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Capitolo 31 - Sogni di Seta

SECONDA PARTE del Capitolo

I tre viaggiatori continuarono il loro cammino e uscirono dalla Zona dei Mercanti, giungendo in una strada che costeggiava il mare. Rubellius non disse una sola parola, i suoi occhi ametista osservarono il dolore e la delusione della ragazza che era davanti a loro. Un vento salmastro sfiorò i loro corpi, mentre i pini marittimi che erano ai lati della strada, si mossero lasciando cadere i lunghi e sottili aghi. Il demone avanzò con passo veloce e si mise di fianco a Clizia, sorrise e tolse il cappuccio.

Rubellius – Guarda il lato positivo, Clizia. Puoi sempre amoreggiare con un mercante o un cacciatore nel villaggio di Fulke. Giusto?

Il demone fissò l'amico, Fulke sbuffò e chiuse gli occhi.

Fulke – I miei uomini sono forti e onesti con le donne, ma non credo che a Clizia piaccia un cacciatore che pretenda determinate cose.

Rubellius – Oh dai – mosse le mani – solo perché sono dei maschilisti, non vuol dire che siano cattivi.

Fulke si grattò la barba e socchiuse gli occhi.

Fulke – Non sono maschilisti, pretendono delle donne forti. Non è facile vivere nella Foresta Nera.

La giovane rimase in silenzio accarezzando il muso di Tenebris, il cavallo sbuffò muovendo il muso.

Rubellius – Oh dai! Non è così dura, certo ci siamo noi, ma è un luogo tranquillo.

Fulke – Tranquillo? Tranquillo? Ma se siamo stati attaccati da un Demone Maggiore. Tu parli perché ci sei vissuto prima di me, ma non è un posto sicuro.

Rubellius mise le mani suoi fianchi e sbuffò, guardando il cielo diventar di un intenso color arancione.

Rubellius – Bah! Secondo me Clizia starebbe bene con uno dei tuoi uomini. E poi guardala che fagottino – prese il suo mento senza farle male – è tutta dolce e tenera. Te lo dice uno che sa com'è fatta una donna.

Clizia spostò il viso dalla sua presa e continuò a star zitta, Rubellius la guardò cercando la soluzione di quel silenzio. Il mezzo-demone le sorrise cercando di tirarla su di morale.

Fulke – Non ascoltare le sue opinioni della mia gente. Se vorrai restare con noi sarai la benvenuta. E poi Idis ama le ragazze come te, le farebbe piacere una nuova amica.

Clizia lo guardò e ricambiò il sorriso, pensando a Idis.

Clizia – Ne sarei onorata. Devo dirlo... tu e Idis sembrate una coppia affiatata. Meglio di qualsiasi altra coppia che conosco.

Rubellius sentì il discorso e brontolò sottovoce.

Fulke – Ogni coppia hai suoi alti e bassi – rise – ma comunque... da queste parti dovrebbe esserci un ostello per i viandanti.

Il demone osservò i due con severità e li indicò con un dito, coprendosi il sacco pieno di monete d'oro.

Rubellius – Se pensi che vi pagherò le stanze, ve lo scordate.

Fulke – Oh ma non vorrai che la tua protetta, rimanga fuori al gelo?

Clizia – Non serve. Possiamo dormire fuori, ormai sono abituata – sorrise ai due uomini.

Il demone incrociò le braccia osservando alcune piccole case di artigiani che costeggiavano la strada.

Rubellius – Credo di poter cedere sta volta...

Clizia – Rubellius, non serve.

I tre viaggiatori notaro a pochi metri di distanza un ostello. Quello citato da Fulke.
La struttura in pietre rosse era posta su una piccola pianura circondata da ulivi e rovi. Il demone indicò a Clizia alcuni alberi che coprivano con le loro ombre, alcune prostitute.

Rubellius – Invece sì. Non ci conviene passare la notte qui. Chi non ha soldi non può dormire o consumare nessun servizio. È la legge del continente Ebe.

Fulke – Quindi... chi non ha soldi viene trattato come un sporco poveraccio, mentre chi ha denaro...

Rubellius – ...Viene elogiato. Conoscevo un tizio che ha cercato di fregare un locandiere. Quando il proprietario scoprì che non aveva nessun denaro, lo uccise nel sonno con la forca. I mercanti e i locandieri in questa parte di mondo sono molto vendicativi e la legge è dalla loro parte.

Clizia strinse le redini di Tenebris, osservando alcune donnacce poste accanto ad un ulivo.

Clizia – Ora capisco perché avevi detto che qui è la "lussuria fatta in persona".

Rubellius annuì osservando i vari cavalli legati vicino ad una staccionata di legno. Il demone prese le redini del suo cavallo e lo legò vicino agli altri destrieri, entrando con i suoi amici nell'ingresso della struttura.

Quando i tre entrarono all'interno dell'ostello notarono un'immensa sala rettangolare, colma di tavoloni e panche di legno. Il soffitto era in legno, decorato con piccoli dipinti in avorio, mentre vicino ad una colonna di pietra, c'era una scalinata che portava al piano superiore dell'ostello dove si potevano trovare le varie stanze dei clienti. Nella sala c'erano  due porte di legno: una rossa e una nera. La porta nera permetteva l'accesso al giardino, recintato da un muro di pietre, ma che permetteva agli ospiti di rilassarsi, osservando le piante e il cielo notturno. La porta rossa invece conduceva alla cucina. Una signora grassottella uscì dalla porta rossa, in mano aveva uno straccio e una scopa. Rubellius si avvicinò e chiese alla donna di aver tre stanze separate per la notte e del cibo caldo. Il demone pagò immediatamente senza provocare ai padroni dell'ostello nessun problema. La donna si sistemò i capelli e prese il denaro, indicando ai viaggiatori il numero delle loro stanze.

Clizia rimase in silenzio e con un certo timore ringraziò Rubellius. La giovane chiese quale numero era la sua stanza, dopodiché  salì le scale e camminando nello stretto corridoio del secondo piano, entrò nella sua camera temporanea. Rimanendo in completo silenzio e con il volto colmo di tristezza.

Il demone si grattò il capo e sospirò socchiudendo gli occhi, Fulke sfilò dalle sue spalle i foderi delle sue asce e posò le armi su un tavolo in legno. L'uomo si sedette e prese dal suo borsellino un coltellino e un pezzo di legno. Il demone rosso si avvicinò, ma non si sedette poiché continuava a fissare le scale che aveva fatto la giovane.

Rubellius – Ma che le prende?

Fulke lavorò su quel pezzo di legno e fece spallucce, la sua voce profonda commentò il comportamento della ragazza.

Fulke – Secondo te? Le hai detto che non sai cosa pensare né sentire, insomma... l'hai scartata.

Rubellius – Io le ho detto che sono confuso. Le ho detto la verità.

Fulke – Verità o meno continui sempre a illudere la gente, Rubellius. Clizia ha perso tutto: un regno, una famiglia, i suoi servitori e amici. Praticamente è sola, per non contare che un uomo misterioso la vuole per chissà quale motivo. – Sospirò - Fra un po' perderà te... - soffiò sugli trucioli del legnetto – fidati, conoscono le donne.

Rubellius – Anch'io le conosco!

Fulke – Ah no, tu conosci soltanto un tipo di donne. Lei ha la capacità e l'intelligenza di Idis. Ma siccome sei cieco... tutto questo non riesci a vederlo.

Rubellius sospirò sedendosi di fronte al suo amico, osservò la piccola scultura che stava nascendo tra le mani il mezzo-demone.

Rubellius – Che dovrei fare? Cerco di farle qualche battuta, ma non ride né risponde. Sono stato sincero con lei.

L'uomo intagliò il pezzo di legno creando la sagoma di un cagnolino. Fulke mugugnò socchiudendo gli occhi grigi.

Fulke – Donale  dei fiori – rise piano.

Rubellius – Assolutamente no. Che se ne farebbe dei fiori? L'unica donna a cui ho donato dei fiori è stata Tulia. – Abbassò lo sguardo - Tu... che regaleresti a Idis quando è giù di tono?

Fulke pulì la sua opera con la mano ruvida e pensò.

Fulke – Io ho un altro modo di consolarla e non sono i regali. L'ascolto, la guardo, le parlo e... faccio l'amore con lei.

Rubellius – E se le regalassi un uomo?

Il demone sorrise con ironia, Fulke lo guardò male.

Fulke – Come quello nel mercato? - Rise.

Rubellius sbuffò posando le mani sul tavolo, le dita tamburellarono sulla superfice.

Rubellius – Se la stava mangiando con gli occhi e lei non mi stava ascoltando.

Fulke alzò un sopracciglio e lo guardò, restando in silenzio per un paio di minuti.

Fulke – Sei geloso, Rubellius?

Rubellius – Io geloso?! Ma dove? – Rise per finta.

Il demone socchiuse gli occhi e posò il mento sulla mano destra, i suoi occhi osservarono i vari tavoli e gli ospiti. Ad un tratto qualcosa gli saltò in mente, un sorriso beffardo dipinse le sue labbra e improvvisamente si alzò dal suo posto.

Rubellius – Ho trovato il regalo giusto per smuovere Clizia dalla sua apatia. Oh sì! Le piacerà! Voi due aspettatemi qui e tornerò in un battito d'ali.

Fulke lo guardò mentre il demone usciva dall'ostello, non capiva cosa volesse dire.

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Quando Rubellius fu all'aperto si nascose dietro ad un ulivo, senza farsi notare dai mendicanti. Il demone si spogliò immediatamente, rimanendo nudo. Posò i suoi vestiti su un ramo ben alto e rilasciò la sua vera natura da demone. Salì con un balzo sull'albero e ridendo osservò il terreno e il cielo, doveva far in fretta prima che la cena fosse servita all'ostello. La sua destinazione era la Zona dei Mercanti.

Le ore passarono e quando si fece notte i pasti furono serviti ai vari clienti. Clizia uscì dalla sua stanza e scese al pianterreno, si avvicinò a Fulke e si mise seduta di fronte a lui. La giovane osservò con meraviglia la piccola statuina di un cane seduto.

Clizia – Caspita, è stupendo.

Fulke le sorrise, mise via il coltellino e fissò l'oggetto tra le mani.

Fulke – È per mio figlio Götz. Ama giocar con queste statuine.

Clizia gli sorrise, si voltò verso le asce e socchiuse gli occhi mentre pensava. L'uomo seguì il suo sguardo e mise via la statuina nel suo borsellino, un profumo di arrosto si propagò nella sala.

Fulke – Quelle erano di mio padre. Le consegnò a mia nonna in un modo che lei non mi spiegò. Mio padre disse solo che se le portò dietro, ma che poi mia nonna Dasha le ricevette nelle sue mani. Non mi lasciò nulla se non quelle.

Clizia – Bardus?

Fulke annuì pulendosi le mani sui pantaloni verdi.

Clizia – Perché non è rimasto con te? Posso capire la perdita di tua madre, ma aveva te.

La giovane strinse i pugni appoggiati sul tavolo, l'uomo mise via la statuina e sospirò.

Fulke – Lo chiesi anche a mia nonna. Quando se ne andò ero molto piccolo, avevo qualche mese.

Clizia – E lei che ti disse?

L'uomo si grattò il capo, sfiorandosi alla fine il tatuaggio che aveva sul braccio destro.

Fulke – Mio padre disse che non poteva crescermi, non poteva perché non aveva l'esperienza né il pensiero adatto per badar a un figlio. Lui era uno dei tanti che appoggiò la punizione del Grande Sterminio.

La voce della giovane era un sussurrò, non voleva distruggere i sentimenti dell'uomo e non voleva provocare in lui nessun dolore.

Clizia – Forse l'ha fatto per proteggerti... da ciò che mi ha detto Rubellius, gli Angeli sono molto severi riguardo ai figli delle altre creature.

Fulke – Forse. Non so cosa gli sia venuto in mente quando nacqui, mia nonna raccontò solo quello che vide con i suoi occhi. Ma sto rimediando – sorrise.

Clizia – Rimediando?

Fulke – Sì. Non ho avuto il padre migliore del mondo, ma io lo sono per i miei figli. Götz sta crescendo bene e in più avrà una sorellina o fratellino nei prossimi mesi.

La giovane sorrise osservando l'uomo con dolcezza. Clizia voleva saper di più sulla sua vita e la storia del suo villaggio, ma qualcuno li fermò e li chiamò. Il demone rosso si era ritrasformato con gran velocità, rimettendo i suoi abiti nascosti sull'albero che aveva  usato qualche ora fa. Rubellius si avvicinò con passo deciso osservando i suoi compagni, su una spalla aveva le due borse di Tenebris, mentre in una mano aveva un pacco con una carta marroncina.

Rubellius – Eccomi! Scusate il ritardo, ma dovevo prendere delle cose da Tenebris.

Il demone si sedette vicino all'amico e posò i vari oggetti sulla panca di legno, Clizia lo guardò con curiosità.

Fulke – Dove sei andato?

Rubellius – Ah non posso dirtelo. È un segreto.

La giovane accennò un sorriso, dopo pochi minuti la signora dell'ostello consegnò dalla cucina delle zuppe calde ai tre viaggiatori. I tre iniziarono a mangiare, bevendo un po' d'acqua e vino. Clizia prese il cucchiaio di legno e mescolò la zuppa, posò il volto sulla mano libera e abbassò lo sguardo con delusione. Fulke fece un cenno  all'amico per fargli notare il comportamento della fanciulla. Rubellius ricambiò e sorrise alla ragazza.

Rubellius – Stavo pensando... che ne dici se ci fermiamo due giorni qui? So che inizi ad amare Ebe, potremmo visitarla prima di andare dagli Angeli. Che ne pensi?

La ragazza lo guardò con delusione, poi riabbassò lo sguardo e fece spallucce.

Clizia – Credo che sia meglio andar dagli Angeli. Così avvantaggiamo il tuo Patto.

Il demone la fissò rimanendo in silenzio, notando la freddezza della giovane. Fulke alzò gli occhi sul soffitto e sospirò dando una gomitata a Rubellius. Il demone si morse un labbro e sorrise sotto i baffi, la sua voce frizzante fece alzar lo sguardo di Clizia verso di lui.

Rubellius – Sì beh è vero. Ma credo che il mio Patto possa aspettare. A proposito, ho una cosetta che potrebbe piacerti.

La giovane lo fissò mentre lui prese sulla panca dov'era seduto il pacco marroncino, e  lo posò sul tavolo consegnandolo  a Clizia. La fanciulla fissò quel pacco e alzò lo sguardo verso Rubellius.

Clizia – Cos'è?

Rubellius – Oh nulla di così speciale, almeno per me. Anzi se si trattava di una donna prosperosa non te lo avrei mai regalato. – Mosse le mani – Su aprilo è tuo.

La ragazza prese il pacco tra le mani, lo scartò con calma togliendo la carta e quando finalmente lo aprì, rimase di stucco. I suoi occhi si spalancarono e le mani delicate sfiorarono il tessuto bianco con i ricami rossi, Clizia aprì la bocca e guardò Rubellius.

Clizia – È l'abito che... avevo visto al mercato. Tu...

Rubellius – L'ho comprato, tranquilla con i Cacciatori Bianchi in giro non potevo rubarlo. Ti piace? – Sussurrò.

Il volto del demone era sostenuto dalle sue mani, i suoi occhi curiosi osservarono la giovane. Le mani della fanciulla tremarono, mentre i suoi occhi si socchiusero.

Clizia – Non dovevi. E poi... i tuoi soldi...

Rubellius – Bah! Soldi o meno quell'abito ti piace e ti starà bene. Su va ad indossarlo – le fece un occhiolino sorridendole.

Clizia sorrise con gioia e si alzò dal suo posto prendendo il suo dono, si avvicinò a Rubellius e posando una mano sulla sua guancia sinistra, gli diede un bacio sulla guancia destra. La giovane lo ringraziò e salì immediatamente nella sua camera. Il demone si grattò il capo mentre le guance lentigginose iniziarono ad arrossire.




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