| Capitolo XXIX | - Ipnosi
/ LORE /
Naay aveva saporitamente dormito per ore: era crollata non appena la sua testa aveva toccato il finestrino e io l'avevo seguita dieci minuti dopo.
Appena realizzato che eravamo desti, Diego aveva finto di svegliarsi a sua volta, ringraziando il dio dei sonnambuli per aver vegliato sulla sua guida in autostrada.
"Dovreste essere radiati dall'albo dei passeggeri con l'onere di tener sveglio l'autista."
"Oddio, scusaci! Potevi darmi un colpetto, se avevi bisogno di parlare!" sbadigliò Naay, dandosi a una delle contorsioni che la bambina di L'esorcista avrebbe definito 'stiracchiarsi'.
Diego fece spallucce. "Non si sveglia l'Aesir che dorme."
Lei lo scrutò di sbieco e finse di mordere, cosa che strappò un istante di leggerezza alle nostre membra esauste.
Mi sentivo intorpidito, come se una sorta di anestesia che non avevo ricevuto formicolasse in tutti i miei arti, pur senza vincere del tutto il dolore.
Doveva essere 'normale', dal momento che mi beavo della guarigione accelerata da lividi e abrasioni donatami dal marchio.
Meditai se fossi in dovere di propormi di dare il cambio a Diego al volante, quindi realizzai - con abissale sollievo - che eravamo ormai dentro i confini di Firenze.
Seguì qualche minuto di assordante silenzio, in cui tutti e tre tentammo di venire a capo degli orrori degli ultimi due giorni. In disordine.
Dunque,ero stato rapito, preso a pugni e calci di pietra, usato come merce di scambio per l'apocalisse. Mi avevano gettato spazzatura addosso, avevo scoperto di poter controllare - si fa per dire - il calore... e che mia sorella poteva trasformarsi in una letale creatura di magma. Lei e mio fratello si piacevano. Diego era stato costretto a rubare armi Dio sapeva dove e a uccidere per salvarmi la vita. La psicopatica sexy che mi aveva rapito aveva cercato vendetta per suo padre e io avevo avuto l'idea di lasciarla andare. Se avesse ucciso qualcuno, quel sangue non sarebbe stato sulle mie mani?
Era da malati ripensare al contatto tra le nostre labbra come il momento di minor orrore in quel delirio? Non era stato terribile come ultimo bacio, per quanto non l'avrei mai ammesso a voce alta.
Diego si schiarì la gola, rivolgendosi a Naay, tanto sommessamente che dalla fila posteriore faticai a sentire.
"Il tuo gemello... ho visto che è entrato nella terra, proprio mentre ce ne stavamo andando. È tornato... a casa vostra?"
Naay scosse il capo. "No. Voglio dire, credo che mi avrebbe avvisata, in quel caso. Penso che lo rivedremo in giro spesso."
Se lo credeva davvero, perché la tristezza le ombreggiava il viso? Socchiusi le palpebre ancora esauste, riflettendo su cosa dovesse provare in quel momento... ora che sapeva chi era e da dove veniva. Aveva una famiglia che era sempre stata sotto i suoi piedi... beh, qualche centinaio di chilometri più in basso, a essere pignoli.
"Naay... e tu cosa farai?" le chiesi, districando un piccolo nodo alla gola.
Lei esitò per qualche eterno secondo, durante il quale le spalle di mio fratello si irrigidirono.
"Io resto... sempre se mi volete tra i piedi, dopo quello che vi è successo per colpa..."
Diego la interruppe prima che io potessi farlo, con veemenza: "Cazzo, Naay, niente di tutto questo è stata colpa tua!"
"Mi ha tolto le parole di bocca!" confermai; quindi, sorrisi sollevato. "E quanto al volerti... A dirla tutta stavamo proprio meditando di buttarti fuori di casa e di fare della tua stanza un ripostiglio di marijuana, ma troveremo un'altra soluzione per continuare il narcotraffico."
Lei rise a mezza voce, scuotendo il capo e dimenticandosi della cupa spirale di pensieri che avevo letto nei suoi occhi scuri, riflessi in uno degli specchietti retrovisori.
Fu solo quando Diego azionò il telecomando del cancello che ci sovvenne che non avevamo uno straccio di storia di copertura da rifilare ai nostri genitori. Certamente erano impazziti dall'ansia e avevano chiamato nuovamente la polizia... Non si sarebbero accontentati di poco.
Ero sul punto di proporre di dire la verità nuda e cruda, quando un rumore ormai noto, proveniente dall'altro lato della villetta, ci mise in stato di allerta.
Ci precipitammo in giardino, pronti a difenderci da qualsiasi cosa fosse emersa dalla terra.
"State indietro!" gridò Naay, tentando di superare Diego, ma non aveva le forze per uno dei suoi super balzi acrobatici e lui fu più veloce.
Il mio marchio iniziò a pulsare sul palmo e l'aria intorno alle mani incandescenti di Naay prese a sfrigolare.
Udii l'esclamazione sollevata di Diego ancor prima di svoltare l'angolo del muro esterno della casa, di un allegro color giallo pastello. Librai per il sollievo nel realizzare che la figura incandescente che assumeva sembianze umane proprio di fronte a noi apparteneva a Drax.
"Tu... grazie dell'infarto gratuito, eh!" lo additò Diego.
Notando dove esattamente fosse collocato il suo foro, che già si era chiuso lasciando un cerchio perfetto di terriccio smosso, provai un moto di dispiacere per Laleh.
"Naay, quando hai detto che sarebbe ricomparso 'presto' non credevo intendessi tanto presto... e nell'aiuola dei gerani! Ma hai preso la mira per caso?"
Se lei alzò gli occhi al cielo, intenta com'era a giocherellare con il proprio ciondolo sfarfallante di luce e a regolarizzare il respiro, Drax si guardò intorno con aria perplessa.
"Quali gerani?"
Sospirai, indicandogli con un dito il luogo dove erano stati e Drax si illuminò di comprensione. "Oh. Quei gerani. Le mie scuse, non c'era modo di notarli da sotto."
"La prossima volta magari materializzati un po' più in là... Tipo nel folto del bosco e avvicinati a piedi, ti spiace?" intervenne Naay, guardandosi nervosamente intorno per capire se qualche vicino potesse aver visto dalle finestre. La siepe che ci separava dalla strada non era particolarmente alta.
Drax non sembrava affatto preoccupato, per contro, ed esplorò il tripudio di fiori del giardino con curiosità.
"Cercherò di ricordarmelo... Dunque, è qui che dimori da quattro anni?"
Le labbra di Naay tremolarono, mentre accennava alla villa che proiettava ombra su di noi. "Più... lì."
Drax studiò la villetta, annusando l'aria, e si fece rigido.
"C'è qualcuno. Molto vicino."
Un ramingo lampo incandescente gli percorse il collo. Fu fugace, ma non passò inosservato.
Un'imprecazione in arabo attirò infatti tutti i nostri sguardi su Laleh, la quale era appena emersa dalla forsizia in fiore, che si stagliava tra noi e la porta del capanno degli attrezzi. Le sue dita si schiusero per far cadere a terra le forbici da giardinaggio.
"Laleh!" la chiamammo io e Naay, leggermente sincopati. Quanto aveva visto?
"Ragazzi... l-lui... cosa..." il suo sguardo scioccato alternò da Drax a Naay, tanto simili tra loro. Ci avvicinammo, parlando uno sopra l'altro, il che non fu d'aiuto per il suo stato di stato di shock. Un'occhiataccia di Naay ci disse che ci avrebbe pensato lei.
"Laleh, va tutto bene!" la chiamò Naay, avvicinandosi a lenti passi e accennando a Drax di stare indietro. "Siamo tornati, visto? Drax... è complicato da spiegare, ma lo conosco da prima!"
Laleh fu come sbloccata.
"Monica! Alberto!" gridò, correndo verso la finestra socchiusa più vicina "I ragazzi sono qui! Stanno bene!"
Udimmo le esclamazioni di mamma e papà e i loro passi affrettati, prima ancora di vederli, mentre si precipitavano da noi. L'irruenza dell'abbraccio che seguì ci lasciò senza fiato e il mio senso di colpa triplicò: non avevo mai visto i miei genitori tanto pallidi e preoccupati.
Il tempo di realizzare in che stato fossimo - la sporcizia, le ferite in parte innaturalmente rimarginate e i lividi, il mio sommesso imprecare per l'esplosione delle mie costole durante l'abbraccio e in generale le nostre espressioni stravolte - e loro sollievo mutò rapidamente in orrore e rabbia.
"Possiamo spiegare..." iniziò Diego, pronto ad attirare la tempesta su di sé; "Forse faremmo bene a entrare e seder..."
"Spiegare? Bene, inizia a spiegare adesso! Ma che cosa vi è successo?" Esplose mamma "Dove diavolo siete stati, chi vi ha fatto questo?"
"La polizia vi sta cercando! Come vi è saltato in mente di sparire così, avete una vaga idea di quanto fossimo preoccupati!?" aggiunse papà accavallandosi a lei... per poi notare Drax, che ancora scrutava la scena, perfettamente immobile a qualche passo di distanza.
"E lui!? Chi è questo ragazzo... Naay?"
"Alberto... guardalo!" mormorò mamma, accostandoglisi con occhi sgranati. Potevo vedere gli ingranaggi muoversi nella sua mente. Comparare i loro volti non lasciava spazio a dubbi sulla parentela tra i due.
Noi tre ci scambiammo un'occhiata e la decisione fu comune.
"Mamma, papà..." iniziò nervosamente Naay "Come stavo cercando di dirvi l'altra sera..."
"No."
Una voce rauca, cupa e intrisa di potere, viaggiò attraverso il terreno, si insinuò nei nostri crani e parve cristallizzare il tempo.
Se Naay si limitò a fissare Drax con perplessità e irritazione, io e Diego fummo scossi da capo a piedi, ma un fiotto di energia si riverberò in noi attraverso i marchi, mantenendoci lucidi.
I nostri genitori e Laleh non ebbero tale lusso. Si immobilizzarono, fissando con palese terrore il gemello di Naay, che parve quasi crescere in altezza mentre il suo corpo prese a fumare. Non riuscivo a proferire parola, figurarsi a esternare la rabbia come invece fece Naay.
"Drax, ma che fai? Sei fuori di testa!? Smettila!"
Gli corse incontro, ma Drax la colse alla sprovvista, con una frusta di lava che la afferrò per una caviglia e la scagliò lontano, oltre il giardino.
Il grido di Naay mi trapassò le orecchie; contemporaneamente, il terrore che il suo gemello emanava rivaleggiava con la mia indignazione.
Diego, impanicato, urlò il suo nome, insultando Drax e iniziando a divincolarsi dal controllo mentale. Era come muoversi nelle sabbie mobili ed evidentemente io ero troppo provato per riuscirci. La mia vista si riempì di stelline e fui certo che sarei svenuto da un momento all'altro. Quel che era peggio, il formicolio prese a defluire, lasciando il posto a un atroce dolore in diverse parti del corpo.
"I vostri figli sono scappati di casa per una buona ragione che non siete interessati a scoprire." decretò la voce baritona dell'Aesir del Mantello "Ora sono tornati e stano bene; non porrete loro domande. Non ci penserete più. Nel caso doveste notare altre stranezze in loro, le accetterete senza indagare."
"Ehi, tu, sono i miei genitori che stai manipolando! Smettila! E dove hai lanciato Naay, testa di c...!?" ringhiò Diego, riuscendo a stento a muovere un altro passo nella sua direzione.
Quanto a me, l'unica in cui sarei andato era il basso. Barcollai, sforzandomi di restare sveglio.
Ero come rinchiuso in una bolla, ma riuscii a cogliere l'immagine di Drax che entrava nuovamente nel cerchio da cui era venuto. Questo si spalancò sotto i suoi piedi, inghiottendolo e richiudendosi, l'istante prima che Diego riuscisse a servirgli il pugno caricato nel suo braccio destro.
La pressione sulla mia mente si allentò, regalandomi un altro minuto di coscienza, ma lo sforzo e le privazioni degli ultimi giorni mi trascinavano inesorabili verso il baratro.
Un tonfo. Naay aveva appena compiuto un balzo inverosimilmente alto per superare la siepe del giardino e la sua pelle scura era letteralmente fumante, come l'espressione di lei. Sembrava illesa, ma i suoi selvaggi capelli neri erano umidi, come se fosse stata scagliata nella piscina privata del vicino.
Era tornata troppo tardi per fermare l'ipnosi, dal quale i nostri genitori iniziavano a riscuotersi, mormorando frasi confuse che non colsi. Lei e Diego si precipitarono da loro, incalzandoli con frasi concitate.
Naay, dopo aver sfogato la rabbia con un grido assai poco umano, iniziò a imprecare in una serie di lingue morte.
I miei non batterono ciglio, non notando neppure il medaglione sfolgorante di lei. Erano come... spenti, almeno finché lo sguardo di mamma non trovò me. Me, che collassai su un ginocchio, quindi prono.
"Lore!" si rianimò, con evidente panico. In breve, tutti si precipitarono da me e mi sentii controllare la fronte. Ero attorniato dalle voci di papà, che chiamava il 112, di mamma, che ripeteva il mio nome e chiedeva cosa mi succedesse, di Diego, che apostrofava Drax in una marea di invettive... e di Naay. Lei, tra le lacrime, mi implorava di riaprire gli occhi.
Ma io non potevo. Ero troppo esausto per farlo e il dolore era insopportabile.
* * *
Calore.
Un fuoco bruciante sul palmo della mia mano. Piccole dita bollenti che si serravano attorno al medesimo braccio, mantenendolo in posizione.
Un fiotto di energia attraversò il mio arto, il petto, sino alle palme dei piedi e alla radice dei capelli. Mi trascinò verso la luce e una cacofonia di voci familiari... un limbo di semi-coscienza in cui il tempo era unicamente scandito dal ritmico "bip" di una flebo.
"...giuro che quando lo trovo gli faccio il culo a strisce." ringhiò Naay. "Solo, mi seccherebbe chiedere di nuovo aiuto al mio ex!"
"Non hai bisogno di lui, ci riuscirai! Ci stai provando solo da cinque giorni, no?"
Cinque giorni!?
La voce di Diego condivideva la medesima rabbia. Naay sospirò.
"Cioè... forse sono una stupida. So che è nei paraggi, ma non sono ancora pronta a parlargli... e voglio farcela da sola."
"Brava. Portati dietro un cambio e dei soldi, stavolta, ok? Così potrai avvicinarti un po' anche tu, se sbagli, e non costringermi a venirti a prendere in Svizzera di nuovo!"
Eh?
"É successo una volta!" si inalberò Naay, cadendo nella trappola di Diego, che adorava stuzzicarla e farle perdere le staffe.
Come lui si mise a ridere, al fine di evitarmi di assistere inerme a uno dei loro battibecchi, decretai che la mia incoscienza dovesse avere fine e diedi un colpo di glottide.
"Lore! Sei sveglio!? Oh, Terra, grazie!"
Schiusi le palpebre cementificate con un enorme sforzo e misi a fuoco i volti sollevati e felici di Naay e Diego. I lividi che ricordavo sembravano completamente guariti.
"Ahi..."
Uno sguardo preoccupato saettò tra loro. Giuro, volevo dire "ehi", ma il mio povero cervello stava ancora processando la mia insensata assenza di dolore.
"Che cavolo è successo? Q-quanto tempo...?"
L'espressione di Diego si fece grave, mentre anticipava Naay nel rispondere: "Sette anni" e ricevere da lei una poderosa gomitata e un'alzata d'occhi.
"...o meglio, sette giorni, non stare a sentire questo idiota!"
"Idiota a me?" sorrise Diego, incrociando teatralmente le braccia.
Scossi il capo, disponendomi seduto contro il parere generico. Chiesi dei nostri genitori e scoprii che mi ero svegliato nell'unica ora in cui avevano deciso di passare a comprare qualcosa al supermercato nei pressi dell'ospedale. Mamma e papà, fui informato, si erano alternati al mio capezzale per tutto quel tempo, senza battere ciglio di fronte ai quotidiani rituali con il medaglione eseguiti da Naay... rituali istintivi che neppure lei sapeva spiegarsi.
"Io... non so esattamente come, ma... credo di averti trasferito energia attraverso il marchio. Per guarirti." un velo di timidezza le attraversò il viso, compagna del dispiacere. Come la sua voce si ruppe, Diego le rivolse un triste sorriso, sedendosi dall'altro lato del letto, rispetto a lei.
"Non sappiamo come tu sia stato in piedi tanto a lungo" proseguì mio fratello maggiore "Avevi decine di microfratture e un'emorragia interna! E io che ti credevo una femminuccia...!"
Cosa?
Naay sospirò, torva in viso. "Ho parlato con Cail: è probabile che in condizione di stress ti stessi trasmendo un po' di energia in modo costante, ma poi l'ipnosi di Drax ci ha allontanati e ha interferito! Sei entrato in una sorta di coma rigenerativo. Anche noi Aesir lo facciamo quando siamo feriti molto gravemente; cioè, di solito non in superficie, ma in fondo di base tu sei umano."
"Oh..." mormorai, nel tentativo di recuperare i confusi ricordi antecedenti lo svenimento. Il gemello di Naay aveva... mi irrigidii. "Oddio, mamma e papà...!"
"Stanno bene, ma ogni volta che proviamo a dire loro cos'è successo..." Diego strinse i pugni e i suoi verdi occhi emanarono lampi; "...loro ci ignorano, come se non avessero la facoltà di ascoltare o trovassero qualsiasi idiozia più interessante della fottuta verità. E quel coglione di Drax nel frattempo è sparito."
Avrei tanto voluto convincermi che si trattasse di uno scherzo di pessimo gusto come quello dei sette anni... ma conoscevo mio fratello. Imprecava di più quando diceva la verità.
"Non per molto." lo corresse Naay, con il cipiglio di un guerriero sul campo di battaglia "Credo di aver capito come fare, devo solo allenarmi a far reggere l'ovetto Kinder metallico abbastanza a lungo."
Esausto, mi limitai a fissarla. Sia chiaro, ero ormai avvezzo alle stranezze di Naay, ma qui si grattava la superficie del limite. Diego, a differenza mia, sembrava sapere di che accidenti lei stesse parlando.
"Vi andrebbe di illuminare sulla vostra scienza anche un povero profano che preferisce il salato al dolce e che di ovetti non se ne intende?"
L'illuminazione dovette attendere. La porta fu spalancata e mamma, come mi vide sveglio, lanciò un'esclamazione di sollievo, mollando la spesa a terra senza cerimonie per precipitarsi da me.
"Perché non mi avete chiamato per dirmi che si era svegliato!?" rimproverò mamma "Diego, non stare lì impalato, scrivi a papà!"
Scoprii che mio padre era al lavoro, al momento. C'era un limite ai giorni che poteva prendersi per emergenza famigliare. Riuscì a raggiungerci in un paio d'ore, trafelato.
La presenza confortante della mia famiglia riuscì a farmi dimenticare gli orrori vissuti, almeno per un po'. La preoccupazione per l'ipnosi dei miei si attenuò, come realizzai che erano gli stessi di prima, finché non si accennavano certi argomenti in loro presenza.
Certo, ciò non significava che non condividessi l'impulso di rompere il naso al gemello di Naay e costringerlo a annullare qualsiasi cosa avesse fatto loro. Purtroppo, lei era l'unica che avesse una speranza di successo in questo.
Mi chiesi come avrei potuto rimediare ai problemi che avevo causato facendomi rapire; quelli di cui nessuno mi stava accusando: per poco non avevo scatenato l'apocalisse.
L'energia infuocata di Naay ancora mi scorreva nelle vene; era una piacevole sensazione di sottofondo. Un promemoria costante che ero al sicuro, dove gli Aesir non avrebbero potuto più toccarmi... che avevo un potere che mi aveva salvato la pelle e che intendevo imparare a padroneggiare.
Una guerra era alle porte e mia sorella avrebbe tentato di impedirla. Non le avrei permesso di farlo da sola.
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