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Capitolo 26 - Le Due lacrime di Rubellius

Le ombre del passato attraversarono la mente di Rubellius. Le grida, la disperazione e il dolore di millequattrocento anni fa sfiorarono la sua anima.

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Il demone dai capelli rossi era in piedi con le spalle incurvate in avanti, attorno a lui c'era la distruzione e la morte. Sulla pianura dove si reggeva il portale per Ebe, un intenso odore di sangue e muschio coprì l'intera zona. Il demone posò una mano su un masso e guardò la scena davanti ai suoi occhi. Il suo viso era tinto di dolore, la sua bocca aperta non riuscì ad emettere nessun suono e i suoi occhi viola erano grandi per quello scempio. La pianura che conosceva da quando era stato creato era ricoperta dai cadaveri della sua gente. La quercia dove c'era il portale per il loro mondo, era sporca di sangue e fango. Le teste dei defunti erano state appese sui rami.

Rubellius si inginocchiò per terra posando una mano sull'addome ferito, era riuscito a scappare appena in tempo da quegli Angeli che lo cercavano. L'avevano ferito ma non ucciso, quando il giovane cercò di tornare dalla sua gente, quello che trovò sulla pianura fu un tremendo dolore. I suoi occhi si alzarono verso il cielo, un fumo nero salì verso le nuvole di quella mattina. Al di là di alcune rocce e massi, c'era un gigantesco falò. Rubellius si coprì la bocca con la mano e tremò, sapeva perfettamente che i piccoli diavoli erano lì.

Rubellius – No...

Quelli che erano riusciti a fuggire erano stati presi, ingannati dalla "pace" proposta dagli Angeli. Rubellius non ci credeva, non avrebbe mai creduto a quella "pace", Tulia invece ne fu ammaliata. I due si stavano cercando, ma non riuscirono a trovarsi. Rubellius sentì un urlo di donna a qualche metro di distanza. Il demone si alzò e stringendo i pugni corse verso quell'urlo. I pochi alberi sfiorarono il suo corpo, quando il demone salì la piccola collina ricoperta da alcune betulle, fissò gli occhi disperati della sua compagna. Tulia era in ginocchio, le sue mani e le sue gambe erano legate da una catena d'oro, catena che riusciva a intrappolare qualsiasi demone. Il suo volto era ricoperto da escoriazioni e da ematomi, un suo corno era stato tagliato e le sue labbra erano sporche di sangue. La giovane spalancò gli occhi e scosse il capo, era da sola.

Tulia – Rubellius, vattene via! È una trappola!

Il demone cercò di avanzare per liberarla, ma una risata sfiorò le sue orecchie a punta. Un suono di una fune che cadeva spostò il suo sguardo verso l'alto, una rete d'oro cadde su di lui e lo intrappolò come un animale selvatico. Il demone cadde a terra a causa del peso di quella rete, non poteva strapparla né sollevarla. Le funi che costituivano la rete privarono i suoi poteri, trasformandolo in un umano. Rubellius si guardò attorno sentendo ancora quella risata maschile, Tulia osservò in un punto dietro al suo compagno.

Tarasios – Oh, ma guarda un po'. Lo sapevo che prima o poi il tuo compagno sarebbe arrivato.

Tulia tremò guardando l'Angelo, i capelli della giovane erano stati tagliati. L'Angelo camminò lentamente sguainando la spada, una lunga lama trasparente fatta di luce. Tarasios continuò a ridere e con un calciò poderoso colpì l'addome di Rubellius, facendolo tossire. Il demone rosso chiuse gli occhi, quando li riaprì notò quell'Angelo.

L'essere di luce aveva un'armatura d'argento e sotto di essa c'era una tunica turchese che gli arrivava alle ginocchia. L'Angelo si avvicinò a Tulia e s'inginocchiò di fianco a lei, posando la punta della lama sul terreno fangoso. Rubellius digrignò i denti fissando gli occhi blu dell'Angelo.

Rubellius – Prova a toccarla e ti scortico quelle dannate ali!

L'Angelo sorrise guardandolo con sfida, prese con forza il collo di Tulia e lo strinse, facendole male.

Tarasios – Così? Oh dai. Ha un bel faccino per essere un demone della peste.

Rubellius sentì un battito d'ali, alcuni Angeli arrivarono e guardando quell'uomo dai capelli biondi. Il volto dell'essere era triangolare, le sue labbra erano sottili e i suoi capelli erano rasati. Gli altri Angeli osservarono la scena e risero, il loro compagno si rialzò da terra.

Tarasios – Siete veramente patetici, pensavate davvero di procreare così... - agitò la mano – liberamente e di "amare"? Ma non lo sai che solo gli Angeli possono amare e procreare.

L'Angelo si avvicinò a Rubellius e gli diede un altro calcio, facendolo urlare di dolore. Tarasios guardò la lama della sua spada e si specchiò, amava il suo aspetto.

Tarasios – Siamo sinceri, l'unica soluzione che potevate fare era tornare nel vostro stupido buco e vivere lì. Ma invece... - alzò la voce.

L'uomo alato strinse l'elsa con tutte e due le mani, e conficcò la lama nella spalla di Rubellius, facendolo urlare di dolore. Tulia guardò la scena e gridò.

Tarasios – ...volevate sentirvi degni di provare quello sciocco sentimento!

L'Angelo estrasse la spada dalla carne del demone, pestando il punto dolente sulla sua spalla, facendo uscire il sangue violaceo.

Tulia – Lascialo stare!!

Tarasios rise dandogli un calcio e facendolo girare a pancia in su, fissò la donna e si toccò il mento.

Tarasios – Il tuo compagno non è meglio di qualsiasi altra creatura. Oh ma la cosa bella viene adesso, sì.

Rubellius respirò a fatica, Tarasios posò la lama sul collo del demone. La rete continuò il suo lavoro prosciugandogli ogni energia. L'Angelo guardò il demone e gli pestò il viso, facendogli voltare lo sguardo verso Tulia.

Tarasios – Non fissarmi! Voi non siete degni di fissarci!!

Rubellius deglutì assaporando il gusto del suo sangue, sentì alcuni passi e notò che due Angeli si erano posizionati dietro a Tulia. Entrambi aveva una spada in mano.

Rubellius – Lasciala stare. Lei non c'entra – sussurrò.

L'Angelo guardò i suoi compagni e continuò a ridere, fece roteare la sua spada su se stessa e lo trafisse nel pettorale destro. Il demone urlò con agonia e alzò il mento.

Tarasios – Noi facciamo ciò che vogliamo! Hai capito?! Perché ti ostini tanto a proteggerla? Dopotutto non ha nulla da offrirti.

L'Angelo estrasse di nuovo la spada facendo uscire un abbondante quantità di sangue. Rubellius si piegò da un lato, il suo corpo tremava e i suoi stessi muscoli erano rigidi per il dolore. Un Angelo dai capelli neri che era dietro a Tulia, la guardò e la colpì sul capo, grazie al pomolo della spada. La donna cadde a terra, ma l'altro Angelo l'aiutò a inginocchiarsi di nuovo, stringendo i suoi capelli. Il mento di Tulia era rivolto verso l'alto. I suoi occhi verdi erano tinti di lacrime, Rubellius cercò di alzare una mano, ma Tarasios lo colpì di nuovo facendolo tossire. La sua voce era fragile e la sua bocca era secca.

Rubellius – Lasciala... l-lei non c- c'entra.

L'Angelo che lo aveva torturato camminò lentamente verso Tulia, guardando il demone.

Tarasios – Non c'entra nulla? Oh ma qui vedo che qualcuno c'entra.

I suoi occhi blu indicarono la giovane, Rubellius scosse la testa osservando il fisico della sua compagna. Tarasios sorrise e indicò con la punta della spada prima il collo di Tulia e poi lentamente il suo addome. L'Angelo socchiuse gli occhi e si morse le labbra, una piccola protuberanza fece capire all'essere ciò che Rubellius stava tentando di proteggere.

Tarasios – Ti sei dato da fare. Oh ma tranquillo, si sistemerò tutto.

Rubellius scosse la testa e spalancò gli occhi, la sua voce era colma di dolore.

Rubellius – N- no, ti prego. P-prendi me... prendi me. N-non puoi f-farlo.

Tarasios – Oh sì che lo posso fare – rise.

Rubellius – N- no. L-lei... è...

Tarasios – ...Incinta? Oh sì, ma questo lo so. Mica sono cieco. Da quanto? Tre mesi?

L'Angelo fissò l'addome e annuì, il suo sorriso era sadico.

Tarasios – Sì. Credo tre mesi. Oh ma vedrai, ti toglierò da questo peso. Non dovrai pensare più a tutto questo disguido.

Rubellius strinse un po' d'erba e guardò la sua compagna, Tulia gli sorrise socchiudendo gli occhi. Le sue labbra a cuore mimarono lentamente un "ti amo" e fu in quel momento, in quel doloroso istante che Tarasios la trafisse nella schiena, facendo uscire la punta della lama dall'addome. L'essere estrasse la spada e tagliò la gola alla giovane Tulia, il sangue coprì quel dolore.

In quel momento il tempo sembrava rallentare, l'Angelo che teneva i suoi capelli la lasciò, facendola cadere di lato. I suoi occhi verdi erano spalancati, il suo sguardo privo di vita fissava quello di Rubellius. Il suo stesso corpo era ricoperto da una pozza di sangue. Rubellius sentì le sue orecchie fischiare e la sua testa esplodere dal dolore. La sua voce emise un urlo, mostrando ciò che lui provava, un grido graffiante si estese in quella pianura.

Rubellius – Tulia!! No! No!

Una sua mano cercò di avanzare, ma fu bloccata dalla rete, il demone parlò a balzi guardando l'addome della sua compagna.

Rubellius – N- no. N- no. M-mio figlio... n-no – voce strozzata dal dolore.

I due Angeli di Tarasios lo presero sottobraccio, lasciandogli la rete addosso.

Tarasios – Portatelo all'accampamento, forse ci divertiremo un po'. Devo allenare i miei muscoli – rise.

L'Angelo guardò il corpo di Tulia e si pulì i sandali sul suo viso, la fissò con disgusto, mentre seguiva i suoi compagni. Rubellius osservò la sua compagna, mentre gli Angeli che gli davano le spalle lo trascinavano via. Le sue gambe non lo reggevano e i suoi occhi viola osservarono quel tormento. La sua voce uscì di nuovo mentre i suoi occhi si chiusero.

Rubellius – Avete ucciso mio figlio, m-mio figlio! - Urlò - A-avete ucciso Tulia! No!!

Gli Angeli risero guardando la scena, aprirono le loro magnifiche ali e volarono via, portando il prigioniero nell'accampamento.

Quando arrivarono al campo di reclutamento, Rubellius venne lasciato a terra circondato dalle tende bianche. Due Angeli presero le sue gambe e le sue braccia, lo legarono con delle catene d'oro. Gli tolsero la tunica grigia lasciandolo a petto nudo.

Alcuni Angeli che stavano mangiando il loro pasto sotto ad una tenda risero, osservando la scena. Il demone venne picchiato da due robusti Angeli, le catene dei suoi polsi vennero legate ad un palo di legno, mentre le gambe erano sul terreno. Il demone dai capelli rossi era inginocchio davanti al palo, uno dei due Angeli prese un pugnale e gli tagliò i capelli.

Tarasios rise mentre prendeva un bicchiere d'argilla sotto ad una tenda bianca. L'Angelo commentò con i suoi amici e guerrieri, sedendosi in mezzo a loro.

Orfeo – Hai finito di cacciare, Tarasios?

Gli Angeli sentirono e osservarono la tortura su Rubellius.

Tarasios – Oh sì. Quello lì è l'ultimo.

L'uomo dagli occhi blu si sistemò la tunica, Orfeo bevve con lui e poi ruttò.

Orfeo – Che pensate di fare?

Tarasios – Ah non saprei. I piani alti non hanno detto nulla.

L'Angelo si servì un altro po' di vino e canticchiò per la felicità.

Tarasios – Ma una cosa è certa, Orfeo – indicò i quattro Angeli che si erano seduti con lui – quello è più morto che vivo. Ora scusatemi Signori. Ma devo allenare i miei muscoli, sapete... un po' di allenamento non fa mai male.

L'Angelo si alzò mentre i suoi compagni brindarono per lui. Tarasios si avvicinò ad una tenda blu dove i guerrieri tenevano le loro armi. Prese con allegria una frusta e la osservò, sulle corde sottili c'erano delle piccole lame d'acciaio. Tarasios la fece schioccare e quando fu pronta, si avvicinò al corpo martoriato di Rubellius.

I due Angeli che lo avevano picchiato si allontanarono, lasciando con onore la loro opera. Il volto di Rubellius era sporco di sangue, il suo naso era rotto. Le ferite sulla spalla e sul suo pettorale non erano guarite, il sangue scivolò sulla sua pelle bianca. Tarasios si avvicinò e prese con forza i suoi capelli, Rubellius lo guardò con ira.

Tarasios – Vedrai che ci divertiremo.

Rubellius gli sputò in faccia, sporcandolo con sangue e saliva. L'Angelo si indignò e urlò per la rabbia.

Tarasios – Il mio splendido viso! Come osi!?

L'Angelo si allontanò un po' dalla sua vittima, osservò con ira la schiena del demone e iniziò a frustarlo con odio. Le piccole punte d'acciaio strapparono alcuni pezzi di carne, lasciando delle lunghe striature sulla schiena del demone. Rubellius chiuse gli occhi e urlò per il dolore, Tarasios continuò a ridere e si divertì.

La tortura durò un'ora, ricevendo in totale quaranta frustate. Tarasios respirò a fatica per la stanchezza, il suo volto era bagnato dal sudore. La sua risata era inquietante, l'Angelo cercò di dar ancora una cruenta punizione ma una voce lo fermò.

Electre – Ora basta, Tarasios!

L'uomo si fermò guardando la donna, L'Angelo femminile prese la frusta dalle mani del suo sottoposto e indicò il demone. La fanciulla era alta e atletica, la sua pelle nera era in contrasto con l'armatura d'argento.

Electre – Ti avevo ordinato di catturarlo! Non di torturarlo, se i demoni Anziani vedono che non abbiamo lasciato uno solo di loro, ci dichiareranno di nuovo guerra!

L'uomo abbassò lo sguardo e strinse i pugni, Tarasios si scuso. La donna gli ordinò di spostare il demone e di lasciarlo libero il giorno dopo. In quel momento Rubellius aveva gli occhi chiusi, i suoi capelli erano sporchi di sangue e sudore. La sua voce era un sussurro e il suo corpo dondolò per l'energia che lo stava abbandonando.

Rubellius – T-Tulia...

Il buio di quei ricordi scomparve, lasciando che il demone dai capelli rossi ritornasse nella realtà.

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Quando il racconto si concluse, Clizia si coprì la bocca con la mano, le sue lacrime scesero sulle sue guance rose. Rubellius fissò le due pietre e socchiuse gli occhi, il suo tono di voce era affranto.

Rubellius – Quel giorno ho perso ogni cosa. L'amore della mia vita... e... - si sfiorò le labbra – mio figlio. Tulia... era al terzo mese di gravidanza. Sapevo che era un m-maschio grazie alla sua Essenza che era in lei. Se f-fosse nato... - deglutì – lo avrei chiamato... Nepius.

La giovane si avvicinò dandogli delicatamente delle carezze sulla schiena, Rubellius chiuse gli occhi abbassando lo sguardo, le sue spalle tremarono.

Rubellius – La mia compagna... era incinta e loro... le hanno strappato via tutto. Questo dolore non potrà mai finire, Clizia. Mai.

Il demone fissò le tombe con dolore, Clizia deglutì e cercò di abbracciarlo con un solo braccio. Posò una guancia sul suo braccio destro e lo consolò, dandogli un bacio sulla manica.


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