Capitolo 54 - Non ho niente di te
Erano passati altri due mesi dal corteggiamento che Varsos stava facendo alla giovane. Il demone si era staccato dalla vita di corte e in alcune sere si rifugiava in una locanda di un piccolo villaggio. L'autunno aveva fatto cadere le ultime foglie, i contadini e gli artigiani che erano governati dal feudo Della Roccia, non uscivano mai di notte a causa dei banditi e del freddo.
Mentre il pomeriggio stava scorrendo lentamente, Rubellius era alla locanda Gamba Stramba. Il demone stava bevendo il quinto bicchiere di vino, mentre sfogliava un libro di Magia Nera. Aveva ripreso a mangiare, ma il suo animo era freddo e distaccato. All'interno di quel luogo c'era una ritmatica musica prodotta da un liuto suonato da un uomo seduto su una sedia. Il locandiere stava servendo le varie bevande ai suoi ospiti. Alcuni clienti cantavano seguendo la musica, altri ridevano e molti chiacchieravano le loro avventure. Le pareti della locanda erano fatte di mattonelle rosse, le piccole torce illuminavano quel luogo cupo e maleodorante, alcuni osservarono il soffitto in legno sporco di muffa. Molti uomini erano seduti davanti a dei tavoli rettangolari. Il bancone dove il locandiere serviva le bevande era accanto all'ingresso, mentre le bottiglie e le botti erano poste vicino a un pilastro di legno. Rubellius era seduto dietro ad una trave di mattoni, il suo corpo era distante dagli altri ospiti, sul piccolo tavolo c'era una bottiglia di vino, un bicchiere d'argilla e un libro. Il volto del demone era appoggiato sulla mano sinistra e gli occhi ametista guardavano le pagine giallastre del manoscritto. Non era ubriaco, ma solo abbastanza brillo da maledire chiunque si avvicinasse al suo cospetto. Per i Demoni Minori l'alcool non dava conseguenze negative né positive, ma spesso quelle creature aggiungevano nel liquido una polverina verdognola per esaltare il sapore e i loro istinti. Quella strana sostanza veniva prodotta dalla linfa dei Umbras e solo nella Dimensione di Rubellius si poteva trovare. I Demoni Minori la usavano per incupire le loro emozioni e incentivare i loro istinti, spesso i giovani cuccioli ne abusavano e di solito non riuscivano a farne a meno. Al contrario ai demoni Anziani non creava nessun problema, poiché riuscivano a smettere quando volevano. Nel mondo degli Angeli quelle sostanze erano severamente vietate, poiché provocavano danni e dipendenze.
Rubellius si servì un altro bicchiere di vino e lo bevve tutto d'un fiato, il suo volto era sudato, i capelli rossi erano leggermente più lunghi del solito. Il locandiere si avvicinò per chiedere se volesse un'altra bottiglia, Rubellius lo fissò. L'uomo tarchiato con una tunica sporca si pulì le mani.
Enrico - Vuole un'altra bottiglia, signore?
Rubellius scosse la testa e riprese la sua lettura. L'umano si guardò intorno osservando l'entrata di alcune cortigiane.
Enrico - Bah! Che gentaglia, queste donnacce potrebbero finire nel mondo dei Demoni Minori.
L'uomo si allontanò avvicinandosi al balcone di legno. Rubellius accennò un sorriso e continuò a leggere. Una donna rise e lasciò un uomo calvo per avvicinarsi al demone rosso. Ella aveva un vestito aderente e i capelli ambrati erano appoggiati su una spalla. La donna di quarant'anni appoggiò le mani sul tavolo del demone e lo fissò, Rubellius alzò lo sguardo sentendo i suoi passi.
Rosa - Buon pomeriggio, giovane.
Rubellius alzò un sopracciglio e osservò le rughe sul contorno occhi della donna, le labbra sottili erano dipinte di rosso. Gli occhi ametista si posarono di nuovo sul libro mentre la sua voce era irritata.
Rubellius - Che vuoi?
Rosa - Volevo farvi compagnia.
Rubellius - A me non serve la tua compagnia. Vattene, sgualdrina.
Rosa - Siamo burberi? Cos'è? La tua amata ti ha cacciato? Beh... posso pensarci io, se vuoi.
La donna piegò la schiena in avanti e posò i gomiti sul tavolo, mettendosi di fronte al demone. Le parole uscirono dalla sua bocca provocante e la voce squillante mosse le orecchie a punta del giovane. Rubellius digrignò i denti per l'ira e con gran velocità la prese al collo, guardandola dritta negli occhi. Il bicchiere cadde a terra e tutti si voltarono a causa del rumore. Gli occhi della donna fissarono quelli del demone, Rubellius la minacciò a voce bassa.
Rubellius - Se non vuoi morire per mano mia. Vattene!
Il Demone Minore la gettò per terra con forza alzandosi leggermente. La donna cadde e sbatté i glutei sul pavimento, lei tossì mentre si toccava il punto dolente. Una sua collega l'aiutò ad alzarsi e ad andarsene, i presenti fissarono il demone con timore. Rubellius si rimise seduto e continuò a leggere. Il suo umore era la conseguenza della sostanza ma anche delle parole che la sua compagna gli disse quella mattina.
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Qualche ora prima il Consigliere stava parlando con un Ambasciatore, mentre il tempo stava peggiorando tra fulmini e pioggia. L'uomo che parlava con Rubellius indossava una tunica verde con dei ricami blu, attorno alla vita aveva una cintura in pelle. Il demone indossava una veste arancione con dei ricami sottili, l'ampia scollatura a V mostrava due collane in rame. Le sue toniche gambe erano coperte dai pantaloni aderenti, mentre un mantello di seta copriva le spalle del giovane.
I due uomini camminarono in un corridoio illuminato dalle torce, le pareti erano decorate con degli affreschi, mentre ai lati del corridoio c'erano delle gigantesche vetrate. Rubellius gesticolò mentre le maniche svasate si mossero con eleganza.
Ernesto - Certamente, posso capire ciò che avete descritto. Ma fidatevi di me, il ballo in onore di Gregorio Della Roccia avrà ogni genere di ospite.
Ernesto Della Fiamma era un Ambasciatore conosciuto in tutti i feudi di Callisto, gli occhi grandi e marroni erano in contrasto con i capelli grigi. Era stata un'idea del Generale Varsos onorare il padre adottivo di Clizia con un ballo.
Rubellius - Mi fido ciecamente dei vostri Signori, la Regina Clizia è in mani sicure.
Ernesto fece un sorriso coperto dai baffi grigi.
Ernesto - Se posso permettermi, siamo rimasti entusiasti del ritorno della Regina. Anche se non ho mai sentito il nome di questo Generale nella corte di Re Gregorio Della Roccia.
Gli umani non conoscevano l'Angelo e come aveva detto Electre nessuno doveva conoscere la verità. Il Generale Varsos aveva coperto la sua vera natura grazie ad una bugia, dicendo che era sopravvissuto ai Barbari della Foresta e che aveva servito per anni Re Gregorio. Gli umani credettero a tutto ciò che l'Angelo aveva detto.
Rubellius - Erano molti coloro che onoravano l'antico Re e come ben sapete la sua corte era una delle più esigenti. Il Generale Varsos è... - chiuse gli occhi con amarezza - stato molto fedele con Gregorio.
Il demone aprì gli occhi e accompagnò l'uomo da due servi con una tunica grigia. Ernesto sorrise e guardò il suo accompagnatore, Rubellius indicò con eleganza le scale davanti a loro, le quali portavano al pianterreno. Quel corridoio di pietre rosse collegava direttamente alle sale e alle stanze principali dei nobili.
Rubellius - I servi vi accompagneranno alla vostra carrozza.
Ernesto - La ringrazio. Ponete alla Regina e al Generale Varsos i miei sinceri saluti - chiuse gli occhi chinando il capo - arrivederci.
L'Ambasciatore scese le scale accompagnato dai due servi, Rubellius socchiuse gli occhi e si voltò sentendo dei passi. Ticone lo guardò e nascose le mani all'interno delle maniche svasate. L'uomo si affiancò al demone e prima che scendesse le scale, accennò con il capo un saluto. Quando il Sacerdote Benedetto toccò il primo scalino, Rubellius parlò con decisione.
Rubellius - Anche se nascondete l'Anello Eterno, prima o poi scoprirò il motivo per cui l'avete.
Ticone si fermò e si voltò lentamente, l'uomo aveva appena concluso una preghiera nel piccolo Tempio del palazzo. La lunga barba nera e i capelli corti dello stesso colore erano ben curati, i piccoli occhi verdi fissarono il demone, mentre un sorriso dipinse le sue labbra screpolate.
Ticone - I vostri sospetti sono infondati. Anche se fosse non avreste nessuna prova. Scusatemi... ma devo andare. Buon pomeriggio, messere.
L'uomo dalla tunica argentata scese la scalinata dando le spalle al demone.
Quando si fu allontanato, Rubellius si toccò il mento e mugugnò. È vero non aveva nessuna prova, ma questo non lo fermò all'idea di impossessarsi del Sacerdote per scoprire la verità. I Sacerdoti Benedetti erano fedeli agli Angeli, ma non sapevo molto sulle Magie Nere dei demoni. Il demone rosso sospirò e si voltò camminando nel corridoio, svoltò a sinistra introducendosi in un altro corridoio più stretto. Salì una scalinata di fronte a lui per poi arrivare ad un corridoio che conduceva alla Sala Grande delle Feste. Il demone non era interessato ad entrare nella sala poiché il gigantesco portone di legno era chiuso.
Il giovane proseguì la sua camminata nel corridoio illuminato dalle torce, finché attraversò un'arcata per arrivare alle camere dei Signori. Le porte delle stanze erano chiuse ma le sue orecchie si mossero sentendo alcune voci provenire da una stanza ben precisa. Cinque serve erano di fronte alla soglia della stanza di Clizia, le loro voci parlarono velocemente mentre uscivano ed entrarono in quella camera per porre alla giovane cibo, acqua, vestiti e bende. Rubellius osservò la situazione per alcuni minuti, il suo volto era stupito. Il demone vide una serva portare una cesta di frutta e con velocità la fermò, prendendola per un braccio. La giovane fece cadere qualche chicco d'uva e guardò il Consigliere.
Rubellius - Che succede?
La fanciulla dai capelli biondi deglutì e osservò all'ultimo la soglia della camera di Clizia, il demone iniziò ad irritarsi.
Rubellius - Allora?!
La serva sistemò il vassoio di frutta e si morse le labbra, i due videro uscire alcune ancelle, le quali avvisarono che la Regina stava bene. La pazienza di Rubellius era finì, sbuffò e trascinò la serva verso la porta di legno per poi lasciarla. Le cinque ancelle guardarono i due con stupore, abbassarono immediatamente il capo.
Rubellius - Cos'è questa confusione? La Regina sta male?!
Una serva dagli occhi marroni guardò il Consigliere e spiegò la situazione.
Ludovica - La Regina ha avuto un malore, ma ora sta bene. È normale, sa... al ventottesimo giorno del nuovo mese le giovani donne hanno...
Rubellius chiuse gli occhi e posò una mano sul fianco.
Rubellius - Voglio vederla.
Ludovica - Ma Consigliere, una mia compagna la sta sistemando... non potete entrare.
Rubellius la guardò con ira, la donna sospirò notando il nervosismo della creatura. Lei aprì la porta sentendo la voce di una sua compagna. Il Consigliere entrò nella stanza e la chiuse dietro di sé. Una serva dai capelli grigi guardò l'uomo e si avvicinò a Clizia, la quale era seduta sul letto. La serva si domandò perché il giovane fosse lì, ma la Regina con un cenno della mano la mandò via, raccomandandole che avrebbe riposato. Quando la serva uscì aprendo la porta e chiudendola alle sue spalle, Rubellius si avvicinò al letto a baldacchino. Un'espressione di dolore coprì il volto della giovane, la sua mano destra si posò sull'addome. Rubellius si guardò attorno trovando una tinozza d'acqua, delle pezze e un po' di frutta sulla scrivania. Il demone si avvicinò alla tinozza e impregnò una pezza nell'acqua, poi si mise di fronte alla giovane e le bagnò il volto.
Clizia - Non pensavo che le cose da donne t'interessassero - rise un po'.
Rubellius - Sono dettagli interessanti, Clizia. Ho visto le serve di fronte alla tua porta e mi sono spaventato. Il Medico è venuto a visitarti? Le ancelle l'hanno chiamato?
Clizia diventò cupa e annuì, abbassò lo sguardo con tristezza. Rubellius sospirò e si avvicinò di nuovo alla scrivania, posando lo straccio sulla superfice, prese poi una mela e la porse alla giovane. La fanciulla posò le mani sul materasso e strinse le lenzuola viola, si morse un labbro e iniziò a piangere.
Clizia - Sì. Ha detto che è normale, ha detto che i dolori dei menarchi di questi mesi sono stati più intensi perché ho accumulato troppe emozioni.
Il demone si mise di fronte a lei, la giovane prese la mela e la mosse con ansia. Rubellius piegò di lato il volto e le sfiorò il viso, asciugandole le guance.
Rubellius - Beh... dopotutto quello che ti è successo è normale che il tuo corpo reagisca così.
La ragazza singhiozzò e alzò lo sguardo verso i suoi occhi, mentre si mordeva le labbra.
Clizia - Io speravo... di avere un bambino. Ci speravo così tanto, ho pregato con tutto il mio cuore che il mio desiderio di cinque mesi fa si avverasse.
Rubellius socchiuse gli occhi e spostò una ciocca della giovane, accennò un sorriso per consolarla.
Rubellius - Te lo dissi tempo fa che da me... non avresti ricevuto nulla. Ed è meglio così.
Clizia si asciugò le guance e tirò su con il naso, il demone abbassò lo sguardo e si avvicinò al finestrone osservando il paesaggio.
Clizia - Come "è meglio così"?! Non mi ami abbastanza?! Non mi vuoi nella tua vita?! Io... - singhiozzò - speravo che le nostri notti mi dessero la possibilità di diventar madre! Non puoi dire che è meglio così! - Singhiozzò - Non lo puoi pensare - singhiozzò.
Rubellius si toccò la fronte e si voltò guardandola con rabbia, la indicò con un dito e batté un piede sul pavimento.
Rubellius - Non c'entra nulla se ti amo o no! Te lo dissi tempo fa che io non posso darti un figlio! Che dovrei fare?! - Sospirò - È già tanto che quell'Angelo ti faccia la corte - deglutì - ed è doloroso anche per me non vedere il tuo grembo proteggere... un bambino. - Chiuse gli occhi - Che avremmo fatto se fossi stata incinta?
La giovane fece scivolare di lato i lunghi capelli castani, Rubellius incrociò le braccia.
Rubellius - Se la corte avesse scoperto una gravidanza inaspettata, ti avrebbero domandato chi fosse il padre e sappiamo entrambi con chi ti sei concessa per la prima volta - mosse la mano sinistra -. Inoltre ti avrebbero accusata e uccisa per un simile gesto. È meglio che non sia successo nulla - sussurrò.
Clizia continuò a piangere, lui si avvicinò e le accarezzò il viso.
Rubellius - Un giorno troverai un uomo che ti darà un figlio, ma...
I due si guardarono con dolore. Rubellius socchiuse gli occhi con amarezza e deglutì, la sua mano tremò per l'ansia.
Rubellius -...non sarò io. Sei predestinata ad averlo da un Angelo e non da un Demone Minore.
Clizia prese la sua mano sulla guancia e si morse le labbra.
Clizia - Ma io ti amo. - Alzò la voce - Sei tu che non mi ami! Sei tu che non vuoi rischiare per me!
La giovane scacciò quella mano e si alzò, si avvicinò al piatto della frutta e prendendo una pesca gliela lanciò contro.
Clizia - Vattene! Non ti voglio vedere! Hai capito?!
Il demone restò fermo e abbassò lo sguardo, poi a piccoli passi aprì la porta e uscì dalla stanza. Clizia rimase ferma, si inginocchiò e continuò a piangere per il dolore.
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Quando il demone bevve il settimo bicchiere di vino tornò nella realtà, chiuse il libro e si toccò il mento. I suoi pensieri sfiorano il momento in cui toccò, durante la battaglia al Villaggio dei Buii, l'ascia di Fulke attivando così la Sfortuna del Demone. Il demone capì ben presto che la sua sfortuna si era attivata in quella stupenda notte al lago, tra le braccia di Clizia. Il Demone Minore si alzò dal suo posto e lasciò alcune monete sul tavolo prendendo all'ultimo il suo libro. Il giovane uscì dalla locanda barcollando sotto gli occhi impauriti degli umani. La piazza del villaggio era deserta, il demone si avvicinò a Tenebris e mise il libro in una delle due borse in pelle, slegò le redini del cavallo da un palo di legno e salì sulla groppa. Il destriero trottò lentamente mentre il suo padrone si coprì il collo con il mantello. La sua pelle bianca avvertì il freddo e l'umidità di quel maledetto pomeriggio.
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