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Capitolo 65 - Amore Materno

PRIMA PARTE del Capitolo

La notte del terzo giorno arrivò, Rubellius era insieme a Fulke. I due uomini erano seduti accanto al falò acceso, al centro della piazza del villaggio. Le donne e gli uomini della tribù stavano parlando con tranquillità, mentre mangiavano dei frutti. Le torce poste accanto alle tende degli Angeli, delineavano il confine delle due razze. Le capanne erano state ricostruite, mostrando quei colori sgargianti che Rubellius amava tanto. Fulke osservò i vecchi della sua gente raccontare dei miti ai bambini, mostrando delle maschere. I piccoli risero mentre erano seduti sui tappetti di lana, le madri osservarono con dolcezza i loro figli. Rubellius si toccò il mento e socchiuse gli occhi, Fulke bevve il sidro di lamponi.

Rubellius - Credo di porti le mie scuse.

Fulke guardò l'amico con gli occhi tinti di quel giallo che Bardus gli aveva ereditato.

Fulke - Per cosa?

Rubellius - Se ti avessi detto di no per accompagnare Clizia, evitando l'assurdo viaggio di un anno fa, tutto questo - indicò le tende bianche e azzurre - non sarebbe successo.

Fulke accennò un sorriso e posò una mano sulla spalla dell'amico, entrambi erano seduti, l'uno di fianco all'altro.

Fulke - Non potevi sapere il destino di quella ragazza. E io non mi pento di ciò che è successo.

Rubellius prese un bicchiere d'argilla su un piatto davanti a loro e prendendo una brocca colma di sidro, si servì da bere. Agitò il liquido e restò in silenzio per qualche secondo, Fulke lo guardò e con aria compiaciuta.

Fulke - Se ho sentito bene dai piumati, ti sei dato da fare con Clizia. Sono diventato zio e tu non mi hai detto nulla?

Rubellius sorrise e bevve la sostanza dolciastra.

Rubellius - Nemmeno io sapevo che Clizia era incita, me ne sono andato prima che mi mostrasse la verità. Per colpa di quella disgraziata, le cose sono peggiorate.

Fulke - Parli di Electre?

Il demone rosso annuì, Fulke si toccò la barba castana e socchiuse gli occhi, osservando il fuoco.

Fulke - Forse l'ha fatto per proteggervi. Se foste fuggiti insieme, le cose sarebbero potute peggiorare. Quella donna avrà commesso dei peccati, ma non credo che avesse cattive intenzioni. - Posò il bicchiere sul tappetto - Dopotutto sono stati addestrati ad obbedire a determinate regole, lo sai meglio di me.

Rubellius - Parli come se non ti avessero fatto nulla, Fulke.

L'uomo dal volto ovale alzò le sopracciglia e aprì le mani, Rubellius notò delle somiglianze con il suo antico mentore.

Fulke - Gli Angeli dei Sacri Doni non mi hanno fatto nulla ed è vero. Ma con la sua razza è diverso. Non posso colpevolizzare una donna che ha tentato di spezzare il vostro legame per il solo fatto di proteggervi. Al contrario colpevolizzo la sua gente che varca indisturbata la terra dei miei antenati.

Rubellius - Per questo le hai detto di non varcare il villaggio?

Fulke annuì e incrociò le braccia posandole sulle ginocchia, l'uomo diventò serio mentre guardava i bambini giocare accanto al fuoco.

Fulke - Esattamente. Tre giorni fa sono arrivati tramite i cubetti di Macaone, portando con se tutto ciò che gli potesse servire. All'inizio volevano entrare al villaggio, ma ho negato questo volere. Galene è venuta da me in modo pacifico, chiedendomi se potevano stare al di fuori della tribù. Io accettai a patto che non avessero varcato il nostro territorio.

Rubellius - E la barriera?

Fulke - La barriera l'ha creata Melite, l'Angelo della Natura. Come prova del loro buon cuore nei nostri confronti. Dopo quello che è successo alla mia gente e a mia nonna, non voglio che quegli esseri tocchino la mia terra.

Rubellius sorrise e posò una mano sulla spalla dell'amico.

Rubellius - Stai diventando saggio, forse più di me.

Fulke - Posso chiedertelo? Come farai a star qui su Astrea? Voi Demoni Minori...

Rubellius - Electre mi ha dato una Magia Bianca abbastanza potente da restare qui, finché Varsos non sarà morto. Dopodiché tornerò nella mia Dimensione.

Fulke sorrise con orgoglio, dei passi si avvicinarono verso i due uomini. Un ragazzo di vent'anni si mostrò al capo villaggio, era magro e i capelli biondi a caschetto erano decorati con delle treccine. Indossava una camicia di cotone e dei pantaloni marroni, attorno alla vita aveva una cintura in pelle. I due lo guardarono con curiosità, Fulke alzò un sopracciglio e alla fine gli sorrise.

Burk - 'Sera Fulke. - Deglutì - Posso parlarti due secondi?

Burk era teso come corda di violino, sembrava nascondere qualcosa.

Fulke - Dimmi pure.

Il ragazzo si grattò il capo e lo guardò con gli occhi verdi, si morse le labbra.

Burk - Volevo dirti che è stata colpa mia se un Angelo è entrato a prendere un po' d'acqua nel pozzo. L'ho fatto entrare di nascosto.

Fulke posò una mano sotto al mento e l'altra sul ginocchio.

Burk - È stata mia madre a chiamarti e a indicarti quell'Angelo.

Fulke - Come mai non eri lì con noi?

Burk arrossì, abbassando lo sguardo.

Burk - Perché quando l'ho portata al pozzo sono andato a prendere un b-braccialetto a casa. M-mi dispiace, Sotiria aveva bisogno dell'acqua... doveva preparare il pasto per i Cavalieri alati, le scorte erano finite. Non l'ha fatto per cattiveria, s-se non riusciva ad avere quell'acqua sua madre l'avrebbe sgridata.

Fulke e Rubellius si guardarono, Burk deglutì a fatica. Il demone rosso si riempì di nuovo il bicchiere, schioccò la lingua e sorrise con ironia.

Rubellius - "Galeotto fu il secchio d'acqua e chi lo riempì".

Il capotribù sorrise e spiegò come una padre fa con il proprio figlio, non aveva ira verso il giovane.

Fulke - Ascolta... ciò che hai fatto è un atto buono, ma avevo posto delle regole. Per stavolta lascio stare, ma se succede voglio essere informato immediatamente, d'accordo? Le regole valgono per tutti e sai perfettamente che non amo questo genere di scappatoie.

Burk - Sì... e riguardo al divieto di poterci parlare? Non puoi...

Fulke - No. Vi avevo detto che nessuno di voi deve contattare con loro, fino a quando non se ne andranno. Se ci saranno problemi verrete da me.

Burk - Ma nemmeno un saluto? Le avevo promesso - mostrò il bracciale nella mano - di darle questo prima che partisse.

Rubellius diede una gomitata all'amico e gli fece l'occhiolino.

Rubellius - Oh dai, il ragazzo vuole vedere la sua amata. Uno strappo alle regole lo puoi fare. Non ti ho insegnato nulla in questi anni?

Fulke guardò l'amico con serietà.

Fulke - Mi hai insegnato a combattere, ma mio nonno mi ha insegnato le regole. Comunque non cambierò idea.

Burk abbassò lo sguardo e si grattò un braccio, porse il bracciale a Fulke.

Burk - Allora puoi consegnarlo tu da parte mia. È un Angelo con i capelli mori e gli occhi neri a mandorla, ha le ali lilla.

Fulke scosse la testa, Burk si sentì vacillare. Rubellius si alzò e prese il bracciale, fece un cenno al ragazzo e lo invitò a seguirlo.

Rubellius - Stai diventando severo come tuo nonno. Già sono pochi quei piumati, almeno diamogli la possibilità di ripopolare la loro specie.

Burk seguì il demone rosso, i due si avvicinarono al confine e il giovane individuò a pochi metri dalle tende bianche, la giovane. Il ragazzo fece qualche cenno con la mano e lei, presa dai vari lavori, si voltò. Posò la pentola di ferro su un tavolo, sotto ad una tenda blu e corse da lui. Rubellius consigliò al ragazzo di nascondersi dietro ad alcuni pini per non essere disturbato, poi fece qualche passo per andarsene. Fulke l'aveva seguito e gli uomini guardarono i due giovani che si abbracciavano con gioia. Fulke e Rubellius erano accanto ad recinto e a una capanna.

Fulke - Dovremmo chiamarti "Messere dei cuori infranti".

Rubellius incrociò le braccia e posò la spalla sinistra sul tronco di un albero, posto vicino al recinto.

Rubellius - E tu sei diventato troppo severo. Non sembri più quello di un tempo.

Fulke - Un anno può cambiarti, Rubellius. Avere la responsabilità di un popolo è un peso molto pesante da portare.

Rubellius - Sai cosa ho notato - lo indicò con un dito - che per essere cambiato, stai diventando leggermente stronzo come tuo padre.

Fulke accennò una risata e gli diede un pugno leggero sulla spalla.

Fulke - Oh grazie. - Sospirò socchiudendo gli occhi - Forse hai ragione, è da quando sono arrivati loro che mi sento teso e irritato, come se dovessi... massacrare o uccidere tutto ciò che mi capita a tiro. - Agitò il capo - Gli occhi e le macchie sulla mia pelle hanno preso il colore giallastro e non c'è verso di farmi tranquillizzare. Perfino Idis si è stupita del mio cambiamento.

Rubellius si toccò il mento e lo guardò notando gli occhi gialli.

Rubellius - Stai maturando Fulke, ed ora che sono arrivati loro, la natura di tuo padre si sta prendendo ciò per cui sei nato. Era un demone guerriero dopotutto, fa parte di te vivere e combattere. È un processo naturale che avviene anche nei cuccioli che abbiamo nella nostra Dimensione.

Fulke incrociò le braccia e guardò i due giovani mentre si stavano baciando teneramente.

Fulke - Forse hai ragione. A proposito.

L'uomo diede delle pacche sulla spalla del demone e lo invitò a seguirlo verso il recinto dove tenevano i cavalli.

Fulke - Quando gli Angeli sono arrivati qui, Electre mi ha dato un dono di pace che forse ti piacerà.

I due camminarono all'interno del villaggio, fino ad arrivare al recinto, i cavalli stavano mangiando un po' di fieno. Rubellius posò le mani sul recinto in legno e spalancò gli occhi. Un cavallo nero si voltò e lentamente si avvicinò verso i due uomini.

Rubellius - Tenebris...

Il capotribù posò la schiena sul recinto e osservò il destriero, Tenebris nitrì e mosse la coda, mentre il suo muso toccò affettuosamente il suo vecchio padrone. Rubellius gli diede delle carezze e sorrise.

Fulke - Electre mi ha detto che Clizia le ha consegnato Tenebris dopo tre settimane dal matrimonio. Varsos voleva portarlo dal macellaio, sapeva che era il tuo dono per lei. Quindi la tua compagna ha pensato di darlo a Electre. - Rise - L'Angelo della Sapienza ha detto che ha fatto un po' di capricci, ma quando me l'ha dato si è tranquillizzato.

Tenebris nitrì e sbuffò calpestando il terreno battuto. Rubellius guardò l'amico e gli diede una pacca sulla spalla.

Rubellius - Grazie. Vedrai porterò via Clizia in qualsiasi modo e...

Il demone non riuscì a finir la frase che un suono di un corno lo distrasse, era il segnale che Electre stava per partire. Rubellius corse verso le tende, mentre Fulke preparò Tenebris per il viaggio.

Dopo una decina di minuti Electre uscì dalla tenda bianca e si avvicinò a Rubellius, indicandogli ogni minimo particolare. Le torce poste vicino alle tende illuminarono gli alberi e i suoi abitanti. La donna indossava una veste blu con uno stemma d'oro sul petto, Rubellius l'ascoltò con attenzione.

Electre - Noi saremo qui ad aspettarti, recati alle Grotte del Buio e quando sarà il momento, spicca il volo fino ad arrivare al castello.

Rubellius annuì, Fulke si avvicinò con Tenebris al suo fianco, lo aveva sellato e preparato. Sulla sella c'era una borsa in pelle doveva poteva mettere qualsiasi cosa, Rubellius prese un po' erba e agitando la mano destra, allungò un artiglio per poi ferirsi su quella sinistra. Bagnò l'erba con il suo sangue e gliela diede a Tenebris. Il cavallo masticò il pasto e nitrì sentendo di nuovo quel potere scorrere nelle sue vene.

Rubellius - Va bene. Ci vediamo stanotte.

Fulke - Fai attenzione.

Il demone salì sul suo destriero e prese le redini, li salutò e partì verso le Grotte del Buio. Galene uscì dalla tenda dell'Angelo della Sapienza e si avvicinò a Electre, posò una mano sulla sua spalla, mentre indossava una vestaglia da notte.

Galene - Vedrai che c'è la farà.

Electre - Lo spero.

I tre osservarono la galoppata frenetica del demone rosso, i suoi sensi non avevano nessun problema anche nella notte più buia.

Dalla partenza passo un bel po' di tempo, Clizia si era rifugiata nella stanza padronale del castello, suo marito si stava preparando nella piazza principale del maniero. Una marea di Cavalieri e Cacciatori Bianchi erano lì, in sella ai loro destrieri con le lance, spade e bandiere per onorare il loro Signore. La fanciulla aveva avvertito suo marito che si sarebbe coricata, poiché non si sentiva bene. La bugia aveva funzionato. La giovane camminò all'interno della camera con ansia, indossava una veste da notte con una scolatura a V, amata molto da Varsos poiché provocava in lui dei sogni proibiti. Al contrario Clizia la odiava, poiché la collegava agli atti violenti dell'uomo. La giovane si avvicinò alla culla e osservò Nepius che dormiva pacificamente dopo l'abbondante pasto. La ragazza si spostò e aprì l'armadio doveva aveva nascosto una borsa in pelle con tutto ciò che le poteva servire, non riusciva a trattenere le lacrime dalla gioia, non vedeva l'ora di sentirsi finalmente libera. Dietro alla borsa c'era la spada di suo padre. La ragazza estrasse la borsa e la spada e li posò sulla scrivania in legno. La giovane aveva pianificato ogni dettaglio di quella fuga, ora non doveva far altro che attendere. Qualcuno bussò alla porta, Clizia nascose la borsa con dei libri e aprì, una serva abbassò il capo.

Silvia - Mia Signora è l'ora del bagno e della benedizione per il padroncino. Come richiesto da vostro marito.

Clizia si morse le labbra e prese il piccolo dalla culla, Nepius frignò per la sveglia. La giovane raccomandò di non togliergli il cappellino di seta, la serva annuì e prese il bambino tra le braccia.

Silvia - Glielo porterò tra qualche ora.

Clizia - Va bene.

Era un'abitudine quotidiana, la giovane chiuse la porta a chiave e posò le mani sulle labbra. Si slegò le treccine e sciolse finalmente i capelli castani che le arrivavano sul petto. Si sedette sul letto e attese, le sue mani tremarono per la tensione. La fanciulla sussultò quando sentì un cigolio provenire dalla porticina nascosta, dove c'era un dipinto di un cavaliere. Sentì un imprecazione e si alzò capendo chi fosse. Rubellius entrò nella stanza, Clizia gli andò incontro e gli saltò addosso, abbracciandolo e avvinghiandosi al suo collo. Lui ricambiò e posò una mano sulla sua schiena.

Clizia - Amore - rise.

Rubellius rise dolcemente e le accarezzò una guancia, strusciò il naso al suo e all'ultimo la baciò. La giovane sfiorò i suoi capelli rossi, Rubellius le baciò il collo, lei continuò a ridere.

Clizia - Vorrei urlare dalla gioia!

Rubellius - Ci sarà tempo per le urla - rise - su ora prendi Nepius e andiamocene.

Clizia si staccò e si avvicinò alla scrivania, indicando la culla del piccolo.

Clizia - Ecco... a proposito di Nepius, la serva l'ha portato a lavarsi. Sarà pronto per qualche ora, Varsos sta partendo quindi...

Rubellius controllò che la porta fosse ben chiusa e annuì.

Rubellius - Giusto, giusto. Non vogliamo mica che il nostro pargolo puzzi di sterco e di fieno - rise.

La giovane lo guardò male e gli diede una pacca sul braccio.

Clizia - Rubellius! Modera i toni - sistemò la borsa - ora sei padre, devi essere educato, gentile, delicato per l'educazione di tuo figlio - chiuse gli occhi.

Il demone sbuffò e alzò gli occhi verso il soffitto, si sedette sul letto a baldacchino e si lasciò cadere, mettendosi a pancia in su.

Rubellius - Tutte robe che spettano a te, non a me. Appena avrà compiuto diciassette anni me lo porterò in giro. Vedrai tutte quelle donzelle che gli correranno dietro, per non parlare dei modi furbi d'ingannare la gente.

Clizia chiuse la borsa e si avvicinò al suo amato, mettendosi di fronte a lui, posò una mano sul petto e sorrise.

Clizia - Amore... ascolta... - sistemò la veste coprendosi il petto - quando tutto questo sarà finito, che ne dici se ci trasferiamo a Ebe? Potremmo vivere lì.

Rubellius - Credo che sia un'ottima idea. Sto pensando a come ingannare quella celebrolesa di Electre a non darti un altro marito. Se troverò il modo, potremmo star lì.

La giovane rise e prese una sua mano con tenerezza.

Clizia - Sarebbe un sogno.

Il demone si alzò con la schiena, la giovane posò le mani sulle sue spalle e gli accarezzò il capo. Il demone rosso la guardò verso l'alto, la sua mano sfiorò il laccio della veste.

Rubellius - Beh... se dobbiamo aspettare Nepius, possiamo... - sussurrò.

Clizia tolse la mano e scosse la testa, fece qualche passo all'indietro e si incupì.

Clizia - Non me la sento. Scusami.

Rubellius posò le mani sul materasso e la osservò, il demone abbassò lo sguardo mentre lei si avvicinò alla scrivania. La fanciulla si spostò una ciocca dal volto e mise il diario di sua madre all'interno della borsa.

Clizia - I-io... non riesco.

Le parole le morirono in gola, una lacrime scese sulla sua guancia ma velocemente l'asciugò. Rubellius si alzò dal suo posto e si avvicinò, mettendosi accanto a lei, posò un mano sulla scrivania.

Rubellius - Non devi dirmi nulla. Ho visto questa espressione molte volte nella mia vita. Soprattutto quando le prostitute venivano picchiate dagli umani o dai demoni.

Il giovane le sfiorò una guancia bagnata dalle lacrime e le sorrise, Clizia si morse le labbra e posò la fronte sul suo petto. La giovane tirò su il naso e si riprese, accennò un freddo sorriso.

Clizia - Lo so... e poi non ti perdi nulla, - deglutì - sono talmente piena di botte che ti provocherei disgusto.

Rubellius posò due dita sotto il mento di Clizia e l'avvicinò al suo volto.

Rubellius - Non mi provocherai mai disgusto, Angelo mio. Ai miei occhi rimarrai sempre quella giovane innocente. Una purezza... meravigliosa che mi fa tremare l'Essenza.

Lui la baciò con tenerezza, Clizia chiuse gli occhi e poi si staccò. Lo guardò con indecisione, un silenzio fragile sfiorò i due per qualche minuto. La ragazza posò le dita della mano sulla guancia coperta dalle lentiggini e diede un altro bacio, più intenso del primo. Rubellius posò le mani sulla scrivania e la intrappolò con il fisico, Clizia appoggiò il bacino sul bordo della scrivania e avvinghiò un braccio al suo collo, mordendogli le labbra. Il demone prese le cosce della giovane e la mise seduta sulla scrivania, spostando la borsa, i libri e la spada. La giovane arrossì e con le mani sollevò la camicia gialla del demone. Tolse la camicia la lanciò per terra, facendo rimaner a petto nudo il demone. Rubellius accarezzò le cosce della sua amata e sollevò la veste, lasciando vedere la pelle bianca della fanciulla. I due continuarono a baciarsi con voglia, l'uno di fronte all'altro. Lei sentì le sue mani sulle sue curve, finché la veste non fu gettata a terra. La Nefilim posò un braccio sulle sue spalle, Rubellius appoggiò le mani sulla cintura in cuoio e la slacciò con frenesia, abbassando i pantaloni marroni. Clizia lo fermò posando una mano sulla sua guancia, i due si guardarono intensamente, i loro nasi si sfiorarono. Rubellius chiuse gli occhi e accarezzò con la mano la schiena della giovane.

Rubellius - Quanto... ti amo - sussurrò.

Clizia iniziò a piangere e lo baciò di nuovo per colmare quel vuoto, creato dalle percosse del marito.

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Avviso: Finalmente ho aggiornato. Avevo problemi con la rete internet, ma ora son tornata. Con questo cap. mancano solo sei capitoli alla fine. *^*/ Non siete emozionati e contenti?

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