?»
La discussione si fa interessante e profonda.
«É difficile tornare sui propri passi, Aurora.»
«Sto buttando via la mia vita, i miei anni migliori, Sto morendo!»
I suoi occhi sono lucidi di lacrime.
Mi commuovo anche io.
«Reagiamo assieme , combattiamo, non molliamo»
Lei torna a guardarmi e poi succede qualcosa che mi coglie impreparato.
Lei si alza e si dirige verso di me. L'uno di fronte all'altra.
«Alzati» Mi ordina.
Non si cosa aspettarmi. Ma poi lei mi abbraccia, mi stringe forte a lei.
Tutto sembra aver acquisito un senso.
«Non sei poi così male, dottor Ricci»
Sento il profumo della sua pelle, l'odore di pesca dei suoi capelli.
Chiudo gli occhi e ricambio il suo abbraccio. Le stringo la schiena magra, ossuta.
Ci uniamo tra di noi per sentirci speciali.
Fino a farci scomparire.
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