La ricerca del Sindacato
Due notti dopo ero di nuovo sui tetti, stavolta con un costume nuovo, più potente, ma anche con idee più chiare, con un percorso che mi si figurava davanti nitido e deciso come mai, in quegli ultimi mesi. Oramai mi ero lasciato alle spalle il mio passato tranquillo, quella vita fatta di maschere, nascondigli e sotterfugi dietro al quale nascondevo la mia monomania, il mio perverso gusto per il cibernetico.
Avevo accettato di essere il Grillo, che almeno parte di me lo fosse diventato, così come avevo accettato la sua presenza, quella notte indistinta della mia infanzia.
Ora, balzando tra un tetto e l'altro con un'agilità folle e una velocità mai vista prima, sentivo le sue indicazioni ancora più forte e chiare premere sui miei muscoli alleanti lanciandomi senza paura verso piroette sempre più pericolose, aggrappato ai bordi dei palazzi con il bastone-frusta o con i rampini dei guanti riuscivo ad elevarmi ancora più in alto, sfruttando le ali installate nel frac potevo planare in archi ancora più lunghi e sfruttando il rimbalzo dei nuovi stivali riuscivo ad assorbire cadute e salti ancora più alti.
Questo mi ricordava la prima notte in cui io e il Grillo uscimmo con il cilindro, quella prima notte in cui incontrai Naftalia, quella stessa notte in cui Munillipo faceva il suo discorso settimanale. E anche stasera i grandi schermi pubblici proiettavano il suo volto gigantesco, così come avevano fatto ogni giorno, per due volte al giorno, da che ero tornato all'insediamento.
"Nego categoricamente che vi siano complici, di codesto Grillo, altresì condanno pubblicamente tutti quei pagliacci e ciarlatani che in questi giorni, nottetempo, si aggirano per le strade con quegli stupidi frac rosa ed il cappello a cilindro. Sono impostori interessati solo al furto e all'omicidio che approfittano della paura per cercare di dettar legge nello spazio dove i nostri agenti si battono, notte e giorno, per portare giustizia ed ordine. Essi non sono giustizieri o rivoluzionari, ma solo perversi maniaci violenti, esaltati che si eccitano nel giacere con gli automi, che desiderano la nostra caduta per poterlo fare impunemente, per non dover contribuire alla crescita del nostro grande insediamento. Per questo vi richiedo uno sforzo congiunto, miei amati concittadini, lo sforzo di segnalare e far arrestare qualsiasi ciarlatano cerchi di burlarsi della legge e dell'ordine. E questo non è solo un messaggio che rivolgo agli emulatori ma anche a chi imbratta i muri del nostro bell'insediamento con le oscenità che ogni giorno i nostri addetti al decoro sono obbligati a rimuovere."
La città era nel caos e neanche i disperati tentativi di Munillipo di tenere a freno le bande armate che stavano iniziando ad insorgere nelle zone più disagiate dei Vot.
Molti avevano preso a copiare il mio costume, oramai visibile su quasi tutti i muri dei Vot occidentali sia sotto forma di stencil che di complessi murali, inni alla liberazione dall'oppressione del Bipartito. A volte ero raffigurato come un essere umano, altre volte avevo un volto insettoide, altre ancora non ero direttamente umano.
Raffigurazioni, parodie, avevo saputo che una compagnia teatrale aveva addirittura inscenato una rappresentazione di me, da qualche parte, in uno dei teatrini nascosti del centro. Tutti giovani artisti, figli di papà sostenitori del Consorzio, ma comunque arrestati tutti così come venivano arrestati tutti i ciarlatani ed i saltimbanchi che facevano lo stesso.
Il grillo; questo animale che fino all'altro ieri nessuno sembrava conoscere o ricordare tornava alla ribalta ed il suo canto veniva rappresentato come un grido di battaglia, un urlo innalzato per la libertà.
"Il Sindacato ci ha dato dentro con la sua retorica di propaganda"
- Già, non credevo che le cose fossero degenerate fino a questo punto - commentai, atterrando sul tetto di un'altra palazzina dei Vot.
Ritirai la mia frusta sotto forma di bastone e guardai verso il basso, due tizi vestiti di rosa stavano strattonando un gruppo di ragazzi colpevoli di essere sostenitori di Munillipo. La rissa era molto vicina e le armi che tutti sembravano avere non preannunciava nulla di buono.
- A quanto pare non tutti hanno questo famoso ideale di libertà.
"Vuoi restare a guardare?"
- Sei tu che non vuoi - risposi, lanciandomi giù dal palazzo.
Atterrai alle spalle dei ragazzi, leggero come una piuma.
- Che succede qui? - domandai, interrompendo la discussione.
I cinque si volsero verso di me.
- Siete gente del Sindacato voi? - chiesi, rivolto ai due che vestivano del mio stesso costume.
I due si guardarono tra di loro.
- Sei venuto a darci una mano? Ad insegnare una lezione a questi tre cani di Munillipo.
- Non mi avete risposto. Siete del Sindacato o no?
I due si guardarono di nuovo.
- Ci prendi in giro? - domandarono, stavolta puntando i loro coltelli verso di me.
- Per la terza volta: vi ho fatto una domanda, siete del Sindacato o no?
I due anche stavolta non risposero ma fecero un passo verso di me, completamente ignorati i tre si dileguarono, forse avrebbero chiamato degli agenti, forse avrebbero semplicemente fatto finta di nulla, in ogni caso io avevo già deciso come agire ben prima di piombare giù dal tetto.
- Vorrà dire che lo prenderò per un no - dissi, spostando indietro il bastone per poi srotolarlo e colpire in avanti.
Colpii il polso del primo di loro facendogli sanguinare una mano e cadere il coltello, il secondo si fece avanti con un urlo, impugnando il coltello al fianco pronto a calarmelo nel petto, indietreggiai con un lungo balzo e ricompattai il bastone per poi affrontarlo quando me lo trovai di fronte.
Parai il primo colpo con il piatto del bastone per poi rispondere con un calcio ed una vigorosa botta sui denti. Intanto il suo compagno si era armato di nuovo e impugnando l'arma della sinistra si fece sotto menando qualche fendente all'aria che riuscii ad evitare senza problemi, indietreggiando. A quel punto gli feci credere di essere con le spalle al muro, letteralmente, schiacciato tra lui e la parete di uno degli edifici lo lasciai avanzare con la sicurezza di chi sta per sferrare l'ultimo colpo. Caricai gli stivali e mentre questi stava per infliggermi il colpo finale balzai in alto, gli passai sopra la testa, allungai il bastone-frusta e sfruttando la mia ricaduta lo sbattei a terra.
Ritrassi il bastone frusta e mi avvicinai, sanguinava ma sembrava ancora viva.
"Quanta pietà" commentò il Grillo.
Il suo compagno non si era ancora mosso dal terreno, forse con quel colpo gli avevo rotto la mascella ed ora lui si fingeva svenuto. Forse era svenuto veramente, in verità non me ne importava.
- Non è pietà - risposi, - è sopravvivenza della specie - dissi, prima di lanciare i miei rampini verso l'alto.
La situazione era chiaramente sfuggita ad ogni controllo, il costume del Grillo non era diventato il simbolo che i rivoluzionari si aspettavano per quella loro rivoluzione, era diventato solo un caprio espiatorio, per Munillipo in modo da illudere le persone che non esiste nessuna rivolta sotterranea, per rivoluzionari e spiantati in modo da giustificare il proprio feticismo per la violenza.
"Sì, forse hanno toppato in tutto ciò che potevano toppare" commentò il Grillo, trasmettendomi le immagini dei molti agenti mescolati tra la folla, degli uomini in borghese che pattugliavano dei Vot invisibilmente sotto assedio. Sì, certo, magari pieni di vita come sempre, pieni di persone, pieni di storie e di vicende che continuavano ad accadere, ma vigilato, sorvegliato, pattugliato costantemente.
- Se le telecamere non hanno mai funzionato prima è probabile che lo stiano facendo in questo momento - commentai.
"Munillipo vuole mantenere il potere, teme il disequilibrio interno del suo insediamento almeno quanto lo temono Melina e gli alti comandi del Consorzio. Se i ribelli vincono non sarà solo Munillipo a pagarne le spese del resto"
- Potrebbe anche pagarne le spese tutto l'insediamento - dissi, - questa cosa preoccupa solo me?
"Non si può fare una frittata senza rompere qualche uovo, una rivoluzione pacifica non servirebbe a nessuno, neppure a noi. Se questo cambio di potere avverrà ci conviene essere lì, nel centro dello scambio, solo allora potremo accedere alle informazioni di Munillipo e ai suoi laboratori"
- Come se avessimo la certezza che questi laboratori esistano davvero.
"Li hai visti anche tu a Ojern, hai anche tu poggiato l'orecchio sulle paratie, hai sentito anche tu le macchine che sibilavano in profondità. Quei laboratori esistono anche qui, ne sono sicuro, dobbiamo solo raggiungerli e supportare il Sindacato è la maniera migliore per farlo"
Atterrammo nei pressi del vecchio capannone delle Officine in cui avevo udito per la prima volta il conciliabolo tra i membri del Sindacato. Mi sembrava un'eternità. Con i nuovi componenti arrivare lì dall'alto era diventata una passeggiata, mi bastava planare dall'ultimo edificio più alto dei Vot per raggiungere qualsiasi luogo lasciandomi semplicemente accompagnare dall'aria.
Ci calammo all'interno dell'edificio dal tetto sfondato atterrando dolcemente sul pavimento in legno marcio e scricchiolante del piano terra.
- Pensi che dobbiamo aspettarli qui?
"No, si devono essere trasferiti nello scantinato. Se non sono qui Medinda mi ha sicuramente lasciato un messaggio per farmi capire come raggiungerli"
- Sei incredibilmente in confidenza con loro.
"In una settimana si fanno un sacco di cose"
- Del tipo?
"Erano una banda di spiantati, altro che rivoluzionari, pieni di attrezzature ed esplosivi rubati che non sapevano come utilizzare" disse, inviandomi immagini frammentarie di me stesso che scendevo in una cantina ingombra di casse e oggetti, mi vidi parlare con i rivoluzionari, disegnare e consegnargli dei progetti. "Gli ho dato una mano e i progetti di qualche attrezzatura utile, ma le bombe e il resto ho preferito farlo personalmente..."
- E i pezzi del costume?
"Quelli restano un nostro segreto".
Scendemmo le scale di un basso scantinato in cui il crescente mormorare di macchinari elettrici in funzione ci facevano sperare nella presenza dei tanto agognati ribelli, alla fine ci trovammo di fronte ad una porta ma ancora prima che potessimo spingerla il freddo bacio della canna di una pistola premuta alla testa ci fece desistere.
"E tre" mormorò il Grillo, quasi divertito, mentre io alzavo lentamente le mani.
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