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Capitolo 51 - Distanze Necessarie

Quando Clizia e Varsos entrarono nell'enorme Sala da Ricevimento, posta al terzo piano del torrione, la giovane osservò con cura le varie decorazioni dell'imponente struttura. Un maestoso camino era accanto all'entrata della sala, le finestre rettangolari alla sua sinistra erano chiuse e il soffitto a volta era dipinto con colori d'argento e azzurro. Accanto al camino c'erano alcune sedie, le quali avevano dei raffinati dettagli. Sulle pareti si potevano notare dei dipinti con alcune figure celestiali e delle torce che venivano accese soltanto alla sera. Il Generale Varsos si avvicinò alle sedie e invitò Clizia a sedersi, la fanciulla lasciò la sua mano e osservò le finestre alla sua sinistra. La giovane si sedette e sistemò il vestito che il demone le aveva regalato, Galene e Rubellius arrivarono con qualche minuto in ritardo. Varsos incrociò le braccia e guardò la ragazza, fece qualche passo verso il camino e sospirò.

Varsos – Sono stati giorni duri. Ricostruire questa dimora per onorare la famiglia che vi ha cresciuto, non è stato facile. I Barbari della Foresta hanno ucciso e saccheggiato questo posto. Quando ho saputo che Macaone voleva riportare alla gloria questo luogo, dopo la scoperta di voi e delle notizie di Electre, mi sono precipitato qui per stabilire la mia dimora. Volevo... onorare il ricordo di Erastos, prendendo un pezzo della vostra infanzia e ricostruirlo. Ovviamente non era per vantarmi, ma l'ho fatto per voi.

L'uomo chiuse gli occhi verdi, Clizia posò le mani sulle ginocchia e sentì i passi di Galene e Rubellius entrare nella Sala da Ricevimento.

Clizia – Per me?

Varsos – Sì. Molti umani sono morti nel vostro regno, ma alcuni sono sopravvissuti. Il mio desiderio è che voi riprendiate il vostro ruolo qui, come sovrana, finché Electre non deciderà il da farsi.

Clizia – Sarei... felice di ricostruire le terre di mio padre adottivo.

Varsos accennò un sorriso e si sedette accanto a lei, Galene si avvicinò e guardò l'Angelo dai capelli castani. Il Generale fece un cenno con la mano, invitando Galene a sedersi e lei accettò. Rubellius al contrario rimase in piedi.

Clizia – Non capisco una cosa...

La giovane guardò Galene con dubbio, la donna dai capelli biondi ricambiò lo sguardo e ascoltò.

Clizia – Cosa significa che Electre deve "decidere il da farsi"? C'entra qualcosa con Tarasios?

Galene e Varsos si fissarono per un secondo, i due sembravano molto seri sull'argomento. Rubellius camminò vicino alle sedie ascoltando le loro parole, si sfiorò il mento con le dita per la tensione.

Galene – Come sai ti abbiamo portata qui per tutelarti da Tarasios. Il Generale lo conosce e sa come agirebbe nei suoi confronti.

Varsos – Pensavo che un Angelo del genere potesse cambiare, ma... mi sbagliavo. Sono stato io a reclamare un processo quando venne portato in giudizio.

Clizia – Perché?

La giovane guardò l'uomo con dolore, Varsos inarcò la schiena e posò gli avambracci sulle ginocchia.

Varsos – Di certo sapete che se due Angeli si uniscono, i loro figli nascerebbero con delle malformazioni fisiche e mentali. Ecco... Tarasios è nato da due Angeli, soffre di un disturbo mentale ed è completamente instabile. L'Angelo della Guarigione lo scoprì grazie alle informazioni sulla sua famiglia. – Sospirò - Ho richiesto un processo per tutelare la sua dignità poiché non era normale il suo comportamento. Speravo che i giudici dei Sacri Doni, potessero portare una soluzione, ma mi sbagliavo. Lui approfittò del nostro buon cuore e fuggì.

Clizia socchiuse gli occhi e annuì, la sua mano sfiorò la collana che portava al collo.

Varsos – Per questo ho disposto i miei uomini alla sua cattura, ovviamente sotto l'ordine degli Angeli dei Sacri Doni.

Clizia – Quell'Angelo... deve morire.

Galene e Varsos la guardarono con stupore, Clizia li fissò con rabbia, Tarasios aveva ucciso Dasha, Tulia e forse suo padre. Era stanca di provare compassione per un uomo che portava soltanto morte e lacrime.

Clizia – Quando ho combattuto contro di lui, ho desiderato la sua morte.

Varsos la guardò con stupore, si mise comodo sulla sedia.

Varsos – Avete combattuto contro di lui?

Clizia – Sì. Nei venti giorni che sono stata con Electre, prima di partire, lei ha distrutto il sigillo che bloccava temporaneamente i miei poteri. Mi aveva avvertito che prima o poi si sarebbero rivelati. E quando... Tarasios ha ucciso una mia cara amica, ho lasciato quel potere. Ho preso la spada di mio padre e ho lottato.

La giovane sospirò con dolore e abbassò lo sguardo, le sue mani tremarono.

Clizia – Ma ho perso.

Galene sorrise e posò una mano su quella di Clizia, cercandola di consolarla.

Galene – In quei venti giorni Electre ti ha addestrato nell'uso della spada, ma fidati... ci vogliono anni di addestramento prima di disarmare un Angelo. Tu hai fatto quello che potevi, Clizia. Come sai... Electre ha dovuto accelerare la tua istruzione sia mentale che fisica. Non è colpa tua se in questi anni non hai ricevuto una degna educazione da parte nostra, ma fidati di me – le sorrise – rattopperemo le tue lacune e diventerai come i Nefilim che vivono nella Dimensione Sirona.

La giovane ricambiò il sorriso e annuì, Rubellius incrociò le braccia e si avvicinò ad una finestra con i vetri gialli, osservando i lavori nel castello. Galene staccò la presa dalla mano di Clizia e la posò sul viso tondo, gli occhi blu della donna osservarono il Generale.

Galene – C'è un altro piano che Electre non ti ha detto.

Clizia – Di che si tratta?

Varsos appoggiò le braccia sui braccioli e guardò il camino senza motivo.

Galene – Electre vorrebbe invitare in questo castello alcuni pretendenti, ovviamente Angeli. Non possiamo... darti ad un Signore umano. Sai il motivo, non è vero Clizia?

Clizia appoggiò il capo sullo schienale di legno e si coprì la bocca con la mano, gli occhi erano lucidi e tristi.

Clizia – Volete che sposi un Angelo, lo so. Volte presentarmi un pretendete per poterlo sposare e avere un Erede Del Tempo.

Galene annuì con serietà, il Generale incrociò le mani e guardò l'Angelo delle Arti. Rubellius aveva sentito le loro voci, il demone mise le mani dietro alla schiena e abbassò lo sguardo.

Varsos – Potremmo organizzare dei balli e delle cene. Credo che alcuni giovani Angeli posso tranquillamente presentarsi per la figlia di Erastos. Non trovate, Galene?

La donna annuì anche se aveva alcuni dubbi.

Galene – Le tue parole sono giuste, ma Electre è stata chiara. Se Clizia ha bisogno di un marito, non deve abusare di lei.

Varsos – Non sarà facile trovare un ragazzo che rispetti un Nefilim. Ma comunque... ci possiamo provare.

L'uomo si alzò e sorrise alle due donne.

Varsos – Cambiando discorso, posso portar la giovane Clizia con me? Vorrei farle vedere le nuove stanze e la biblioteca che Macaone ha costruito con i suoi progetti.

Galene – Certamente.

La giovane annuì e si alzò, i due fecero un cenno di rispetto e uscirono dalla Sala da Ricevimento. Clizia non parlò, ma ascoltò soltanto il lungo discorso di Varsos.

Galene si toccò i capelli e guardò il demone, si alzò dal suo posto e si avvicinò. La donna posò lo sguardo sulle finestre e si mise alla sua sinistra, sembrava molto nervosa. Rubellius fece un piccolo sorriso.

Galene – Voglio essere chiara con te, demone.

Rubellius – Il mio nome è Rubellius.

I due si fissarono con tensione, Galene mugugnò e continuò il suo discorso.

Galene – Ascoltami bene, Rubellius. Finché le cose non saranno sistemate tra Tarasios e i pretendenti di Clizia, il tuo compito sarà soltanto di proteggerla com'è stabilito dal tuo Patto. Nulla di più. – Lo indicò con un dito - Ma bada bene, non devi presentarti a nessun ballo, cerimonia, cena o pranzo quando il Generale Varsos inviterà Clizia in questi ritrovi. Hai capito? Meno stai con lei, meglio è per il suo futuro.

Rubellius – Quindi... volete che stia lontano da lei. Posso sapere il motivo?

Galene lo guardò e incrociò le braccia, il suo viso tondo era colmo d'ira.

Galene – Electre mi ha detto del legame che c'è tra te e Clizia. Non parlo di un semplice dialogo, ho visto come le stringevi la mano mentre siamo scesi da cavallo.

Rubellius appoggiò la mano su un fianco.

Rubellius – E dunque?!

Galene – Lo sai bene cosa intendo. Clizia non è come te. Non è la prima volta che io e Electre vediamo ciò che voi due state nascondendo. Tu non devi provocare in lei certi istinti o illusioni, lei appartiene al nostro mondo non al tuo.

Rubellius non disse nulla poiché aveva ragione, i suoi occhi ametista guardarono il vetro colorato delle finestre.

Galene – È già tanto che ti abbiamo concesso di stare con lei. Quindi... non farti strane illusioni sul suo conto. Se lei ricambiasse ciò che senti, gli altri Angeli la ucciderebbero. Se le vuoi bene, lasciala stare.

Il demone accennò un freddo sorriso e socchiuse gli occhi.

Rubellius – Come al vostro solito... portare sempre le cose belle via dai demoni. Ma ti dirò la verità, Galene. Ho già avuto ciò che volevo e se devo lasciare Clizia per il suo bene, evitandole la morte, lo farò.

Il giovane si spostò e camminò lentamente, dandole le spalle con fredezza.

Rubellius – Alla fine ottenete sempre ciò che volete.

Galene lo guardò mentre usciva per andare nelle sue vecchie stanze. Il demone chiese delle informazioni ad alcuni servi su dov'erano le camere degli antichi Ambasciatori e Consiglieri, poste nei piani più bassi del castello. Quando i servi risposero alle sue domande, egli uscì dal torrione per andare nelle stalle, prese da Tenebris le sue borse e si avviò all'interno del palazzo per recarsi nella sua vecchia stanza. 

Il giovane percorse con tranquillità il lungo corridoio e la solita scalinata a chiocciola. Quando arrivò nel corridoio principale delle camere degli Ambasciatori e Consiglieri, il demone notò la porta in legno della sua vecchia camera. Rubellius fissò la soglia e l'aprì, osservando la terribile confusione che c'era in quel luogo.

La stanza era sporca di fango, fieno e appoggiate sulle pareti c'erano delle travi di legno. Il tavolo che Rubellius utilizzava per scrivere e testare le Magie era sporco di polvere, mentre le mensole di legno erano piene di ragnatele. Del letto a baldacchino rimaneva soltanto la struttura in legno, poiché il materasso e le lenzuola dovevano essere ancora poste in quella stanza. Il demone sospirò e posò le due borse in pelle sul tavolo, si arrotolò le maniche e prendendo dalla borsa di Tenebris un nastro, si legò i capelli rossi. Il giovane iniziò a sistemare la camera, mentre rifletteva sulle parole di Galene.

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Dopo qualche ora Varsos e Clizia arrivarono al quarto piano del torrione, dov'erano poste le Stanze dei Signori. I due erano l'uno di fianco all'altro, i loro passi si fecero strada nel lungo corridoio, le pareti grigie erano decorate con degli affreschi e le vetrate d'argento illuminavano quel luogo. Le porte delle varie stanze erano alla destra di Varsos, mentre alla sinistra di Clizia c'erano quei stupendi vetri colorati. Il soffitto a sesto acuto era fatto con pietre rosse e bianche. La giovane osservò i dettagli di quell'architettura e rimase estasiata, si sfiorò la collana con la mano sinistra. L'abito bianco risaltava con dolcezza il suo fisico, i ricami e le roselline rosse decoravano l'addome e le maniche lunghe della Nefilim. La scollatura a barchetta non si era rovinata, ma mostrava ancora le pelle bianca della giovane. Varsos guardò l'abito e accennò un sorriso, i loro discorsi si erano conclusi da qualche minuto. Clizia spostò una ciocca dal volto, facendo scendere la manica svasata con le piccole perline rosse.

Varsos – Sapete... vostro padre era molto riservato con gli altri Angeli, ma con gli amici più fedeli si lasciava andare in interessanti argomenti. Amava vestirsi bene per ogni occasione e non si vantava mai delle sue scelte. Era umile e deciso in ogni circostanza. Voi me lo ricordate molto.

Clizia guardò l'Angelo e gli sorrise, lui ricambiò e posò le mani dietro alla schiena.

Clizia – Come l'avete conosciuto? Eravate amici da molto tempo?

Varsos fissò il corridoio mentre ricordava le risate e i combattimenti di Erastos.

Varsos – Io e vostro padre eravamo amici e compagni di battaglia da quando eravamo molto piccoli. Erastos era più grande di me, ma sapeva che poteva fidarsi ciecamente delle mie gesta e parole. Siamo cresciuti insieme tra guerre, battaglie e chiacchiere sulle nostre famiglie. Era come un fratello per me.

Clizia appoggiò le mani sull'addome e guardò il pavimento con le mattonelle arancioni.

Clizia – Electre mi disse tempo fa che gli Angeli basano le loro leggi e le loro gesta sulla fedeltà. Il tradimento di un amico non è permesso ed è improponibile nella mente degli Angeli. Perché mio padre mi portò da Rubellius e non da voi o da Electre?

Varsos chiuse gli occhi con dolore e sospirò, il suo volto era colmo di quel sentimento.

Varsos – Forse non si fidava più di Tarasios o dell'emissario che vi ha rapita. Se un Angelo viene tradito non ci sarà verso di farlo tornare indietro per la sua scelta. Non so dirle perché abbia scelto di darvi a quel Demone Minore.

La giovane socchiuse gli occhi con amarezza.

Clizia – Avrei desiderato vederlo con i miei occhi.

Varsos – Credo di capire ciò che intendete. Il dolore fa chiudere molti cuori e la perdita di un padre è sempre un duro colpo. Erastos aveva un cuore umile e alcune volte andavamo per le strade di Astrea aiutando quelli che avevano bisogno.

I due continuarono a camminare finché l'Angelo non si fermò vicino ad una porta, l'aprì e mostrò con onore la stanza. La giovane osservò la camera e si stupì.

Un letto a baldacchino era al centro della stanza, i tessuti delle tende e del lenzuola erano di un intenso color pesca. Accanto all'armadio di legno c'era una scrivania e uno specchio ovale, mentre sulle pareti c'erano due finestre bifore e un finestrone che permetteva l'accesso ad un balcone di pietre. Il soffitto aveva degli affreschi che raffiguravano animali di piccola taglia e dei musicisti. Sul materasso erano stati posti tre vestiti femminili, la giovane entrò e rimase senza parole. Le candele dei candelabri sulle pareti erano spente, poiché la luce del sole permetteva una corretta illuminazione.

Varsos – Ho fatto sistemare questa stanza per voi. Spero che sia di vostro gradimento.

Clizia – Io...

La giovane si voltò guardando l'Angelo, accennò un sorriso e lo ringraziò.

Clizia – Non so che dire... è stupenda. Vi ringrazio.

Varsos – Sono felice della vostra gioia. Ah, quasi dimenticavo – sorrise.

L'Angelo si avvicinò al letto e indicò con la mano i vestiti pregiati.

Varsos – Questi sono dei doni che ho preso per voi. So bene che la vostra fuga non vi ha permesso abiti decenti. Essi vengono direttamente da Ebe.

Clizia guardò il suo abito bianco con i ricami rossi e arrossì.

Clizia – Sarò onorata di indossarli. Sapete... anche questo abito proviene da Ebe.

Varsos – Ah, sì? Vi sta d'incanto. Anche se... lo trovo troppo semplice per una giovane come voi.

La ragazza lo fissò con serietà, Varsos mostrò la mano aperta e si scusò.

Varsos – Perdonatemi se sono stato troppo esuberante per questo commento.

Clizia – Non mi avete offesa. Vi ringrazio solo per la vostra premura e sincerità.

L'uomo socchiuse gli occhi e continuò a sorridere, si avvicinò alla porta per uscire.

Varsos – Volevo chiedervi... stasera vorreste cenare con me? Ve la sentite?

Clizia sbatté più volte le palpebre e annuì con semplicità, il giovane le sorrise e la salutò con un cenno del capo.

Clizia – Certamente, a stasera.

L'Angelo uscì e chiuse la porta, la giovane si avvicinò al letto e sfiorò con le dita gli abiti. 

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