Capitolo 2 - Sussurri Regali
Erano passati ormai vent'anni da quel Patto, la bambina che era stata usata come una qualsiasi merce di scambio, era tornata grazie a Rubellius nella Corte Della Roccia. Lo stemma sulla copertina aveva confermato la casata di quel piccolo feudo. Nel corso degli anni l'inquietante forma demoniaca del protettore, si era nascosta velocemente agli occhi degli umani.
Clizia Della Roccia era cresciuta sia nell'aspetto che nel carattere, diventando una Regina all'età di vent'anni. La madre era deceduta a causa di una terribile malattia, mentre il Signore Della Roccia si era spento per colpa di una sanguinaria battaglia contro alcuni barbari.
La Regina governava un antico feudo ben conosciuto tra i commercianti e artigiani. La fortezza era circondata da un'imponente muraglia di cinta, costituita dalle pietre grigie, le fondamenta erano poste su una collina e le torri non erano molto alte. Le bandiere con i tessuti in oro mostravano il simbolo della casata, un cervo nero. Le strade che conducevano al castello erano poche, la piazza principale del maniero era popolata d'artigiani che preparavano adeguatamente le armi per i soldati.
In un pomeriggio di primavera il popolo era in fermento. La Regina aveva invitato a palazzo alcuni Nobili, amava ascoltare nelle udienze i sudditi, poiché voleva risolvere ogni problema e dimostrare agli altri Regni che un buon ascolto era l'arma vincente. La Sala del Trono era colma di Nobili. Un immenso chiacchiericcio echeggiò all'interno di quelle mura. I colori sgargianti dei vestiti dei Nobili erano impreziositi di pizzi e merletti. Gli sguardi curiosi notarono le pareti color ocra e le decorazioni sul soffitto in marmo, la luce del sole che entrava dalle vetrate azzurre, illuminava gli stendardi sulle pareti. Quando la porta principale si aprì tutti si inchinarono, lasciando passare con onore la sovrana. Indossava un abito con uno stretto corpetto a cuore, la gonna era soffice e ampia, i capelli castani erano sciolti e morbidi al tatto, mentre le mani sottili erano appoggiate sull'addome. I presenti osservarono il corpo della Regina sedersi sul trono in legno e in silenzio attesero. L'araldo srotolò, accanto alla Signora della Roccia, una pergamena gialla e chiamò il primo Nobile. Il Conte Igor Del Fiume fece un inchino e sorrise.
Igor – Mia Regina, le porgo i miei saluti. Sono venuto nella sua dimora perché ho una richiesta da farle.
L'uomo si fece portare da un servitore una pergamena e la lesse velocemente. La lista conteneva numericamente degli schiavi e prigionieri. Il motivo della richiesta era dovuto a una lite con un Duca. La Regina sospirò e socchiuse gli occhi color miele, la voce era calda.
Clizia - Conte Igor Del Fiume. Sono onorata della vostra presenza, ma le richieste che citate sono impossibili da esaudire. State chiedendo venti schiavi e due prigionieri.
Igor - Il Duca Del Monte non mi ha ascoltato, voglio ciò che mi appartiene.
Clizia - Posso concedervi i due prigionieri, ma non i venti schiavi – mugugnò osservando i servi e le ancelle con tensione.
Igor spalancò gli occhi e si sistemò il cappello turchese a causa dell'impazienza, era robusto e basso, la tunica blu era impreziosita di perline.
Igor – Ma i venti schiavi devono essere utilizzati per i miei progetti. Non me ne andrò finché non avrò ciò che voglio.
La tensione della Regina era visibile, poiché si mordeva le labbra e strofinava le dita sui braccioli del trono, in molte situazioni non riusciva a decidere cosa fare. Tutti si aspettavano il carattere duro e freddo di suo padre, ma questo non avvenne mai. Clizia era stata cresciuta con delle rigide regole, ma il carattere introverso era un enorme difetto. Un silenzio penetrante si estese in tutta la sala.
Clizia - Mi rifiuto, Conte Igor Del Fiume.
Igor - Si rifiuta? Cosa vuol dire?
Un'ancella dall'abito rosa nascose una risatina per l'imbarazzo.
Clizia - Io... - sussurrò.
In quel momento alcuni servi si spostarono, sentendo un rumore di passi. I loro occhi guardarono e riconobbero un giovane uomo che si dirigeva verso il trono, per poi posizionarsi di fianco alla Sovrana. Egli indossava dei pantaloni aderenti e una tunica verde che arrivava alle ginocchia, le maniche lunghe avevano dei sottili merletti blu, le mani si nascosero dietro alla schiena e gli occhi ametista guardarono con superiorità Clizia.
Igor - Allora mia Signora?
La voce profonda del Consigliere rispose alla domanda, tutti rimasero basiti.
Rubellius - La mia Signora vuole dirle che i suoi servitori sono abbastanza nella sua Corte. Per tanto... credo che rifletterà sull'offerta, diminuendo il numero degli schiavi.
Igor parlò con alcuni Ambasciatori, Clizia ne approfittò per parlare severamente con il Consigliere.
Clizia - Non posso dargli venti uomini. Il Conte Igor Del Fiume è un torturatore.
Rubellius - Potresti, Clizia. Dopotutto quelle vite non potranno mai aver la libertà - si toccò la leggera barba rossa e mugugnò.
Clizia - Ma... sono sempre delle persone.
Rubellius - Già, esseri umani che hanno scelto di tradire i tuoi progetti. Dimostra ai tuoi nobili chi comanda su questo regno.
Clizia - Ci possono essere dei bambini, Rubellius.
Rubellius - Mandali nei campi di grano ad aiutare la tua gente. Li renderà forti alle malattie. Sono solo dei bambini, dopotutto - si toccò le labbra sottili e sorrise con malignità.
Clizia - Non puoi essere così... cattivo.
Rubellius - Ricordati cosa sono, Clizia.
Il Conte notò che la Regina si era alzata per indicare la sua decisione.
Clizia - Potrete avere i prigionieri, ma non i venti schiavi. Credo che i vostri progetti saranno realizzati anche con gli uomini che avete già a disposizione.
Igor Del Fiume annuì e sospirò amaramente, accettò la decisione e tornò dalla sua consorte. La Regina e il Consigliere continuarono a chiacchierare senza che gli ospiti potessero ascoltare.
Rubellius - Sei troppo buona Clizia. Il Conte se la prenderà.
Le guance della Sovrana erano rosse per l'ira e di certo non accettava le parole del Consigliere
Clizia - Io so cosa è giusto e sbagliato, Rubellius. A differenza tua che vedi solo la malvagità.
Rubellius - Io vedo ciò che può essere utile e che porti ricchezza, Clizia. - posò un gomito sulla mano destra, mentre la mano sinistra sfiorò il mento - Nulla di più. Dopotutto è grazie a me se sei ancora una buona Regina. Ho sentito che un popolo si è ribellato al suo Re. Forse... perché era troppo gentile.
Clizia - Cos'è successo al suo regno?
Clizia guardò il pavimento di marmo bianco mentre lo ascoltava e respirò con affanno, non amava sentirlo parlare degli altri regni.
Rubellius - So solo che il popolo gli ha tagliato la testa e l'ha impalata davanti all'ingresso del castello. - mugugnò di gusto - Amo le esecuzioni in vecchio stile. È un metodo raffinato. Non trovi? – la guardò con malignità.
Clizia - Basta, stai zitto – deglutì.
Il silenzio tornò a calmare le due figure, mentre l'udienza continuava.
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Dopo qualche ora e alla conclusione dell'udienza, i servitori accompagnarono i Nobili fuori dalla sala. Gli unici che rimasero erano i Messaggeri, le ancelle e i Cavalieri. La Regina si alzò dal trono e incrociò le braccia, scese dal piedistallo di legno seguita da Rubellius. Quando i due erano soli potevano parlare come se fossero dello stesso livello sociale. Clizia gli aveva dato questo permesso, poiché la conosceva da quando era molto piccola.
Clizia - Per te questo è un gioco? Giochi con le vite degli altri?
Rubellius - No. Per me è un lavoro. Io vivo di questo, accontento le anime finché non ne traggo un vantaggio - guardò alcuni servitori e mugugnò.
Clizia - Non ti capisco!
Rubellius - Meglio per me. Odio i pensatori che cercano di capire i Demoni Minori. Dovresti provare questo piacere, giocare con le vite degli altri.
Clizia - Trovo ripugnante il tuo ragionamento.
Rubellius - Io trovo ripugnante la tua vigliaccheria. Sei una Regina che aspetta sempre il mio giudizio e non sai mai come fare con il tuo popolo. Sei solo una bambina che teme di essere giudicata, sei patetica come il resto della tua razza.
I due si fermarono in mezzo alla sala rettangolare. Al demone non piaceva badare ad una ragazzina, anche se nel corso dei secoli molti Demoni Minori avevano preso caratteristiche umane che difficilmente potevano essere estirpate.
Clizia - Sei tu ripugnante!
In quel momento il dialogo tra i due si interruppe, grazie all'entrata di un Sacerdote Benedetto. Egli chinò il capo e mostrò il camice bianco con la cintura argenta, il volto era bianco per l'ansia.
Semuel – Mia Regina, il vostro Sacerdote Benedetto richiede di vederla.
Clizia - Mandategli un messaggio, partirò domani mattina all'alba.
Semuel annuì e uscì dalla Sala del Trono, Rubellius sospirò e incrociò le braccia. Clizia lo fissò alzando il mento, mostrando un sorriso vivace.
Clizia – Domani mattina tu verrai con me. So bene che "ami" le sue riunioni e il Monastero dei Sacerdoti Benedetti.
Rubellius - Preferisco gettarmi in pasto agli orsi. Lo fai perché ti piace vedermi soffrire.
Clizia - Oh mio buon Rubellius. Credimi... lo faccio solo per il tuo bene – si allontanò dandogli le spalle.
Le due figure uscirono dalla sala per dirigersi in altre stanze e concludere alcuni impegni politici.
Avviso:
Dedico questo capitolo a colui che fa sempre battute sconce e divertenti. Ma non solo, si come (come dice lui) il suo carattere e comportamento assomiglia tanto a Rubellius, mi sono permessa di dedicagli il secondo capitolo. *^*
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