Capitolo 43 - Verità Scomode
Dopo la partenza dei tre viaggiatori, Electre tornò nella sua tenda bianca, accompagnata dal marito. Macaone ritornò alle sue faccende salutando la donna e il suo compagno, Fulvio osservò Macaone e si sfiorò il mento, i suoi occhi si socchiusero e con una strana curiosità chiese qualche informazione sullo strano oggetto che aveva utilizzato Clizia.
Fulvio – Cos'era quell'oggetto, mia Signora?
Electre posò le mani sui fianchi e guardò il marito con dolcezza, il loro matrimonio non era nato per amore, ma per costrizione a causa delle antiche leggi.
Electre – Un teletrasporto portatile, Macaone l'ha inventato per facilitare gli spostamenti nel caso ne dovessimo aver il bisogno.
Fulvio – Ah, capisco.
La donna si sedette su una sedia e chiuse gli occhi, sfiorando con le dita la fronte. Fulvio si avvicinò e si mise dietro di lei, facendole dei massaggi sulle spalle. L'uomo sembrava molto pensieroso su quello strano oggetto, i capelli neri scivolarono su un lato mentre gli occhi color nocciola erano stanchi.
Electre – A proposito... ho sentito bene le parole di Clizia?
Fulvio – Credo di sì, mia diletta. Ha detto Tribù dei Buii, non è la stessa che citò quel demone con la pelle vermiglio?
Electre – Sì. Forse... voleva un posto più vicino per recarsi alla sua antica dimora e accompagnare il figlio di quel demone.
Fulvio mugugnò premendo leggermente le spalle della donna, era un uomo molto pensieroso e sfuggente.
Electre – Va tutto bene? Ti sento teso.
La donna lo guardò con un sorriso, posò la mano destra su quella dell'uomo per consolare il suo dolore. Fulvio scosse la testa e accennò un freddo sorriso, diede una carezza leggera a sua moglie e commentò.
Fulvio – No, tesoro. Va tutto bene. Stasera un Comandate mi ha chiesto di portargli alcune carte, posso recarmi nella sua tenda?
Electre – Ma certo. So cosa significa la sua devozione e so anche che le leggi della nostra Dimensione ti costringono a chiedermi ogni singolo permesso, ma... con me puoi fare ciò che vuoi.
Fulvio chiuse gli occhi e staccò la presa dalle spalle, il suo volto lungo era cupo. L'uomo aveva sempre rispettato la sua Signora e segretamente amata.
Fulvio – A parte amarvi...
Electre – Fulvio ti prego, ne abbiamo già discusso.
L'uomo si spostò dalla sua compagna e si avvicinò all'uscita della tenda, Electre posò le mani sulle ginocchia e lo fissò con dolore.
Fulvio – So bene cosa provate... so chi amate, ma pensavo che in tutti questi anni... potevate guardarmi con occhi diversi.
Electre abbassò lo sguardo e alla fine chiuse gli occhi, le sue ali bianche tremarono per quelle parole.
Electre – Sai bene che sentimenti provo verso di te. Sei mio marito è vero, ma non posso provare amore.
L'uomo incrociò le braccia e annuì con rassegnazione, fece un sorriso finto e la guardò.
Fulvio – Lo capisco, Electre. Lo capisco. Ora scusami... ma devo andare.
Fulvio fece una piccola riverenza e uscì dalla tenda. Electre lo fissò con tristezza, si toccò le labbra carnose e guardò il soffitto setoso del suo rifugio. La donna socchiuse gli occhi e accennò un sorriso, la sua voce delicata era un sussurro.
Electre – Se fosse così facile, tutto questo. Persino tu... Erastos avevi scelto un'altra persona.
Gli occhi neri della donna diventarono lucidi per quel ricordo di dolore.
Electre – Amico, fratello... compagno d'avventure... quanto mi manchi – deglutì.
La donna si coprì gli occhi con la mano, i suoi ricordi presero vita nella sua mente, mostrando le immagini e i sorrisi racchiusi nella Dimensione Sinora.
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Quando il lampo del teletrasporto arrivò nella Foresta Nera rilasciando un fumo bianco, i tre viaggiatori e il cavallo arrivarono con stupore in quel luogo. Rubellius tentò di calmare Tenebris poiché era agitato, mentre Fulke si guardò attorno, riconoscendo alcuni alberi che erano stati segnati dalla sua gente. L'uomo si voltò verso la fanciulla e alzò un sopracciglio.
Fulke – Siamo... nella Foresta Nera?
Clizia – Sì. Ho indicato nel teletrasporto la tua tribù, solo che...
Fulke mugugnò e guardò le cime degli alberi, notando alcune piccole maschere d'argilla. Il mezzo-demone sorrise e indicò ai suoi amici gli oggetti.
Fulke – Siamo leggermente lontani dalla mia gente ma... vedete quelle maschere? Le mettiamo per indicare la strada di ritorno, forse ci basterà un giorno di viaggio per arrivare a casa.
Fulke fece segno di seguirli per indicare la strada del suo villaggio, il demone rosso camminò seguendo l'amico e rimase in silenzio. Clizia si avvicinò e cercò la sua mano che però egli rifiutò, gli occhi della ragazza erano tristi per il suo atteggiamento.
Clizia – Rubellius... io volevo parlarti di...
Rubellius – Di cosa? Vuoi parlarmi di tutte le cose belle e favolose che ti hanno inculcato in questi venti giorni?
Clizia – Non mi hanno inculcato niente di ciò che pensi. Mi hanno insegnato le loro regole, i loro manoscritti e le loro idee – sospirò - ma sono rimasta ferma su ciò che ho visto in questo viaggio. E poi avevo paura di mostrare pienamente il mio affetto per te... se avessero capito, tu...
Il demone fissò la spada, un sorriso freddo dipinse le sue labbra.
Rubellius – Se avessero capito il nostro affetto non sarebbe cambiato nulla. Electre ti ha manipolato con le sue idee, com'è nella sua razza. E vedo che ti ha dato un bell'oggetto per tenerti lontana da me. Mi hai preso per un idiota? Hai una spada Angelica con te. Pensi che sia così stupido da non aver capito che Electre ti ha avvertito sulla mia malignità? Scommetto che non vedi l'ora di usarla contro il sottoscritto.
La ragazza si piazzò davanti a lui posando le mani sul suo petto per fermarlo, Rubellius strinse le redini di Tenebris e si fermò. Fulke si voltò guardandoli a qualche passo distanza. Il demone rosso aveva il volto colmo d'ira, i suoi occhi ametista erano socchiusi, Clizia lo guardò con serietà, le sue mani tremarono.
Clizia – Non oserei mai trafiggerti con questa spada, non ti considero uno stupido, Rubellius. Ciò che mi hanno insegnato gli Angeli in questi venti giorni servivano per la mia protezione. Electre mi ha dato delle basi che mi saranno utili nel caso che Tarasios si facesse vivo – sospirò – io non ti considero uno stupido... io volevo proteggerti. Se avessi mostrato le mie emozioni verso di te, loro ti avrebbero fatto del male. Lo sai come sono severi, lo sai che possono prendere una qualsiasi scusa e... ucciderti. Tu... -deglutì – pensi che io non ti abbia pensato in questi giorni, pensi che abbia dimenticato tutto... perfino quel bacio. Ma non è così.
I due continuarono a guardarsi intensamente, Clizia socchiuse gli occhi e con le dita della mano destra sfiorò i suoi capelli rossi. La sua voce tremava per la paura.
Clizia – Forse per te non vale la stessa cosa, forse pensi che l'abbia fatto per un capriccio.
La giovane abbassò lo sguardo e fece un sorriso di delusione, i capelli castani scivolarono sulla spalla destra. Rubellius abbassò lo sguardo osservando il suo volto. Clizia spostò le mani e si scricchiolò le dita a causa dell'ansia.
Clizia – Ma non è così. So che non potrò mai essere alla pari di... Tulia. E non pretendo di prendere il suo posto, ma credimi che in questi maledetti giorni ho pensato a tutto ciò che mi è capitato. Ma soprattutto ho pensato a te.
La ragazza si morse un dito, le sue spalle tremarono, non riusciva a vederlo negli occhi. Rubellius restò in silenzio per qualche secondo, la sua mano prese il mento della ragazza e le sollevò il viso.
Rubellius – Ascoltami bene, Clizia. S'era il tuo compito difendermi dagli Angeli, non lo fare, va bene? Tu non li conosci come li conosco io e per quanto mi riguarda so difendermi da solo. So che l'hai fatto perché sei presa da me, ma fidati, non cercare di difendermi. Devi finirla di nascondermi tutto, finirla di essere così distaccata con me. Anche se non assomigli a Tulia evita questo atto.
Clizia – Non vuoi che ti difenda perché mi consideri debole?
Gli occhi color miele di Clizia si abbassarono, Rubellius accennò un sorriso con serietà.
Rubellius – Oh no. Non ti considero debole, ma caparbia quasi come loro. La mia unica paura è che a causa della tua protezione, rischieresti la tua vita per me.
Il demone lasciò la presa dal mento spostandosi da lei, continuando la sua camminata. Clizia lo guardò da lontano e lo seguì restando in silenzio. I suoi occhi guardarono l'erba del terreno, la giovane strinse i pugni e alzò la voce.
Clizia – Tu non lo faresti?
Tenebris nitrì mentre il suo padrone si fermava dando le spalle alla giovane.
Rubellius – Cosa?
Clizia – Tu non faresti la stessa cosa per la donna che ami?
Rubellius accarezzò il muso di Tenebris e restò in silenzio, Fulke li guardò posando le mani suoi fianchi. Il demone rosso socchiuse gli occhi e accennò un sorriso beffardo, la sua voce era lieve ma decisa.
Rubellius – Io farei di peggio, fidati.
Clizia – Per la donna che ami?
Rubellius – Sì. Cosa vuoi che ti dica, Clizia?
La ragazza restò in silenzio, Fulke tossì guardando l'amico, Rubellius osservò Fulke e sospirò chiudendo gli occhi.
Rubellius – Vuoi sentirlo dalla mia voce, vero? Vuoi che ti dica che... "ti amo"?
La ragazza deglutì, sapeva dove voleva andare a parare il demone. Rubellius fissò il cielo coperto dai rami e chiuse gli occhi, Tenebris muoveva la coda a causa del caldo.
Rubellius – Non sono sicuro di dirtelo, non ancora.
Clizia – Perché c'è stata solo una donna che hai amato, vero?
Il demone restò in silenzio per qualche minuto e annuì, Clizia sospirò e camminò, superandolo di lato.
Rubellius – Ma una cosa so con certezza. I Demoni Minori non baciano mai una donna sulle labbra se non è la loro compagna. Possono giacere con alcune donne, ma rifiutano di baciarle in quel punto.
Clizia si fermò e lo guardò spalancando leggermente gli occhi, Rubellius si avvicinò mordendosi le labbra.
Clizia – E tu... mi hai scelta?
Rubellius la guardò, Tenebris mangiucchiò po' d'erba e osservò il suo padrone. Il demone rosso le sorrise e senza dirle nulla piegò la schiena in avanti, posando la mano sulla schiena della ragazza. Rubellius avvicinò il viso a quello di Clizia e le diede un bacio sulle labbra, quando si staccò da lei annuì con un sorriso compiaciuto. Clizia deglutì e le sue guance arrossirono, le sue mani sfiorarono il suo volto.
I tre continuarono il loro camminò attraversando la Foresta Nera, superarono alcuni laghi, dei fiumi e continuarono a parlare. Fulke non sbagliò strada e quando la notte arrivò, chiese all'amico di riposare per poi ripartire il mattino dopo. Rubellius acconsentì e aiutò il compagno d'avventura a prendere tutto il necessario per un falò. Dopo l'abbondante cena Rubellius prese un mantello dalla borsa di Tenebris e lo posò sulle spalle di Clizia per la notte, poi si sedette di fianco a lei. Il cavallo era tranquillo e osservava con curiosità i tre viaggiatori, Fulke e Rubellius continuarono a chiacchierare lasciando Clizia alla lettura del suo diario. La giovane stava leggendo con il capo appoggiato sul braccio sinistro del demone, Rubellius la guardò per alcuni secondi e cercò di coprirla con il mantello, la giovane sbadigliò e si stropicciò un occhio. Fulke si distese dall'altra parte del falò e osservò il cielo stellato, Rubellius si propose di fare lui il primo turno di guardia.
Clizia – Pochi minuti fa ho visto un ruscello, volevo andarmi a sistemare.
Rubellius – Va bene. Se hai bisogno chiamami.
La ragazza spostò il mantello per terra e si alzò, si grattò il capo e lasciò il diario vicino al demone. Rubellius la guardò e sorrise con ironia.
Rubellius – Se ti annoi in quel ruscelletto, puoi sempre chiamarmi, conosco un modo per tirar via la noia.
Clizia lo fissò e rise, piegò la schiena in avanti e accarezzandogli il viso con la mano, lo baciò. Quando la giovane si staccò gli rispose con tenerezza.
Clizia – Tranquillo, me la saprò cavare anche senza i tuoi modi.
La giovane continuò a ridere e pian, piano si allontanò, andando verso il ruscelletto. Rubellius cercò di parlar con Fulke, ma l'uomo non lo ascoltò poiché era crollato dal sonno. Il demone rise e prendendo un bastoncino lo punzecchiò.
Rubellius – Dice tanto "No. Resterò sveglio stanotte". Invece è crollato come un bambino – rise.
Il demone rosso guardò il fuoco e punzecchiò le braci, incrociò le gambe e posò una mano sull'erba. Guardò per alcuni secondi il cielo stellato, mentre sentiva Fulke russare, la sua mano gettò il rametto sul fuoco e si posò vicino al diario di Clizia. Rubellius sentì la ruvidità della copertina e lo prese, iniziando a sfogliarlo. Il demone lesse le prime pagine e si stupì leggermente dagli aneddoti di Arabella, un sorriso vivace dipinse le sue labbra.
Rubellius – Ma pensa un po' che combinava Arabella.
Il demone continuò a leggere finché non arrivò alla nascita di Clizia, il fuoco illuminava il suo volto e la sua espressione cambiò leggermente quando si avvicinò al punto che Clizia aveva tenuto nascosto. I suoi occhi ametista si spalancarono e le sue labbra si aprirono un po', il demone girò pagina e deglutì, scosse la testa più e più volte, mentre sbiancò di colpo.
Rubellius – No... non può essere v-vero...
La sua voce tremava e le sue spalle si abbassarono e si alzarono per la tensione dei suoi respiri. Tutto era cambiato nella sua mente, tutto ciò che odiava di più era la verità.
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In quel preciso momento in un'altra zona di Astrea, precisamente nell'accampamento degli Angeli, qualcuno si stava aggirando furtivamente nella tenda di Macaone. L'Angelo Dell'Invenzione non c'era, poiché era stato invitato da alcuni Generali. Una figura maschile entrò nel suo rifugio e cercò le sue nuove invenzioni sul tavolone al centro della tenda. Quando trovò ciò che stava cercando, uscì immediatamente dalla tenda, cercando di non essere visto da nessuno. La figura misteriosa si allontanò dalle tende degli Angeli e si nascose dietro ad alcune torri di legno che servivano per gli addestramenti. La sua mano di colore teneva dieci cubetti gelatinosi, gli stessi che aveva usato Clizia. La figura maschile ne schiacciò uno dicendo velocemente la destinazione, un fumo bianco coprì l'uomo e un lampo attraversò la barriera. Alcuni Angeli sentirono il rumore ma non fecero caso e tornarono alle loro chiacchiere. Quando la figura misteriosa arrivò ad una locanda, circondata dai vigneti di Ebe, si avvicinò alla struttura e si nascose grazie al mantello nero. La figura entrò e si avvicinò ad un uomo che stava bevendo un bicchiere di vino. L'uomo stava parlando con tre Cacciatori Bianchi, il posto era abbastanza grande da contenere parecchi mercanti, il locandiere stava servendo alcune bevande sul suo bancone e molti clienti ridevano e parlavano. La figura misteriosa tolse il cappuccio e si presentò all'uomo circondato dai Cacciatori Bianchi. I Cacciatori si voltarono osservando lo strano individuo, il loro amico fissò con gli occhi blu il loro ospite, i capelli biondi rasati erano bagnati dal sudore, mentre il viso triangolare era tirato.
Tarasios – Oh... buonasera, amico mio. Che ti porta qui? Ma soprattutto come ci sei arrivato in questa schifosa bettola?
La figura misteriosa posò i cubetti gelatinosi sul tavolo di Tarasios. La voce era decisa, l'Angelo traditore fissò i strani oggetti.
Tarasios – Che ci devo fare con questi?
L'uomo misterioso si sedette di fronte a lui e osservò i Cacciatori Bianchi giocare a carte. La pelle scura era tirata, gli occhi color nocciola erano delineati dalle profonde rughe, mentre i capelli neri erano scompigliati a causa della corsa.
Fulvio – Li devi usare per la tua missione. Macaone ha inventato questi oggetti per teletrasportare la gente, la ragazza... è tornata nella Foresta Nera, per precisare nella Tribù dei Buii.
Tarasios – La tua fedeltà verso di me e il mio padrone è onorevole, Fulvio. Peccato che tua moglie non capisca il tuo vero valore.
Tarasios si versò un altro po' di vino e facendo una risata acuta bevve la bevanda, Fulvio posò i polsi chiusi sul tavolo sporco e lo guardò con ira.
Fulvio – Electre non capisce nulla, Tarasios. Sono stanco di veder la sua freddezza e le sue gesta, voglio quello che ti ho chiesto.
Tarasios – Vuoi una vendetta per i soprusi che la mia gente fece verso la tua specie, lo posso capire. Insomma... voi servite solo per farci riprodurre.
Fulvio – Già. Non sai cosa vuol dire essere paragonato ad un servo. Pensavo che Electre cambiasse idea, pensavo che provasse...
Tarasios – Amore?
L'Angelo rise a crepapelle e prese gli oggetti, Fulvio si alzò dal suo posto e lo guardò con severità.
Tarasios – Oh amico mio. Gli Angeli non provano amore, la mia razza vive di regole, ma fidati di me... avrai ciò che vuoi.
Fulvio indicò gli oggetti e accennò un sorriso.
Fulvio – Schiacciali quando avrai detto la destinazione nella tua lingua, poi ti porteranno dove vuoi.
L'uomo di colore si rimise il cappuccio, Tarasios alzò il calice per ringraziarlo e lo lasciò andare. Quando Fulvio uscì dalla locanda, i Cacciatori osservarono Tarasios, l'Angelo guardò il vino e con sorriso malefico sussurrò un ordine.
Tarasios – Eliminatelo... non voglio testimoni.
I due Cacciatori Bianchi si alzarono e con sorriso beffardo, uscirono compiendo l'ordine del loro padrone.
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