Capitolo 8 - Pezzi di Rubino
Tenebris finì di bere l'acqua da quel meraviglioso ruscello, alzò il muso osservando il suo padrone. Un odore pesante di sangue impregnò quel luogo, l'erba si era macchiata di quella sostanza.
Rubellius tossì e si sistemò il colletto della camicia mentre gettava con disprezzo la testa di uno dei due uomini. Questa ruzzolò e fermandosi vicino al compagno che era disteso a terra. L'unico che sopravvisse si trascinò verso un albero, appoggiando la schiena sul tronco. Guardò con disgusto la testa del collega e gli occhi diventarono piccoli per la paura. Il mantello che indossava era stracciato e sporco di sangue. Un braccio era rotto e la gamba destra aveva una profonda ferita, la spada era stata gettata con disprezzo vicino al corpo senza testa. Il demone mugugnò coprendo con la propria ombra l'uomo ferito, si inginocchiò osservandolo a pochi passi. Le mani di Rubellius erano nere fino ai gomiti e dei artigli, lunghi diciassette centimetri, erano sporchi di sangue e carne. L'uomo guardò il rivale e deglutì.
Rubellius - Siete carini quando soffrite. - piegò la testa di lato e sorrise - Dunque! Prima di ucciderti, voglio sapere una cosetta o due - agitò una mano.
Gli occhi del demone non erano cambiati e mostravano la loro natura.
Paul - Non ti dirò nulla! - tossì.
Rubellius - Ah. L'orgoglio è una brutta bestia. Peggio di me - sogghignò con malignità e trafisse con i lunghi artigli, il costato dell'uomo.
Gli occhi di Paul si spalancarono sputando sangue e saliva. Un urlo agghiacciante uscì dalla bocca sottile.
Rubellius - Dunque... dov'eravamo rimasti? Ah già. Come mai dei stupendi, come voi - si toccò il petto con la mano libera - mi stavano cercando? Lo so di essere un tipo famoso e direi - si toccò il mento per vantarsi - affascinante, ma su dimmi, sono un demone curioso.
Paul - La risposta l'hai già... Rubellius. Eliminarti... rendere... libera... questa terra - balbettò e sorrise.
Rubellius sbuffò poiché era irritato. La sua maledetta pazienza non era mai durata più di dieci minuti.
Rubellius - Vuoi arrivare al sodo? Vorrei tornare a casa prima che cali il sole. Lo so, l'obbiettivo finale sono sempre io. Dai... so già tutto.
Paul - No. Non sai nulla. Lei... - rise piano - lei ha poco tempo - balbettò.
Rubellius - Che stai farneticando?! - spalancò gli occhi guardando l'uomo.
Paul - Erastos non te l'ha mai detto? Povero diavolo - balbettò.
Rubellius strinse con gli artigli un polmone di Paul facendolo gridare di dolore.
Rubellius - Cosa non mi ha mai detto?! Voi sapevate del Patto!
Paul - Il demone dai... Patti... costretto a vivere con una ragazzina. Ma... l'ora è giunta. Tu non sei... l'unico nel nostro gioco - balbettò con dolore.
Il demone deglutì e capì all'improvviso ciò che i Cacciatori volevano fare, cioè distrarlo.
Rubellius - Gioco?! Clizia!
Il Cacciatore sorrise. Rubellius digrignò i denti e con la mano libera gli tagliò la gola uccidendolo all'istante. Estrasse la mano dal costato e urlò di rabbia, le gocce di sangue caddero sul terreno erboso.
Rubellius - Non volevano me! Volevano Clizia! Dannazione, se lei muore addio al mio Patto!
Il demone si ricompose assumendo di nuovo il controllo del suo potere, si avvicinò a Tenebris e salì in sella. Lo incitò per tornare al castello, ma la strada per l'antica dimora era lunga.
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Il sole stava tramontando e la Regina che aveva appena concluso una riunione con alcuni ambasciatori, si avviò nella sua stanza.
Quando chiuse la porta dietro sé si avvicinò alla scrivania in legno e aprì un cassetto, estraendo qualche documento importante. Clizia mostrò ampio sorriso, le cose stavano andando bene senza il Consigliere. Ma qualcosa la distrasse mentre spostava dei fogli, un oggetto cadde per terra. Clizia spostò l'abito sentendo il rumore, fece qualche passo indietro e osservò l'oggetto che era caduto, si piegò per prenderlo e guardandolo sul palmo della mano, socchiuse gli occhi. La sua espressione cambiò drasticamente diventando cupa. Un lontano ricordo toccò la sua mente. Un ricordo doloroso e tinto di quel malessere che solo lei poteva capire.
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La Principessa aprì la porta della stanza di sua madre. Un Sacerdote Benedetto prese il suo quadernino e recitò qualche preghiera. Arabella era distesa su un meraviglioso letto a baldacchino, le lenzuola bianche erano in contrasto con la stanza cupa. Clizia camminò sul pavimento azzurro, un'ancella si spostò cercando di riempire con l'acqua una bacinella. La Principessa deglutì avvicinandosi alla madre e prendendole la mano gliela strinse. Ella osservò per un breve istante le pareti dipinte di quel rosso porpora che amava tanto. La Regina era bianca in volto. I suoi splendidi occhi erano stanchi e delle grandi occhiaie mostravano il suo malessere. La voce di Arabella era un flebile suono, guardò la fedele serva e invitò tutti a uscire. L'unica che restò con lei era sua figlia, le due si fissarono con dolore, Clizia iniziò a piangere e si morse il labbro inferiore.
Clizia - Non voglio... che ve ne andiate.
Arabella - Non mi perderai, Clizia. Sei il dono più bello che ho avuto con tuo padre - balbettò.
La Regina si toccò il petto e respirò a fatica. Clizia notò una collana di bronzo sul collo della madre.
Arabella - Prendila... - tolse la chiave dal collo e notò lo sguardo distrutto della figlia.
Clizia obbedì e prese la collana. Il pendente era una chiave di bronzo con un diamantino azzurro.
Clizia - Cos'è? Perché me la state porgendo?
Arabella deglutì un po' di saliva, le labbra secche e screpolate faticarono ad aprirsi.
Arabella - Lo capirai... quando sarà il momento. - Balbettò - Ti ricordi il mio diario che ti regalai? Devi - tossì balbettando - devi leggerlo solo quando sarai al sicuro... con Rubellius.
Clizia - Perché madre? - strinse la presa della mano e si inginocchiò per il dolore.
Arabella le accarezzò il viso e sorrise.
Arabella - Lo capirai. - Balbettò - Proteggi - tossì - la chiave, non... darla a nessuno - continuò a tossire sputando sangue.
Clizia continuò a piangere e strinse l'oggetto con affanno. Arabella chiuse gli occhi, i suoi respiri diminuirono, finché il suo cuore si fermò. La Principessa cercò di muoverla e la chiamò per nome ma era troppo tardi.
Tre giorni dopo si celebrarono i funerali della Regina Arabella. Molti la ricordavano come una persona gentile e altri non vedevano l'ora di sparlare contro quella sovrana. Il Re era colmo di dolore per quella perdita. Tutti sapevano che la Sovrana era ammalata, ma nessuno conosceva i rimedi di quella malattia che prendeva nome di tubercolosi.
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Clizia tornò nella realtà e si asciugò frettolosamente una lacrima. Cercò con ansia il diario di sua madre nel cassetto della scrivania. Quando lo estrasse notò perfettamente la copertina in pelle e le pagine giallastre. Sulla copertina era ricamato un disegno, un cervo nero. Ad un tratto la Regina si spaventò di colpo quando sentì un pesante rumore provenire dall'esterno. Clizia uscì dalla stanza prendendo il diario e la collana. Percorse il lungo corridoio che portava alla Sala del Trono. Alcune serve parlarono con paura, mentre le guardie si accingevano verso l'esterno del palazzo.
Nel castello c'era il caos. Le guardie reali all'interno delle torri osservarono con stupore ciò che stava accadendo. Un esercito di barbari si posizionò davanti alle mura del maniero e grazie ad una maestosa catapulta, attaccarono quella dimora. I barbari si precipitarono verso l'ingresso e utilizzando con molta fatica un ariete, colpirono ripetutamente il cancello di ferro. Gli arcieri puntarono le loro frecce contro quei maledetti guerrieri, mentre alcuni nemici iniziarono a scalare le mura del maniero grazie a delle funi.
Clizia arrivò nella osservando i suoi alti ufficiali. I quali ordinarono e dirigevano la battaglia. Un Comandante si rivolse alla sua Signora.
Giulio - Mia Signora. La battaglia insorge, vi consigliamo di andare in un posto più sicuro.
L'uomo dall'aspetto forte guardò i suoi uomini. Le loro armature luccicavano grazie alla luce delle torce. Un Ambasciatore e un'ancella si avvicinarono alla Regina per portarla al sicuro.
Clizia - Che sta succedendo?
Giulio - Siamo sotto attacco - fissò la sovrana e strinse i pugni - I barbari stanno distruggendo e bruciando le difese del castello. Ora andate! Presto!
L'Ambasciatore e l'ancella portarono via la loro sovrana dalla sala e aprirono una porta, percorsero una lunga scalinata, illuminata dalla torce. Quella strada portava alle vie segrete del maniero. Un rumore assordante copri i tre e improvvisamente una parete crollò, bloccando il passaggio verso la libertà. Clizia e i suoi servitori indietreggiarono e tossirono a causa della polvere. L'ancella indicò un'altra strada.
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Fuori dal quel maestoso maniero che stava lentamente cadendo a pezzi, un Cavaliere guardò la terribile scena in cima ad una collina. I nemici riuscirono ad entrare abbattendo il cancello di ferro e il gigantesco portone di legno. La piazza del castello era ricoperta da fiamme e fumo, le catapulte continuarono il loro lavoro, distruggendo grazie ai massi, le mura e alcune torri. Rubellius deglutì osservando la scena dall'alto, le urla dei guerrieri erano assordanti mentre i nemici combattevano con violenza.
Tutto era successo così velocemente che i cittadini non si erano accorti dell'imminente arrivo dei nemici. Il fumo nero saliva verso l'alto, mentre il tramonto segnava la fine di un'antica dinastia. Tenebris era agitato come il suo padrone. Rubellius stette in silenzio, ma poi le sue orecchie a punta percepirono un altro suono. Un pesante rumore echeggiò dietro alla collina. Un urlo disumano venne avvertito dal Consigliere. Sapeva perfettamente di che cosa si trattava. Il suo sguardo cadde su alcuni barbari che trascinavano con enorme fatica delle pesanti catene d'oro-argento. Uno aveva in mano una frusta mentre. La scena era di fronte a Rubellius. I barbari che trascinavano le catene erano una sessantina. Un altro ruggito, un altro pesante passo nacque dietro a quella collina. Rubellius deglutì quando vide dietro a quel colle una schiena di una disumana creatura. La pelle arancione era squamosa, mentre le pesanti braccia ricoperte da una peluria verde, ondeggiarono sui fianchi. La bestia era alta più di trenta metri e pesante quasi quanto la sua altezza. Le braccia trascinarono il corpo robusto e orrendo, la bocca grande era piena di denti affilati e la lingua sfiorò il petto peloso. I barbari portarono la belva davanti al castello, facendosi largo tra i suoi alleati. Una sua mano con tre dita prese un gigantesco masso e lo lanciò, colpendo e distruggendo una torre. Le corna luccicarono di verde con gli ultimi raggi del sole.
Rubellius - Un... Demone Maggiore.
Il Demone Minore digrignò i denti e partì di nuovo per andare dietro al castello dove c'era l'entrata delle segrete. Tenebris galoppò scendendo per quella collina.

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Avviso Autrice:
Sono felice di dedicare questo capitolo una meravigliosa autrice che ha visto la forza e la simpatia di Rubellius. Dedica meritatissima per il suo sostegno in ogni mio libro. *O*/

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