Capitolo 60 - La dimora delle tenebre
Presente
Nella Dimensione Deiouona l'aria putrefatta uscì dalla bocca dei vulcani dalle rocce color rosso sangue. Le caverne, dove i Demoni Minori abitavano, erano illuminate dalle pietre gialle che racchiudevano l'Essenza dei demoni deceduti.
Era passato un anno e mezzo da quando Rubellius aveva terminato il suo Patto con Erastos. La vita del demone rosso continuava nella sua tremenda quotidianità, tra clausole da sistemare, Essenze da gestire e umani che volevano potere e ricchezza. Rubellius non toccava la terra di Astrea e per questo si recava nel pianeta Terra. Il demone rosso si era ripromesso di non stipulare nel pianeta Astrea nessun Patto, rifiutando le invocazioni in quel luogo.
All'entrata della caverna di Rubellius si potevano notare tre pietre gialle, le quali rappresentavano l'amico perduto, la sua antica amata e suo figlio. Ogni tanto Rubellius le accarezzava per rasserenare i suoi pensieri. All'interno della sua grottesca dimora c'era tutto ciò che al demone poteva servire. Una scrivania di legno vicino alla parete umida della caverna, colma di libri, pergamene, boccette d'inchiostro e piume. Dalla parte opposta c'era un piccolo letto fatto con sassi, coperte strappate e un cuscino riempito di paglia. Vicino all'entrata della caverna c'era un baule colmo di qualsiasi oggetto che poteva servigli nelle sue spedizioni. Le tre pietre illuminarono con una luce giallastra l'interno della sua dimora. Una pila di libri era vicino al baule, mentre un calderone di ferro era posto su una pietra grigia. Le ampolle che contenevano ogni sorta di liquido magico erano appoggiate su una mensola di pietra.
Il demone rosso era seduto su un masso di fronte alla scrivania di legno, la pergamena blu era srotolata. Rubellius appoggiò il capo su un braccio piegato mentre giocherellava con la piuma che utilizzava per scrivere. La schiena inarcata era coperta dal mantello squamato. I suoi occhi viola osservarono i nomi dei malcapitati scritti su quella pergamena blu. La sua mano stropicciò un angolo del foglio, i capelli rossi e lunghi sfiorarono le sue ginocchia mentre il viso mostrava il suo dolore. Il demone socchiuse gli occhi e sospirò, cercando sulla scrivania il portafortuna di Clizia. La spilla in ferro battuto era rotonda, sulla superfice c'era un piccolo giglio verde e una minuscola pietra rossa. Rubellius prese con gli artigli neri l'oggetto e l'osservò. Le sue spalle iniziarono a tremare per il dolore. Il Demone Minore aveva tentato di dimenticarla, passando da un Patto all'altro ma era tutto inutile. Il pensiero di Clizia gli rimbombava nella testa ogni notte e molto spesso la sognava. Il demone chiuse gli occhi e si coprì il capo con il braccio piegato. Lasciò la piuma e graffiò la scrivania, la carta della pergamena iniziò a brillare e dei piccoli globi di luce uscirono da quel foglio. Delle nuove richieste erano pronte per lui, degli umani lo stavano invocando. Il demone alzò lo sguardo e mosse la mano, spegnendo quei globi di luce. Rubellius si mise dritto con la schiena e urlò con ira, spostando e facendo cadere i libri. Il demone rosso si toccò la fronte, digrignò i denti e imprecò. Il suo portafortuna cadde a terra facendo un tintinnio, Rubellius respirò con affanno e guardò il soffitto roccioso.
Rubellius – Clizia... - sussurrò.
Dei passi echeggiarono all'interno della sua caverna e una risata distrasse il demone rosso. Un Demone Minore basso con la schiena inarcata si avvicinò, trascinando le gambe sottili e coperte dalle scaglie viola. La pelle opaca era ricoperta da una patina lucida, le corna sottili erano lunghe e verdi.
Ostus – Sapevo che ti avrei trovato, Rubellius.
Il demone era basso e calvo, in mano aveva un pendente con una fialetta che conteneva uno strano liquido nero. Rubellius si spostò dal suo posto, prese la spilla della giovane e si avvicinò al demone.
Rubellius – Ostus è un piacere vederti. Hai portato ciò che ti ho chiesto?
Ostus – Certamente. Ma ti avverto, quando berrai questa sostanza non potrai più tornare indietro.
Rubellius annuì e prese il pendente, se lo mise al collo e guardò il contenuto. Ostus fece un verso rauco, i due demoni uscirono dalla caverna e ammirarono il tetro paesaggio. Le Essenze impure urlarono il loro tormento al di là dei monti. Rubellius mise le mani dietro alla schiena e accennò un sorriso, Ostus sputò per terra e si toccò il collo.
Ostus – Dovrei sgranchirmi le gambe di più. – Tossì – Se avessi la voglia e il tempo come te, avrei già commercializzato una marea di pozioni.
Il demone rosso socchiuse gli occhi e guardò il cielo color indaco, alcuni demoni stavano volando verso le loro dimore.
Rubellius – Il commercio è sempre lo stesso, Ostus. Dimmi un po' che sta succedendo alla Valle del Pianto?
Ostus aprì la bocca colma di canini, si grattò il capo e sbuffò.
Ostus – Non hai sentito? Gli Anziani stanno discutendo su ciò che sta succedono nel pianeta Astrea. Sembra che gli Angeli abbiano dei gravi problemi con le loro truppe. Una sorta di ribellione interna.
Rubellius alzò un sopracciglio privo di peli, la sua espressione mostrava curiosità.
Rubellius – Una rivolta interna? Avevo detto che prima o poi si sarebbero ammazzati tra di loro - rise.
Ostus – Già. Va beh... ci si vede Rubellius.
Il demone si allontanò salutando Rubellius con la mano. Il demone rosso schioccò la lingua e mise la spilla sul laccio del pendente, poi tornò nella sua caverna e si scricchiolò il collo. La pergamena blu fece uscire un altro globo di luce che indicava un invocazione, Rubellius la sfiorò e controllò chi fosse l'emittente. Un brivido sulla schiena lo pervase, spostò quel globo e camminò all'interno della grotta.
Rubellius – Questo è il colmo! Quella celebrolesa, quell'ingrata! – imprecò.
Il globo di luce si avvicinò al demone, Rubellius lo prese con la mano e l'osservò con disgusto, osservando del pianeta. Il demone sospirò e chiuse gli occhi, sapeva che l'emittente di quel messaggio era un Angelo. Rubellius si avvicinò alla pergamena e l'arrotolò facendola sparire. Il giovane gettò sulla superfice grigia il globo, un fumo grigio lo coprì lentamente facendolo scomparire.
Intanto nel piante Astrea un gruppo di Angeli si era accampato all'interno della Foresta Nera. Electre era tesa come una corda di violino, osservò per un secondo i suoi uomini e si scricchiolò le dita. La donna indossava una divisa verde con una cintura in pelle nera. Le mani erano coperte dai guanti marroni. La donna si voltò dando le spalle a un pino, guardando gli Angeli che erano attorno al falò. I cavalli mangiucchiavano un po' d'erba mentre un vento leggero sfiorò le loro criniere. Un Cavaliere alato sentì un ramo cadere a terra, Electre si voltò di nuovo quando il suo sottoposto le indicò il pino. Una figura nera scese dall'albero graffiando il tronco. I soldati alati si alzarono e sguainarono le spade. Un silenzio placido coprì il piccolo gruppetto, i cavalli nitrirono per lo spavento mentre la luce del fuoco illuminava il volto bluastro di Rubellius. Electre si avvicinò al Demone Minore e rimase in silenzio, Rubellius digrignò i denti e allungando gli artigli l'attaccò, Electre fece un passo all'indietro e sguainò la spada parando il colpo. Rubellius strinse la lama con la mano destra, il contatto tra gli artigli e la spada provocò un denso fumo nero. Electre fece leva con le gambe e calmò i suoi uomini.
Electre – Fermi! Non vi avvicinate.
Rubellius aprì la mano sinistra e piegò il viso di lato. I capelli rossi sfioravano il suo addome mentre le ali si aprirono.
Rubellius – Tu... maldetta sgualdrina! Mi hai chiamato per mesi, supplicando la mia presenza! Mi sono stancato di te!
I muscoli della donna erano contratti per il peso della spada, i suoi occhi neri sfiorano il volto nervoso del demone.
Electre – Se ho cercato di contattarti è perché ho fatto un errore! Un grave errore! Fammi parlare!
Il demone la spinse con il braccio e urlò, poi l'attaccò di nuovo ma la donna parò i colpi. Electre mise la lama della spada orizzontalmente e respirò con affannò.
Rubellius – Parlare?! Oh no! Io voglio ucciderti!
Gli Angeli che osservarono il combattimento restarono immobili, ma sapevano che se fosse stato necessario sarebbero intervenuti. Electre sbatté con la schiena su un tronco di una quercia e si piegò, mancando di poco gli artigli del demone. La donna si spostò di lato e indietreggiò aprendo le ali bianche.
Electre – Mi s-sono sbagliata su di te. Avevi ragione. In quest'anno le cose sono cambiate, Rubellius – deglutì – le lettere...
Rubellius l'attaccò di nuovo e le diede un calcio sull'addome, facendola cadere a terra. Electre si coprì il petto con la spada e lo guardò.
Rubellius – Cosa c'entrano le lettere!?
La donna lo guardò mentre respirava con affanno.
Electre – Le lettere le stavo per bruciare. Io pensavo alle parole di mio padre. Pensavo che stavi mentendo, pensavo che fosse tutto un tuo piano per aver Clizia e infangare il nome di Varsos. Ma...
Il demone si piegò e prese con la mano sinistra il polso della donna mentre con l'altra prese il suo collo. Il polso destro della donna sanguinò mentre gli artigli affondavano nella carne. Electre urlò di dolore e lo guardò dritto, dritto negli occhi.
Rubellius – ...ma non è così?! Non è vero? Non hai mostrato nulla ai tuoi compagni in quelle lettere! Le hai bruciate perché non ti fidavi di me!!
Electre socchiuse gli occhi e si morse le labbra.
Electre – Non puoi g-giudicarmi p-per il mio g-gesto. Ho perso mia madre per colpa vostra e di mio padre – deglutì – avevo paura che Clizia...
Rubellius – Zitta! Non pronunciarla, non dire quel nome!
Electre – Aspetta...
Il demone strinse il collo e la voce di Electre faticò a uscire dalle sue labbra carnose.
Electre – H-ho letto le lettere, V-Varsos è p-pazzo. L-lettere non le ho bruciate. I-io...
Il demone spalancò gli occhi e lasciò il collo e il polso della donna. Lui indietreggiò qualche passo e guardò l'Angelo. Electre tossì pesantemente, si piegò di lato, posando la spada sul terreno. Due Angeli l'aiutarono ad alzarsi, lei li ringraziò e fissò il demone con fatica.
Electre – Come ti dissi... - tossì – quando te ne sei andato quelle maldette lettere le ho stropicciate e non le ho lette. – Deglutì – Quando tornai al campo d'addestramento le misi in un baule, pensavo che stavi mentendo poiché non notavo nessun cambiamento in Varsos... - tossì – ma mi sbagliavo. Alcuni Cavalieri mi avevano avvertito che Varsos stava progettando una dittatura – deglutì – poiché quel Generale ha segregato Clizia nel castello. – Si toccò il collo – La cosa peggiore e che ci ha minacciato se avessimo oltrepassato il suo territorio. Lui ci avrebbe dichiarato guerra. Allora – tossì – ho ripreso le tue lettere e ho letto ogni cosa. Ma... era troppo tardi... Varsos ha minacciato non solo me ma anche gli altri Angeli dei Sacri Doni.
Rubellius – Che minaccia?
Electre – Avrebbe usato Clizia e sarebbe ritornato indietro nel tempo uccidendo... i nostri Antenati. – Deglutì – Ci stiamo organizzando nel campo d'addestramento... vogliamo attaccarlo prima che la situazione peggiori.
Rubellius digrignò i denti e alzò il mento.
Rubellius – Non è un mio problema, Electre.
Electre – Invece lo è! Ho cercato di invocarti in questi mesi perché volevo che portassi via Clizia! La giovane, lei ha...
Rubellius – Lei non ha più nulla! Io non sono più legato a lei! Perché dovrei portarla da voi?! Ah?!
Electre si avvicinò e mise nel fodero la sua spada.
Electre – Quando Varsos stava mostrando i primi segni del suo folle gesto, ho cercato di convincerla di venir via con me. Ma si è rifiutata... non è più la giovane che hai conosciuto. Varsos l'ha cambiata e si rifiuta di vivere.
Rubellius strinse i pugni e la guardò con odio.
Electre – L'unico che poteva convincerla eri tu. Sei l'unico che possa portarla al campo e sviare i controlli che ci sono lì.
Rubellius – L'avete tratta con disprezzo ed ora che rischia di morire... mi supplicate?
Electre – Non ti stiamo supplicando, Rubellius. Ti stiamo chiedendo aiuto! Clizia vive perché sta progettando un pegno... un pegno che secondo noi possa aiutare me i miei compagni.
Il demone si voltò dandole le spalle, si avvicinò all'albero per andarsene. Electre strinse i pugni e alzò la voce per fermarlo.
Electre – Non farlo per noi ma per lei! Se l'ami fallo per lei!
Rubellius si fermò di colpo, Electre si avvicinò al demone mettendosi al suo fianco.
Electre – Ciò che hai fatto con Clizia... non è rimasto nascosto, lei me l'ha detto. Sei l'unica soluzione di questo scempio. Lei ti ama... lei non ha mai smesso di amarti.
Il demone abbassò il volto e guardò la donna al suo fianco, il suo volto colmo d'ira mostrava l'odio verso quella razza.
Rubellius – E sia.
Electre accennò un sorriso e si voltò verso i suoi uomini, parlando nella sua lingua. Rubellius fissò i rami degli alberi e sospirò.
Dopo pochi minuti il demone si mise vicino al falò, gli Angeli erano seduti attorno al fuoco. Electre mostrò una mappa del castello Della Roccia e indicò con un dito la stanza patronale dei Signori. Rubellius ascoltò attentatemene e guardò la struttura del maniero.
Electre – Le guardie di Varsos sono in ogni angolo del castello. Quel farabutto ha messo una barriera magica perfino sui tetti.
Rubellius – Non c'è modo d'entrare?
Electre indicò le fogne del castello, prese un'altra cartina nella sua borsa in pelle e la consegnò al demone.
Electre – Macaone ci ha dato un riferimento di un cunicolo segreto che porta direttamente nella stanza padronale, dopotutto l'ha costruito e progettato lui. Devi seguire la mappa e non potrai sbagliare.
Rubellius – Bene! Ma Varsos noterà sicuramente la scomparsa di Clizia. Non sarà facile portarla da voi.
Electre annuì e confermò l'idea del demone.
Electre – Vero. Ma abbiamo una possibilità. Enyalius, l'Angelo della Battaglia, ha saputo dalle sue spie che Varsos si recherà tra tre giorni in una nuova città, poiché sta allargando il suo "impero". Se riuscirai a fuggire con lei quello stesso giorno... allora Varsos non avrà il modo di vederla.
Rubellius annuì e mise le mani sui fianchi.
Rubellius – Va bene. Allora partirò stasera.
Il demone arrotolò la mappa e si allontanò dagli Angeli, Electre si alzò dal suo posto e lo guardò.
Electre – Rubellius! Qualunque cosa accada... non darle la colpa di ciò che ha fatto in quest'anno. Varsos... non l'ha risparmiata.
Rubellius – Che intendi?
Electre – Lo capirai quando lo vedrai – sussurrò.
Il demone sospirò e aprendo completamente le ali spiccò il volo verso il feudo Della Roccia.
Il volo durò qualche minuto, il vento sfiorò le membrane delle sue ali, la notte si stava avvicinando. I suoi occhi si posarono sui campi colmi delle varie piante. Da lontano poteva notare il castello della Roccia, una muraglia di legno circondava quella di mattoni, le luci delle torce che utilizzavano i soldati di Varsos illuminavano le pareti. Il campo accanto al castello non era più meraviglioso come un tempo, dei profondi fossati delineavano i vari confini e gli alberi che circondavano la dimora erano stati tagliati facendo posto a delle recinzioni dove venivano controllate dai soldati. Rubellius planò nascondendosi dietro alle torri e facendo attenzione alla vista dei soldati con la divisa color mirtillo. Il demone era agile, veloce e attento ad ogni suono. Spiccò di nuovo il volo e si diresse verso l'entrata delle fogne. Rubellius atterrò in un fossato vuoto e guardò la ringhiera di ferro delle fogne. Il demone si arrampicò e quando si mise di fronte all'ingresso iniziò a tagliare il ferro con i suoi artigli neri. Il demone rosso sorrise quando riuscì ad entrare, srotolò la piccola mappa bianca e camminò nel tunnel fognario. Una puzza di sterco e muffa toccò le sue narici, il demone salì per una rampa per poi arrivare in un piano, cercò sulla parete della fogna una pietra bianca, quando la trovò la premette come indicato sulla mappa. Una piccola porticina si aprì. Il demone entrò e percorse il lungo corridoio, Rubellius tolse qualche ragnatele mentre saliva verso le stanze dei Signori.
Dopo dieci minuti il demone notò un cambiamento della struttura, le pareti non era più di pietra ma in legno. Quando il corridoio terminò con una porticina in legno, Rubellius cercò la piccola maniglia e la girò. Il demone aprì la soglia e sbirciò nella piccola fessura, dopodiché entrò. La porta si chiuse dietro alle sue spalle mostrando un maestoso dipinto di un cavaliere. Rubellius notò un armadio alla sua sinistra e alla sua destra il letto a baldacchino. Il giovane aprì l'armadio e prese degli indumenti, una camicia verde e dei pantaloni marroni. Le tende del letto a baldacchino coprirono il materasso, il demone si ritrasformò e mise i vestiti. Quando ebbe finito osservò la stanza, le piccole torce illuminavano le pareti color indaco, il pavimento bianco era impreziosito con colori freddi. Rubellius si avvicinò all'unico finestrone e osservò la notte, le sue orecchie si mossero sentendo un suono famigliare. Il demone si voltò lentamente e superò di lato il letto a baldacchino, posò una mano sull'asse di legno e spalancò gli occhi.
Vicino alla porta di legno c'era una culla. Rubellius deglutì a fatica e si avvicinò lentamente, un vagito di un neonato fece eco nella stanza. Il demone strinse un pugno e rimase esterrefatto, piegò di lato il volto e osservò quello che aveva sempre temuto e desiderato. Il piccolo si ciucciò un pugnetto e guardò il demone, gli occhi color miele erano grandi mentre il viso paffuto era roseo. Indossava una veste lunga e un cappellino di lana. Rubellius posò le mani sul bordo della culla, le sue spalle tremarono. Il Demone Minore aveva capito ciò che Varsos aveva concepito con Clizia.
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