Capitolo 14 - Fiducia e Angoscia
PRIMA PARTE del Capitolo
Erano passati tre giorni dall'arrivo di Clizia e Rubellius nel Monastero dei Sacerdoti Benedetti. Il sole era alto e nella stanza del demone, la luce illuminava le pareti grigie di quel piccolo rifugio. Rubellius stava dormendo sul suo scomodo letto, il suo volto era bagnato dal sudore.
Il tono della sua voce era alto e i suoi respiri aumentarono notevolmente a causa di quel maledetto incubo. Le sue mani strinsero con angoscia le lenzuola color panna. Il suo volto si girò più e più volte nel vano tentativo di calmare quegli incubi, i capelli rossi erano fradici dal sudore e la sua bocca era completamente secca.
Rubellius – No... aspetta... aspetta...
L'incubo era cupo e nefasto, il demone poteva notare la sua mano sporca di sangue e fango. Delle risate maschili lo circondarono, il suo stesso corpo era intrappolato. I suoi occhi osservarono una figura che correva per scappare da alcuni inseguitori. Lo sguardo di Rubellius fissò un uomo che maneggiava con cura una spada bianca, un sorriso inquietante dipinse il suo volto. Il demone cercò di liberarsi, ma fu tutto inutile. Il giovane udì un urlo di disperazione, un urlo d'angoscia, un urlo di donna.
Il demone si svegliò di soprassalto gettando per terra il cuscino e le lenzuola, ansimò per l'ansia. Le sue mani diventarono nere e i suoi artigli si mostrarono in tutta la loro lunghezza. Il giovane si guardò le mani, notando gli artigli, cercò di respirare a fondo nascondendo di nuovo la sua natura. I suoi occhi si chiusero mentre alzava il mento per concentrarsi sul suo potere, non voleva mostrare al mondo ciò che era. Voleva nascondere la sua Essenza finché non avrebbe concluso il suo Patto.
Il Demone Minore si spostò dal letto e si avvicinò ad un comodino, dove aveva appoggiato una tinozza d'acqua e un asciugamano. Si lavò il viso e se lo asciugò, poi si avvicinò alla sedia di legno, dove aveva posato i suoi vestiti. Il demone si svestì, mettendosi alla fine un paio di pantaloni bianchi e una camicia viola con le maniche larghe.
Il demone uscì dalla sua stanza e si avvicinò ad una delle vetrate dell'atrio dei Novizi. Osservò con curiosità la piazza del Monastero, notando qualcosa di strano.
Rubellius – Ma guarda un po'. Cosa fa il nostro fedele Fratello Filippo?
Il demone si toccò la barba, i suoi occhi socchiusi fissarono il Sacerdote Benedetto mentre consegnava una lettera a un Messaggero. L'uomo a cavallo annuì e partì, uscendo dal Monastero. Fratello Filippo camminò su e giù nella piazza, sembrava preoccupato.
Rubellius – Il sole è già alto, come mai non sei con tuoi fedeli Fratelli a pregare? Devo supporre che ci sono cose più urgenti.
Il giovane mugugnò strofinandosi le dita vicino al volto. Il Sacerdote Benedetto si avviò verso lo Scrittoio, ignorando le preghiere e i canti che provenivano dal Tempio.
Rubellius – Credo che non sarà nulla di buono. O meglio, nulla di buono per me.
Dopo alcuni minuti il demone si preparò per uscire poichè voleva tranquillizzare i suoi umori con una passeggiata.
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In un'altra zona del castello, la Regina era seduta su una panchina di marmo, mentre sfogliava con insistenza il diario di sua madre. Il giardino intorno a lei era meraviglioso, alcune Sacerdotesse Benedette innaffiarono e sistemarono alcune piante. Un leggero venticello sfiorò i capelli di Clizia. Una sua mano si posò sull'abito verde e l'altra sfogliò con delicatezza le pagine giallastre, il suo volto rispecchiava la sua serenità. I suoi occhi iniziarono a leggere le prime parole che sua madre scrisse in quelle pagine.
Anno 20.518, Secondo Mese, Giovedì.
Caro Diario
Sono passati tre mesi dal matrimonio tra me e mio marito, tutto procede lentamente. Gregorio è sempre via e la sua continua assenza provoca nel mio cuore un uragano di pensieri. Mia madre l'ha sempre detto che un uomo come lui è destinato a grandi cose. Ma so bene che un uomo come lui, se pur buono nell'animo e gentile, non possa avere una moglie così riservata. Gregorio è freddo, razionale, assente quando resta con me nelle mie stanze. Forse la causa di questo tormento è la mia inesperienza. Ieri mattina abbiamo fatto colazione insieme, ma nessuna parola è uscita dalla sua bocca. Io cercavo in ogni piccolo gesto di farmi notare, discutendo su argomenti che interessassero la sua cultura, ma nulla. Il suo silenzio era assordante. Vorrei tanto aver un figlio, un bambino dolce e gentile. Ma Gregorio ignora la mia richiesta. Le sue parole sono le stesse.
Lui:"Si vedrà Arabella, c'è ancora tempo."
Quando diventerò madre? Sto iniziando a perdere le speranze.
Clizia abbassò lo sguardo e girò un'altra pagina, l'argomento era lo stesso. Suo padre non era l'unico a trattare sua moglie come un cimelio di famiglia.
Anno 20.518, Quarto Mese, Sabato.
Caro Diario.
Devo confessarti una cosa... un dolore profondo e logorante che mi distrugge l'anima. Oggi pomeriggio la Regina Michela, madre di Gregorio, è venuta al castello. Abbiamo preso una tisana e passeggiato nei giardini reali. Si dice che quella donna abbia avuto molti amanti da giovane. Pensavo di mostrarmi come una sorella o una figlia, ma mi sbagliavo. La Regina Michela Della Roccia mi ha rinfacciato di quanto inutile fosse il mio atteggiamento nei confronti di mio marito. Mi sono fatta coraggio e le ho spiegato che non è semplice parlare e confrontarsi con lui, ma lei non ne ha voluto sapere. Ritiene che i miei atteggiamenti sono villani e poco consoni per una degna Regina. La mia stessa testardaggine le provoca rabbia, dice che una Regina non deve comportarsi come: una donna di campagna, amare le virtù e il bene del proprio popolo. Anzi, deve vivere accanto a suo marito e onorarlo in ogni giorno. Le sue parole sono così fredde, ritiene che è stato un grosso errore non avere un figlio in pochi mesi. Secondo lei sono ancora troppo immatura per certe situazioni. Una sera mi indicò con le sue Dame per il mio abito, ritenendo il mio vestito troppo semplice. Indicava il mio corpo e diceva che somigliavo ad una vecchia scrofa in calore. Ora sono qui che scrivo nella mia stanza, mentre mi pungo la pelle con uno spillo.
Clizia fece un'altra pausa mentre le sue spalle tremarono, non aveva mai visto il dolore di sua madre poiché lo nascondeva bene.
Anno 20.519, Terzo Mese, Lunedì
Caro Diario.
Oggi i miei servitori mi hanno trovata svenuta nell'atrio reale. Non ricordo nulla di ciò che ho fatto né di cosa ho provato. Quando il medico mi visitò nelle mie stanze private, era seriamente preoccupato. Rimase sconcertato dalle innumerevoli lesioni sulle mie braccia. L'assenza di Gregorio mi provocava ansia e delusioni, così per compensare quel dolore, continuai a pungermi con gli aghi da cucito. Gregorio non mi ha mai picchiato né maltrattato, ma... è un altro tipo di dolore, più infido e malsano.
Quando la giornata finì e il medico compì i suoi doveri, mio marito arrivò al castello ignorando i suoi compiti. Parlò con i servi e con i vari Consiglieri, ma solo all'ultimo parlò con il mio medico. Quando il dottore se ne andò, Gregorio mi accarezzò il volto e mi rassicurò per un breve lasso di tempo, poi se ne andò, lasciandomi sola per tutto il giorno.
Clizia chiuse il diario, due piccole lacrime scesero sul suo volto, ma frettolosamente se le asciugò cercando di non mostrarsi debole.
In quel piccolo istante di tristezza la Regina Clizia ricevette una visita, Filippo si sistemò la lunga veste argentata e la salutò con dolcezza.
Filippo – Regina Clizia. Vedo che sta leggendo. La disturbo?
La giovane si voltò poiché gli stava dando le spalle, accennò un sereno sorriso e lo invitò ad avvicinarsi.
Clizia – Oh no. Prego, prego. Nessun disturbo.
L'uomo guardò il giardino del Monastero, il suo capo privo di capelli era coperto dallo splendido cappuccio bianco. Le mani erano nascoste tra le maniche della veste.
Filippo – Se mi permettete vorrei parlarvi.
Clizia – Certo, ditemi pure.
Filippo osservò le Sacerdote Benedette con riguardo, le donne sorridevano mentre chiacchieravano tra di loro.
Filippo – Ecco, ho saputo da un mio caro Fratello che la situazione nei vostri villaggi è peggiorata. Gli altri feudi non vogliono dar sostegno alle vostre opere né tanto meno avvicinarsi alle conquiste dei barbari. I vostri Cavalieri e guerrieri sono morti, solo pochi sono sopravvissuti.
La giovane abbassò lo sguardo e le sue mani tremarono, era di nuovo sola e il suo regno era caduto in rovina a causa di quegli uomini.
Filippo – Ma c'è ancora una speranza.
Clizia – Una speranza?
Filippo – Sì. Vedete qui... nel Monastero ci sono molte Dame che si sono convertite e sono diventate delle Sacerdotesse Benedette. Queste ragazze – indicò le Sacerdotesse con la mano – provengono da molte famiglie.
Clizia – Non capisco...
Filippo – Ho pensato che la vostra presenza, qui al Monastero sarebbe molto utile. Alcuni contadini e paesani dei vostri villaggi, vengono qui per ricostruire un nuovo futuro, una nuova vita.
Clizia – Scelgono bene di rimanere qui.
Filippo – Esattamente.
L'uomo si sedette accanto a lei e le prese le mani, Clizia lo fissò cercando qualche conforto.
Filippo – Scelgono per trovare la vostra presenza, mia Signora.
Clizia – Posso rimanere qui per alcuni giorni, se volete.
Filippo – Potete rimanere qui... finché la morte non vi toccherà?
Clizia spalancò gli occhi cercando di capire dove l'uomo volesse arrivare. Il suo sguardo si spostò notando Rubellius avvicinarsi lentamente sotto al porticato.
Clizia – Che volete dire?
Filippo – Sarò diretto mia Signora. Qui potrete aver conforto e ospitalità, potrete dar una mano ai vostri sudditi e beneficiare del vostro potere. Tutto ciò sarà accettabile qui, se siete fedele ai dogmi e rispettate la vostra decisione nel servire gli Angeli. Potete restar qui, se... diventerete... una Sacerdotessa Benedetta – sussurrò.
Clizia – Ma se diventerò una Sacerdotessa Benedetta, non potrò avere figli. Se un giorno il regno di mio padre tornasse alla gloria di un tempo, come potrò portare un erede?
Filippo continuò a sorridere, mentre Rubellius era dietro di loro. La sua schiena era appoggiata sul muro.
Filippo – So bene che per diventare una Sacerdotessa dovrete rinunciare alla vostra fertilità, voi siete ancora vergine ma c'è una possibilità di compire questo atto. Potete ingurgitare un veleno che deteriorerà le parti feconde del vostro corpo. Ma ascoltatemi... se nel caso il vostro regno tornasse come un tempo, troveremo una soluzione. Quando morirete cederete a noi le direttive e ovviamente, aiuteremo il vostro popolo. Sarete accetta come una Sorella e non come sconosciuta.
La Regina abbassò lo sguardo verso l'erba rigogliosa del giardino, le sue mani si staccarono dalla presa di Filippo e un sospiro lieve toccò le sue angosce.
Clizia – Sarò accettata? Posso capire questa scelta.
Rubellius si morse le labbra e li fissò con ira, non poteva mettersi in mezzo ad una scelta del genere.
Clizia – Ci devo pensare.
Filippo – Potete pensare anche ora. Io sono qui da ormai trent'anni. Ho visto le mie Sorelle felici per ciò che avevano fatto. Voi sapete ciò che è giusto. Rinuncerete a molti peccati, come: la lussuria, l'avarizia e l'ingordigia. Sarà un sollievo, ve lo assicuro.
La Regina annuì per riflettere, il suo sorriso non vacillò e con stupore sentì Rubellius tossire dietro di loro. I due si voltarono guardandolo, Filippo l'osservò con severità.
Clizia – Ci penserò, Fratello Filippo. Datemi un paio d'ore.
L'uomo si alzò e si sistemò la fascia d'oro attorno ai suoi fianchi, annuì e fece una piccola riverenza. Filippo attraversò il porticato guardando con disprezzo il Consigliere.
Quando Clizia e Rubellius rimasero soli, la giovane gli diede le spalle. Il demone mise le mani dietro alla schiena e si sedette alla sua sinistra. I suoi occhi si socchiusero osservando il cielo e il meraviglioso giardino. La Regina lo fissò con i suoi occhi color miele. Rubellius posò le braccia sulle ginocchia e si voltò notando lo sguardo della sua protetta, il suo sorriso era finto. I due rimasero per alcuni minuti in silenzio, guardandosi con estrema cura.
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