Verso le bianche sponde
Spinsi la porta di casa con mani tremanti e cuore in gola, il pacchetto nascosto nella borsa e cupe immagini di sconfitta, di prigionia, di "rieducazione" che mi scorrevano di fronte agli occhi. I campi, i tremendi campi di rieducazione, gli stessi nel quale era stato inviato mio padre, quello era il destino ben peggiore della morte che mi attendeva.
Mi sentivo di nuovo come un animale braccato, di nuovo come quando Obasi seguiva ogni mio spostamento, ma stavolta la colpa non era di Malaeva o di Aminata, stavolta la colpa era del Grillo, quell'oscuro passeggero che vigilava sulle mie spalle, quel silente e deforme essere le cui antenne ora vibravano di risa ora più che mai.
- Mi stai prendendo in giro? - mormorai a denti stretti mentre aprivo quasi senza cura il pacchetto lasciatomi da Medinda, rivelando la familiare forma dell'esplosivo al plastico che già sapevo contenesse.
- Esplosivo... - mormorai, lasciandomi cadere sulla sedia. - In cosa diavolo ci hai cacciato?
Trassi un paio di respiri profondi, cercavo di controllare l'ansia, l'angoscia, la cupa paura di essere scoperto, di essere cacciato, rintracciato, imprigionato, "rieducato".
- Ma cosa ti dice il cervello? COSA!? - ringhiai, sbattendomi un pugno sul cranio.
La rabbia era tale che sentivo il violento bisogno di aprirmi la testa, martellarmi la scatola cranica fino a sfondarla e cercare quell'essere tra la tiepida materia grigia fino ad estrarlo. Lo immaginavo tra le mie dita muoversi, agitarsi, cercare in qualche maniera di scappare finché la mia morsa non si faceva abbastanza forte da farlo esplodere in una poltiglia biancastra. Ecco cosa era diventato, il Grillo, un grumo di materia biancastra, purulenta, poco più che un brufolo fetido da estirpare.
Rimasi immobile per qualche minuto, le lacrime agli occhi, una patina di sudore freddo, gelido, su tutto il corpo.
Dovevo fare qualcosa, ma cosa?
La mia mente viaggiava attraverso vari scenari, avrei dovuto eliminare Medinda e tutti gli altri? Ma quanti erano? A quanti potevano averlo detto in quelle poche ore?
Nonostante la mia rabbia e le immagini violente che essa doveva proiettare anche sul Grillo, questi rideva ancora più forte, con ancora più scherno, istigandomi quasi.
- Ti stai ammazzando di risate, eh maledetto? - domandai. - Mi hai incastrato con la merda fino al collo e ora ti ammazzi dalle risate, bastardo.
Se avessi indossato il cilindro avrebbe vinto lui, se non lo avessi fatto mi sarei comunque ritrovato incastrato in quella storia senza possibilità di fuga, cosa dovevo fare? Cosa?
In preda a pensieri deliranti mi misi a girovagare per la casa in cerca di risposte, vagliando e rivagliando gli stessi pensieri, le stesse strategie, le stesse violente pulsioni omicide. Di nuovo la rabbia era tornata ad impadronirsi di me, della mia ragione, del mio modo di percepire il mondo.
Non ero più il calmo AlSA del laboratorio analisi, il personaggio schivo e anonimo che aveva un solo amico, mi stavo trasformando lentamente in una bestia, in un animale sospinto da un mero istinto di autoconservazione, lontano dalle mie divinità cromate, dalle veneri di acciaio che tanto amavo e per cui avevo sacrificato la mia intera vita, la mia intera personalità, il motivo per cui avevo accettato di collaborare col Grillo.
Senza rendermene conto mi stavo lasciando pendere nel vuoto dalla finestra posteriore dell'appartamento, pronto a balzare verso quel rifugio segreto in cui speravo avrei trovato tutta la mia attrezzatura.
C'era ancora una speranza, forse, per far tornare tutto come prima. Se il Grillo non l'aveva nascosta esisteva ancora la pistola dell'agente, quella che gli sottrassi quella notte ai Pontili.
Dovevo farlo, dovevo ucciderli tutti, solo così il Grillo non avrebbe vinto, solo così sarei tornato di nuovo libero.
Senza riflettere oltre piegai le ginocchia sulla parete e mi lanciai in avanti verso il vuoto, afferrando il bordo del tetto antistante ed issandomi sopra, balzando tra le alte terrazze fino a raggiungere il rifugio.
Un odore nuovo mi accolse, entrato all'ultimo piano di quell'edificio in costruzione. Qualcosa era cambiato anche se mi sfuggiva cosa, di preciso. I vecchi materiali edili giacevano sotto teli impermeabili mentre le vecchie luci, spente, mi sembravano nella medesima posizione delle scorse volte, eppure c'era un ordine differente, una pulizia differente.
Mi diressi verso l'angolo in cui conservavo la valigia e gli attrezzi ma quando arrivai lì non trovai nessuna valigia, il costume ora era indossato da un manichino così come il cilindro si trovava lì, al suo posto, con mezzo dito di polvere a sottolineare come non venisse usato da parecchio tempo.
Guardai l'abito, era stato modificato con le nuove parti che avevamo recuperato dal magazzino, anche la cintura era differente, persino gli stivali a gravità ridotta erano stati pesantemente modificati. Della pistola non vi era traccia ma al suo posto, accanto al manichino, trovai una sorta di bastone da passeggio. Lo afferrai, era pesante ed aveva dei comandi tattili sulla sua impugnatura.
L'ansia si impadronì del mio cuore, era tutto così nuovo eppure così familiare, non avevo bisogno di toccarne i comandi per sapere che il bastone poteva trasformarsi a piacimento in una sorta di frusta metallica, un lungo lazzo che poteva essere utilizzato sia per ferire che per aggrapparsi alle altezze più basse, scomode per i guanti. Le ali erano state implementate ed ora avevano una doppia funzione di apparecchio da planata e di protezione per la schiena. E la cintura era in grado di emettere piccoli campi di forza le cui pulsazioni potevano deviare i proiettili.
"Ho fatto tutto io, con le mie mani" pensai.
Mi toccai il collo, c'era qualcosa che mancava: il peso familiare di una collana che si collegava direttamente alla mia colonna vertebrale, dietro il collo dove sentivo il ruvido di una ferita cicatrizzata.
- Non sono state poche ore - realizzai, - per quanti giorni mi hai controllato?
Il Grillo rise ancora, invitando la mia rabbia ad afferrare il cilindro, calarmelo in testa per affrontarlo faccia a faccia.
Ero in trappola, neppure uccidendoli tutti ne sarei mai uscito, neppure massacrando l'intero Sindacato.
Caddi in ginocchio, sconfitto.
- Mi hai incastrato... - mormorai, - messo in scacco da un parassita nella mia testa. O forse da me stesso, forse dalla mia stessa pazzia - continuai, alzandomi in piedi. - Ebbene, se è così che deve essere che sia, risolviamo la cosa una volta per tutte - dissi, afferrando il cilindro. - Ma sappi che non sarà piacevole per nessuno dei due - conclusi, calcandomi il cappello in testa.
Il Grillo smise di ridacchiare. Aveva paura? Impossibile, si era preparato a quell'incontro più e meglio di me.
Infilai gli occhiali e accesi il cilindro il cui schermo al led si illuminò per un solo istante prima di scaricarmi addosso una scarica di elettricità. Il mio corpo vibrò di dolore e la mia mente sorpresa non ebbe neppure il tempo di reagire, solo soccombere, cedere il passo al buio, all'incoscienza, alle bianche sponde del Vuoto Antistante.
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