Capitolo Extra IV - Ha i suoi occhi
Erano passati nove mesi da quando i due amanti avevano dichiarato il loro eterno amore. Molto spesso Bardus doveva lasciare a malincuore la sua compagna per tornare nella Dimensione Deiouona, l'unico modo che poteva vederla era soltanto con un'invocazione da chi lo richiamava nel mondo Astrea. Quando il demone ritornava andava immediatamente dal suo antico amore, portando alla fanciulla ogni oggetto prezioso che aveva prelevato dalle sue conquiste e dalle sue vittorie. Bardus e Alita non si lasciavano mai, nemmeno per una battuta di caccia, ma quei nove mesi per la fanciulla stavano iniziando a diventar sempre più pesanti. Sapeva che non poteva più andar a caccia con lui, poiché teneva suo figlio in grembo. Bardus sapeva che era un maschio, poiché percepiva la sua Essenza, i suoi pensieri si posarono sull'antichità del Grande Sterminio.
Ma il giorno del parto arrivò, Alita iniziò ad aver le doglie, tutti nel villaggio si avvicinarono alla casa di Dasha e Götz. Le urla di Alita uscivano dalle finestre della capanna, la giovane faticò notevolmente e il guaritore Walter cercò di aiutarla con le sue cure. Tutta la gente era ammassata di fronte alla porta della capanna, le urla della giovane continuarono per ore, finché un pianto di un neonato si udì. Molti del villaggio sorrisero e altri giudicarono quel bambino con disprezzo.
Quando Bardus arrivò al villaggio con il suo cavallo, restò pietrificato alla vista di quel popolo ammassato vicino alla capanna. Il demone si avvicinò lentamente, mentre Götz uscì dalla capanna dando una terribile notizia ai suoi compaesani. Il capo villaggio alzò lo sguardo e notò Bardus dietro al suo popolo, la gente della Tribù dei Buii si spostò facendo passare il demone. Götz lo guardò con tristezza, gli occhi erano socchiusi e colmi di lacrime. Bardus spalancò gli occhi osservando il dolore del vecchio, alzò lo sguardo verso la capanna e sentì il pianto di suo figlio. Il demone entrò nella dimora del capo villaggio e quando fu all'interno, rimase spiazzato. Dasha era in un angolo della piccola cucina, seduta accanto a sua figlia Nada, le due donne stavano piangendo con dolore. Bardus si voltò verso il guaritore e restò in silenzio, Walter si pulì le mani con uno straccio e cercò di sistemare come meglio poteva Alita. Passarono alcuni minuti e quando finì il suo lavoro, il guaritore prese un polso della giovane sentendo il battito.
La giovane era pallida in volto, gli occhi grigi erano gonfi e deboli, le labbra secche accennarono un sorriso, mentre con un braccio teneva quel fagottino che tanto amava. Alita era distesa sul letto, coperta da un lenzuolo azzurro, i capelli sciolti erano bagnati. Walter si spostò leggermente e guardò Bardus, l'uomo robusto si avvicinò al demone e deglutì.
Walter – Ha perso molto sangue, il suo cuore non potrà... battere ancora per molto.
Il demone restò spiazzato da quelle parole, ignorò il guaritore e si avvicinò al capezzale della sua amata. Le spalle e le mani tremarono, mentre il suo volto diventava pallido, la sua bocca era semiaperta. Walter continuò a parlare con serietà, il piccolo neonato piangeva con foga.
Walter – Il bambino era podalico. Alita ha cercato di partorire come poteva, ma il piccolo ha lesionato l'addome. M-mi dispiace.
Alita cercò di parlare, ma non ce la fece, il neonato era coperto da una copertina di cotone. Bardus sfiorò il viso della sua compagna con le dita e ricevette il suo debole sorriso, il demone socchiuse gli occhi e si morse le labbra. La giovane tossì e guardò suo figlio per poi baciare le dita del suo compagno. Bardus non riuscì a parlare, si sentiva in colpa per averla messa in questa dannata situazione.
Bardus – A-amore mio...
Alita sospirò con dolore e baciò la fronte del piccolo. La sua voce era debolissima, ma Bardus la percepì perfettamente grazie al suo udito.
Alita – L'ho c-chiamato... c-come a-avevamo deciso. S-si chiama... Fulke – tossì.
Bardus digrignò i denti e i suoi stessi occhi cambiarono colore per l'ira. Si tolse i foderi delle asce e si inginocchiò prendendo la mano della sua compagna.
Bardus – N-no... ti prego... non puoi lasciarmi. Troverò il modo di curarti.
Alita lo guardò e con fatica sfiorò la sua guancia destra, gli fece un sorriso e deglutì.
Alita – N-no... n-non c'è t-tempo... prenditi – tossì – c-cura di lui.
Bardus – Senza di te, non ha senso allevare mio figlio!
Bardus posò una mano sul cuscino di cotone e alzò la voce, accarezzò la sua guancia.
Alita – S-sarai... un b-buon padre, a-amore mio. I-io t-ti aspetterò. S-se –tossì – non siamo r-riusciti a stare insieme... - deglutì a fatica chiudendo gli occhi – i-in questa vita... a-allora... vivremo nell'altra. T-ti amo...
Bardus scosse la testa e la baciò, i suoi capelli biondi coprirono il piccolo.
Bardus – Io... ti raggiungerò. Se non potrò tenerti con me... allora mi ucciderò. T-ti prego... non... - sussurrò con dolore.
La ragazza socchiuse gli occhi e sfiorò la guancia del demone, poi la sua mano cadde sul suo petto, i suoi occhi si chiusero per sempre.
Il demone la guardò rimanendo scioccato e colmo di quel maledetto dolore, urlò di rabbia e la prese tra le sue braccia, appoggiando il viso di Alita sul suo petto. Bardus accarezzò i suoi capelli e urlò di nuovo, mentre il suo naso sfiorava il capo di suo figlio.
Bardus – Alita!!
Quando il villaggio ricevette la triste notizia, tutte le donne presero delle torce e le accesero vicino alla capanna del capo villaggio, per poi cantare una canzone funebre. Fulke era nato con la luna piena in una notte piena di tormenti e di dolore, non avrebbe mai conosciuto sua madre e non avrebbe mai capito l'antico dolore di suo padre.
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I funerali di Alita si svolsero in una piccola pianura rocciosa e durarono per tre giorni. La giovane era stata seppellita dalla terra e da alcuni massi, ogni masso aveva dei fiori che onoravano il suo ruolo: madre, figlia e compagna. Nessun voleva abbandonare quella tomba e i parenti di Alita si riunirono in quel luogo nei tre giorni di lutto.
Dasha era sconvolta, aveva perso una figlia. Tra le sue braccia teneva suo nipote con tanta cura e dolcezza, mentre continuava a piangere. La donna lo guardò e accennò un sorriso, osservando i ciuffi castani che Alita gli aveva ereditato. Nada chiamò la madre e indicò Bardus accanto ad un albero, il demone non voleva interagire con quegli umani. Dasha sospirò e a piccoli passi si avvicinò al demone, il neonato iniziò a piangere per la fame.
Quando la donna e il demone furono l'uno di fronte all'altro, vicino ad un paio di alberi e cespugli, Bardus abbassò lo sguardo e le diede le spalle per andarsene.
Dasha – Aspetta.
Il demone si fermò e strinse i pugni, Dasha socchiuse gli occhi e con voce tremante parlò.
Dasha – So che Alita... ti amava molto, Bardus. Ma... tuo figlio, ha bisogno di te.
Bardus stette in silenzio, guardò la donna con ira e osservò all'ultimo suo figlio.
Bardus – Fulke mi ha portato via tutto ciò che amavo, che senso ha crescerlo senza sua madre? Quello che tieni in braccio è soltanto un mezzo-demone che non doveva nascere.
Il piccolo agitò i pugnetti e continuò a piangere, Dasha cercò di calmarlo e si avvicinò a Bardus, posando una mano sul suo braccio.
Dasha – Non dire così, Bardus. Alita non avrebbe mai permesso che suo figlio crescesse senza un padre, umano o demone che sia. Ti prego... lui ha bisogno di te.
Bardus staccò la presa di Dasha e la guardò con disprezzo.
Bardus – No. Troverò il modo di portar in vita Alita. Gli Angeli sono gli unici che possiedono la capacità di gestire Le Essenze pure.
Dasha – Non puoi chiedere una cosa del genere. La natura non segue il percorso che tu vuoi stabilire. Ti prego... rimani qui, finché il dolore non verrà colmato da tuo figlio.
Il demone fissò il bambino e guardò i suoi occhi. Bardus rimase leggermente stupito, Dasha accennò un sorriso e capì cosa l'uomo aveva notato.
Dasha – L'hai notato, vero? Fulke ha gli occhi di sua madre. Gli stessi occhi che ti hanno amato in tutti questi mesi.
Bardus sospirò e guardò il cielo, poi aprì le mani e fece un gesto con la testa. Dasha tremò di gioia e consegnò delicatamente Fulke a suo padre. Bardus lo tenne con un braccio e gli accarezzò il visino paffuto, il piccolo fece un sorriso soddisfatto.
Dasha – So che ora provi dolore, odio e angoscia. Ma Fulke non ha nessuna colpa. Lui è nato dal vostro amore ed è tutto ciò che conta.
Dasha abbassò lo sguardo e se ne andò, lasciando i due soli. Bardus fissò quel piccolo bambino per qualche minuto, l'uomo accennò un freddo sorriso e parlò nella sua lingua, il bambino mugugnò e prese con la manina un suo dito. Gli occhi di Fulke si aprirono cambiando colore, il giallo accesso era identico a quello di suo padre. Il demone sospirò e prese una delle due asce che aveva legato sulle spalle.
Bardus – Per quanto amore ho dato a tua madre, io non posso crescerti, Fulke. Non è nella mia natura allevare un bambino senza la sua compagna.
Il piccolo mosse i pugnetti e mugugnò, Bardus cercò di calmarlo e sorrise.
Bardus – Non è per odio, ma per dolore. Sono certo che crescerai forte, valoroso e potente come me. Avrai la dolcezza di tua madre e la sua testardaggine. Ma... non sarò io a crescerti.
Bardus guardò le asce e sorrise, il piccolo si ciucciò un pugnetto e agitò l'altra mano.
Bardus – Te le lascerò dopo che raggiungerò tua madre, saranno le tue compagne, le tue alleate e avrai un piccolo ricordo di me. Perdona il nostro – deglutì – folle amore, siamo stati troppo sciocchi e il destino non ha voluto quest'unione.
Bardus mise via l'ascia e si avvicinò a Nada consegnando il piccolo, poi se ne andò.
Il demone restò qualche mese per stare con il bambino, ma poi partì per andare nella sua destinazione. Trovò con facilità l'accampamento degli Angeli grazie alle informazione di un Angelo che aveva catturato, scrisse ogni singolo dettaglio nella sua mappa. Tutto ciò che era stato scritto e consegnato, venne riportato a Dasha come aveva raccontato Electre.
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Dopo la morte di Bardus per causa del veleno, Fulke continuò la sua vita, crescendo con le dolcezze, le passioni e le avvenute mostrate dai suoi cari. Raramente il piccolo chiedeva dei suoi genitori, poiché non poteva ricordare i loro volti e i loro sentimenti.
All'età di cinque anni Fulke si ammalò di una terribile malattia ai polmoni. Le erbe che c'erano nella Foresta Nera non poteva aiutarlo, così Dasha e Götz decisero di far qualcosa. Götz decise d'invocare un demone che poteva risolvere questo dolore, ma Dasha colma di disperazione tentò di fermarlo.
Il capo villaggio decise in una notte di evocare un demone con la polvere nera e Dasha lo accompagnò, le sue urla tentarono di fermarlo.
Götz – È l'unico modo Dasha.
Dasha – No! Ci dev'essere un altro modo! Ho perso una figlia, non voglio perdere te e mio nipote!
La donna si inginocchiò e pianse, mentre le donne del villaggio la consolarono. Götz gettò la polvere sull'albero e attese l'arrivo del demone, una fresca risata avvisò l'uomo del suo folle gesto. La figura misteriosa, scese sul terreno e aprì le ali nere, si toccò il mento e guardò l'uomo. Götz incrociò le braccia e guardò il demone di fronte a lui.
Götz – Benvenuto. Demone dei Patti.
Rubellius sorrise e si toccò il mento con gli artigli.
Götz – Ho bisogno di un tuo Patto, in cambio avrai la mia Essenza.
Dasha urlò di dolore e continuò a piangere, Rubellius spostò i capelli rossi e guardò la donna.
Rubellius – A me sembra che quella donna non sia molto d'accordo. Ma comunque – allargò le braccia – ti darò ciò che vuoi, mantengo sempre i miei Patti.
Götz annuì e gli indicò il suo compito, Rubellius chiuse le ali unendole e formando il mantello squamato. I due si avvicinarono alla capanna del capo villaggio ed entrarono, il nonno di Fulke mostrò al demone il letto dove stava dormendo il bambino. Il piccolo era pallido in volto e la febbre stava aumentando. Rubellius mugugnò e aprì la mano, sembrava seccato per quel spettacolo.
Rubellius – Quindi... cosa devo fare?
Götz sospirò e con voce seria parlo.
Götz – Voglio che crei un tuo intruglio e che lo salvi dalla malattia, in cambio avrai la mia Essenza.
Rubellius lo guardò male e alla fine rise, mise le mani sui fianchi e piegò il volto di lato.
Rubellius – Mi hai invocato per uno stupido moccioso?! Ma stai scherzando?!
Götz – No. Non sto scherzando.
Rubellius sbuffò e camminò nel grezzo salotto della capanna, non amava i bambini e non intendeva salvarli in certe situazioni.
Rubellius – Perché dovrei salvarlo?! È uno stupido moccioso che presto o tardi morirà, vendere la tua Essenza per una robina così... - guardò il piccolo – disgustosa.
Götz – Fallo e basta! Hai detto che i tuoi Patti sono eterni, io do la mia vita per mio nipote e tu lo salvi, fine del discorso.
L'uomo con i lunghi baffi si avvicinò alla porta dell'ingresso, dando le spalle a Rubellius. Il demone rosso incrociò le braccia e lo fissò con disprezzo.
Rubellius – Perché dovrei salvarlo, non ha nulla di speciale.
Götz socchiuse gli occhi e posò una mano sulla maniglia di legno, restò fermo per qualche secondo. Rubellius si avvicinò al letto del piccolo e lo guardò con i suoi occhi viola.
Götz – Lui... è un mezzo-demone.
Il demone rosso spalancò leggermente gli occhi e osservò l'uomo, Götz si toccò la fronte e guardò il soffitto in legno.
Götz – Suo padre morirebbe per la seconda volta se sapesse della sua malattia.
Rubellius- Tuo figlio, dici?
Götz – No. Ma l'uomo che mia figlia amò tanto... il suo nome era... Bardus.
Rubellius restò in silenzio, gli occhi erano sconvolti da quella notizia, il suo volto era tinto di rabbia e tristezza. Sapeva che il suo vecchio amico e maestro, era morto per causa degli Angeli. La sua ira negli scontri aumentò grazie a quel dolore e alcune volte, non voleva parlare né sentire le dicerie dei Demoni Minori nella sua Dimensione.
Il demone rosso abbassò lo sguardo sul pavimento in legno e chiuse gli occhi, i capelli rossi lunghi fino all'addome coprirono alcune scaglie nere. Götz uscì e lasciò solo il demone, Rubellius sentì la porta chiudersi e si avvicinò al piccolo, spostò alcune lenzuola e notò il tatuaggio sul braccio destro. Rubellius sentì il bambino chiamare sua nonna, la sua mano nera ritirò gli artigli e sfiorò la fronte.
Rubellius – Se sei il figlio di Bardus, allora dovresti capire ciò che ti dirò.
Il demone parlò nella sua lingua, il bambino rispose nel sonno nella stessa maniera, senza sbagliare una sola parola. Rubellius sospirò e sorrise socchiudendo gli occhi, spostò il mantello squamato e si sedette sul bordo del letto. Posò una mano sul costato di Fulke e schioccò la lingua, guardandolo con ironia.
Rubellius – Ah. Se fosse qui tuo padre ti direbbe di sconfiggere da solo certe malattie. È vero possono intaccare il tuo fisico, ma non ucciderti – sbuffò – questa gente non sa un ficosecco delle malattie e dei mezzi-demoni.
Rubellius schioccò le dita e fece comparire un libricino e un'ampolla vuota, lesse il contenuto nel libro e la piccola ampolla si riempì magicamente. Il demone allungò un artiglio e mescolò il liquido blu, poi prese il capo del bambino e lo invitò a bere.
Rubellius – Era un grande demone tuo padre e diciamoci la verità, sono contento che abbia lasciato qualcosa in questo stupido villaggio. – Rise – Mi sorprende che abbia fatto il pulpito a me, per poi finire nella sottana di tua madre.
Il bambino tossi e deglutì il liquido, Rubellius posò il suo capo sul cuscino e si alzò, coprendolo con le lenzuola. Il demone rosso lo guardò con tristezza.
Rubellius – Alla fine ha ottenuto ciò che io bramavo di più, – chiuse gli occhi – ma era tipico di lui. Va beh...
Il demone rosso diede un pizzicotto a Fulke e rise.
Rubellius – Spero di rivederti ragazzino. Buon riposo.
Il demone osservò la capanna e alla fine uscì, avvicinandosi al centro del villaggi. Götz era pronto, Dasha tentò di fermarlo, ma l'uomo mostrò immediatamente la mano al demone per concludere il suo Patto.
Götz – Sono pronto!
Rubellius lo guardò con dubbio e scacciò quella mano ruvida con un gesto della mano nera, poi si avviò verso il cuore della Foresta Nera.
Rubellius – Ma lascia stare, vecchio! Ho salvato tuo nipote, non mi devi nulla.
Tutti i presenti si stupirono, Dasha si asciugò le lacrime e guardò il demone rosso.
Dasha – Perché? I tuoi Patti...
Rubellius aprì le ali nere e si voltò con eleganza, il suo aspetto sembrava più maestoso che da umano.
Rubellius – Per quel bambino posso fare un'eccezione. Appartiene alla mia razza, motivo in più per non ucciderlo.
Dasha – Ma non vuoi nulla?! Tu...
Rubellius mosse un indice e sorrise con ironia, tutti gli abitanti restarono fermi e impauriti.
Rubellius – C'è una sola cosa che voglio.
Götz si avvicinò con orgoglio per mostrare tutto ciò che voleva quel pazzo demone, Rubellius posò le braccia sui fianchi e con faccia esausta rispose.
Rubellius – Non te, vecchio. – rise – Voglio sapere il nome di quel bambino. Che nome ha scelto Bardus?
Tutti si guardarono con stupore, Dasha si avvicinò e a mani giunte parlo piano.
Dasha – Si chiama Fulke.
Rubellius si toccò il mento con soddisfazione, si voltò dando le spalle agli umani.
Rubellius – Allora tornerò quando sarà diventato forte e istintivo come suo padre.
Il demone mosse la mano e fece un saluto, poi spiccò il volo e se ne andò nella notte. Tutti rimasero sbalorditi da quell'avvenimento, Dasha e Götz sorrisero quando capirono ciò che il demone rosso aveva fatto per ricordar la memoria dell'amico.
FINE CAPITOLI EXTRA
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