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Le fondamenta dell'ultimo insediamento

Arrivammo nei pressi di una grossa camera cupolare sommersa da un lago di acqua scura che oscillava attorno ai solidi pilastri di una piattaforma sospesa, una sorta di struttura nella struttura, attorno a cui si arrampicavano una serie di passerelle e di scale malridotte ma affioranti dal pelo dell'acqua. 
- Non sarà nemmeno necessario bagnarci i piedi - commentò Mali, avvicinandosi alla prima passerella per testarne la resistenza. 
- E' una stanza enorme - valutai.
Così enorme che a fatica riuscivo a vederne i contorni anche con i miei occhiali. 
- Si può passare - disse Mali, mettendo piede sulla rugginosa griglia metallica. 
Lo seguii, cercando con lo sguardo gli eventuali punti d'appiglio a cui avrei potuto tendere i miei rampini in caso di problemi. L'acqua sotto di noi borbottava, drenata da condotti invisibili che producevano piccoli mulinelli nella superficie liscia del lago sotterraneo. Nonostante l'odore salmastro mancava quel sentore di pesce così familiare per me che avevo vissuto così vicino alle Banchine e all'oceano. 
- Pensi che ci siano dei pesci qui sotto? - domandò Mali. - Sarebbe una bella svolta allestire un campobase con riserva di pesca incorporata. 
- Mi stavo domandando lo stesso, ma non so, non vedo niente, questo pozzo potrebbe essere profondo dieci dita come dieci chilometri, in verità potrebbe esserci di tutto. 
- Anche un mostro marino - disse, con ironia, il mio compagno. 
- Anche - ridacchiai divertito. 
Arrivammo nei pressi della struttura, dodici alti pilastri si elevavano per almeno sei metri sulla superficie dell'acqua creando la bade dodecaedrica su cui poggiava l'intera struttura, un sorta di igloo chiuso ermeticamente da porte a tenuta stagna e vetri blindati. 
Ci volle qualche minuto per aprire il portellone d'ingresso, tanto era pesante.
- I portelloni a tenuta stagna sembrano fatti a dovere - commentò Mali, nello sforzo dell'operazione. 
- Sembra una struttura progettata apposta per essere sommersa, ma sulle scale dovevano essere andati al risparmio - dissi, entrando.
L'edificio era composto da una stanza sola, circolare, in cui erano disposti una serie di macchinari, attrezzature e computer di controllo. 
Scatoloni pieni di documenti erano stati ammassati su un lato vuotando le mensole della stanza, ora occupate da curiosi marchingegni ottenuti smontando parte delle attrezzature. 
- Cosa diavolo è successo qui dentro? - domandò Mali, illuminando in un angolo una figura a terra, una specie di cumulo di stracci che però, quando mi avvicinai abbastanza, vidi essere un corpo disteso, circondato da altre ossa e da un foglio scritto a mano. In un lato c'erano i segni di un antico falò, oramai un cumulo di cenere sul pavimento annerito. 
- Non lo so, ma a un primo sguardo direi che si sono mangiati a vicenda. 
- Mangiati a vicenda? - domandò Mali, sorpreso. 
Le luci all'interno della struttura si accesero in quel momento, illuminando sia l'interno che l'esterno dell'edificio mentre uno scrosciare d'acqua anticipava il cigolio delle paratie stagne, intente ad abbassarsi in tutti i condotti che conducevano al lago, compreso quello utilizzato da noi per giungere lì. 
- Che sta succedendo? - domandò Mali, lanciandosi alle finestre della struttura per osservare meglio l'esterno. 
Cascate di acqua si erano formate, piombando scroscianti dalle tubature del soffitto mentre sugli schermi una serie di scritte in lingue sconosciute comparivano su uno sfondo rosso lampeggiante. 
- Non lo so ma se non usciamo da qui temo che faremo la fine di quei tizi - dissi, lanciandomi verso la porta a tenuta stagna. 
Mali si lanciò verso di me, aiutandomi ad aprirla per poi lanciarsi giù dalle scale. 
Lo fermai subito, le passerelle erano oramai quasi sommerse mentre le paratie stagne si stavano già abbassando per metà.  
- A piedi non possiamo farcela - dissi, piegando le gambe- aggrappati a me.
"Non so se gli stivali riusciranno a sollevare a dovere due persone" commentò il Grillo.
- Basta che ci diano la spinta iniziale - risposi, balzando in aria. 
La passerella sotto di me cadde sotto la spinga degli stivali, ma riuscimmo ad alzarci per almeno tre metri, non molti ma abbastanza da permettermi di scagliare il mio rampino per poi planare sulla passerella di uno dei condotti laterali. 
Rotolammo sulla griglia metallica, a un passo dalla chiusa della paratia. Sfruttando la mia agilità afferrai Mali, trascinandolo di peso oltre la chiusa per poi rotolarvi oltre anche io, giusto pochi istanti prima che tutto venisse allagato. 

- Cosa cazzo è successo? - esclamò Mali, superato il primo attimo di terrore. 
- Non lo so, qualcosa del tipo un processo automatizzato, ma non capisco come si sia attivato e perché. 
- Significa che non siamo soli qui dentro? Che c'è qualcuno di Loro che controlla ancora questo posto? 
"Un automa è un'ottima ipotesi in effetti, questo spiegherebbe le riparazioni recenti" commentò il Grillo.
- Tutto è possibile, non sappiamo che posto sia questo né come mai sia stato sigillato - risposi, alzandomi in piedi.  - Comunque penso che lo scopriremo, se vogliamo uscire da qui.

Ci incamminando nel silenzio, nella tenebra e nello stillicidio perenne di quel condotto umido anche se l'inquietudine non smise mai di abbandonarmi. Le chiuse erano distribuite in tutto il condotto, almeno una ogni venti o trenta metri, ma non riuscivo a capire se servissero ad impedire all'acqua di mare di invadere la struttura o controllarla quando era già all'interno. Tra di esse trovammo anche un paio di portelli, uno per parte, tutti con chiusura ermetica e tutti rigorosamente sigillati.  Così ci limitammo a proseguire, mentre io balzavo di passerella in passerella alla ricerca di una via di fuga laterale, qualcosa che mi allontanasse dall'ansia dell'idea che quelle chiuse avrebbero potuto chiudersi di scatto e soffocarci come topi in una branca del condotto. 
Cercavo di distrarmi cercando dei pesci, nell'acqua scura, per confermare la presenza di un'inondazione naturale, ma sembravano non esserci animali a quella profondità, né pesci, né topi, né tantomeno insetti, questi ultimi due così comuni nei bassifondi dei Vot da rendere impensabile che non si trovassero anche lì sotto in grandi quantità. 
Sia io che il Grillo stavamo iniziando ad intuire la vera funzione di quella struttura, ma volevamo ulteriori prove prima di giungere alle nostre condizioni. 
Ben presto la maniglia di uno dei portelloni cedette, anche abbastanza facilmente, permettendoci di abbandonare il condotto principale, scoprendo che esisteva un'ulteriore rete di corridoi e condotti interni che si perdevano, come un labirinto, in un dedalo infinito dalle pareti polverose, ingombre di cavi avvolti in guaine scure e lunghe tubature metalliche. All'interno trovammo officine, uffici, sale di controllo ma nessun corpo, nessun osso, nessun'altra traccia di presenza umana a parte gli interminabili fascicoli ed i vecchi fogli, oramai quasi totalmente indecifrabili a causa dell'umidità.
- Dove pensi che siamo? - mi domandò Mali, sedendo a riposare all'interno dell'ennesima officina.
Notavo che molte attrezzature dovevano essere state rimosse nel tempo, lasciando lì solo qualche pezzo di ricambio inutilizzabile, attrezzi storti o difettosi e parti di scarto. Tutta la roba preziosa sembrava essere stata rimossa. 
- Da qualche parte sotto i Vot occidentali - commentai. - Molto vicini ad un altro punto di interesse, secondo la mappa. 
"Esattamente dove questo posto vuole che noi andiamo"


 

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