Capitolo 62 - Lividi e Doni
La giovane si toccò il viso e avvicinò la mano a quella di Rubellius, il demone la prese mentre con l'altro braccio sosteneva suo figlio. Clizia aveva gli occhi lucidi, aprì leggermente la bocca e iniziò a tremare, spiegando al suo amato ogni cosa in quel maledetto anno e mezzo.
Dopo il matrimonio con Varsos, la giovane cercò di attenuare i suoi timore accogliendo Electre. L'Angelo Della Sapienza la rassicurava, dicendole che Varsos non avrebbe mai portato malvagità nel suo cuore. Ma la donna si sbagliò di grosso, infatti quando Electre venne cacciata dal Generale, quell'uomo non si era risparmiato a dar alla ragazza una dovuta lezione. I due stavano litigando in una sala ovale, Varsos camminò nervosamente nella stanza e strinse i pugni. La ragazza era a terra, un arrossamento sulla guancia le faceva terribilmente male. Clizia tremò mentre si toccò con la mano quel punto dolente. Varsos sbuffò e guardò il camino di fronte a lui, mise le mani dietro alla schiena e si morse le labbra.
Varsos - Domani mattina la teca di diamante che contiene la Meridiana del Tempo arriverà al castello. Dopodiché eliminerai la magia che la protegge e farai quello che ti ordinerò, è chiaro?!
La giovane lo fissò e scosse la testa. Varsos si avvicinò con prepotenza alla ragazza, mettendosi in ginocchio davanti a lei. Le prese la mandibola per guardarla negli occhi.
Varsos - Quale pezzo ti manca del mio discorso?! Pensi che Electre e i suoi Angeli ti possano salvare?! Tu sei mia, Clizia. - Sorrise con malignità - Loro non possono fare nulla.
Clizia - I-io non attiverò la M-Meridiana... te lo puoi scordare!
L'Angelo che ormai aveva l'Essenza più nera di un demone, lasciò la presa e con forza diede una sberla alla giovane facendola cadere di lato. Clizia iniziò a piangere mentre lui si alzò, si toccò il mento.
Varsos - Se non fossi incinta ti avrei già usata e uccisa da tempo, stupida Nefilim. - Sospirò - Ma comunque... stanotte avrò modo di convincerti in altre maniere.
La luce del fuoco del camino illuminava le pareti blu e il pavimento con le piastrelle rosse, sul soffitto c'erano dei maestosi dipinti in avorio. Vicino alla ragazza c'erano tre vetrate, Clizia si alzò lentamente con la schiena e sputò un po' di sangue. L'Angelo prese da un tavolino una bottiglia di vino e si servì in un bicchiere la bevanda. La giovane si piegò su se stessa e abbracciò il suo addome, Varsos posò le braccia sullo schienale della sedia e si bagnò le labbra.
Varsos - Spero per te che sia un maschio, ho faticato molto per averlo. - La guardò con ira - Per essermi concesso una settimana dopo il matrimonio è il minimo che mi puoi dare.
La fanciulla strinse l'abito blu e continuò a piangere, la sua voce era un sussurrò di rabbia e dolore.
Clizia - C- Cosa?! M-mi... hai presa con la forza q-quella notte! Sei u-un mostro - urlò.
Varsos finì di bere e posò il bicchiere sul tavolino, si avvicinò alla porta e l'aprì.
Varsos - Parla colei che ama un Demone Minore. Ora - agitò una mano - mettiti qualcosa di più decente e nascondi quelle ferite, tra mezz'ora avremo ospiti. Non voglio far brutte figure.
L'Angelo se ne andò sbattendo la porta. Clizia si asciugò le lacrime, mentre cercava di alzarsi. Le labbra e le guance le facevano terribilmente male. Aveva nascosto la verità a Varsos, dicendolo al quinto mese di gravidanza che il figlio era suo e non di Rubellius. L'Angelo non aveva sospettato di nulla poiché non percepiva la parte maligna né il sesso del piccolo, la natura di quell'ibrido lo stava nascondendo dal mondo. La giovane si avvicinò ad una delle vetrate, osservando il cupo paesaggio. La piazza del castello brulicava di soldati e Cacciatori Bianchi. Le terre Della Roccia erano prive di vegetazione, ogni albero o giardino del maniero era stato abbattuto per creare delle gigantesche recinzioni. Clizia si morse le labbra ricordando quell'unione orrenda che aveva avuto con il Generale. Ogni volta che la fanciulla ricordava l'atto, volontariamente si graffiava le braccia e il collo. La giovane si sentiva sporca, impura e tradita. Inoltre il suo corpo a clessidra aveva perso parecchi chili, poiché non voleva mangiare le pietanze che condivideva con quell'uomo. Ma le serve insistettero molte volte, poiché stava aspettando un bambino. La fanciulla si toccò l'addome e lo guardò.
Clizia - A-Andrà tutto b-bene. La mamma ti p-proteggerà.
La ragazza chiuse gli occhi con dolore e si avviò verso l'uscita.
Quando la mente di Clizia tornò nella realtà, Rubellius strinse il lenzuolo con la mano libera, mentre con l'altro braccio teneva suo figlio.
Clizia - Non ci fu un attimo di pace. Ogni notte abusava di me e se non lo faceva... mi picchiava. Hippokràtes si stupì molto e si preoccupò poiché potevo rischiare un aborto.
Il viso del demone era colmo di rabbia.
Rubellius - Io l'ammazzo! Dov'è?!
Rubellius si alzò mentre suo figlio mugugnò per lo scossone. Clizia lo fermò posando le mani sul suo petto.
Clizia - Non te lo dirò perché ti conosco, so come reagiresti. Ti prego... fammi finire il discorso. - Si spostò una ciocca dal volto - Quando nacque Nepius, Varsos si era calmato. - Deglutì - Avendo ancora la spada di mio padre riuscii a difendermi nei mesi che seguirono. Inoltre se avesse osato toccarmi di nuovo, l'avrei ucciso.
I due si guardarono mentre il bambino mosse i pugnetti verso l'alto, dal dolore che provava Clizia sembrava decisa, ma allo stesso tempo sola.
Clizia - Sono c-cambiata, amore mio. Se non avessi avuto Nepius... mi sarei gettata da una torre molto tempo fa.
La giovane si mise di fronte al suo amato, Rubellius cercò di sfiorale il volto ma lei, istintivamente lo spostò, osservando la sua mano. Quel movimento irrequieto erano la conseguenza delle ripercussioni da parte del marito. Rubellius si toccò il mento e si avvicinò al finestrone. Il piccolo rise prendendo e muovendo un cordone della camicia verde del padre.
Rubellius - Mi hai detto che gli Angeli dei Sacri Doni sanno di Nepius. Come può essere?
Clizia chiuse gli occhi e continuò il suo racconto. Il ritorno nel passato era un fulmine che si abbatté nella mente della giovane.
In una camera da letto le urla strazianti erano coperte dalle chiacchere preoccupate delle serve. La giovane era in travaglio mentre guardava con fatica la vetrata di fronte a lei. La gigantesca vetrata raffigurava delle Sacerdotesse Benedette che pregavano un Angelo dei Sacri Doni. Clizia strinse le lenzuola bianche e appoggiò la schiena sulla testata del letto. Alla destra del letto c'era una porta e una sedia, mentre alla sinistra c'era un tavolo di legno, colmo di panni, forbici, brocche d'acqua. Le pareti con alcuni dipinti raffiguravano dei gigli, mentre il pavimento azzurro era illuminato dalle candele poste sul tavolo. La giovane strinse le lenzuola e respirò con affanno, la figlia di Hippokràtes aiutò Clizia a regolare i respiri. Una serva sbiancò di colpo alla vista del sangue che macchiava le lenzuola e il materasso. Il volto della giovane era sudato e i capelli castani erano bagnati, la ragazza digrignò i denti e fissò l'Angelo con la veste turchese. Aphia si posizionò vicino alle gambe di Clizia per accogliere il piccolo che stava per nascere. La giovane chiuse gli occhi e urlò di nuovo, alzò il mento e strinse un cuscino con le mani. La veste bianca che indossava copriva soltanto il petto e il suo addome, il tessuto era bagnato. Clizia si morse le labbra e iniziò a piangere, il dolore era insopportabile. L'Angelo femminile sorrise e posò una mano sul ginocchio della fanciulla, Clizia era distesa a pancia in su, le sue braccia erano dipinte dai bianchi tribali che aveva ereditato dal padre. La giovane posò il capo sullo schienale del letto e scosse la testa.
Clizia - Aphia... i-io non ce la faccio.
La giovane chiuse di nuovo gli occhi e urlò per il dolore, Aphia le sorrise.
Aphia - Sì che ce la fai! Ancora una spinta e ci siamo!
Clizia strinse il lenzuolo si piegò in avanti, spingendo con tutte le sue forze e rilasciando un urlo. Aphia spalancò gli occhi quando vide la testa del piccolo.
Aphia - Clizia! Vedo la testa! Dai ancora un'altra spinta, ci siamo quasi!
La giovane si morse le labbra e si piegò di nuovo, mettendo le mani dietro alla schiena, alzò il mento e urlò. Aphia si piegò verso le sue gambe e con le mani coperte da dei guanti in pelle prese il capo del piccolo. Clizia strinse le lenzuola e tossì mentre sentiva con gli occhi chiusi il pianto del neonato. Aphia rise e lo prese, facendosi dare da una serva le forbici. Il piccolo pianse con foga mentre agitava le manine, era sporco e violaceo ma stava bene. La figlia di Hippokràtes prese un panno per pulire il corpo del piccolo. Dopodiché lo avvolse in una copertina di seta e l'osservò.
Aphia - È bellissimo, Clizia! È un maschietto.
L'Angelo dai capelli castani e gli occhi color indaco lo consegnò a sua madre. Clizia tremò mentre lo prese tra le braccia, delle corpose lacrime scesero sulle sue guance.
Clizia - S-sei... bellissimo - singhiozzò.
La giovane era distrutta, la pelle era bianca mentre delle profonde occhiaie delineavano i suoi occhi. Aphia le diede una carezza sul volto, l'Angelo aiuto Clizia a sistemarsi e a pulirsi, dopodiché la coprì con un lenzuolo pulito.
Clizia - Aphia... g-grazie.
Clizia baciò le manine umide del piccolo e rise a fatica.
Aphia - È un onore Clizia.
Clizia - T-tuo padre sarà molto orgoglioso di te. - Rise - Essendo il tuo secondo parto non è mica facile.
Aphia - Già. Quel burbero è fuori da due ore, sperava che cedessi - rise - invece l'ho fregato. - Coprì Clizia con una coperta e guardò il piccolo - Ora attaccalo al seno, il primo contatto con la madre è fondamentale.
La giovane spostò la spallina vaporosa della veste bianca e lo attaccò al seno. Il piccolo mugugnò e iniziò a bere il latte, gli occhi sottili del neonato osservarono sua madre. La ragazza sfiorò con la mano destra la testolina e lo guardò, era incantata. Aphia si tolse i guanti e si pulì il viso grazie all'acqua nelle brocche.
Clizia - È m-meraviglioso. Non lo trovi anche tu, Aphia?
Aphia si asciugò le mani con una pezza e annuì, si avvicinò alla giovane e piegò di lato il volto.
Aphia - Certamente. Dopo la poppata lo pesiamo.
Clizia annuì faticosamente, gli occhi socchiusi osservarono le piccole orecchie a punta e un sorriso dolce sfiorò le sue labbra.
Aphia - Sicuramente tuo marito vorrà scegliere il nome. E poi...
Clizia si irrigidì e strinse leggermente il suo piccolo.
Clizia - No! Si chiamerà Nepius!
L'Angelo femminile la guardò con stupore e si avvicinò alla porta.
Aphia - Ma... è un nome demoniaco.
Clizia - Allora?!
Le due donne si fissarono, Clizia era irritata per quella decisione.
Aphia - Ascolta Clizia, so bene che il bambino è stato con te per nove mesi, ma è diritto del padre scegliere il nome.
Clizia - Non cambierò idea! Il bambino l'ho fatto io e deciderò io che nome dargli!
L'Angelo sospirò e aprì la porta, la pelle olivastra era tirata per la stanchezza. Era molto alta e non aveva il fisico di suo padre, le due erano riuscite a legarsi in poco tempo, poiché Hippokràtes la portava con se per mostrale e insegnarle il compito che un giorno avrebbe preso.
Aphia - Prima di prendere questa decisione parla con mio padre, va bene?
La giovane guardò il piccolo e annuì, mentre Aphia uscì chiamando suo padre nel corridoio. Dopo pochi minuti Hippokràtes entrò nella stanza e mandò via le serve. Non voleva partecipare al parto poiché voleva testare la bravura della figlia. L'Angelo Della Guarigione Fisica e Mentale aveva aspettato nel corridoio per tutto il tempo.
L'Angelo avanzò e si sedette vicino al letto, il piccolo finì la sua poppata e frignò. Clizia posò il capo su un cuscino, osservando con debolezza Hippokràtes. L'Angelo piegò la schiena in avanti e incrociò le mani, mugugnò e guardò il piccolo.
Hippokràtes - Aphia mi ha raccontato sulla tua decisione.
L'Angelo si alzò e aprì le mani per prendere il neonato, Clizia si allontanò leggermente. Hippokràtes socchiuse gli occhi color indaco.
Hippokràtes - Non voglio fargli del male, Clizia. Voglio solo visitarlo.
Clizia guardò il piccolo e poi l'Angelo, alla fine annuì e lentamente lo consegnò. Il bambino frignò e si lasciò prendere in braccio dal medico, Hippokràtes si avvicinò al tavolo e si preparò per la visita. Clizia guardò la sua concentrazione, la giovane si coprì il petto con la tunica bianca e posò una mano sulle labbra. Un silenzio glaciale cadde nella stanza, l'Angelo dei Sacri Doni sospirò osservando le orecchie a punta e le manine coperte dai ghirigori bianchi. Dopo la visita e il controllo del peso, l'Angelo coprì il piccolo con una copertina e si tolse gli occhiali, posandoli sulla fronte.
Hippokràtes - Mi avevi detto che eri rimasta incita dopo il matrimonio, giusto?
La voce del medico era profonda e calma, il neonato agitò i pugnetti e sbadigliò. La giovane abbassò lo sguardo e incrociò le braccia.
Clizia - Sì...
Hippokràtes piegò il volto per osservare meglio le dita del piccolo. I polpastrelli e le unghie erano nere, era leggermente stupito. Clizia fissò il suo corpo robusto e la lunga treccia che scendeva sulla sua schiena.
Hippokràtes - C'è qualcosa che mi devi dire?
Clizia - No... io... - deglutì.
L'Angelo prese il piccolo tra le braccia e lo calmò, si avvicinò alla ragazza e indicò le orecchie a punta.
Hippokràtes - Ho notato le orecchie e i polpastrelli del piccolo. In teoria un Angelo appena nato presenta i tribali bianchi sulle mani e le ali ancora immature. Tuo figlio non ha le ali e le sue mani non sono identiche alla nostra razza.
Il cuore di Clizia accelerò sempre più velocemente, delle corpose lacrime scesero sulle sue guance.
Hippokràtes - Inoltre... - voltò delicatamente il bambino, mostrando la schiena nuda e morbida alla madre - dove si trovano comunemente le ali, ha due scaglie bianche. Presumo che...
Clizia - Ti prego Hippokràtes... - singhiozzò - Nepius non ha...
Hippokràtes si toccò la fronte con la mano libera e tenne con un braccio il bambino.
Hippokràtes - Dimmi solo chi è il padre. Non è la prima volta che vedo questo genere di creature.
La giovane socchiuse gli occhi e strinse le lenzuola, Hippokràtes si sedette sulla sedia.
Hippokràtes - È quel Demone Minore che ti ha protetta un anno fa? Electre mi aveva accennato qualcosa sul vostro... - agitò una mano - sentimento.
La giovane si toccò un braccio coperto da un ematoma e si morse le labbra.
Clizia - Sì. - Singhiozzò e l'osservò - T-ti prego Hippokràtes, Nepius non c'entra nulla. Quella che deve pagare s-sono io.
L'Angelo si toccò le labbra e sospirò con rassegnazione.
Hippokràtes - Lo sai che se Varsos lo viene a sapere ti ucciderà? Prima ti userà per dar alla luce un altro erede e poi... ti condannerà al rogo.
La giovane chiuse gli occhi e si asciugò una guancia.
Clizia - Non m'interessa... preferisco morire che vivere con lui.
Hippokràtes - E del piccolo?
Clizia -N-Nepius potrebbe vivere con suo padre. S-se io morissi lo invocherei e...
Hippokràtes - E credi che quel demone accetterebbe suo figlio?
Clizia socchiuse gli occhi e sussurrò con dolore.
Clizia - È la mia unica speranza.
L'Angelo consegnò il piccolo alla giovane. I suoi occhi indaco osservarono un ematoma che la giovane aveva sul braccio.
Hippokràtes - Questo è nuovo? Due settimane fa non l'avevi.
Clizia coccolò il suo bambino e socchiuse gli occhi, il piccolo posò una manina sul mento della madre e sorrise.
Clizia - Sono scivolata, succede.
Hippokràtes controllò l'ematoma rossiccio e gonfio.
Hippokràtes - Sei brava a mentire con le serve, ma non con me. Varsos ti ha picchiata di nuovo? Il motivo?
La giovane staccò la presa dal medico e si morse le labbra.
Clizia - Non è nulla. Sono caduta!
Hippokràtes si toccò la nuca priva di capelli e si sedette sul bordo del letto, prese gli occhiali e parlò con calma.
Hippokràtes - Ne abbiamo già parlato Clizia. So bene che siamo in una situazione abbastanza difficile, ma... Electre te l'ha detto tempo fa. Nessuno ti vieterebbe di venire con noi.
Clizia - Lei non capisce! Se fuggissi di qui che succederebbe? State sottovalutando Varsos, lui non cambierà il suo carattere né le sue idee. Se io rimarrò qui voi avrete il tempo di vedere la verità.
Hippokràtes - Quale verità?
Clizia deglutì e guardò altrove.
Clizia - Chiediglielo a Electre, lei sa.
Hippokràtes si alzò dal suo posto.
Hippokràtes - Lo farò.
Il medico si avvicinò alla porta, Clizia lo guardò e lo fermò.
Clizia - Hippokràtes, avevi detto che c'erano altri come... Nepius.
L'Angelo con la tunica verde si voltò lentamente, posando la mano sulla maniglia.
Hippokràtes - Sì. Raramente si poteva vedere quelle creaturine. - sospirò - Il problema e che non vivevano mai più del dovuto poiché venivano uccise. Diciamo che non è la prima volta che i nostri manoscritti citano a questo genere d'unione. Perfino all'origine dei nostri Antenati esistevano quelle creature. Rare... ma esistevano. - Accennò un sorriso - Comunque se hai deciso quel nome, Varsos non protesterà. Parlerò io con lui.
L'uomo la salutò con dolcezza e uscì, la giovane posò il capo sul cuscino e lo ringraziò sottovoce.
Quando la ragazza finì il racconto, Rubellius posò il piccolo all'interno del culla e gli accarezzò il visino. La giovane s'era seduta sul letto poiché era stanca, Rubellius si avvicinò e si inginocchiò di fronte a lei, posando le mani sulle sue ginocchia. I due si guardarono intensamente, la giovane sfiorò il suo volto. Il demone baciò la mano e tremò per la rabbia. Il giovane mosse le orecchie e si alzò improvvisamente quando sentì qualcuno bussare.
Benedetta - Mia Signora. Vostro marito vi sta cercando.
Il demone si avvicinò alla porticina dov'era entrato e si fece seguire dalla giovane.
Clizia - Un attimo e arrivo - osservò la porta della camera.
Rubellius aprì la porticina e si infilò dentro, ma prima che potesse chiuderla guardò la sua amata.
Rubellius - Tra tre giorni ti verrò a prendere. Prepara tutto ciò che ti servirà.
La giovane posò una mano sul suo braccio e l'altra sul suo petto.
Clizia - Amore, io non...
Il demone si avvicinò al suo volto e la baciò improvvisamente, mordendole le labbra. Clizia chiuse gli occhi e ricambiò il bacio, i due si staccarono lievemente, le loro guance arrossirono.
Rubellius - Stai tranquilla. Andrà tutto bene.
La serva continuò a bussare e alzò la voce per farsi sentire.
Benedetta - Mia Signora siete sola?! Ho sentito una voce?
Clizia diede un altro bacio al suo amato e iniziò a piangere. Il demone prese con le mani il suo volto togliendo le sue lacrime, lui le baciò il collo e il lobo dell'orecchio. La sua voce tremava per il dolore di quella separazione violenta e dolorosa. La giovane posò il naso sulla spalla del demone e l'abbracciò.
Rubellius - Ricorda che... ti amo - sussurrò.
Lei annuì e lo lasciò andare, il giovane chiuse la porticina e se ne andò. La giovane si avvicinò al letto e prese il velo, le sue guance erano rosse e un dolce sorriso dipinse finalmente il suo volto pallido e stanco.
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