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| Capitolo VIII | - Cail

* CAIL *

Oltrepassai il cigolante cancello del parco della Carraia con passo tranquillo. Il mio sguardo impiegò un mero istante per trapassare le crescenti ombre del crepuscolo.

Apprezzavo il moderno e deciso chiarore dei lampioni a elettricità, ma in cuor mio non potei soffocare un moto di nostalgia per l'ostinato e tremulo gioco di luci delle candele.

In un luogo pacifico e curato come quello, potevo dimenticare di non essere umano. Esso accoglieva tutti, indiscriminatamente.

Un uomo dall'incarnato color ebano, in abiti leggeri e sportivi mi superò di corsa, portando con sé la ritmata batteria che infuriava nei suoi auricolari. Non mi degnò che di uno sguardo fugace, seppur incuriosito dal mio ingombrante cappotto nero, che solo un secolo prima sarebbe stato in gran voga. Nulla in confronto alle occhiate costernate che ricevevo tre anni prima, quando ancora non mi ero sbarazzato delle basette.

Ora assai poco del mio aspetto era fuori dall'ordinario: ero un ragazzo dai lineamenti armonici e dalle iridi del colore dell'aria. Centinaia di donne di svariate epoche mi avevano giudicato attraente. Rasato di fresco, dimostravo appena vent'anni e la mia pelle diafana risaltava sui miei capelli castani rasati sui lati.

Ero appena uscito dal barbiere, ammaliandolo affinché non mi chiedesse di pagare, quando lei era sfrecciata sulla pista ciclabile a mezzo metro da me. Mi ero pietrificato per la sorpresa: cosa diamine ci faceva in una città, lontano dalla terra?

Non riuscivo a scrollarmi di dosso il modo in cui mi aveva guardato... dopo tutto quel tempo. Temevo sarebbe stata ancora furiosa, invece si era dimostrata per lo più confusa e preoccupata... quasi stesse tentando di decifrarmi.
La pulsazione di reset del suo medaglione, che batteva all'unisono con il mio, l'aveva spinta a inchiodare.

Scrollai le spalle, irritato, avventurandomi in uno dei sentierini secondari e deserti del parco. Oltre la lucente cappa che sormontava la città, il setoso manto della notte andava puntellandosi di fresche stelle.

Mio malgrado, mi ritrovai a sfiorarmi le labbra, ripensando agli eventi di poche sere prima, quando avevo seguito Naay nella discoteca dove lei era entrata a svagarsi. Non era mia intenzione approfittare del suo stato confusionale, dovuto al troppo tempo trascorso in superficie in forma totalmente umana...  eppure, l'immutata e ferina bellezza di lei mi aveva stregato.

L'avevo approcciata con intenti quantomai puri, per poi ritrovarmi il corpo tonico e giovanile di Naay spalmato sul mio. Come se nulla fosse mai cambiato.

Non credevo avrei mai rivisto in lei l'emozione che l'aveva infiammata dall'interno: la lussuria. Una parte di lei era ben cosciente di volere quel bacio, almeno quanto me.

Infine, prima che potessi completare il rituale, un'umana aveva attirato la sua attenzione, folgorandomi con un'occhiataccia, e l'aveva portata via di peso dal locale.  Il rituale doveva essere completato, per il bene di entrambi.

Con una smorfia mi ritrovai a pormi la domanda della mia vita: Smetterò mai di rincorrere quella ragazza?

Non sapevo per quale ragione rimanesse in superficie, ma non intendevo commettere un errore che l'avrebbe spinta a cambiare idea. Visitarla una volta all'anno per poi scomparire, come lei evidentemente voleva, iniziava a pesarmi, ma glielo dovevo.

Passeggiando, giunsi in uno spazio più aperto tra gli alberi del parco.
Un'ampia scalinata, foderata dall'erba che cresceva sui gradini, conduceva ad un prato e ad un'area di gioco, al momento deserta. Rampicanti impreziosivano la massiccia balaustra in pietra delle scale, inscritta di graffiti, e alte latifoglie racchiudevano la nicchia serena del prato che si stendeva ai suoi piedi. Tra esse risaltava una conifera che sormontava due tavoli da picnic in legno.
 
Fu allora che avvertii una vibrazione sospetta. Allarmato, appoggiai una mano al suolo, concentrandomi come Naay mi aveva insegnato. L'ipocentro della scossa era localizzato esattamente sotto la scalinata... dietro allo sbocco ad arco di un tunnel di origine antropica.

Ebbi appena il tempo di prepararmi a combattere. Il cancello che chiudeva il passaggio fu scardinato da una forza esplosiva interna e ne emerse una creatura umanoide. Un Aesir della Crosta terrestre, incarnazione di una pietra locale.
"Ma guarda un po'..." ghignai, richiamando a me la potenza delle correnti di alta quota. "Qualcuno si è perso?"

La creatura ruggì, battendosi il petto, e altre due ne sbucarono dal tunnel retrostante, in un frastuono di metallo deformato e pietra sbriciolata dalla forza bruta. Si disposero in una formazione a stormo di anatre, orientato minacciosamente verso il sottoscritto. 
Questo poteva essere un problema! Malgrado il mio atteggiamento rilassato, ero cosciente del pericolo: dovevo metterne fuori combattimento almeno uno in fretta.
 
"Tu sembri decisamente fuori posto, Cail, figlio di Ail" ringhiò la creatura, portando in posizione le corna taurine. Il mio labbro inferiore tremolò, mentre riconoscevo il loro capo.

Decisi di sperimentare un po' di linguaggio umano moderno giusto per irritarlo.
"Seriamente, Boldrig? Quei cornetti ti sembravano un upgrade? Gli umani non adorano più le vacche da un po', temo..."

Ricevetti diversi sibili da parte dei suoi compari, anch'essi cornuti, ad eccezione di uno – doveva essere una nuova moda tra gli Aesir della Crosta. Dopodiché caricarono.
Il vento mi sorresse, nel salto mortale che mi elevò fuori portata, per poi depositarmi sulla balaustra della scalinata.

"Seriamente dobbiamo risolverla qui?" sospirai "Sarebbe un peccato distruggere un posto che, incredibile ma vero, gli umani hanno migliorato..."

Apparentemente, dovevamo. L'aria attorno a me vibrò, solidificandosi in uno scudo elastico che rimbalzò indietro l'Aesir più mingherlino, ma furibondo: il non-cornuto. Questi ruzzolò malamente sul prato, falciandone una serie di zolle innocenti. Nel frattempo, io accusai il prezzo energetico e mi limitai a schivare il successivo assalto, lanciandomi in un balzo oltre la balaustra. Avvertii le sue zanne fischiare a un millimetro dal mio cappotto; la creatura volò oltre me, per poi impattare duramente con un muro in pietra. 

Mentre ancora cadevo, richiamai a me una corrente di quota, preservandone con un piccolo sforzo l'artico gelo degli strati più remoti dell'atmosfera. Toccai il suolo una frazione di secondo dopo, al che il capo degli Aesir mi fu addosso. 

Boom

Il suo poderoso pugno, che schivai rotolando lateralmente, generò una nuova scossa a bassa magnitudo. Un palo della luce poco distante si schiantò fragorosamente a terra e innumerevoli uccelli si levarono starnazzando, allarmati dagli antifurti di decine di automobili. Imprecai mentalmente: uno di quei volatili si era disposto sulla traiettoria di ciò che stava per arrivare dal cielo... lo sentii congelare, istantaneamente. Non potevo però salvarlo al prezzo della mia vita.

Il capo degli Aesir mi inchiodò al suolo con il piede di pietra, preparando un pugno che questa volta non avrebbe mancato il bersaglio. Mi divincolai a metà della mia usuale forza, affinando la corrente gelida in una sorta di raggio laser. Divertita dai miei sforzi, come speravo, la creatura esitò, con un sorriso che le incurvava due labbra inesistenti e aggiungeva spigoli a un tagliente viso di quarzo.

"Non sei tanto spocchioso senza la tua bella a guardarti le spalle, eh?" mi schernì "Quando imparerai che la superficie non è posto per te?"

Il malcapitato falco in quota precipitò alle sue spalle, schiantandosi sul tetto del castello del parco giochi. Non poteva essere morto per nulla. Non evitai lo sguardo del mio nemico, così che questi vedesse la sua imminente morte specchiarsi nei miei occhi.
"Vuoi sapere cosa accadde all'uomo che tentò di imprigionare l'aria, Boldrig?"

Il laser a freddo lo colpì dall'alto e lo stress termico mandò la creatura in frantumi. Puro shock segnò gli ultimi istanti della sua vita. Mi coprii il viso per evitare i frammenti che esplosero in ogni direzione, quindi le orecchie, assordato dalle grida belluine e furibonde degli altri Aesir, che si erano rialzati, preparandosi a combattermi. 

Fui in piedi in un istante, conscio di perdere la presa sulla mia arma termica.

"Quante storie fate, il vecchio bastardo si rigenererà nel giro di..."
Mi interruppi, giacché l'Aesir di pietra alberese, una creatura calcarea di colore grigio-giallastro, mi caricava a testa bassa. Il raggio lo investì in pieno, spaccandolo in tre parti e un nugolo di frammenti. Fui costretto a sprecare energia generando uno scudo elastico, per evitare di ritrovarmi ad ammirare una delle schegge molto, troppo da vicino.

Il raggio si era definitivamente disperso, quando mi voltai ansante verso l'ultimo Aesir. Il non-cornuto si era decisamente ripreso dalla caduta di faccia sul prato e mi indirizzava veleno con i marmorei occhi. Un sordo ringhio ferì l'aria e aizzò la mia adrenalina. 
"Non ne avrete mai abbastanza, vero? Dimostrare il vostro potere è la sola cosa che conta per voi?"
 
Aggrottai la fronte. "Noi, chi? Vedi qualcuno con me? Tra l'altro, non ti sembra di fare un po' di proiezione, qui? Io me ne stavo tranquillo nel parco a farmi gli affari miei, quando voi avete attaccato me!"

Dovetti balzare lateralmente e schivare la pietra che la creatura aveva staccato da sé stesso. Era poco più grande di una noce, ma mi avrebbe trapassato il cranio. Maledizione, avevo di fronte un lanciatore di pietre!
"Voi invasori non siete i benvenuti sulla crosta terrestre! Noi andiamo forse a invadere i vostri elementi!?" strepitò la creatura, in un ruggito che ricordò lo sbriciolarsi di una montagna. Appoggiai la mano sul mio medaglione, facendo appello al poco potere che forse ancora conteneva... ma nulla, era dannatamente vuoto! A dispetto di quanto ciò mi irritasse, realizzai che c'era un'unica soluzione.

"Ah, non lo siamo? I tuoi predecessori tra i miei aspiranti assassini si sono scordati di accennarmelo..."

Non avevo bisogno d'altro che di attirarmi una carica frontale della creatura, i cui occhi fiammeggiarono.
L'Aesir scalpitò, avventandosi su di me. Trovandomi a un passo dalla morte, il mio medaglione pulsò e vibrò assai più di quanto avesse fatto nei giorni precedenti.

Richiesi un contatto con la pietra lavica di Naay, al fine di prendere in prestito un po' del suo potere. Una briciola sarebbe stata sufficiente.
Mi sarei scusato con lei in seguito, sicuro che avrebbe compreso che si trattava di una situazione di vita o di morte.

Un mare di energia si riversò nel mio avambraccio e nelle mie gambe, ben piantate al suolo. Ma che accidenti... perché lei ne aveva così tanta, come se fosse giunta in superficie il mese precedente o in tutto quel tempo l'avesse conservata!? Gridai, mal sopportando quel devastante bruciore, ma al contempo quasi non percepii l'impatto delle mie nocche con il mento dell'Aesir.

La creatura fu scagliata dall'altra parte del parco e si schiantò su un tavolo da picnic, sfondandolo. Lì giacque riversa per qualche istante. Crollai in ginocchio, con le orecchie che fischiavano e le braccia fumanti. 

Fu allora che una serie ritmata di tonfi di pietra su pietra mi fece voltare: altri due Aesir della Crosta erano appena emersi dal medesimo tunnel dei loro compari. Uno di essi era una mezzosangue come me e batteva le mani sarcasticamente.... mentre il secondo emetteva un sommesso ringhio. 

Sgranai gli occhi, tra la paura e l'incredulità: in tutta la mia vita, non mi era mai capitato di essere attaccato da così tanti di loro, contemporaneamente. Se anche i nuovi arrivati fossero stati in procinto di farmi la festa, non ci sarebbe stato molto che potessi fare per fermarli: avevo esaurito le mie carte.

La ragazza mezzosangue parve quasi leggermi del pensiero, giacché un ghigno strafottente veleggiò sulle sue labbra.
"Un trucchetto spettacolare, figlio di Ael. Des era solito calpestarmi i nervi, ma ti dirò che avrei preferito prenderlo a calci di persona. Padre, ora posso attaccare?"

 
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| SPAZIO AUTRICE |

Ciao! Ti è piaciuta la storia finora? Cosa pensi delle nuove rivelazioni?

Ho diviso il capitolo VIII in due parti... La seconda ti sta aspettando!!

Fiore del deserto ~ Marti📖🌺

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