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| Capitolo VI | - La figlia di Atris

Non volevo scoprire cosa fosse stato l'ultimo pasto della creatura, ormai vicina alla superficie. La sola certezza era il fetore di carogna putrefatta, che risalì le mie narici fino al cervello.

"Ah!" barcollai indietro dal ciglio del baratro. "Che cos'è quello!?"
La mano di Diego si serrò intorno alla mia. Affondò i grandi e spaventati occhi verdi nel buco, quindi nei miei. "Non so tu, ma preferisco convivere con il dubbio!"

D'accordo, forse la sua era la reazione più logica. Un istante dopo eravamo tutt'uno con il vento e la macchina era il traguardo. Il terreno pulsava sotto i miei piedi attraverso le suole, insinuandomi nelle gambe scariche di adrenalina che si ripercuotevano nella pietra lavica.

Mi assalì la bizzarra sensazione che forse non sarei dovuta scappare... che forse avrei dovuto incontrare qualsiasi cosa fosse uscita dall'antro. Poiché ero anche dotata di una metà di cervello sana e - letteralmente - rigenerata a nuovo, ad essa mi affidai, dandomela a gambe.

Eravamo ormai in vista della strada e si udivano i bassi della musica nell'automobile, quando uno sfuocato movimento saettò alla nostra destra. Gridammo, quando la creatura ci superò, stagliandosi tra noi e l'Audi e oscurando il sole. La figura complessiva era umanoide e poco mostruosa... a meno di non considerare preoccupante il fatto che era più alta degli ulivi stessi. Un secondo elemento degno di nota era l'incarnato... marroncino, con venature più scure, unito a una consistenza a metà tra il granuloso e il roccioso.

"Oh, merda!" fu il poetico commento di Diego "Ma è fatto di marmo!?"

Ero piuttosto certa che si trattasse di una pietra detta "chiampo serpeggiante", ma trovai il dettaglio poco rilevante, dal momento che il "coso"... parlò, rivolto a me.

"La figlia di Atris. Oggi hai scelto di provocarmi?"

La voce era profonda e ruvida, irta di un'implicita e temibile minaccia. Due occhi del medesimo colore della "pelle", benché fiammeggianti di rabbia, sormontavano una bocca che si era mossa appena. Rabbrividii, di colpo certa di - sorpresa sorpresa! - aver già visto quel pazzo inferocito da qualche parte... il mio utilissimo presentimento fu avaro di dettagli.

Un pizzico, purtroppo, mi assicurò che non dormivo affatto.

"P-provocarti? Parli a me? Non so neanche chi sei!"
Diego, seppur bianco in viso, fu lesto a prendere la parola: "Ehi... creatura di pietra, ti salutiamo con rispetto! Ci... ehm, scusiamo immensamente per il disturbo e, con la tua benevolenza, ci leviamo di torno..."

La sua calda e rassicurante mano era ancora serrata attorno alla mia, mentre muoveva un lento passo laterale, con il chiaro intento di aggirare l'essere. Un piano che fallì miseramente, quando la creatura saltò, atterrando con un tonfo e una lieve scossa di terremoto ad un metro scarso da noi.

"Hai portato un umano a morire?" ruggì, con una punta di sorpresa che si mescolava alla furia. "Nel mio territorio?"

Finalmente ritrovai l'uso della parola, benché tutto il resto del mio corpo fosse pietrificato dal terrore. Si riferiva a Diego? "Cosa? Sta lontano da lui... da noi! Qual è il tuo problema e come mi conosci!?"

La sua risata da psicopatico rimbalzò su ogni sassolino nell'arco di cento metri. La creatura non degnava Diego di uno sguardo, per riservare tutto l'intento omicida a me.

"Sei stata tanto stupida da rimanere nei paraggi dopo ciò che hai fatto!? Speravo davvero che tu fossi la prima cosa che avrei visto al mio risveglio... così da ricambiarti il favore!"

Ricambiare... di che accidenti stava parlando?

Un "ma che c..." aleggiava apertamente nell'espressione di Diego, speculare alla mia. A quel punto, un'arcaica rabbia prese il sopravvento sul terrore: non era giusto! Di cosa mi stava accusando... cosa potevo aver mai fatto io, che avevo perso la memoria a quattordici anni, a una creatura impossibile come quella?

"Ascolta, credo tu mi stia confondendo con..."

"Naay, in che lingua stai parlando!?" mi interruppe Diego, scioccato... e nel momento perfetto per far inferocire la creatura. D'accordo, forse essa aspettava una minima occasione per slanciarsi addosso a noi e colpirci in pieno ventre con un braccio di pietra, scagliandoci quattro metri più in là. Evitammo per un soffio il tronco di un albero, ruzzolando doloranti sul terriccio.

Una certezza mi attraversò, come sincerai che Diego si stesse rialzando a fatica, al mio fianco: quella cosa non intendeva parlare, né aiutarmi, né rivelare alcunché: ci avrebbe ucciso.

Non ci fu più spazio per pensare. La pulsazione impazzita rallentò di colpo... e così il tempo. Vidi il secondo colpo arrivare e la pietra bruciò contro il mio petto e l'istinto si mosse per me.

"A terra!" gridai a Diego... ma io non mi gettai affatto al suo fianco: saltai.

Saltai più in alto di quanto avrei mai ritenuto possibile, oltre le fronde e le cime degli alberi, dando fondo ad un'energia che le mie gambe sapevano di possedere. Per un alito di vento evitai il colpo della creatura, ritrovandomi invece accucciata sulla sua spalla destra.

Mentre ancora cercavo di venire a capo di come fosse accaduto, il mostro ruggì di protesta e tentò di scrollarmi di dosso e di afferrarmi allo stesso tempo. La dura pietra era viscida e traditrice, pertanto scivolai inesorabilmente sulla sua gobba e deforme schiena.

"Ehi, cervello di gallina!"

Seriamente stava citando Harry Potter adesso!?
Eh, già. Diego aveva avuto la brillante idea di lanciargli un sasso esattamente in un occhio, cosa che non migliorò l'umore al gigante con una dermatite in stadio avanzato. Il suo ruggito successivo somigliò un po' troppo a una minaccia di morte e a quel punto puntini rossi si addensarono ai margini del mio sguardo. Risposte o non risposte, non gli avrei concesso di ferirlo.

Atterrai, rotolando con naturalezza finché non mi ritrovai nuovamente in piedi. Per assurdo, l'impatto con la terra non mi aveva ferita, bensì rinvigorita.

"Naay che cavolo stai facendo!?" mi gridò Diego "Oh, mio Dio, le tue mani!"
"Scappa!" urlai... e e lavoce arrochita che la mia gola produsse non sembrava neppure mia. Abbassai lo sguardo, sgranando gli occhi nel realizzare che i miei palmi erano letteralmente rosseggianti... a incandescenza. Ah.

Fu allora che la creatura tentò di ghermirmi di nuovo.
Questa volta scivolai lateralmente, allungandomi in un pugno che colpì la creatura sul fianco. Parevaquasi che il mio corpo sapesse che non mi sarei distrutta le nocche sulla dura pietra e, ignorando il cervello che snocciolava imprecazioni e "ma che c*" a ripetizione, vi infuse tutta la mia forza.

Sì, era successo veramente.

Il verso della creatura mi assordò e fece tremare la terra e me con essa... mentre il mio gancio sinistro la spediva nel filare più vicino, sfondando un ulivo con tronco annesso.

"Alla terra ritorna, figlio di Ereth!" mi sentii gridare, in un sogno traslucido, ma sin troppo reale. "Non so che problemi tu abbia o se in un'altra vita ti ho investito il gatto o che altro, ma nessuno tocca la mia famiglia!"

Con la coda dell'occhio vidi Diego sbracciarsi dalla macchina, tra frenetici colpi di clacson, ma non potevamo scappare, purtroppo: la creatura non era ancora fuori combattimento. Tutt'al più, era ancora più inferocita.

Brava, Naay, fai una cosa sensata come aspettare che carichi di nuovo e... bum!

Bum. Avevo seriamente pensato "bum", mentre roteavo su me stessa di trecentosessanta gradi per servire con tempismo magistrale un calcio volante al mio aggressore!? Essa barcollò un istante all'indietro, portandosi le mani al basso ventre, ma ebbe la prontezza di allungare una sberla che mi avrebbe scagliata in Corsica, se m'avesse presa.

La vidi a un centimetro dal mio viso. E mi scansai. Come accidenti ero riuscita ad evitarla!? Fu allora che un secondo sasso scagliato da Diego colpì la creatura, con mira magistrale, dove non batteva il sole. Aveva caricato il colpo correndo sino ad un metro dalla creatura, che ora si accasciò con un guaito con le mani nella zona offesa, per poi agguantarmi per il braccio e trascinarmi verso l'auto.

"Naay, le basi! Che razza di ragazza sei? Possiamo scappare ora!?"

"Questo è sleale!" gemette la creatura, con un certo stupore "Maledetto umano, assaggerò la tua carne!"

Ecco cosa era stato probabilmente il suo ultimo pasto: qualcuno.

"Che cavolo ne sapevo che quel coso di pietra aveva dei testicoli in pietra!?" protestai, stranamente intontita. Diego aveva lasciato il motore acceso... ma io potevo salire, dalmomento che mi ritrovavo delle griglie per mani?

Come abbassai lo sguardo, con mio sollievo, l'effetto "ragazza di fuoco" in stile Hunger Games era terminato. La mia forza straordinaria mi abbandonò non appena misi piede sull'asfalto della strada e ilmio campo visivo si riempì di stelline e nebbia. Collassai sul cofano, udendo in sottofondo i gemiti di dolore e furia del mostro.

"Ora lo sai... ehi, no, no, NO, Naay, non mi svenire adesso! Naay!"

"Non mi sento..." mormorai, spaesata "Credo di avere un calo di zuccheri...!"

L'esclamazione panicata di Diego non mi riscosse quanto l'essere presa in braccio da lui. Sentii il suo calore sulla mia pelle e ne avvertii le mani su di me, il suo respiro accanto al mio orecchio. A dire il vero, la sua pelle era più fredda della mia, eppure il mio corpo si risvegliava al suo tocco. Fu breve, intenso, sorprendente.

Lo avevo definito... la mia famiglia? Perché allora, in quel preciso istante in cui i nostri visi erano tanto vicini, con un gigante di pietra assai propenso ad ucciderci a un tiro di sasso di distanza... osservavo le sue labbra? Perché una sensazione di calore si era casualmente insinuata tra le mie cosce e mi toglieva il fiato?

Soprattutto, quando diavolo avevo imparato a rallentare il mondo in slow motion? Io odiavo la slow motion! Dava decisamente troppo tempo per pensare a cose sbagliate, come...

Una ciocca dei capelli scuri e lunghi di Diego mi ricadde sulla fronte, mentre questi mi scaricava senza troppe cerimonie sul sedile del passeggero, chiudeva la portiera e partiva sostanzialmente in terza.

Gli ululati di furia e dolore della creatura ci rincorsero a lungo tra i dorati raggi del tramonto. Ci inseguì anche il gigante stesso, ma soltanto per un centinaio di metri. E, a poco a poco, i miei sensi presero ad appannarsi.

Un nuovo sibilo, un frastuono. Una roccia grande quanto un alano saettò nel cielo e la sua ombra oscurò il cofano.

✒️✏️✒️✏️✒️💕✏️✒️✏️✒️✏️✒️

Ciao!
Sì, sono crudele a interrompere qui.

Ma ti voglio bene lo stesso, caro lettore, per questo pubblicherò entro un paio di giorni capitolo successivo!

Se hai un minuto, lasciami una stellina e scrivimi cosa ne pensi della storia!

A presto,
Marti🌺📖

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