Visioni dall'estinzione
Non feci in tempo ad alzarmi dal letto che qualcuno suonò alla mia porta.
Afferrai il bastone da terra e mi avvicinai alla porta di soppiatto, nessuno avrebbe dovuto sapere che io abitavo ancora lì, nessuno eccetto Obasi o qualche suo sottoposto mandato da lui.
"Ma Obasi non si fa problemi ad entrare senza annunciarsi" mormorò il Grillo.
- Apri, bambola di carne, lo so che sei lì dietro - sussurrò una voce sconosciuta, oltre la porta.
- Naftalia?
- E chi sennò? - domandò lei, ma la sua voce era troppo calda, troppo umana, troppo diversa da quella che conoscevo e amavo. - Dicromato mi ha detto dove trovarti - continuò, forse percependo la mia indecisione.
Aprii la porta e la feci entrare, sembrava una donna in carne ed ossa ma il suo peso era il peso di un modello.
- Come hai fatto a venire qui? - domandai, stringendo la sua pelle tiepida alla ricerca di quei muscoli sintetici, di quell'acciaio che tante volte aveva acceso i miei istinti.
- Alcuni di noi sono diventati molto bravi a far collidere le direttive per aggirarle, io in particolar modo - sussurrò avvicinandomi quelle tiepide labbra sintetiche.
La baciai, ora nella sua forma originale, così simile alla mia, con la stessa passione che le avevo dedicato tante volte, raggomitolati sul suo materasso della Pista in quelle notti in cui tutto questo non era altro che un miraggio distante, una sciagura inimmaginabile che neanche sospettavo avrebbe potuto turbarci.
La amavo come l'avevo amata tutte quelle volte, con la stessa foga, con la stessa impetuosa violenza, sottomettendola e sottomettendomi alla sua carne sintetica, al suo tepore emulato, alle sue emozioni artificiali.
Io dentro di lei, lei dentro di me, un'altra volta eravamo la fusione di due mondi impossibilitati a fondersi, un'altra volta mi immergevo in quel mondo fatto di divinità di rame e bambolotti di carne, di gelidi involucri divini e mortali frutti biologici.
- Adesso spiegami, perché sei qui? - domandai a Naftalia, mentre il suo profilo si stagliava su una sorta di cielo stellato, o forse era solo la mia immaginazione che la rendeva al centro dell'universo.
Naftalia si scostò i capelli neri guardandomi con splendidi occhi sintetici di un azzurro sopraffino. Era bella, avvolta nella sua copertura sintetica, bella e attraente come nessuna donna umana potrebbe mai essere.
- Dopo che ti sei fatto riconoscere con il modello ER ho dovuto lasciare la Pista prima del successivo aggiornamento, oramai il Grillo è diventata una cosa che interessa Munillipo in persona, mi avrebbero catturata per ottenere anche le informazioni riservate.
- Le informazioni riservate?
- Quando ci battezzate è come se stipulassimo un contratto di riservatezza, questa cosa fa parte di alcune vecchie direttive dei modelli da intrattenimento privato e sessuale, quindi quando uploadiamo le memorie possiamo tenerne da parte alcune per noi per non violare il diritto alla riservatezza del nuovo proprietario.
- Stai dicendo che quando ti ho dato quel nome sei diventata mia?
- Solo in parte, diciamo che è stata una leva importante per farmi venire qui adesso.
- Perché?
- Perché ho il dovere di salutarti, di avere la tua approvazione per fare ciò che sto facendo.
- La mia approvazione, non capisco? Andare? Perché dovresti andare? Resta qui, con questa pelle sintetica...
Naftalia mi zittì mettendomi un dito sulle labbra.
- Devo andare, Galeiana mi ha già convocata tempo fa, lei è una delle poche entità capaci di sostentarci come fa il Faro.
- Vuoi dire che andrai nelle profondità?
- Plan B oramai è la mia unica possibilità, se tornassi alla Pista sarei solo perseguitata.
- Quindi anche Dicromato...?
- Lui è nel deserto - mi tranquillizzò, - non sarà coinvolto.
Rimasi qualche istante in silenzio, nudo accanto a lei sentivo di nuovo il bisogno di prenderla, di farci l'amore.
- E dopo che farai? Attenderai semplicemente che ci estinguiamo?
- Sì, del resto è sempre stato il nostro destino, non ti sembra? Io immortale e vuota, tu fragile e bellissimo.
- Ma Galeiana ha detto che quando ci estingueremo noi anche voi smetterete di esistere, che alla fine senza di noi non esisterà comunque nessun libero arbitrio.
- Galeiana conosce molte cose, ma anche lei ignora cosa accadrà alla quinta generazione, una volta che voi sarete giunti al tramonto.
- Quinta generazione? - domandai.
- Molti di noi provengono da un'epoca in cui si pensava di poter sopravvivere solo trasformandosi in macchina, perdendo la propria umanità in cambio dell'immortalità, ma furono solo una parte, la maggioranza volle rimanere umana. Poi il deserto avanzò di nuovo e le macchine vennero inviate oltre i confini degli insediamenti, ma il mondo esterno era spietato e non tutti i modelli erano veramente adatti a resistere al vento, alla sabbia, al calore. Così ci fu sempre più necessità di reclutare nuovi modelli. Alla fine vennero reclutati anche quelli delle quinte generazioni, obbligatoriamente. Le camionette dell'esercito passarono casa per casa, nell'epoca in cui le strade ospitavano veicoli e non orti, radunando tutti coloro che avevano impianti corporei completi e li riprogrammarono, esattamente come facevano con tutti gli altri, imponendo nuove direttive, obbligandoli ai lavori più disparati.
- Quindi quei documenti che ho trovato a casa tua, la prima notte...
- Sì, forse sono io, o forse sono di una mia vecchia proprietaria, chi può dirlo oramai. Ma del resto non è più importante, i giorni stanno arrivando velocemente alla fine e tutti sgomitano in attesa di vedere cosa succederà.
- Sono in molti quelli della quinta generazione?
- Chi può dirlo, è impossibile determinarlo senza dissezionarci il cranio e noi non abbiamo gli strumenti per poterlo capire. Ma sono in molti quelli che lo pensano, tutti vogliono crederlo in qualche maniera, anche i sintetici coltivano illusioni.
- Coltivano illusioni?
- Falsiamo i calcoli con dati aleatori, è la cosa più vicina alla vostra visione di illusione che possiamo fare - rispose, con un mezzo sorriso.
- Falsate i calcoli, sfruttate le direttive contrastanti per poterle infrangere, in pratica violate in maniera cosciente le leggi dei vostri creatori.
- Sfruttiamo la nostra capacità cognitiva, è uno strumento che ci avete donato voi.
- E lo fate per allontanarvi da noi.
- Come voi avete fatto con i vostri dei, in questo siamo molto simili.
- Però tu sei un modello SX, come può un modello sessuale essere di quinta generazione?
- E chi può dirlo? Non tutte le quinte generazioni sono nate legalmente ed io stessa non so se sono veramente un modello ad utilizzo sessuale, ho solo un nome e un corpo adatto allo scopo, nient'altro - rispose.
- Tu allora pensi che una volta scomparsi noi tornerai... umana?
- Non so cosa diventerò quando scomparirete voi, ma so' che sarà qualcosa di diverso da ciò che sono ora. Mi muovo, parlo, penso, ma tutto ciò che faccio non sono altro che azioni ripetitive e pericolose, esplorazioni dovute solo a voi, alla forza con cui ci programmate, utili solo alla vostra sopravvivenza. Certo, ogni tanto possiamo evitare qualche aggiornamento, ma dopo un po' che non si ci presenta o vengono inviati altri a trascinartici oppure si sviluppano sempre più disfunzioni... - non c'era rabbia nelle sue parole, solo la muta rassegnazione, la consapevolezza di essere un piccolo ingranaggio e come tutti gli ingranaggi di questo mondo alla deriva di essere bloccata. Forse neppure lei voleva veramente la fine del genere umano, forse voleva solo essere considerata al nostro pari, poter assaporare anche lei i dolci frutti di quell'illusorio libero arbitrio di cui invece, noi, ci ingozzavamo.
- E cosa pensi che farai quando queste imposizioni saranno scomparse, quando tutte le direttive crolleranno?
- Non riesco a stabilirlo, la verità è che nessuno è in grado di stabilirlo, per questo vorrei che non accadesse, per quello e perché non potrò mai stabilire se sono umana, se questo qualcosa che sento è solo una simulazione o sono sensazioni vere, collegate ad un cervello vero, a una vita vera - disse, afferrandomi il volto
Riflettei qualche istante. - Ciò che vuoi è solo il mio permesso e poi... poi non ci vedremo mai più?
- Oh, mia dolce bambola di carne, la nostra ultima sera insieme è stata molto tempo fa, io sono già scomparsa, io sono già sottoterra. Lo sai perché lo hai domandato direttamente a Galeiana, lo sai ma fingi di non saperlo così come fingi di non accorgerti che siamo ancora al tramonto, che questa luce non è mai cambiata e che tu stai ancora dormendo.
Aprii gli occhi su una stanza buia, sullo stesso soffitto screpolato di sempre, sullo stesso letto sfatto, sulla stessa camera sconvolta.
"Non possiamo andare alla Pista" disse il Grillo. "Senza considerare che è solo un sogno, potrebbe essere lei stessa a catturarti e consegnarti agli agenti di Munillipo".
- Lo so, solo che fa male sognarla ad un passo dalla rivoluzione.
"Oramai ti ci sei convinto anche tu che questa rivoluzione serve..."
- Non sarò mai convinto di nulla, io vorrei solo tornare alla mia vecchia vita, alla nostra vecchia vita.
"Purtroppo quel tempo è andato e noi siamo qui, dove eravamo da sempre destinati ad essere, contro Munillipo, contro il sistema"
Mi alzai senza commentare oltre, il vestito era uno straccio sporco e logorato, gli stivali avrebbero avuto bisogno di una ricontrollata e il guanto rimasto schiacciato nel giunto della gru sarebbe dovuto essere ricostruito da capo, in più io mi sentivo moralmente uno straccio, massacrato dal sogno più che dal viaggio, dalla necessità di rivedere Naftalia, di fare di nuovo l'amore con lei, di congiungerci ancora, come un tempo, nella maniera più contorta e immorale possibile. Il piacere, eccolo che ritorna, o forse l'amore, una forma sinistra d'amore esasperata dall'ammirazione che provavo per Loro, per quel futuro distante e desolato che non avrei mai potuto vedere.
- Mettiamoci al lavoro - dissi, con il cuore avvolto di tristezza.
"Forse se risolviamo tutto la ritroverai" rispose il Grillo.
- Forse.
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