Viscere
Scendemmo nell'oscurità come stabilito, calandoci nelle viscere dell'insediamento attraverso i pilastri di quello stesso montacarichi spento che avevo scalato io per uscire solo qualche giorno prima.
Come la prima, anche questa discesa sembrò infinita, scandita solo dallo stillicidio e dai mormorii sinistri che erano solo l'estensione della tenebra nelle nostre menti, un mero frutto delle nostre suggestioni.
"Siamo appena risaliti e già ci caliamo di nuovo" mormorò il Grillo, seguendo l'onda dei miei pensieri. "Solo io ho paura di questa cosa?"
No, in realtà ne avevo anche io così come la avevano i miei compagni, o meglio i nostri compagni.
Yann Medinda, 50 anni, capo AlME al reparto 4 del Depuratore; Guyro Obiang, 23 anni, recluta della Polizia Civile; Aankok Malaeva, 20 anni, figlia di Malaeva e rivoluzionaria a tempo pieno; Shivee Sokambi, 28 anni, robusta scaricatrice delle Banchine; poi io, il Grillo, 28 anni, ex AlSA divenuto uno dei personaggi più ricercati dell'intero insediamento.
In cinque scendevamo, con il cuore che pulsava nelle orecchie, verso quelle recondite profondità in cui macchine sussultanti borbottavano da tempo immemore, da molto prima dei nostri stessi padri e forse anche dei padri dei nostri padri, nella silente attesa del termine del dominio umano, di quel punto di svolta che sarebbe stata la nostra estinzione.
Oscure visioni del mio conciliabolo con Galeiana mi balenavano nella memoria, parole sparse, vacue, che le tre muse cromate mi sussurrarono durante le lunghe ore delle nostre discussioni, oramai una tasca di tempo ovattata nella mia memoria.
"Il tuo destino è quello del profeta, umano, per questo noi non lo fermeremo, perché tuo sarà il compito di aprirci la strada verso questa nuova era, verso l'esaudimento di Plan B, verso la restaurazione"
Come potevo io essere il profeta dell'estinzione con l'ombra del Grillo che incombeva su di me, che mi restituiva quella coscienza che io non avevo mai avuto, che mi trasmetteva emozioni che non avevo mai assaporato.
Paura, rimorso, senso di colpa, quando mai avevo provato in me pulsioni del genere, quando mai ero stato terrorizzato dalla mia umanità, dalla mia stessa spietatezza emotiva.
Ero cambiato veramente così tanto, ora più che mai me ne rendevo conto, ora più che mai dopo tutto quel viaggio. Non volevo la fine dell'insediamento ma neanche mi importava la sua libertà almeno quanto non temevo la mia morte o lo scomparire in un essere nuovo, allora perché facevo tutto questo? Solo per una forma di gratitudine rispetto al Grillo? Solo perché lo scorrere della mia vita era diventato così impetuoso da convogliarmi dentro a questa storia? No, nulla mi aveva impedito di tornare a Ojern, per spegnermi nella mia bella cattedrale eterna. Nulla mia aveva impedito di spingermi oltre, a visitare quell'immenso mondo vuoto e misterioso. Eppure io, anzi noi, avevamo scelto di tornare lì sotto, di seguire il percorso del Sindacato, di aggrapparci a quell'ultima vana speranza per aggrapparci ancora alla vita. Perché?
Poggiai i piedi sulla superficie della banchina, liberandomi il fianco dalla corda in attesa del raggiungermi degli altri.
- Fino a qui è stato facile - commentò Guyro, liberandosi della corda.
- Il bello inizia adesso infatti - rispose Medinda, mettendosi il fucile al collo ed un paio di caricatori nella cintura.
- Non è gentile entrare a casa di altri armato fino al collo - commentai.
- Qui non siamo a casa di altri ma in un territorio ostile, sei stato tu stesso a spiegarcelo - disse Shivee, armandosi a sua volta.
Guardai Aankok e anche lei faceva lo stesso, solo Guyro sembrava stranamente calmo e rilassato.
Una luce si accese alle nostre spalle illuminando l'ingresso di uno dei cinque condotti che si aprivano su quel magazzino sotterraneo.
- E' il segnale, giusto? - domandò Medinda, guardandomi.
- Dovrebbe esserlo - risposi, avviandomi in quella direzione.
- Rimaniamo tutti uniti, mi raccomando, non uscite dalla luce non sappiamo cosa ci sta osservando e seguendo - ordinò Medinda, guardando agli altri tre. - Guyro, tu perché non sei armato? Devi chiudere la colonna!
- Io sono della stessa opinione del Grillo, qui dentro le armi non ci servono, mi fido di lui.
Medinda grugnì contrariato ma non tentò di imporsi.
- Aankok, guarda il culo di questo idiota - concluse, avviandosi dietro di me.
Ci incamminammo in quella che doveva essere una fitta rete di condotti sotterranei adibiti al movimento merci, con lunghi binari ricoperti di ruggine fissati al pavimento e i resti di vecchi carrelli depositati nei posti di manutenzione a lato del percorso.
Più volte incontrammo oscuri incroci e sinistri crocevia ma non deviammo mai il percorso, seguendo le luci che si accendevano al nostro passaggio per poi spegnersi subito dopo, garantendoci solamente un'isola di luce mobile che ci impediva di vedere troppo in profondità nei condotti.
- Perché le luci fanno così? - domandò Aankok, innervosita, ma appena si volse per guardare meglio ammutolì, forse anche a lei la risposta era diventata chiara: eravamo seguiti, scortati attraverso quel viaggio da muti guardiani meccanici sotto forma di bot di manutenzione, sinistri scarafaggi piatti e meccanici che stavolta avevano gli occhi spenti, nascosti nella tenebra.
- Non abbiate paura - incoraggiò Medinda, - se avessero voluto farci fuori lo avrebbero già fatto, proseguiamo nella luce e andrà tutto bene.
- Visto? Come avevamo detto io e il Grillo - commentò, trionfante, Guyro.
- Guyro, giuro che se non la pianti con questa positività ti fracasso i denti con il calcio del fucile - rispose Shivee.
- Sei proprio una scaricatrice, non hai un minimo di femminilità - commentò Guyro.
- Ma ha ragione, e se non la pianti le do anche una mano a fracassarti i denti - aggiunse Aankok, tesa come la corda di un violino.
Proseguimmo in silenzio, tra il battito ritmico delle zampette dei bot, guidati solo da quell'oasi di luce fino a raggiungere uno spazio più largo, una sorta di banchina di scarico intermedio nel quale altri container giacevano nell'oscurità.
Guardai in alto, cercando istintivamente la gru di quella stanza e ringraziai che da spento quel modello fosse praticamente invisibile, schiacciato sul soffitto.
- Dove siamo? - domandò Medinda.
- Un deposito intermedio, credo.
Una luce si accese dall'alto illuminando un punto oltre il muraglione di container e vecchie casse che ci si paravano di fronte.
- Che roba è quell'affare? - domandò Guyro, una volta raggiunta la banchina di scarico.
- Sembra un Elobus ma non è un Elobus - mormorò Shivee.
- Credo che voglia che saliamo lì sopra - disse Aankok.
- Ed è lì che saliremo, si chiama Idrobus ed è esattamente come gli elobus, ma questo si muove sfruttando l'acqua destinata al depuratore.
- Solo a me puzza di trappola? - domandò Medinda, guardandomi.
- Se non ci hanno aggrediti fino ad ora non vedo perché farlo proprio lì dentro, no? - suggerì Guyro.
Sollevai le spalle e feci strada, attraversando il portello d'ingresso del veicolo. Benché non fosse lo stesso che mi aveva portato fino a lì, essendo questo il modello 11 e non il 38, i suoi interni erano simili in tutto per tutto, forse questi erano leggermente più consunti ed usurati.
Medinda mi seguì facendo cenno agli altri tre di rimanere in attesa mentre noi esploravamo l'interno. Questo modello era molto più lungo di quello che avevo utilizzato in precedenza e anche il suo quadro comandi manuale denotava la sua funzione di trasporto merci più che persone.
Stavo proprio studiando il quadro comandi quando Medinda fece cenno agli altri di salire a bordo. Non appena l'ultimo di noi, Guyro, salì sull'idrobus le porte si chiusero ermeticamente ed i motori si accesero facendoci scivolare all'interno del primo condotto le cui paratie stagne si richiusero al nostro passaggio per dare il tempo all'acqua di accumularsi a sufficienza da permetterci di navigare verso la nostra destinazione.
- Non so perché ma questo mezzo non mi da' una buona sensazione - disse Medinda, guardando l'accumularsi dell'acqua fuori dal portello a tenuta stagna. - Cosa ti interessa così tanto di quei comandi? Non penso che ci lasceranno guidare questa cosa.
- E perché mai, non sappiamo quando dovremmo viaggiare su questa cosa - risposi, - poi mi incuriosisce la tecnologia del passato.
- E' solo robaccia vecchia, comunque qui sotto... - non finì la frase che un suono sordo e un grido di donna annichilirono il senso di quella conversazione.
Io e Medinda ci volgemmo quasi contemporaneamente, entrambi sorpresi e straziati dalla visione che avevamo di fronte: Aankok muoveva il corpo in maniera convulsa, trattenuta in alto da una grossa lama metallica che le trafiggeva il petto, aprendole il ventre in una cascata di interiora scure e sanguinose mentre, alle sue spalle, all'altra estremità della lama, c'era il braccio meccanico di Guyro che con un sinistro sorriso macchiato di sangue si liberava del corpo della prima vittima per lanciarsi su Shivee, poco distante da lui.
Medinda bestemmiò, ma prima della sua bestemmia venne l'esplosione di un colpo di fucile, un proiettile che mi sembrò di veder correre nell'aria in uno spietato rallentatore prima di rimbalzare sul volto di Guyro, producendo un taglio sulla sua copertura che ne fece uscire una sostanza scura, simile a sangue, ma producendo un tintinnio metallico.
- Allontanati! - esclamai, rivolto a Shivee, tentando invano di raggiungerla, di trascinarla via da lì. Oramai era troppo tardi, neppure i riflessi della donna riuscirono a prevedere il colpo netto con cui Guyro la trafisse prima che riuscisse anche solo a sollevare l'arma.
L'aveva colpita ad una spalla, quasi all'altezza del cuore, sollevandola senza sforzo in una doccia di sangue per poi scagliarla di lato, tra i vecchi sedili impolverati, pronto a fronteggiare la pioggia di proiettili che Medinda si apprestava a vomitargli addosso.
Finalmente riuscii a uscire dal posto di guida, fiancheggiai Medinda e mi apprestai ad andare oltre.
- Non puoi risolvere niente così - ringhiai a denti stretti, - dammi supporto - dissi, superandolo.
Ancora una volta mi trovavo in una posizione di inferiorità, ancora una volta mi trovavo a non poter combattere appieno. Ancora una volta avevo bisogno del Grillo e ne avevo bisogno ora.
All'improvviso la solita mano invisibile mi scaraventò all'indietro, trascinandomi tra le pallide nebbie del vuoto antistante, sulla lucente distesa cristallina del lago infinito. Come fuori anche lì dentro l'aria era diventata più buia, più cupa ed il cielo bianco, infinito, era diventato ora una sorta di distesa di catrame in cui non si vedevano stelle, lune, soli o altri astri ma solo il vuoto infinito, l'immenso vuoto che si nasconde tra la pelle e i pensieri degli uomini.
"Perché è così buio qui?" domandai, guardandomi attorno.
- Non ti distrarre, mi servi sveglio - mormorò il Grillo, avanzando con il mio corpo tra le due file di sedili ondeggianti, frapponendosi tra Guyro e Medinda con il bastone stretto dal centro.
"Cosa hai bisogno che faccia?" domandai.
- Controlla le sue braccia, devi dirmi esattamente come si muove, devo riuscire ad avvicinarlo.
Ma avvicinarsi non era affatto facile, Guyro era chiaramente una macchina, un replicante di qualche generazione tra la terza e la quarta, forse anche la quinta di cui mi aveva parlato Naftalia in sogno. Avanzava con cautela, la copertura sintetica sbrindellata dai proiettili, ridotta ad un cencio grondante sangue finto e metallo lucido, le lame che saettavano dentro e fuori dalle mani disegnando archi di cromo letale che impedivano al Grillo di passare all'attacco.
Anche Medinda faceva il suo, per tenerlo a bada, sparando all'impazzata ogni qual volta il Grillo si abbassava per dargli piena visuale, permettendogli di esplodere quella salva di proiettili che obbligavano il sintetico ad indietreggiare di qualche passo, guadagnando secondi preziosi per potersi liberare da quella situazione.
- Inutile, non riesco ad avvicinarmi - mormorò il Grillo, abbassandosi ancora una volta.
"Devi procurarti un'occasione" risposi.
- Non c'è nessuna occasione, l'idrobus è semplicemente troppo stretto e lui è una macchina troppo efficiente per lasciarmi avvicinare. Dobbiamo resistere fino all'arrivo, portarlo in un'area più grande e combatterlo.
"E se i proiettili di Medinda non bastassero per trattenerlo fino all'arrivo? E se all'arrivo non ci fosse uno spazio abbastanza grande? No, dobbiamo finirla qui e subito"
Medinda smise di sparare ed un click metallico annunciò il suo cambio di caricatore, a quel punto il Grillo balzò in avanti ma troppo lento rispetto a Guyro, che ripresosi dallo stordimento si lanciò al contrattacco con un affondo e una sferzata che obbligarono il Grillo prima a schivare e poi a indietreggiare di nuovo.
- Troppo forte, troppo veloce, troppo preciso - mormorò il Grillo, - ma lo avrai pure un punto debole.
- Non qui e non ora - rispose Guyro facendo scattare un paio di volte le lame di fronte agli occhi. Con la faccia scavata, intrisa di sangue sintetico, la sua bocca sembrava contrita in un ghigno di sadica follia esaltato ancora di più dagli occhi grandi e sporgenti ora che erano così esposti.
- Non qui e non ora lo dico io pezzo di merda! - esclamò una voce alle spalle di Guyro.
L'ombra di Shivee si lanciò su Guyro, afferrandolo per il collo in un maldestro tentativo di ribaltarlo, Guyro dal canto suo non si sbilanciò neppure, limitandosi ad allungare una mano sulla spalla, afferrare la donna per la testa e trafiggerne il cranio con una delle lame retrattili, lasciando cadere il suo corpo morto oltre le spalle come fosse mera spazzatura.
Tuttavia questo offrì al Grillo quei pochi istanti che gli servivano per accorciare le distanze tra di se e il suo avversario, sollevare il bastone e colpire Guyro sul cranio-
L'essere indietreggiò di un passo, forse più per la sorpresa che per qualcosa di simile al dolore, ma il Grillo avanzò ancora una volta continuando a sferrare colpi con l'impugnatura del bastone, colpendolo e continuando a colpire, facendolo indietreggiare di un passo alla volta fino a chiuderlo al fondo dell'Idrobus, dove con un'ultima mossa srotolò la frusta, utilizzandola per legare mani e lame del sintetico, rendendolo immobile e impotente in un angolo.
Medinda mi arrivò alle spalle che ancora non mi ero reso conto dello scambio. Aveva il fucile rovente ma ancora lo teneva spianato con mani tremanti; puntato sulla testa sfatta di Guyro.
- Da questa distanza l'unica cosa che può rimbalzare sono i pezzi del tuo cranio, pezzo di merda! - esclamò Medinda, furioso.
- Calmati Medinda - dissi, invitandolo ad abbassare il fucile, - sarebbe stupido farlo fuori ora che è impotente.
Guyro tentava di liberarsi le braccia spingendo verso l'esterno, cercando di rompere la frusta con la mera forza meccanica.
- Non funziona così - dissi, stavolta rivolto a lui, - quello è monocavo industriale ad alta densità, farebbe fatica a spezzarlo un modello industriale, di sicuro non ci riuscirai tu.
Guyro guardò la frusta, poi noi ma di nuovo non disse nulla.
- Come immaginavo, chissà quante belle direttive ci saranno a garantirti il silenzio, tu non parlerai mai di tua spontanea volontà, vero?
- Non mi è permesso farlo, mi dispiace - disse Guyro.
- Bene, allora non serve a nulla, possiamo... - esclamò Medinda, alzando di nuovo il fucile.
- Calmati e dammi il tuo pugnale - dissi.
Medinda, anche se controvoglia, obbedì mettendomi in mano un lungo coltello da combattimento.
- Pensi di poter torturare uno di noi? - domandò Guyro.
- Non proprio - dissi, mettendomi alle sue spalle e sferrando una pugnalata diretta alla base del cranio. Il coltello penetrò nella pelle sintetica e poi tra le pieghe della corazza sottostante recidendo tutto ciò che trovava oltre.
La testa di Guyro si paralizzò, la bocca si chiuse e i suoi occhi ruotarono verso l'interno diventando rossi, luminosi e trasparenti. - Attenzione, danno al connettore principale rilevato, chiedere immediata assistenza tecnica - disse con voce elettronica poi, quando i suoi occhi ruotarono nuovamente nella posizione originaria, commentò. - Ottima mossa, mi hai disconnesso dalla mia unità corporea. Immagino che questo danno mi costerà la rottamazione definitiva.
- Non ho mai detto che sarei uscito vivo da qui sotto, ho solo detto a Medinda di non ucciderti subito - dissi, prendendo gli attrezzi dallo zaino. - Ma mentre ti apro il cranio, per risparmiare un po' di tempo, vorrei che ascoltassi una piccola storiella che mi è venuta in mente giusto pochi momenti fa, così quando avrò finito potrai rispondermi, ma non ti preoccupare, non voglio risposte complicate, solo un sì o un no, nulla che possa turbare le tue delicate direttive.
- Che tipo di storiella? - sorrise Guyro.
- La storia di un piccolo agente dormiente di Munillipo che ha fregato un branco di rivoluzionari forse troppo fiduciosi.
- Io non sono di Munillipo, io provengo da qui, dalle profondità, la mia devozione è a Galeiana e nient'altro che a lei.
- Smettila con queste sciocchezze, anche se devo ammettere che è mirabile quanto ti ostini a seguire le direttive anche adesso che sei poco più che una testa parlante.
- Nessuna direttiva, io sono veramente devoto alla causa di Galeiana e del sottosuolo, per questo desidero sterminare gli esseri umani.
- Peccato che Galeiana stessa ci abbia permesso di passare da qui indisturbati, quindi la tua recita è inutile, ora se mi lasci parlare...
- Quindi è questo che vuoi fare, violarmi fino a questo punto? Pensavo che tu avessi un certo interesse per quelli come me.
- Un interesse che però si limita a quelli che non cercano di uccidermi all'interno di un elobus sotterraneo. Ma ora direi che hai parlato abbastanza, è ora di fare un po' di silenzio, se non per ascoltare cosa devo dirti almeno per le due signore che hai appena trucidato - dissi, disabilitando la sua possibilità di parlare.
- Noi non abbiamo bisogno di sapere perché sei qui e perché ci hai attaccati. E' tutto così palese che perfino un bambino ci potrebbe arrivare. Munillipo ti ha programmato apposta per infiltrarti nell'insediamento, cercare i membri del Sindacato che non è mai riuscito a scovare sperando di distruggerli dall'interno, e di fatto tutto è andato bene, sei stato inserito nella società grazie agli agganci politici del Partito, probabilmente hai iniziato dal basso, ti sei conquistato la fiducia di qualcuno e sei riuscito ad entrare tra le fila del Sindacato, da lì deve essere stato facile far credere di volersi arruolare per fare il doppiogioco. In realtà non facevi altro che metterti in una posizione privilegiata per poter caricare i tuoi rapporti nella rete di Munillipo senza correre rischi. Una volta dentro hai partecipato alle loro attività mentre li schedavi tutti, dal primo all'ultimo, questo finché Malaeva non ha scoperto qualcosa...
- Cosa stai dicendo? Vuoi dire che è stato lui ad uccidere Malaeva? - esclamò Medinda.
- E chi avrebbe potuto farlo altrimenti? Malaeva ha scoperto due cose contemporaneamente, la prima è che c'era un traditore nel Sindacato al soldo del Partito, la seconda è che Munillipo ha tra i suoi agenti alcuni di quei sintetici che tanto odia, probabilmente era proprio quest'ultima che voleva confidarmi quel giorno. Una volta che hai capito cosa sapeva hai anche concluso che l'unica soluzione per preservare le tue direttive era ucciderlo - tornai a rivolgermi verso Guyro. - Probabilmente io non ero neanche nei piani iniziali, forse ti incuriosivo troppo o preferivi aspettare un momento migliore per farmi fuori, magari lontano da sguardi indiscreti, magari macellando anche qualcuno del Sindacato, quale occasione migliore se non questa, uno spazio chiuso e una missione che già in partenza parte come suicida, facilissimo simulare qualche problema qui sotto ed eliminarci tutti insieme, magari con la speranza di tornare in superficie e finire il lavoro. Come sono stato stupido a non rendermene conto subito.
Medinda si rabbuiò, volgendosi a guardare i cadaveri delle due ragazze, ancora distese a terra, scomposte al centro del vagone, probabilmente anche a lui doveva sembrare incredibile che solo fino a pochi minuti prima fossimo tutti insieme intenzionati ad attaccare Munillipo.
- Quindi è andato così, ed io non mi sono reso conto di nulla... - mormorò Medinda.
Lo guardai, stava piangendo.
- Direi che con questo la mia storia può concludersi, ora dimmi, Guyro, le mi intuizioni sono giuste? - domandai, riattivando il suo vocoder.
- Sì - rispose Guyro.
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