Pellegrini cromati
Il Grillo schivò una delle lunghe braccia motrici retrattili, attivò gli stivali e schizzò verso l'alto, dribblando il marasma di arti bionici, catene e tubi oscillanti che componeva la parte più alta della stanza, il suo punto morto a giudicare dagli apparati che muoveva.
Sfruttando il bastone frusta, il Grillo cercava anche di attrarre l'attenzione del modello, ma ogni tentativo falliva miseramente vista la sua mole mastodontica e quelle dieci braccia, più che sufficienti per tenerli a bada entrambi in quello spazio chiuso.
L'automa muoveva i suoi arti con movimenti piuttosto lenti ma precisi, delicati, sfruttando contemporaneamente più braccia per cercare di accerchiare e colpire un singolo bersaglio.
In quel momento aveva spostato un pesante container per bloccare ogni via di fuga a Mali mentre con un secondo arto, questo equipaggiato di una taglierina laser industriale, cercava di colpirlo. All'improvviso un terzo braccio fece calare un pesante gancio legato ad uno spesso cavo metallico che, guizzando, colpì il ragazzo al fianco.
"Non va bene" pensai, "se continua così Mali si troverà nei guai"
- Adesso ti preoccupi addirittura degli altri - ironizzò il Grillo, piroettando tra due arti bionici per poi scivolare verso il basso, in una rapida picchiata deviata dallo schioccare della frusta sul braccio armato di taglierina, bloccandone per un attimo il movimento e permettendo a Mali di rimettersi in piedi e sfruttare il cavo d'acciaio per lasciare la zona.
"Vuoi che me ne freghi?" domandai.
- In questo momento? Direi proprio di sì, ho bisogno di una soluzione non di preoccupazioni - rispose il Grillo, artigliandosi ad uno dei tiranti ascellari dell'androide per tornare ad occupare il suo punto morto.
Levitavo sopra il lago infinito, osservando Mali e il Grillo resistere agli attacchi del modello con tutte le loro forze. Come potevo aiutarli? Che cosa potevo fare?
"Alle spalle!" esclamai.
Il Grillo si volse a mezz'aria trovandosi di fronte all'occhio cieco di una sparachiodi industriale che, sibilando come un serpente, sparò robusti aghi di osso biancastro che andarono a disperdersi nell'oscurità.
- Grazie - sibilò con un filo di voce allontanandosi da quell'arto.
Spara chiodi, pressa idraulica, taglierina laser industriale, puntellatore... quell'essere era un'officina industriale vivente ed ogni attrezzo poteva diventare un'arma mortale nelle mani giuste. Improvvisamente compresi dove erano finiti tutti gli attrezzi delle officine vuote che avevamo incontrato.
"Ha usato tutto ciò che trovava per riparare i danni del tempo" commentai.
- E questo in che modo dovrebbe essermi utile? - domandò il Grillo, atterrando al di sotto dell'essere, pronto per risalire e tornare all'attacco.
"Sono pezzi di corpo riadattati, tutto questo modello è il riadattamento di un riadattamento, forse se lo colpisci sulle riparazioni puoi danneggiarlo" dissi.
- Mi conviene colpirlo sulle giunture e le coperture ossee, dovrebbero sbriciolarsi facilmente, ma il problema è il tempo - rispose, prima di schivare un colpo da parte della taglierina laser.
Guardai verso Mali, in qualche maniera si era aggrappato ad una branca sollevatrice e stava cercando di resistere agli attacchi nascondendosi direttamente nel costrutto. Una trovata brillante anche se utile solo fino a un certo punto.
"Ok, cerchiamo di ragionare, è un modello di prima o seconda generazione, di solito avevano un motore nucleare compatto le cui batterie vanno sostituite ogni 525 anni circa..."
- Già, ma non lo vedo - rispose il Grillo.
"Perché non c'è, sta prendendo energia da un'altra parte"
- Ma non c'è energia nella struttura.
"Ne siamo veramente sicuri?" domandai.
Il Grillo balzò di nuovo a terra atterrando a gambe piegate.
- La cabina di comando - disse, - dov'è finita?
Effettivamente ricordavo di aver visto qualcosa del genere prima che il modello si assemblasse del tutto.
"Deve averla integrata da qualche parte tra i motori del soffitto" commentai.
Il braccio sparachiodi e quello sega circolare scesero dal soffitto in un attacco combinato ma il Grillo attivò gli stivali in tempo, riguadagnando prima l'aria e poi, spingendosi con la frusta, il soffitto.
Scivolò tra le giunture superiori e si poggiò su uno degli avambracci metallici, la cabina sembrava scomparsa nel nulla.
- Hai trovato qualche soluzione? - esclamò Mali, ora nascosto nell'intelaiatura del sollevatore mentre altre due braccia sormontate da taglierine stavano smontando la copertura sopra di lui per poterlo acciuffare.
- La cabina di comando! - esclamò il Grillo, - la vedi?
Seguì un lungo attimo di silenzio.
- Sì, vedo qualcosa, cosa ci devi fare?
- Spegnere quest'affare in manuale.
- Ricevuto! - esclamò Mali, balzando fuori dal suo rifugio per arrampicarsi lungo il sollevatore.
"E' pazzo!" esclamai.
- E' un giovane eroe - rispose il Grillo con un mezzo sorriso.
L'automa mosse il sollevatore verso l'alto mentre sfruttava uno dei taglierini laser per attaccare Mali alle spalle.
"Dobbiamo fare qualcosa!" commentai.
- Lo so - rispose il Grillo, lanciandosi nell'aria a denti stretti per colpire la spalla d'osso di quello stesso braccio taglierina.
"Là, quei tiranti sono di intestini" dissi, indicandogli dove colpire al successivo attacco. "Colpisci quel motore, sembra che si stia per staccare, ora rallenta il braccio pinza colpendo quel giunto idraulico"
Il Grillo agiva obbediente, supportando la scalata di Mali con tutte le sue forze e la sua attenzione. Una patina di sudore copriva il nostro corpo, lo sentivo chiaramente anche dal sibilante lago infinito: era al limite.
Sollevai lo sguardo dallo specchio d'acqua, il cielo nel Vuoto Antistante si era riempito di nubi scure, cariche di fulmini e di una pioggia torrenziale. Era la prima volta che potevo vedere con chiarezza quel luogo mentre il Grillo si trovava al comando e l'idea di essere lì, solo, mi diede un profondo senso di inquietudine.
Lontano, oltre i ricordi leggeri di nebbia, vedevo la sagoma oscura del Grillo adagiata sul filo dell'orizzonte e all'improvviso desiderai osservarlo meglio, osservare la vera forma di quel mio misterioso passeggero, quella voce nella mia testa così piena di risorse e misteri.
- Non ti distrarre, qui c'è bisogno d'aiuto - disse il Grillo, riportandomi alla realtà.
Mali aveva oramai risalito l'intero sollevatore ed ora pendeva da una tubatura scura, cercando di raggiungere la cabina a forza di braccia. Da lì a poco un braccio equipaggiato di una pressa idraulica mobile lo avrebbe afferrato, schiacciandolo come un verme. Né io né il Grillo riuscivamo a vedere i punti deboli di quel braccio, ma tutti partivano da lì, attivati dai sollevatori che aprivano e chiudevano i giunti sopra la nostra testa.
"Devi smantellarlo come hai fatto con quello del costrutto" dissi.
- Stai scherzando vero? Hai visto la grandezza di questa roba?
"Allora dobbiamo sacrificare un braccio" risposi.
Il Grillo sollevò lo sguardo, stava calcolando in quanti secondi avrebbe raggiunto il sollevatore giusto. Due, forse tre secondi.
- Sei pronto? - mi domandò.
"No"
- Perfetto! - esclamò, guizzando la frusta nell'aria e disegnando un rapido arco nel buio, saettando fino al soffitto, dove la giuntura si stava rapidamente chiudendo.
A quel punto il Grillo, senza esitare, allungò il braccio sinistro infilandolo nel giunto che si bloccò, dando il tempo a Mali di lasciare il tubo su cui si stava arrampicando per finire sul tettuccio della cabina di controllo.
- Ci sono! - urlò, pochi istanti dopo. - Cosa devo fare?
"Il pulsante rosso!"
- C'è un pulsante rosso, dovrebbe esserci scritto "Arresto di emergenza"
- Trovato! - gridò Mali.
Il macchinario sibilò, immobilizzandosi.
Il Grillo a quel punto riuscì ad estrarre il braccio dal giunto e si lanciò a terra, rallentando la caduta con abili colpi di frusta mentre l'automa, come un gigantesco ragno, piegava le braccia verso l'interno dando modo alla cabina di comando, mossa su binari finora invisibili piazzati sul soffitto, di tornare alla posizione originale.
"Come stiamo?" domandai al Grillo che, seduto a terra, si osservava il braccio, aprendo e chiudendo la mano.
Il Grillo rise.
- Deve essere scattato qualche sistema di sicurezza, magari un vecchio sensore ancora funzionante. Il braccio non è schiacciato, stiamo bene - rispose, - solo il guanto si è danneggiato un po'.
Risi anche io, ero stato veramente disposto a sacrificare un braccio per salvare un'altra persona.
- Sì - rispose il Grillo.
"Ora anche tu hai la stoffa dell'eroe" concluse, tornando nella mia testa.
Il capogiro mi colse all'istante, avevo i polmoni rotti ed i muscoli spezzati dalla fatica.
- Te ne sei scappato subito, maledetto bastardo - mugugnai, cercando di riprendere fiato sdraiandomi a terra.
"Goditela, io ho già sofferto abbastanza "
Lasciai cadere la testa all'indietro e tutto il corpo la seguì su quel freddo pavimento sporco diventato improvvisamente così comodo e rassicurante. Chiusi gli occhi, cercando di allontanare con l'oblio la fatica, immerso in uno strano senso di appagamento mi pervadeva l'animo.
"Sono un eroe" pensai, mentre la tenebra mi coglieva per alcuni lunghi istanti.
Ero di nuovo in grembo alla grande madre il cui petto voluminoso vibrava del suono di motori nucleari e le cui mani sinistre esploravano il mio giovane corpo nudo, quella morbida pelle infantile, quelle ossa fragili, quella carta velina biologica che l'essere si divertiva ad aprire, a scomporre, dissotterrando la mia materia cerebrale con i lunghi aghi scuri che conficcava con tanta precisione e abilità.
Avevo la testa bloccata, immobilizzata da una paralisi, ma i miei occhi cercavano disperati il suo volto, quel volto metallico che era apparso così spesso nei miei sogni: il volto di mia sorella.
Stavolta quel volto tanto alieno e familiare non esisteva, non compariva, vedevo solo il petto della madre, in alto, avvolto da uno spesso strato di nebbia, una foschia bianca che ne oscurava il volto, rendendola simile a un monte, a una cima sacra, una rande raffigurazione divina dalla quale gli dei allungavano arti bionici, braccia contorte fatti di minerali e fosfati di calcio, metallo e ossa che si fondevano in apparati sinistri, infernali, figli di un purgatorio tecnologico costruito in terra.
"Plan B"
- Tutto bene?
Dove avevo letto quel nome? Dove avevo già visto quella scritta? Era nei condotti, prima? Perché la ricordavo proprio ora.
- Tutto bene? - ripeté Mali.
Era chino sopra di me con la torcia puntata sulla mia faccia.
- Sposta quella luce, mi accechi - mi lamentai. - Sono svenuto?
- Così sembra, ma non mi sorprende, ti sei mosso come un calabrone, sei stato fantastico, se non fosse stato per te... - sorrise e mi allungò una mano. Aveva ancora gli occhi pieni di paura.
- E tu sei stato avventato, avrei potuto raggiungere io la cabina di comando, agendo come hai agito ti sei solo messo in pericolo per nulla - risposi. Poi, vedendo la delusione sul suo volto. - Ma anche tu sei stato bravo, avventato ma coraggioso - dissi, accettando l'aiuto e rimettendomi in piedi.
- Non ce l'avresti mai fatta a raggiungere la cabina da solo e dalla tua posizione - rispose, sollevandomi. - Sei bravo ma non così tanto.
- Questo lo dici tu - risposi, - in ogni caso è andata bene, ce l'abbiamo fatta - conclusi, sollevando lo sguardo verso il soffitto.
Mali fece lo stesso.
- Che cosa diavolo è successo a quella... cosa? - domandò, dopo alcuni istanti.
- Quella cosa è un gestore multifunzionale di magazzino, un Modello industriale di seconda generazione ad alta funzionalità intellettuale: quattro braccia sollevamento carichi e sei arti snodabili multifunzionali. Per quanto riguarda il cosa è successo, beh, posso solo ipotizzarlo.
- Quindi sai perché ha cercato di ucciderci?
- Posso solo dedurlo. Quando vagavo per il deserto ho incontrato questo strano modello della prima generazione con i circuiti bolliti dal sole. La sua programmazione si era in parte corrotta, tuttavia la direttiva primaria era rimasta abbastanza inalterata da obbligarlo a salvarmi la vita anziché usarmi come distillato o materiale edile?
- Materiale edile?
- Lascia stare - risposi. - Comunque dopo aver incontrato e visto Gin con i miei occhi ho incontrato un modello Sx, Dicromato, questi mi ha raccontato che esistono altri modelli al mondo le cui direttive sono così corrotte che non rispondono più ad alcuna programmazione, ma me li ha anche descritti come spiriti dementi, questo non era demente, era un fine calcolatore, riusciva a combatterci e a sorprenderci. Ricordi cosa ha detto dopo averci scansionato?
- Che ci avrebbe riciclati.
- No, prima: ha detto "Errore di calcolo del database centrale". Questi modelli completano le informazioni che traggono dalla realtà attraverso un database esterno, Gin aveva una cosa chiamata internet, ma la mancanza di internet limitava solo la sua funzionalità, questo è un modello industriale, non è difficile immaginare che ricavasse le informazioni da un database interno simile all'internet di Gin: forse è per questo che non ci ha riconosciuti!
- Spiega in maniera che anche io possa capire.
- In sostanza Gin era un modello ad elevata interazione sociale, per farlo aveva una memoria temporanea, una memoria locale, delle risorse cognitive e un database per accedere a nuove informazioni in ogni momento. Questo è un modello prettamente industriale, è facile pensare che la sua memoria locale e gran parte di quella temporanea siano state limitate per fare spazio a maggiori risorse organizzative. In pratica è una macchina abilissima nel pensare ma incapace di ricordare.
- Mi stai dicendo che questo coso sa perfettamente che uccidere gli esseri umani è sbagliato ma non ha capito che noi siamo esseri umani?
- Ha direttive basilari, tra cui la prima è non danneggiare o uccidere gli umani, ma senza un database che gli faccia capire che noi siamo umani ci considererà semplice materiale, materiale che secondo altre direttive può riciclare e immagazzinare. Non è danneggiato, è solo in grado di pensare per metà. E' un po' come se tu ogni volta che ti svegliassi la mattina dovessi dedurre il mondo da zero, se non sapessi neanche le nozioni più basilari della sopravvivenza tipo cos'è l'aria, cos'è l'acqua o a cosa servisse il cibo. Questa macchina è interrotta, interrotta nella sua memoria, nella sua conoscenza, è probabile che se riuscisse ad avere accesso al database tornerebbe a lavorare normalmente, forse sarebbe anche in grado di interagire con gli umani in maniera coerente.
Lo guardavo ammirato, ammirato come lo avevo guardato la prima volta, mentre il suo occhio di fuoco ci scansionava, incastrato in quel volto glaciale, deturpato, ma deturpato non da un male, più da un'evoluzione, una sinistra evoluzione che sarebbe stato il futuro e la decadenza di quelle divinità-macchina. La sensazione che avevo, davanti a quell'essere centenario, era quella di trovarmi in realtà davanti a un essere millenario, alla progenie della specie che avrebbe popolato il mondo nelle ultime ore di buio, quando il deserto avrebbe consumato i monti e orde di pellegrini metallici avrebbero solcato le terre scure, aride, rugginose spiagge di una terra infinita in cui l'ultima traccia d'uomo si era sgretolata al vento e persino l'ultima goccia d'acqua si era estinta nel vento.
In lui vedevo questi pellegrini, avvolti di panni logori, sporchi della sabbia di mille continenti, battuti dal vento sul metallo annerito, fuso parzialmente con ossa umane, ultimo lascito dei loro padri oramai caduti nell'era dell'estinzione.
- Stai cercando di dirmi che tutto questo è successo semplicemente perché gli mancava la piccolissima, microscopica, invisibile informazione che noi siamo esseri umani ed è sbagliato cercare di trasformarci in pezzi di ricambio? - disse Mali, trascinandomi lontano dalle mie fantasie.
- Sì. Mancando quell'informazione manca la direttiva principale, niente esseri umani, niente concetto di vita e niente direttiva, quindi noi diventiamo semplicemente delle strutture a base di carbonio, dei composti chimici che camminano e in quanto composti chimici apparteniamo alla categoria di materiale riciclabile e trasformabile, in questo caso in pezzi di ricambio.
- Quindi si è attivata una specie di direttiva "istinto di sopravvivenza"?
- Forse, ma improbabile, gli automi hanno sottoprogrammi di autoconservazione ma sono tutti estremamente secondari, la tendenza generale dovrebbe essere che se non ci sono pezzi di ricambio si lasciano deteriorare, non riadattano altro materiale a quell'utilizzo, e poi c'è un'altra cosa sulle riparazioni che non mi convince.
- Cosa?
- Il fatto che non può averle fatte lui. Insomma, guardalo, è gigantesco, ancorato al soffitto, io ho passato il tempo a saltare sotto i suoi punti ciechi e ci sono riparazioni che lui non può aver fatto, inoltre le sue estremità, parte di quelli attrezzi non sono quelli originali, sono quelli che arrivano dalle officine: attrezzi umani riadattati che qualcuno ha portato qui...
- Vuoi dire che ci sono altri modelli come questo, in giro?
- Direi che è palese, arrivati a questo punto.
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