1•Ritorno a casa
Sofia
Non è possibile, anche oggi sono in ritardo. Tre sveglie la mattina per staccarmi dal mio adorato letto e la signora Charlotte puntualmente deve richiamarmi per ore per farmi arrivare a scuola in tempo.
Ho finalmente compiuto i tanto attesi diciotto anni e ho festeggiato nella grande mela con i miei nuovi amici. Mi trovo a New York, grazie ad un viaggio-studio vinto tramite un concorso, al quale ho partecipato alla fine del terzo anno di superiori. Il penultimo anno di scuola l'ho fatto in questa meravigliosa città ed è stata l'esperienza più bella della mia vita.
Oggi è purtroppo l'ultimo giorno, ma sono comunque felice di ritornare nella mia amata Milano. Non vedo l'ora di riabbracciare la mia famiglia e di rivedere Lorenzo e Ginevra. Loro sì che mi sono mancati, anche se ultimamente non ci sentiamo più come prima.
Tra la scuola e i vari impegni, il tempo di stare al telefono è venuto man mano a mancare. Vorrei proprio vedere le loro facce quando mi vedranno domani.
Non sanno che sto per far rientro in Italia. Ho voluto mantenere il segreto persino con la mia famiglia. La voglia di far loro una sorpresa è stata molto grande; così ho deciso di rincasare un giorno prima del previsto.
«Quindi domani te ne vai». Chris, un ragazzo che ho conosciuto il primo giorno e che, detto tra noi, mi ha corteggiato per un anno intero, è insieme a me tra i corridoi della scuola.
«Beh, ci sentiremo tutti i giorni», gli dico io dolcemente.
«Lo so, ma sarà diverso». Sospira, per poi poggiare una mano sul mio viso.
«Non ci perderemo Chris, te lo prometto». Mi guarda con quegli occhioni tristi e io non riesco proprio a non abbracciarlo in questo momento.
Chris è sempre stato un ragazzo a modo. Educazione e gentilezza lo hanno sempre contraddistinto. Nonostante tra me e lui non ci sia mai stato nulla di romantico, se non qualcosina, si è dimostrato costantemente per quel che è: un perfetto gentiluomo.
Lasciarlo ora mi sembra davvero crudele, e un pezzo del mio cuore resterà per sempre ancorato a questa città, ma non vedo l'ora di tornare a casa e riprendere la mia routine.
Dopo essere ritornata da scuola, ho immediatamente preso la mia valigia, salutato la famiglia della signora Charlotte, che mi ha ospitato a New York, e ho preso un taxi per dirigermi in aeroporto. Non ho voluto che mi accompagnasse Chris, perché odio gli adii.
Fortunatamente, ho fatto il check-in qualche giorno fa, così non perdo tempo e non rischio di non salire sull'aereo. Lo ammetto, sono una ritardataria cronica, ma non posso farci nulla.
Durante il viaggio, una bambina dietro di me continuava a toccare i miei lungi e ondulati capelli castani. Mi ha detto che le piacevano, perché erano morbidi. La mamma è stata felice che mi abbia parlato, perché di solito dinnanzi ad un estraneo si ammutolisce. Di rimando, le ho sorriso e lei mi ha fatto notare come i miei occhi verde-azzurro brillano quando si tratta di bambini.
Io le ho spiegato che adoro i bambini, non a caso a scuola ho scelto di frequentare il liceo classico, che mi permetterà poi l'anno prossimo di iscrivermi all'università alla facoltà di scienze dell'educazione.
Sono felice della mia vita.
Neanche mi accorgo che le ore sono passate e che finalmente sono in Italia, nella mia bella Milano. Anche se l'esperienza all'estero è stata grandiosa, mi era mancata la mia città. Dopo un'altra ora di viaggio, finalmente sono davanti casa mia. Ciò che mi è mancato di più sono l'odore delle rose che attorniano il mio giardino. Poggiata al cancello bianco, una lacrima di gioia riga il mio viso, osservando mia madre di spalle, intenta a curare le sue piante in ogni minimo dettaglio. Mio padre invece è poco distante dal nostro gazebo, che sta tagliando la legna per l'inverno.
Mi avvicino lentamente con un sorriso a trentadue denti.
«Mamma, ti sono mancata?»
Rimango immobile dietro di lei. Mia madre si alza e, con una mano sul cuore e l'altra sulla bocca, mi guarda scioccata.
«Io non... noi non ti aspettavamo», dice singhiozzando.
Nel frattempo, anche mio padre si è avvicinato e mi osserva con ammirazione.
«Quindi? Non si saluta più?» le chiedo. Mia madre si fionda tra le mie braccia e mi stringe a sé. Dopo un po' anche mio padre ci fa sentire tutto il calore che un uomo di un metro e novanta può dare.
«Oh, piccola mia!» esclama tra le lacrime.
Cerco di non diventare sentimentale e sciolgo l'abbraccio. Dopodiché entriamo in casa, anche perché ho bisogno di una doccia e vedere i miei amici. Mi preme più di tutto parlare con Lorenzo, poiché nell'ultimo periodo si è comportato in una maniera davvero strana nei miei confronti e devo capire il perché.
È vero che gli impegni non ci hanno permesso di sentirci spesso, ma lui è pur sempre il mio migliore amico e io lo voglio nella mia vita a tutti i costi.
Quando finalmente sono fuori casa, mi precipito direttamente al bar, nel quale lavora Lorenzo, ma di cui è comunque il proprietario, visto che è del padre, dopo aver indossato il vestitino a fiori che gli piace tanto, dal momento in cui me lo ha regalato lui.
Come sempre, il campanello del bar suona quando si apre la porta, ma Lorenzo è dietro il bancone, girato di spalle, che prepara sicuramente qualche caffè ai clienti che sono seduti al bancone. Mi avvicino e prendo posto su uno sgabello di legno.
«Ehm, mi scusi», tossisco fintamente per farmi sentire, «può preparare un caffè anche per me?» gli domando.
«Certo, signorina. Arriva sub...».
Appena si volta, rimane con la frase in sospeso e sbarra gli occhi. Non dice una parola, ma chiama un suo collega, affinché lo sostituisca per qualche minuto. Mi prende per mano e mi conduce nello spogliatoio privato.
«Sei davvero tu?» mi chiede, squadrandomi dalla testa ai piedi, «sei tornata prima», constata poi.
«Sono io in carne e ossa», gli rispondo, regalandogli un dolce sorriso.
Lui afferra la mia mano, mi fa fare una giravolta, per poi guardarmi con ammirazione.
«Sei cambiata», mi dice, «cioè, sei sempre la stessa, ma hai qualcosa di diverso».
«Sono sempre io». E non so perché, ma il mio viso, dinnanzi alla sua vicinanza, si incendia.
Fin dalle scuole medie, ho sempre avuto una cotta per Lorenzo. Quando ero più piccola, i miei compagni mi prendevano in giro, perché ero un po' in carne, ma lui mi ha difesa fin dal primo giorno. Siamo subito diventati amici. Però più passavano i giorni, gli anni, più la mia cotta si trasformava in qualcosa di più.
Sfortunatamente, lui non mi ha mai vista con occhi diversi, e ho perso le speranze dopo che si è fidanzato con la mia peggior nemica, Natalia, la quale ho dovuto sopportare per amor suo. Lorenzo e Natalia sono stati insieme tre anni, durante i quali lei me ne ha fatte di cotte e di crude; probabilmente, era gelosa del rapporto che avevo con il suo fidanzato. Quando l'anno scorso si sono lasciati, io sono partita per New York e non c'è mai stata occasione di confessargli i miei sentimenti. L'unica a sapere di questo amore che nutro nei confronti di Lorenzo è la nostra amica Ginevra.
«Ti imbarazzi sempre quando ti parlo».
Sono con le spalle poggiate al muro. Lui si avvicina ancor di più al mio viso, e per un attimo penso che voglia baciarmi. Invece, mi accarezza e mi dà un bacio sulla fronte. Una scossa elettrica attraversa tutto il mio corpo e io vorrei soltanto fuggire da questo posto, che ad un tratto è diventato troppo piccolo, per paura che lui capisca qualcosa.
«Ora devo tornare a lavoro. Ci vediamo stasera?» mi domanda speranzoso; e potrei giurare di aver visto una strana luce nei suoi occhi.
«Passo da Greta e poi usciamo?» gli chiedo invece io. Non appena però faccio il nome della mia migliore amica, Lorenzo si irrigidisce, «tutto bene, Lò?»
«Sì, bene», a me non sembra, «devo finire il mio turno. Magari ci sentiamo più tardi». Annuisco, per poi uscire insieme a lui e ritornare nel bar.
Lorenzo si rimette il grembiule e mi saluta con la mano, mentre prende l'ordinazione di una ragazza. Rimango un po' male per questo suo comportamento, ma non ci faccio caso più di tanto. Decido di andare direttamente da Ginevra, sperando di trovarla a casa. Durante il tragitto ripenso al mio incontro con Lorenzo, e in men che non si dica mi ritrovo davanti la porta della mia migliore amica.
Non faccio neanche in tempo a suonare che essa viene spalancata, rivelandomi le figure di due ragazze: una è sicuramente Ginevra, sempre sul pezzo, bella e sicura di sé; l'altra è l'ultima persona che mi sarei immaginata al suo fianco, visto i nostri trascorsi.
Natalia.
«Wow, Sofia?» Ginevra mi guarda imbambolata, leggendo in me sicuramente la delusione di vederla insieme a lei.
«Ciao, se stavate uscendo, tolgo il disturbo». Cerco di non far trasparire il mio enorme fastidio, ma il mio voltarmi all'istante mi tradisce.
«No, aspetta!» Ginevra mi raggiunge, per poi chiedermi: «vuoi uscire con noi?»
Alzo un sopracciglio, perché non capisco se c'è o ci fa. Lei sa che io e Natalia non ci sopportiamo, quindi non può chiedermi di trascorrere del tempo insieme a lei; a dirla tutta, non so neanche perché lei sia in sua compagnia, ma in questo momento sono troppo arrabbiata per chiederglielo.
«No, grazie. Più tardi devo incontrarmi con Lorenzo. Ero venuta fin qui per invitarti, ma è chiaro che hai già da fare». Ginevra non risponde e diventa all'improvviso strana.
«Infatti, noi abbiamo delle cose da fare», mi risponde indifferente, «Natalia, andiamo?» chiede poi alla vipera.
«Certo, tesoro». Insieme si incamminano verso chissà dove, mentre io rimango di stucco per tutto.
Ma sono io oppure hanno tutti qualche problema?
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