CAPITOLO 18: "CREDO CHE CI SIA UN PERCHÉ'"
Ero stanca. Stanchissima.
A pochi giorni dalla battaglia ho qualche linea di febbre, non poteva andare meglio, pensai ironica.
Mi sorpresi molto del disguido tra Jack e Philip; non mi andava a genio che avevano litigato a pochi giorni dalla battaglia, non avrebbe aiutato l'unione del nostro gruppo.
Quando le prove finirono, Lady Lit mi medicò con l'aiuto delle sue lacrime curative e, mentre io ero distesa sul letto con un grande taglio sulla gamba, tutti gli altri erano intorno a me. Lady Lit mi disse che nei prossimi giorni la ferita si sarebbe rimarginata del tutto e che se volevo camminare potevo farlo, ma lentamente.
- Meglio se sta a letto – disse Walter.
- No, ha ragione Lady Lit – disse Greg – deve rimettersi in piedi.
- Già – risposi io infine.
- Non fare cose forzate – disse Philip.
Gli sorrisi.
Jack era andato a prepararmi un cioccolato caldo e tornò con una tazza fumante.
- Con questa ti tirerai un po' su – mi disse.
Stava calando il buio e, mentre, gli altri cominciarono ad andare via, rimasi sola con Lady Lit:
- Sarà peggio di tutto questo, vero? – le chiesi.
Prese la tazza vuota dalle mie mani e l'appoggiò sul comodino. Poi prese la sedia della scrivania e vi si sedette, accanto al mio letto.
- È inutile che io te lo nasconda – rispose – ma credo di si: sarà peggiore.
- La profezia però ha detto che lo sconfiggeremo.
- La profezia – si soffermò – disse che sarebbero stati dieci ragazzi a imbattersi contro Moror
per riconquistare il regno nella sua originalità. Dipende comunque da voi.
Mi vide preoccupata, così riprese dicendo:
- Vi ho osservato, Debby: siete bravi, ce la farete, ce la faremo.
Annuii.
In quel momento entrò Jack, appoggiandosi alla porta e guardandomi con riservatezza.
- Vi lascio soli – disse Lady Lit.
Jack aspettò che se ne andasse e poi entrò.
- Allora... come stai? – gli chiesi.
- Io sto bene. Sei tu la disperazione in persona – sorrise.
- Oh, grazie – gli sorrisi – sei molto gentile, come al solito – ironizzai.
Mi alzai: non volevo farmi vedere in quelle condizioni.
- Non ti sforzare – mi disse – rimani a letto.
- No, devo reagire. Manca poco al gran giorno.
- Solo due settimane.
Andammo in soggiorno e lui mi aiutò. Camminavo abbastanza bene, il dolore a volte c'era, altre no.
La luna splendeva al centro del cielo e si specchiava sul mare. Ero appoggiata alla finestra e Jack era a pochi metri da me. D'un tratto si fece serio:
- Ti chiedo scusa se prima nella foresta ho alzato la voce. Il fatto è che Philip sta sempre in mezzo.
- Philip non sta in mezzo. È solo il mio compagno nelle prove. Non vorrei che tra voi sorgessero delle liti proprio ora! Dovresti chiederle a lui le scuse.
Scosse la testa.
- Che c'è? – gli dissi.
Esitò un momento. Si girò di profilo, con la testa leggermente abbassata. Cambiò argomento tutt'un tratto.
- Debby – disse - credo che sia arrivato il momento di parlare con te.
La mia espressione cambiò subito: aveva l'aria di una persona che avrebbe voluto dirmi una cosa seria. Non potevo, adesso, nascondere la mia tensione. Jack capì, così cominciò:
- C'è un perché io sento i tuoi stati d'animo o perché mi preoccupo per te.
Si girò di nuovo dalla mia parte con le mani in tasca e lo sguardo instabile su di me.
Deglutii.
- Quando sto con te – continuò – non ho più paura di morire in questa battaglia, ho paura piuttosto di perderti! È la tua vita che tiene ben salda la mia.
Non capivo, oppure, come mi diceva Greg, facevo finta o non volevo capire. Jack alzò la testa e mi guardò un istante che fu tale da sentire che in quel momento era lui e non la forza di gravità a tenermi a terra.
- Non è semplice dirtelo... - disse.
- Che cosa?
Deglutì, allontanandosi e privarmi di risposte.
- Che cosa devi dirmi? – gli chiesi ancora, con dentro il cuore che mi scoppiava.
Si voltò e venne verso di me non guardandomi in faccia. Mi prese le mani e poi finalmente mi guardò:
- Mi ero iscritto in palestra con lo scopo di conoscerti meglio, di vederti più spesso. Se ti guardavo di sfuggita a scuola è perché ero timido, non volevo che pensassi che sono uno di quei soliti sciupa femmine. So che ho questa nomea a scuola, poiché non do attenzioni a nessuna. Sapevo che seguivi il corso di danza perché mi ero informato. E non me ne frega niente di Lucy: non mi è mai piaciuta, né mi piacerà; non ci sono mai uscito e non ho mai desiderato farlo, non so perché lei abbia detto il contrario e non mi interessa. Probabilmente sono stato stupido a non farti capire nulla prima, ma non sono abituato a manifestare le mie emozioni e i miei sentimenti, soprattutto a persone che non conosco. Tu mi fai sentire me stesso e, allo stesso tempo, un'altra persona: mi rendi migliore. Sono stato freddo e sfuggente con te per paura di affezionarmi troppo: le ultime vicende della mia vita, compreso Loris, mi hanno reso più distaccato dalle persone: l'ho voluto io per non soffrire ulteriormente, ma tu non meritavi le mie disattenzioni e ti chiedo scusa. Non ho mai capito se tu provi la stessa cosa per me perché non mi hai mai dato modo di pensarlo e temevo di poter fare una brutta figura. Lo ammetto: sono stato orgoglioso. Ma adesso, a pochi giorni dalla battaglia, con il rischio di perderti, io non posso più nascondertelo.
Feci per rispondere, ma mi bloccò subito:
- Io mi sono innamorato di te.
Rimasi spiazzata. Volevo dirgli che non era costretto a spiegarmi il suo comportamento: era così e io non potevo, né volevo di certo cambiarlo: lo amavo anche per questo. Ma lo lasciai continuare:
- Ho l'istinto di proteggerti, a volere il tuo bene: è una cosa che non mi è mai capitata, o almeno non fino a questo punto. Sei testarda, antipatica e hai poco senso dell'umorismo!
Io ce l'ho il senso dell'umorismo! pensai.
- Sarai anche così, ma io ti voglio per come sei. Voglio continuare a conoscere quello che ancora non so di te. Io penso che i nostri pensieri siano in contatto, che uno salva l'altra e viceversa. Mi sono risposto a tutte le domande che mi ero fatto e che ti avevo fatto quando eravamo giù al mare. E le risposte sono le stesse delle tue.
Mi prese il viso tra le mani e appoggiò la sua fronte sulla mia.
- Deborah... Io non posso rischiare di perderti. Non importa se non provi le stesse cose per me, ma questa è la verità e io dovevo dirtela.
Non mi ero sentita mai più felice, emozionata, spiazzata e incredula in tutta la mia vita fino a quel momento. Se ne stava andando, ma lo fermai appena fu sulla porta.
- Aspetta!
Si fermò. Con coraggio gli chiesi:
- Stai dicendo la verità?
- Non sono stato più sincero in vita mia.
Camminai verso di lui e gli accarezzai una guancia. Lui prese la mia mano e dolcemente mi tirò a sé e mi abbracciò.
- Ti amo anche io – dissi.
- È la verità? – mi chiese speranzoso.
- Da sempre – annuii – non mi dovevi spiegare nulla... Io ti accetto per quello che sei.
I nostri visi si toccarono, ma Lady Lit ci chiamò:
- Ragazzi! È ora di cena!
- Continueremo dopo questa interruzione – mi sorrise.
Mi prese per mano e uscimmo e piano piano ognuno prese il suo posto. Laurie mi lanciò un'occhiata sospetta e io gli sorrisi, facendole capire che le avrei raccontato in seguito.
Jack! Il mio Jack, il mio destino che attendeva di essere raggiunto.
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#spazioautore:
Siamo giunti quasi alla fine... Ci saranno novità... ma non vi spoilero nulla, ma spero che possa piacervi lo stesso.😄😄
Questa Jabby?❤
Vi aspetto😙
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