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Ritorno all'Insediamento

L'insediamento sembrava essere rimasto uguale, mobile e immobile nella sua quotidianità, in quel ciclo eterno di giorno e notte in cui, duemilaquattrocento buoni cittadini pascevano in giorni scanditi dal muggito del bestiame, dal picchiettare delle zappe negli orti, dal fischiare degli Elobus tra i palazzi ed il vociare, quel continuo vociare che era la vera armonia, il veri ritmo di quell'insediamento vivo, l'ultimo di un mondo morente, fatto di balconate, passerelle e ponti ricolmi di persone, di vite, di anime indifferenti incantate solo dalle parole di Munillipo, del super uomo che su schermi giganti intonava i suoi sentiti discorsi sulla prosperità dell'insediamento, sulla grandezza della sua amministrazione.
Mi sorprese vederlo proiettato, quella sera, ero da sempre convinto che le comunicazioni ufficiali venissero trasmesse attraverso sulle stesse frequenze radio dell'intravisione.
"L'insediamento cresce, prospera, le nuove colture inventate dagli ingegneri della nostra facoltà di biologia avanzata produrranno un aumento esponenziale del cinquanta per cento sulle rendite di frutta e verdura, non sono lontani i giorni in cui riusciremo finalmente a trovare una pianta capace di crescere nel terreno arido del deserto, magari rigenerandolo addirittura. Dobbiamo smettere di pensare che l'unica fonte di sviluppo sia la robotica, la robotica non rigenera i terreni, non ci restituirà ciò che quest'epoca di carestia ci ha levato, la robotica è sussistenza, la bioingegneria è il progresso, non dimenticatelo quando tra sei mesi sarete chiamati a fare la vostra scelta" tuonava a gran voce dagli schermi giganti. 
Il suo volto immenso era l'unica costante di tutta la città, dai Vot al Centro, tutti gli schermi pubblici trasmettevano quel volto, quelle stesse parole. 
Tuttavia c'era qualcosa di diverso in quel discorso, in quella propaganda pre elettorale anche troppo anticipata, ma in generale c'era qualcosa di diverso nell'intero insediamento, nelle persone che ascoltavano quel discorso. Cosa era accaduto in quel paio di settimane di mia assenza? 
Scivolai sui tetti, sempre nell'ombra, sempre attendo al discorso. 
"E' con la piena consapevolezza che stiamo vivendo momenti duri che vi esorto, miei concittadini, a non prestare fede alle voci che si stanno diffondendo all'interno dei Vot né di badare a scritte murali, comparse soprattutto in quest'ultimo periodo, che esaltano questo presunto rivoluzionario, questo Grillo, come un eroe del popolo. Come vi ho già ampiamente dimostrato la volta scorsa egli non è altri che uno spostato, un pervertito che gode nel concedersi alle macchine, che "sperpera il suo seme nel deserto", come dicono i buoni religiosi del Simposio. Non fatevi traviare da suddette dicerie, egli ha abbattuto la torre radio per impedirvi di vedere l'intragiornale, sua è la mano dietro tutte le morti avvenute nelle ultime settimane, ma non pensate che lo faccia per la vostra o l'altrui salvezza, a lui del popolo non interessa nulla, lui desidera solo portare la morte, la distruzione, poter giacere e pascere sui nostri cadaveri insieme ai suoi amici cromati. Sappiamo tutti che Essi non attendono altro che la nostra estinzione per prendere il nostro posto, sono migliaia e sono pericolosi, bisogna ritornare all'umano, al lavoro dei muscoli e della fatica, il lavoro che da' il pane!"
Si ricompose.
"Il Grillo non è quindi un rivoluzionario, ma un profeta della vacuità, un cultore della desolazione, un tristo mietitore le cui vere intenzioni sono spezzare la società, devastare questo insediamento, e già molti sono caduti nelle sue trame, ma non tutti, per fortuna.
Come ben sapete alcuni giorni fa ci sono stati dei disordini nell'area del Depuratore, qualsiasi di voi può domandare a qualche suo conoscente che lavora lì, se non mi crede. Sono stati momenti di terrore per tutti, sia per gli operai che erano lì sia per me, che seguivo gli sviluppi con il cuore in gola, seduto qui, nel mio studio, incapace di fare altro se non ascoltare i continui messaggi che gli agenti mi trasmettevano in diretta dal campo. Ebbene, ora posso dirlo senza paura, in quel giorno abbiamo rischiato di perdere completamente la funzionalità del nostro edificio fondamentale: il depuratore.
Questo è il vero volto del vostro protettore, un terrorista che preferisce colpire un'antenna radio ed un'azienda pubblica di interesse fondamentale piuttosto che scagliarsi contro gli agenti dello stato, capace di uccidere donne e bambini indiscriminatamente, sì, indiscriminatamente, solo per poter soddisfare le proprie perversioni sessuali, che non si farebbe remore a morire di sete a sua volta, quando mai può morire di sete con tutta l'acqua con cui ci ricattano Loro, piuttosto che scegliere la strada della rieducazione, della normalità.
Ve lo ripeto un'altra volta, dimenticate le voci che girano sul Grillo anzi, dimenticatevi del Grillo. E non lo dico con la solita retorica pre elettorale, sono consapevole che tra sei mesi ci sarà da recarsi alle urne, ma mi sembra onestamente sciocco nascondere alla popolazione i progressi ottenuti dal Partito e dagli efficienti agenti che lo servono.
Questi sono Amani Robatu e Mazi Manu, i veri eroi che, ora posso dirlo, si nascondevano dietro la cattura del famigerato Grillo. Ebbene questi due uomini, uomini del popolo, uomini come me e come voi, sono coloro che sono riusciti a catturarlo proprio durante il suo fallimentare assalto al nostro Depuratore, struttura tanto delicata quanto custodita, dal Partito soprattutto, i cui operai sono la colonna portante del nostro insediamento"
Mi fermai, in quella confusa parabola di propaganda e informazioni comparvero i volti di due guardiani sconosciuti, persone che mai avevo veduto all'interno del Depuratore e nelle immagini successive si vedeva un giovane, probabilmente Malak, il secondo in comando del Sindacato, avvolto in una copia mal fatta del mio costume. Aveva il volto tumefatto e sedeva su una sedia al centro di una stanza buia.
"Come vedete il pervertito fuorilegge è già diventato storia passata ed ora può pagare per i suoi crimini, per le decine di vite che sono state perdute a causa sua, per tutte quelle donne in lutto e quei figli rimasti orfani che mi stanno guardando in questo momento, io ve lo prometto: questo criminale pagherà per ciò che ha fatto e per ciò che ci ha tolto. Ricordatevelo quando siete in cabina elettorale". 

Raggiunsi il mio appartamento poco meno di un'ora dopo, ancora sfinito dal mio dormire sulla sabbia, all'ombra delle rocce, e del mio ricavare acqua dai buchi nel terreno, avevo bisogno di mangiare. Tuttavia la fame non mi rese imprudente. 
Passai dalla finestra sul retro, quella che tanto spesso avevo utilizzato per scappare dalla sorveglianza dell'uomo di Obasi, scivolando sul pavimento come una piuma, acquattato nell'ombra. 
Avevano perquisito il mio appartamento, in quelle settimane, libri e cassetti giacevano ribaltati ovunque, il contenuto riverso sul pavimento, il letto sfatto, mobili e tiretti della cucina aperti e vuotati di tutto il loro contenuto. Rovistai a terra alla ricerca di tutte le zollette o le barrette proteiche ancora commestibili che riuscivo a ingurgitare quando un click metallico mi paralizzò. 
"Obasi" sussurrò il Grillo, ai miei pensieri. 
- Obasi - dissi, sollevando le mani. - Di nuovo io e lei.
- Ma stavolta giochiamo a carte scoperte - rispose l'investigatore, in piedi sulla porta del bagno e con la pistola puntata dritto alla mia testa. 
- Questo appartamento sembra diventato il centro di tutto il Vot, da qualche tempo a questa parte. 
- Per mia sfortuna sì, ma non mi dica che è rimasto chiuso in quel bagno tutto questo tempo ad aspettare me.
- Mentirei se dicessi il contrario - rispose lui. 
- Allora anche lei deve essere sfinito, come me, io eviterei di affaticare ulteriormente il braccio tenendo in alto quell'arnese. 
- Forse dovrei scaricare l'intero caricatore, magari alleggerirebbe un po' la mano.
"Non ti vuole uccidere"
- O forse vorrebbe sedersi e bere un infuso caldo, come l'ultima volta che ci siamo visti. Magari è l'occasione di finire la nostra partita ora che le carte sono scoperte, non le pare?
- Lei è sempre stato un uomo di polso, freddo, mai scomposto, ho sempre invidiato questa sua natura, questa sua patina di imperturbabilità, solo una volta si è scomposto. 
- E quella volta sono stato sincero, non ho ucciso io Malaeva e non ho nulla a che vedere con la morte di Aminata. 
L'investigatore abbassò finalmente l'arma, sollevò la sedia da terra e si sedette nell'angolo del piccolo cucinino, con il braccio poggiato al tavolino e la pistola lasciata lì, poco distante. 
- Purtroppo lo so bene, lei è solo un povero pervertito, uno che si diverte a farsela con i modelli. 
- "Il seme strappato alla terra" - citai. 
- Lasci perdere la propaganda del Partito, quelle sono tutte stronzate, lo sappiamo sia io che lei. 
- In realtà stavo citando i Simposisti.
- Stessa cosa.
- Se sa' che io non centro niente con questa storia come mai darsi tanto disturbo? Aspettarmi in bagno, puntarmi la pistola...
- Perché in questi giorni ho visto così tanto quel colore che oramai la diffidenza è diventata la norma.  Che cos'è quel costume e perché all'improvviso ci stiamo trovando la colonia invasa da pagliacci vestiti come lei?
Mi guardai, indossavo ancora la mantellina verde da cui sporgevano i pantaloni rosa, stracciati dal deserto, mi mancava solo il frac, rimasto nel mio nascondiglio, sempre se fosse rimasto ancora intatto.
- All'inizio mi serviva solo per scorrazzare fuori città senza essere riconosciuto.
- Riconosciuto? Direi che non sarebbe passato inosservato. 
- Mi interessava più fregare eventuali telecamere oltre i confini delle Torri, le uniche in tutta la città che non conosco.
- Le vecchie telecamere dice? Ma quelle non funzionano da decenni. 
"Sono attive"
- Non lo so, non mi sono mai fidato, secondo me sono sempre state attive. Il cilindro mi serviva per confondere le dimensioni del cranio, così come gli occhiali per mascherarmi il volto. Il frac rosa l'ho scelto perché le code di rondine ed il colore acceso avrebbero reso difficile alle macchine identificare la mia sagoma come quella di una figura umana. In realtà avrei potuto scegliere un qualsiasi colore in tinta unita, avrebbe sortito lo stesso effetto, non so perché scelsi il rosa. 
- Il tutto per poter andare a sfogare i suoi bollenti spiriti con degli esseri di latta. 
- Loro sono superiori a noi, lo sono su così tanti frangenti che la farebbero rabbrividire.
- Quindi è per questo che quelli del Sindacato hanno preso a vestirsi come lei? Hanno pensato che fosse una buona idea?
- Non ne ho idea - mentii, - io non ero nell'insediamento in questi giorni, sono stato...
- So' anche questo, abbiamo visionato tutto ciò che ha detto al modello ER che l'ha soccorsa. 
- Del resto vi siete anche goduti le mie cavalcate con il modello SX - insianuai. 
Obasi mi guardò con una punta di stizza e disgusto, stranamente mi provocò un intenso piacere averlo scandalizzato. 
- Solo una cosa non mi è chiara, se lei non aveva nulla a che fare con le attività di Malaeva come ha fatto a trovare l'esplosivo ai Pontili, quella notte.
- I pontili?
- Abbiamo detto di giocare a carte scoperte.
Sorrisi. 
- Sì, ero io, sarebbe stupido negarlo. La storia dell'esplosivo è stata una semplice intuizione, un'intuizione fortunata che può essere sembrata complicità. La verità è che ero lì solo perché avevo bisogno di liberarmi di voi.
- Voleva depistarci?
- Depistarvi o consegnarvi un colpevole, per me non faceva alcuna differenza, come ha detto lei io sono una persona malata, un pervertito, e non potevo sfogare le mie perversioni con il suo agente che mi stava col fiato sul collo.
Obasi ridacchio. 
- Publio - disse, - non si è accorto di nulla - poi si volse. - E' quella la finestra che ha usato? 
- Precisamente. 
- Sorprendente, davvero sorprendente, deve averne di coraggio per lanciarsi da quell'altezza.
- Una persona come me correrebbe qualsiasi rischio per allargare i propri confini di libertà.
- Perché, che cosa non la renderebbe libero?
- Perché nessuno è libero, l'ho scoperto viaggiando, più vado incontro ai confini della mia libertà più scopro di essere intrappolato in una sorta di matrioska di trappole infinita, una più grande dell'altra, una più lontana dell'altra ma tutte lì, tutte all'orizzonte. 
- E' questo che ha scoperto nel deserto? Che oltre questa nostra gabbia esiste un'altra gabbia?   
- Ho scoperto che siamo tutti pedine di un gioco più grande di noi, sia io che lei, allevati come topi in un labirinto di menzogne. 
- Menzogne? Quali menzogne? 
Guardai il volto affranto dell'investigatore, nei suoi occhi vedevo una profonda paura ma anche una consapevolezza, una consapevolezza che si preparava a diventare realtà. 
- Penso che lei abbia molte più risposte di quante ne potrò mai avere io - risposi. - Chi è Munillipo? 
- Il volto e la voce del Partito - rispose Obasi, immediato, quasi rispondendo a un riflesso condizionato. 
- Sì, e poi? 
- E poi basta, è stato eletto una ventina d'anni fa quando si era presentato come rappresentante del Partito in quanto già operaio sindacalista alle Banchine, ha preso più di mille e quattrocento voti e quindi...
- Chi governava quando c'era suo padre?
- Munillipo - rispose, di nuovo di getto, ma stavolta si soffermò a riflettere su ciò che stava dicendo. - Beh, era un omonimo penso, cioè non ricordo così bene, no, probabilmente qualcun altro ma...
- Nessun ma, era veramente Munillipo, Munillipo era sia prima che dopo, probabilmente lo stesso vale per Melina. Ma il punto non è questo, il punto è un altro, perché perdiamo le informazioni principali così facilmente? Perché viviamo in un mondo senza nomi, senza storia, senza quasi un briciolo di passato? Lei ricorda di qualcosa avvenuto prima di vent'anni fa? 
Obasi ammutolì, sforzandosi di ricordare, ma i suoi occhi rimbalzavano nel vuoto. 
- Niente vero? Tutto è annebbiato, è confuso, tutto si confonde, il passato si mescola al presente, gli anni non hanno più senso. In che anno siamo Obasi? Che mese è? 
- Siamo nel duemilatrecento...
- Siamo nel 2963 e sono dovuto quasi morire nel deserto per scoprirlo, per accorgermi di questa coltre di nebbia che avvolge i ricordi di tutti, finché siamo qui dentro, finché siamo all'ombra delle Torri, non possiamo rendercene conto, non possiamo capirlo. La' fuori è pieno di città morte, città identiche a questa, replicate alla perfezione, stessi palazzi, stesse strutture, stessi centri di potere. Io lo so', io ci ho camminato, io l'ho visto. Obasi, dobbiamo aprire gli occhi, siamo solo topi in una trappola, in un'utopia. 
Obasi era impallidito, sedeva sulla sedia con gli occhi sbarrati, la mano a reggersi la fronte sudata. Lui sapeva, lo sapeva già, lo aveva sempre saputo come lo avevo sempre saputo anche io, come lo sapevamo tutti, ma forse aveva deciso di ignorarlo così come avevano deciso di ignorarlo tutti. 
- Io non... no, questo è troppo folle - balbettò l'investigatore.
- Eppure è la verità, una verità che è così palese da stare sotto gli occhi di tutti. Il mondo prima era diverso, c'erano nomi, c'erano differenze, c'erano culture, la razza umana non è sempre sopravvissuta in insediamenti fortificati contro una natura ostile anche se ricca, esistevano nazioni, società, una rete che collegava le popolazioni, mille lingue differenti. Siamo parte di un esperimento, un esperimento che va avanti da più di seicento anni e non ho ancora capito se serva a farci sopravvivere o a estinguerci lentamente.
Obasi tacque, lo sguardo rivolto alla notte, fuori, che già schiariva in alba attenuando le luci delle lampade di carta, prima unici bagliori nell'intrico delle passerelle. A quell'ora non c'era anima viva in giro, neppure gli Elobus erano in servizio, tanto che si aveva l'impressione che solo in quella casa succedesse qualcosa. 
- Ho sempre creduto di aver dedicato la mia intera vita al progresso della colonia, che lavorare per il bigoverno fosse l'unica cosa giusta ma ora... ora...
Guardai la schiena piegata dell'investigatore, nel sorgere delle prime luci del mattino sembrava un triste spaventapasseri dimenticato nel campo e ingobbito dalle intemperie. 
Piangeva? No, forse aveva solo gli occhi lucidi dato che quando alzò la testa non c'erano lacrime sulle sue guance. 
- Ci ho ripensato - disse, - è ancora valida la proposta di quell'infuso? 

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