Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

| Capitolo XI | - Alle origini

* NAAY *

Pompei non bruciava più, eppure il calore e il fuoco avevano lasciato l'impronta indelebile sul brullo e desolato territorio entro svariati chilometri dal vulcano. I centri urbani carbonizzati erano ancora città fantasma, popolate solamente dai pigri volteggi della cenere.

Eppure, tutto intorno a quel deserto, la vita era andata avanti. Certo, l'economia italiana aveva subito un serio colpo, ma erano arrivati aiuti e supporti umanitari da tutta l'Europa per feriti e sfollati.

La colata piroclastica si era mossa prevalentemente verso sud-est, ossia dove ci trovavamo noi all'epoca, mentre per un soffio aveva graziato Napoli, a Nordovest. Per quanto poco fosse durata, aveva sostanzialmente ucciso qualsiasi essere vivente lungo la sua strada e l'ex-parco naturale del Vesuvio avrebbe impiegato decenni, se non centinaia di anni, per riprendersi del tutto. Era un processo lento, già visibile ai margini della zona morta...

Il Monte Cerreto... un margine su cui ora posavo entrambi i piedi (metaforicamente, giacché eravamo ancora in macchina). Diego guidava come un rapinatore inseguito dalla polizia, forse nel timore che da un momento all'altro un altro mostro ci avrebbe assaltati a tempo perso. Probabilmente non era il caso di saltare dall'auto in corsa, ma da un'ora buona mi agitavo sul sedile come uno stallone insofferente al proprio box.

Da diversi minuti la pietra lavica pulsava e sfarfallava luce. Era forse... irrequieta?
Certo, Naay, il tuo ciondolo è nevrotico, non tu, mi derisi da sola, nel tentativo di costringermi a rinsavire.

D'altronde, mi era capitato spesso di pensare che quel dannato affare avesse una propria volontà. Sembrava quasi che una montagna di energia potenziale vi fosse schiacciata e battesse mani e piedi dall'interno di esso.
Per quanto fosse assurdo, ero sicura che il contatto con la terra avrebbe aiutato, se non risolto il problema, ma il commento di Diego fu:

"Fammi capire, mi stai chiedendo di accostare perché il tuo ciottolo lavico è incontinente?"
Ci riflettei.
"Ok, ora che la metti così, lo so quanto sembri folle... Ma vuoi davvero farmi la predica dopo avermi dato dello gnomo?"

Emise un verso di incredulità, aggirando una zona dissestata della stradina in disuso. Nessuno veniva a riparare l'asfalto lì da anni.
"Solo tu hai pronunciato la parola 'gnomo'! Io quoto per 'guerriero ninja dai capelli impazziti e dalle mani di fuoco'..."

Aggrottai la fronte, passandomi istintivamente una mano tra la mia selvaggia chioma. Come da manuale, i miei insolenti nodi erano di diverso avviso.
"...un Super Saiyan...?"
Ero beatamente ignorante nel campo dei manga, ma sapevo che lui aveva attraversato una fase nerd, dieci anni prima. Lore l'aveva giurato sulla propria moto, la sua bambina.

Diego mi scoccò un'occhiataccia mirata a soffocare un sorriso e sollevò le mani, prima di ricordare che stava guidando e si apprestava una curva.
"Ti piacerebbe! Ascolta, io ho solo ammesso che fosse il caso di controllare se per caso..."
Assottigliai gli occhi a fessura. "... Sono sbucata dalla terra e per caso ci sono i resti del mio buco?"

Lore diede un colpo di gola. "Io devo fare due gocce, da altrettante ore. Tanto per dire."
Apprezzai il suo supporto e l'evidente bugia, mi Diego non si lasciò impietosire.

"Mancheranno dieci minuti! Piantatela di frignare e tenetevela! Scenderemo dalla macchina il meno possibile, controlleremo ciò che siamo venuti a controllare e ripartiremo."
Il suo tono di comando mi mi urtòi nervi, ma non trovai di che protestare. Potevo resistere, ignorando il pulsare implorante della pietra lavica. Prima ci fossimo allontanati da lì, prima avrei ricominciato a respirare.

Mi pentivo di più ad ogni istante di aver acconsentito: la teoria di Lorenzo era ben oltre il livello di assurdità che ero risposta ad accettare. Senza considerare quell'inquinante, eterno viaggio in macchina...

"Ma tu adori dimostrare di avere ragione. E io adoro dimostrare che hai torto." era stata l'argomentazione con cui Diego mi aveva messa KO.

Un sospiro era giunto dalla fila retrostante. "Tecnicamente l'idea è stata mia, ma... Non importa. Mi sta chiamando mamma, le dico che andiamo a Gardaland?"

Era una pessima scusa: non ci sarei mai andata senza postare qualcosa e mamma lo sapeva. Il patrono degli scapestrati aveva scrollato il capo con aria di sufficienza, porgendo la mano all'indietro per farsi passare il cellulare di Lore.
"Lascia fare ai professionisti."

Ora mamma e papà erano serenamente convinti che ci stessimo annoiando a morte in un museo di Arezzo dove era vietato fotografare, chilometri e chilometri lontani dall'accidentata stradina dove quattro anni prima per poco non ci avevo lasciato le penne.
Correzione: dove tutti noi eravamo quasi morti.

Osservavo gli scheletri secchi degli alberi un tempo rigogliosi che avvolgevano il percorso come verdi cortine, quando quel pensiero mi colpì in profondità. Avevo evitato di pensarci per tutto il viaggio, ma loro, al contrario di me, non avevano dimenticato il trauma.
Non doveva essere facile neppure per Diego e Lore tornare ai piedi del Vesuvio... la bruna montagnola che si intravedeva in lontananza, sulla quale pareva aleggiare un'aura di malizia.

I due ragazzi erano pallidi e nervosi, eppure affrontavano i loro incubi per me, che da brava ingrata avevo fatto la sostenuta per tutto il viaggio.

Mi stavo decidendo a ringraziarli, quando Diego si lasció andare a una sonora imprecazione e la Giulietta scarlatta di mamma rallentò: la strada era sbarrata da una recinzione a maglie metalliche e da svariati cartelli di pericolo.

"Fantastico!" bofonchiò Lore "E ora...?"

"Sicuro che non abbiamo superato il punto?" chiese Diego, con evidente frustrazione. Essa fu seguita da imbarazzo, mentre lui mi scoccava un'occhiata. Lore scosse il capo e nessuno dei due lo questionò.
"Se sono sicuro? Sì, sono sicuro! Sarà una cinquantina di metri più avanti."

Non mi soffermai a pensare. Mi muovevo come in una trance, sospinta dalla pressione dell'energia potenziale nella pietra... dovevo sfogarla in qualche modo! Solo, non avevo idea di quanto ciò fosse urgente, prima dell'istante in cui il mio pugno aprì uno squarcio nella recinzione metallica.

* * *
* DIEGO *

"Dovremmo dirle che poteva limitarsi a sfondare quella con un super-calcio?" chiese Lore alla mia destra, indicando una porta metallica a tre metri dal buco che Naay stava aprendo con pura furia e mani nude.

Scossi il capo, mio malgrado rapito dalla visione delle sue nocche incendiarie che surriscaldavano il metallo, ora incandescente, per poi piegarlo. Una scena brutale, per quanto addolcita dalle movenze sensuali del tonico corpo di lei. Aveva indossato jeans attillati di un grigio tenue, che le fasciavano due gambe affusolate e sode da ballerina...

Realizzai che Lore aspettava ancora una mia risposta:
"Dubito che la polizia passi spesso da queste parti e ho come il sospetto che la costipazione del ciottolo fosse una cosa seria. Meglio quel povero recinto che noi."

"Vi sento!" ringhiò Naay, voltandosi per caricare il cazzotto definitivo e infliggere il colpo di grazia che abbatté uno dei pali metallici portanti... E con esso un'intera sezione di recinzione. Dopodiché, trasalì, rimanendo immobile a osservare il proprio capolavoro.
"Mhmm. Ragazzi, credo proprio di avere la superforza."

"Brillante deduzione, Watson." osservò Lore, roteando gli occhi marroni "Anche a me stava antipatico questo... Uh, sbarramento. Non è mai stata una gran bellezza comunque."
Un timido sorriso veleggiò già sul viso di lei. Avvertii una spiacevole sensazione di contorsione nelle mie budella: ecco un sorriso che lei non mi aveva mai riservato.

Mi avvicinai più di Lore, verificando che la pelle di lei non ustionasse, prima di sfiorarle le nocche intatte. Non una minima sbucciatura!? Aveva colpito il metallo!

Lei posò i grandi occhi neri sui miei, guardandomi come se sapesse esattamente a cosa stessi pensando. Un'idea terrificante ed eccitante al tempo stesso.

Mi riscossi, prima che qualcos'altro cominciasse a pulsare, questa volta assai più in basso.

"Il lato positivo è che alimenterai per decenni leggende metropolitane sulla presenza di orsi gnomi nei paraggi." commentai, sbirciando il paesaggio desolato e la dissestata strada oltre le transenne. Balzai oltre ridacchiando per evitare una gomitata non-super forte, ma comunque diretta alle costole.

Non ci restava che proseguire a piedi. Rabbrividii. La strada dall'altra parte del recinto non aveva nulla di speciale... Ma c'era una curva. La curva che papà aveva preso a tutta velocità.

La mia gola si fece riarsa e, per un istante, le mie gambe si bloccarono. Quello era l'ultimo luogo sulla terra dove avrei voluto trovarmi, ma Naay, checché ne dicesse, necessitava di una conferma. Quanto a me, non credevo affatto che potesse essere sorta dalle viscere della terra, ma una parte di me aveva bisogno di tornare in quel luogo.

Nei miei ricordi, era buio, infuocato e terrificante... un vero inferno. Ora, nella quiete del tardo pomeriggio, percorsi con sguardo di sfida ogni imperfezione dell'asfalto, ogni rachitico spettro d'albero.
Lore, zaino in spalla, mi raggiunse, bevendo dalla propria borraccia che mi feci prestare.
"Beh... Ci siamo." mormorò, nervosamente.

Naay ci superò, macchina fotografica alla mano, e si diresse a grandi passi verso la curva.
"Che femminucce! Questo posto é molto meno inquietante di come l'avete descritto."

Pur conscio che la sua sfida era mirata ad alleggerire la tensione, non potei evitare di scambiare un'occhiata significativa con Lore.
"Ma l'hai sentita? Mi sa che parla con l'artefice della descrizione..."
Lui si accigliò. "Ha detto femminucce, cretino!"
Nell'arco di tre secondi eravamo alle calcagna di lei e avevamo superato la curva.

Naay corse per una quarantina di metri, per poi adocchiare qualcosa ai margini della strada e fermarsi di colpo.
La sua espressione era puro shock e, al di sotto della morbida felpa bianca, il petto di lei si alzava e abbassava con frenesia.

"Naay, che c'è? Tutto bene?"
Non avevo terminato la domanda, che notai ciò che l'aveva turbata tanto. Non c'era nessun buco, bensì un cerchio perfetto privo di alberi, cespugli o sassi. Inoltre, parte della strada era come... Scomparsa. Sfiorai il terriccio, senza trovare neppure le briciole dell'asfalto... Solo un vuoto semicircolare.

Il mio cuore sprofondò. No, doveva trattarsi di una coincidenza. Doveva!

"Qui. Papà ha inchiodato qui, ma Naay era troppo vicina... Il che non ha senso, avremmo dovuto vederla prima!" mormorò Lore, in piedi in mezzo alla strada, gli occhi serrati per fare appello a tutta la sua memoria visiva. "A meno che... Naay non sia sbucata dal bosco, o non fosse sdraiata e si sia alzata..."

Sdraiata!? Scossi il capo:
"E perché mai una ragazzina avrebbe dovuto fare una pennichella in mezzo a un'extraurbana, nel bel mezzo di una catastrofe naturale? Se anche avesse voluto farla finita prima che ci pensasse il vulcano, perché saltare?"

Lore allargò le braccia.
"Sto tirando a indovinare, Diego! Istinto?"

Forse, ma restava ancora da capire come accidenti fosse giunta sin lí. Nello scenario in cui lei fosse piombata lí dal bosco senza guardare... Che stesse fuggendo da qualcuno? Ma allora perché non correre via dal maledetto vulcano, lungo la strada, già che c'era?

Qualsiasi teoria era buona, pur di non considerare...
Il mio sguardo tornò alla fetta di strada scomparsa, che anche Lore stava fissando. Mi aspettavo che Naay iniziasse a protestare, dichiarando che era nella natura delle strade deteriorarsi e che quella forma tanto regolare era necessariamente una coincidenza... Ma non un suono usciva dalle sue labbra.
Seguitava a fissare il cerchio di nuda terra con gli occhi sbarrati.

"Ehi?" Le tamburellai sulla spalla "Magari non significa nulla! Non è un buco, no?"
Di nuovo, nessuna reazione, al di fuori delle scintille magmatiche che le percorrevano le iridi.

Naay era caduta in una sorta di trance. Chiamarla ripetutamente e scrollarla gentilmente per le spalle fu inutile: non si destava. Finimmo per aiutarla a distendersi a terra, con le mie ginocchia sotto la sua nuca: l'ultima cosa che volevamo era che, risvegliandosi, cadesse come una pera cotta e facesse il bis di trauma cranici per opera di asfalto.

"E ora che facciamo? Chiamiamo il 112?" Fece Lore, consumando la strada a furia di fare avanti e indietro. Io nascondevo meglio l'ansia, concentrandomi sul sistemare meglio il viso di lei sulle mie ginocchia.

"Per dire che? Chiedere cosa fare in caso di trance mistica? Trova piuttosto qualcosa per sollevarle le gambe: mettiamola in posizione antishock e aspettiamo qualche minuto."

Lore eseguì senza protestare, memore del corso di primo soccorso che avevo seguito anni prima.

Era stato un errore portarla lì. Ne ero certo, ora che scostavo i selvaggi e splendidi capelli neri dal viso assente di Naay. In qualche oscura maniera ero certo che stesse bene, eppure... Nel vederla così, i miei organi si contrassero e la frustrazione mi divorò: ovunque fosse la mente di lei, io non potevo raggiungerla, men che meno aiutarla.

"La mamma ci ammazza..." mormorò Lore, un ansiogeno sottofondo ai miei pensieri. Quindi, schioccò le dita, colto da un'illuminazione. "Credevo di essermelo immaginato, ma... per un attimo non aveva assunto un'espressione simile prima di ricordare il nome del suo ex?"

Sollevai lo sguardo, mettendo faticosamente a fuoco il magro e acceso volto di mio fratello. A ripensarci, anche io l'avevo notato, sul momento, per poi catalogare il fatto nell'album delle stranezze di Naay.
"Sarà stata immobile per forse dieci secondi, prima! Ora è da qualche minuto che è imbambolata, Lo."
Il che mi portava a chiedermi: cosa stava ricordando?

Un fruscio ci strappò un sussulto. Dalle ombre crescenti in un punto meno rachitico della vegetazione, due occhi di pietra ci squadravano. Due orbite grandi quanto una tazzina del caffè e dall'inumana pupilla verticale.

* NAAY *

Una fitta alla testa ed ero tornata indietro nel tempo.
Mi ero arrampicata per ore, forse giorni, sospinta da un liquido caldo in risalita. Mi ero aperta la strada deviando da una sorta di tunnel e addentrandomi nella terra, che si apriva al mio passaggio. Esausta, avevo realizzato di trovarmi in una una rigogliosa foresta, ai margini di una strada.

Lampi di ricordi si susseguirono a ritmo serrato: l'assurda sensazione di dovermi abituare a un nuovo corpo; la mia sfuocata vista che aveva impiegato del tempo a scindere la luce dei due fari, scambiandoli inizialmente per la luna. Non avevo mai visto un'automobile prima e ne ero terrorizzata.
Il tempo che rallentava durante il balzo; l'impatto.

La scena cambiò, prima che potessi carpire nuovi dettagli. D'un tratto, mi ritrovai in un ricordo assai più remoto.

Non era una macchina a muoversi, bensì un carro, trainato da un mulo recalcitrante. Io viaggiavo a piedi di lato, guidando con sicurezza un esausto cavallo pezzato per le redini. Ero circondata da sconosciuti in abiti dalla foggia antica, che emanavano un odore acre.

Viaggiavamo al buio, guidati meramente dalla luce delle stelle e della luna - quella vera, stavolta. Avevo rischiato di inciampare decine di volte, nelle ore precedenti, per colpa del genio che aveva deciso di spegnere il fuoco delle torce e muoverci prima dell'alba. Il genio ero io naturalmente.

Man mano che avanzavamo, notai che il firmamento accarezzava in fugaci, argentei lampi la spada alla cintura di uno dei miei accompagnatori. La medesima spada fu estratta in un fluido movimento, nell'istante in cui gli uccelli della notte smisero di cantare e le cicale di frinire. La natura tratteneva il fiato, per poi liberare un sordo ringhio che proruppe dal sottobosco.

🌺🌺🌺⭐🌺🌺🌺

Ciao! Vi è piaciuta la storia? Scusate errori ed orrori.
Fatemi sapere che ne pensate!

Al prossimo aggiornamento in pochi giorni,

Marti☺️

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro