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Capitolo 16 - Lo Specchio della Verità

Tenebris galoppò sempre più velocemente attraversando le piante di grano prima d'arrivare nella Foresta Nera. Mancavano pochi chilometri e presto sarebbero arrivati nel cuore della foresta. Rubellius e Clizia ci misero trenta minuti prima di arrivare alla loro destinazione, la notte copriva i loro corpi affaticati. Il cavallo sbuffò calmando la sua corsa, trottò in mezzo alle betulle evitando alcuni massi che bloccavano il suo cammino. Rubellius lo fermò notando una piccola pianura circondata dagli abeti. Clizia posò le mani sulla sella e si osservò intorno, non riuscì a mettere a fuoco l'intera area a causa della notte.

Clizia – Ora che facciamo? Ci accampiamo per la notte?

Il demone si guardò intorno e indicò una piccola zona dove potevano accendere un falò.

Rubellius – Lì può andar bene. Tieni le redini e manda Tenebris vicino a quell'albero, va bene? – indicò un abete.

Clizia prese le redini e le guardò. La fanciulla non aveva mai comandato un cavallo in vita sua.

Clizia – Come faccio a vedere con tutto questo buio? Non so guidarlo.

Rubellius mugugnò e si strofinò le mani, creando delle scintille viola, queste si trasformarono in un globo di luce. Il globo  indicò la strada alla Regina e si posizionò vicino all'albero.

Rubellius – Ora puoi vedere.

Clizia provò a comandare Tenebris, ma la bestia non obbedì al suo comando.

Clizia – Ah. Non si muove.

Rubellius alzò gli occhi al cielo e sospirò, guardò le mani di Clizia e posò le sue, stringendole con delicatezza. La giovane osservò le mani del demone e arrossì per la vergogna, deglutì mentre lo sentiva parlare. Quel contatto caldo era inebriante, erano ruvide e forti.

Rubellius – Così si gira a destra e così a sinistra, dagli con le staffe dei leggeri colpi e lui ti ubbidirà.

Il demone lasciò la presa dalle mani di Clizia e scese dal suo destriero. La giovane prese coraggio e fece come Rubellius le aveva detto, diede dei leggeri colpetti alle staffe e spostò Tenebris verso quell'albero.

Clizia – Si muove! Fantastico – rise.

Rubellius sorrise e si avvicinò ad un albero per prendere alcuni rametti, li ammassò in un punto ricoperto da alcune foglie bagnate. Quando finì il suo lavoro accese con l'aiuto della sua magia, un meraviglioso fuoco.

La fanciulla fermò Tenebris e con calma scese dalla sua groppa, legando le redini su un ramo di un abete. Clizia indicò il cavallo con le mani, osservando Rubellius inginocchiato vicino al fuoco.

Clizia – Visto che brava?

Il demone la guardò con serietà socchiudendo gli occhi, poi si sedette posando le mani dietro alla schiena.

Rubellius – Sì, sì certo.

Clizia si avvicinò ad una delle due borse in pelle e prese un mantello nero, mettendoselo alla fine. La giovane fece qualche passo verso il demone, sedendosi accanto a lui, i suoi occhi fissarono il fuoco. Una sua mano spostò con delicatezza una ciocca castana. Rubellius si distese a pancia in su sul terreno erboso, guardò i rami degli alberi e sospirò.

Clizia – Rubellius... io... vorrei delle risposte. Quello che è successo, riguarda me e te. Giusto?

Il demone piegò una gamba e la mosse, si voltò osservandola con freddezza.

Rubellius – Io so solo quello che è successo tra me e quell'Angelo. Non so che piani aveva quel Sacerdote.

Clizia accennò un no con il capo chiudendo gli occhi, poi li aprì parlando velocemente.

Clizia – No. Non è ciò che intendevo. Vorrei delle risposte, voglio... sapere del tuo mondo e dei Demoni.

Rubellius alzò un sopracciglio e la guardò con una certa curiosità, pochi umani chiedevano del suo mondo.

Rubellius – Perché dovrei dirti della mia Dimensione? Ciò che è successo con quei bruti non c'entra nulla.

Clizia – Lo so, ma se so chi siete, posso capire se una persona sa la verità o mente. Filippo mi ha mentito, dicendomi che non sapeva nulla di voi, invece sapeva di te. Io... voglio solo conoscere ciò che non so. Te lo giuro, non lo dirò a nessuno. Voglio difendermi dalle bugie.

Rubellius sbuffò e si alzò con la schiena prendendo un rametto, si sedette di fronte a lei. Spostò alcune foglie secche e umide, trovando il terreno appena bagnato dalla pioggia.

Rubellius – Ti dirò ciò che so. Ma non devi dir nulla agli umani. Va bene?

Clizia annuì guardando la terra e poi i suoi occhi. Rubellius si toccò i capelli rossi e iniziò a disegnare. Il demone disegno due cerchi ben diversi tra loro: uno piccolo e uno grande. Il piccolo cerchio era all'interno di quello grande. Il rametto divise il grande cerchio a metà, mostrando due semi cerchi identici.

Rubellius – Questo è il vostro mondo, l'universo – mostrò il piccolo cerchio – esso si espande ma rimane nella stessa forma. Qui ci sono molti mondi e ovviamente il nostro pianeta.

Clizia annuì capendo ciò che il demone stava spiegando, guardò il bastoncino posarsi sul grande cerchio, indicando il semicerchio che dava verso di lei.

Rubellius – Il semicerchio che è sopra all'universo è la Dimensione Sirona, qui vivono gli Angeli. Gli unici che sanno com'è la loro casa sono gli Angeli. Invece il semicerchio in basso, collegato ovviamente con quello in alto è la mia terra, la Dimensione Deiouona. Qui vivono i Demoni Minori e Maggiori.

Clizia – Perché i Monasteri ci raccontavano poco su queste due Dimensioni?

Rubellius – Semplice, perché meno gli umani e le altre creature sapevano, meglio era per tutti. Le due Dimensioni sono collegate tra loro, ma completamente diverse. Non si possono mischiare e c'è un confine che delinea queste due terre.

Clizia – Cosa c'è nella tua Dimensione? Chi sono i vostri genitori?

Rubellius indicò con il rametto la Dimensione Deiouona, il semicerchio rivolto verso le sue gambe.

Rubellius – Vedi... noi demoni non abbiamo i genitori. Non nasciamo come voi umani. All'interno della Dimensione Deiouona ci sono degli alberi. Gli alberi nascono e crescono in una precisa terra, ricoperta da fango, melma e catrame. Questi alberi assomigliano a dei salici piangenti, vengono chiamati gli Umbras. Gli Umbras creano dei frutti e al loro interno si sviluppano delle creature. Come una farfalla che cresce nel suo bozzolo. Ecco... come nasciamo. Ci sviluppiamo all'interno di questo bozzolo e quando raggiungiamo la maturità lo distruggiamo. La nostra pelle è ricoperta da una sostanza gelatinosa e i nostri poteri si sviluppano immediatamente appena tocchiamo il suolo di quella terra.

Clizia si coprì la bocca con la mano, la sua immaginazione prese vita.

Clizia – Tu sei nato così?

Rubellius – Sì. Come tutti. Ogni demone ci impiega due secoli per svilupparsi all'interno di quel bozzolo. Di principio nasciamo come Demoni Minori e ovviamente abbiamo una sola qualità. La mia dote è far Patti e contare le Essenze che vengono dannate nella mia Dimensione. Ma ci sono demoni che hanno l'abilità di uccidere, di portare le malattie, la pazzia e ad altri peccati.

Clizia – Voi nascete già adulti, giusto?

Rubellius – Sì. Nasciamo nudi e adulti davanti alle radici degli alberi.

Clizia posò le gambe sul petto e guardò il fuoco accanto a lei.

Clizia – Mi spieghi la differenza tra i Demoni Maggiori e Minori?

Rubellius annuì toccandosi la barba rossa, si mordicchiò un dito e parlò.

Rubellius – La differenza è molto semplice. I Demoni Minori sono razionali o meglio, hanno ancora un po' di sanità mentale e riescono a controllare le loro emozioni. Ovviamente non sono razionali come gli Angeli, ma sanno capire la situazione e pianificare i loro progetti. Noi Demoni Minori possiamo muoverci nei mondi e sfruttare le altre creature. Cambiamo aspetto a seconda della razza. Questo aspetto umano – si indicò il petto – non è il mio. Solo i capelli rossi, le mie corna e i miei occhi appartengono alla mia vera natura.

Clizia – Non vorrei mai veder la tua vera natura, tremerei di paura – rise.

Rubellius – Credo che non avresti mai paura di me – sorrise.

I due si fissarono per alcuni secondi rimanendo in silenzio, Rubellius tossì continuando il discorso.

Rubellius – Ovviamente i Demoni Minori se si trovano davanti a quelli Maggiori, devono mostrare onore e rispetto. I Demoni Maggiori possono ucciderti e se vogliono mangiarti vivo. La differenza che delinea tra noi Minori e loro è una.

Clizia – Qual è?

Rubellius – Per diventare un Demone Maggiore, devi... rinunciare alla tua razionalità. Diventando una bestia, un animale, privo di ogni controllo e seguire soltanto i tuoi istinti primordiali. Puoi scegliere di diventare un Demone Maggiore, ma quando avrai fatto questa scelta, non potrai più tornare indietro. Per fortuna i Demoni Maggiori non possono stare al lungo qui, in questo pianeta. Il loro potere e le leggi Angeliche non gli permettono di vivere qui.

Clizia – Filippo mi aveva accennato una cosa del genere. Tu Rubellius – lo guardò – non vorresti diventare uno di quei cosi?

Il Demone Minore rise e chiuse gli occhi.

Rubellius – Ma nemmeno per sogno. Non voglio rinunciare alla mia mente e poi amo il mio lavoro. Non voglio lasciare le belle donnine che devo ancora scoprire – rise.

Clizia – Giustamente.

Clizia mosse le mani per capire un'altra domanda.

Clizia – Avrei altre domande da farti. Voi avete una gerarchia? Sì, dico... qualcuno che vi comandi.

Rubellius – No. Nessuno comanda nessuno, ognuno si fa gli affari suoi, può succedere che nasca "un'amicizia". Le creature che amano la gerarchia e l'ordine sono gli Angeli.

Clizia – Ah beh... su questo non ci piove. Da piccola sapevo che le Classi Angeliche erano tre. Gli Angeli sono in cima, in mezzo ci sono i Sacerdoti Benedetti e per ultimi – sospirò - non mi ricordo.

Rubellius tacque ma conosceva perfettamente l'ultima Classe Angelica.

Rubellius – Beh credo che le cose che ti ho detto stanotte, sono sufficienti.

Clizia – Aspetta... prima che cambi discorso, Filippo ha parlato del Grande Sterminio. Cos'è?

Il demone s'irrigidì di colpo, si alzò dal suo posto e si avvicinò a Tenebris.

Rubellius – Una cosa che non voglio dirti. Hai saputo metà della mia terra e della mia gente, questo dovrebbe bastarti.

Clizia socchiuse gli occhi abbassando lo sguardo, non voleva offenderlo ma solo capire.

Clizia – Io... non volevo offenderti.

Il demone agitò una mano e alzò la voce, non voleva tornare sul discorso, sembravano un tormento quelle due parole.

Rubellius – Ascolta, lascia stare! Va bene? Meno sai, meglio è!

Clizia si alzò dal suo giaciglio e si avvicinò a Tenebris, accarezzandogli il muso.

Clizia – Io volevo darti una mano. Qualcuno mi sta cercando e voglio sapere chi è quest'uomo. Forse fa parte del tuo passato e sembra intenzionato a ucciderti – sussurrò.

Rubellius – Lo so. Per questo domani partiremo per andare da una persona che ci può aiutare. Dobbiamo trovare gli Angeli e portarti da loro.

Clizia – Perché? Tu non li sopporti.

Rubellius – Semplice. Perché se loro sanno chi sei e ti riveleranno la verità del tuo passato... potrò concludere il mio Patto.

Il cavallo mosse la testa, Clizia continuò a dargli delle carezze per calmare la tensione, Rubellius gesticolò mentre spiegava il suo piano.

Clizia – Rubellius, voglio sapere il nome di quell'Angelo che mi ha portata via. Non so il suo nome.

Il demone incrociò le braccia guardandola, sembrava indeciso se dirle la verità. Sapeva perfettamente che gli umani non conoscevano i veri nomi degli Angeli, ma solo il loro ruolo.

Rubellius – Quell'Angelo che ti tenne in braccio è conosciuto molto nella mia Dimensione. Era un Angelo pacifico ma un grande guerriero. Molti dei miei compagni vennero uccisi dalla sua spada.

Clizia – Perché?

Il demone si spostò muovendo il rametto ancora nella sua mano destra, guardò il fuoco dando le spalle a Clizia.

Rubellius – Perché i demoni rompono le scatole agli Angeli e loro rispondono all'offesa. Ma se tu non gli disturbi, loro non ti sfiorano. Ovviamente... non tutti sono come lui, certi Angeli uccidono solo per il gusto di sentirsi potenti.

Il demone rosso chiuse gli occhi e abbassò il capo, poi fece un sorriso ricordando quell'Angelo che lo aveva supplicato.

Rubellius – Erastos non era così. Amava difendere che combattere, in rare occasione mostrava la sua grandezza nell'uso della spada. Ma devo dirlo – schioccò la lingua – lo trovai abbastanza patetico quando mi supplicò per aver un Patto da me.

La giovane si avvicinò lentamente al fuoco, posò una mano sul petto e sussurrò il suo nome.

Clizia – Erastos... si chiamava così?

Rubellius – Sì. Aiutava molto i Sacerdoti Benedetti, portando saggezza grazie ai suoi libri.

Clizia – Rubellius... voglio sapere di più sul tuo Patto!

Il demone le indicò di sedersi vicino al fuoco, la giovane obbedì e lo attese. Lui si posiziono di fianco a lei, erano molto più vicini di prima. La ragazza poteva notare le sue braccia e i suoi zigomi, sembrava affascinata dal suo aspetto umano.

Rubellius – Sarà un racconto molto lungo, lo sai? Ma comunque... è giunto il momento che tu sappi la verità. Quella verità che tua madre ti nascose.

La notte coprì il racconto del demone, mentre le orecchie di Clizia ascoltarono i suoi ricordi.





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